The Last Duel è un film del 2021 diretto da Ridley Scott e tratto dall’omonimo libro da Eric Jager, che parla di un ultimo “duello di Dio” svoltosi in Francia nel 1386 tra Jean de Carrouges e Jaques le Gris.
Questo film si sviluppa su tre capitoli e su tre punti di vista differenti, il film si basa su fatti storici realmente accaduti e quindi ha dei vincoli da rispettare anche se grazie a questa tecnica, può far decidere alo spettatore quale sia la versione più reale della storia raccontata.
I punti di vista sono prima quello di Jean (Matt Damon), poi quello del suo amico e rivale Jaques (Adam Driver) e poi quello giovane moglie di Jean, Marguerite de Carruges (Jodie Corner), la vittima che accusa Jaques le Gris di averla stuprata.
I primi due capitoli sono un po’ noiosi e portano lo spettatore a voler andare veloce al dunque, il film di spinge a credere alla donna, che è evidentemente vittima di un sistema davvero crudele e ignorante. L’interpretazione di Matt Damon è davvero di alto livello, forse una delle sue migliori, con un personaggio un po’ pazzo e istintivo, ma molto coraggioso e fedele alla corona. Mentre un po’ spento quello di Adam Driver che anche nei momenti cruciali della sua storia non riesce ad uscire da una particolare apatia. Il film non riesce a mostrare con chiarezza il rapporto tra i due protagonisti, tanto che i loro litigi sembrano più che giustificati. Non sembrano mai veri amici, quanto più dei semplici cavalieri con ambizioni differenti.
L’accuratezza storica riporta il film sui binari giusti, con costumi e una fotografia ben dettagliata, il finale è crudo nelle parole quanto nella scena di combattimento e riporta al giusto tono al film che a tratti risulta veramente troppo noioso e inconcludente oltre che abbastanza complicato.
Ridley Scott ha perso il suo “potere” da tempo e non riesce più a fare delle pellicole che convincono del tutto, sono spesso noiose e inconcludenti e anche in The Last Duel manca qualcosa che si vede solo nel finale. Infatti la parte finale non migliora solo dal punto di vista narrativo, ma anche della regia che non sbaglia un colpo e crea la giusta atmosfera. La storia è cruenta per quanto sia moderna sotto certi aspetti, con una donna che porta avanti la propria accusa pur rischiando la vita sua e quella del marito e con Jaques De Gris, convinto di non aver stuprato nessuna perché condizionato dalle sporche abitudini del tempo.
Una storia davvero interessante, ma che ci viene mostrata in un film nel complesso disordinato e con poco carattere e che si salva solo un po’ nel finale, mi aspettavo qualcosa di più, ma ultimamente è facile rimanere delusi da quello che comunque è uno dei registi che ha fatto la storia del cinema.
The Mandalorian è una serie di Disney plus tratta dall’universo narrativo di Star Wars ed è la prima serie non digitale tratta dalla saga Cinematografica e collocata temporalmente dopo i fatti della prima trilogia creata da George Lucas.
La serie è creata da Jon Favreau (Famoso assistente di Tony Stark e tutore di Peter parker nell’MCU). La serie ha dei grandi nomi alla regia (Taika Waititi) anche in alcuni episodi il che la rende fin da subito una serie di un certo spessore e non semplicemente un contenuto tratto da Star wars.
The Mandalorian ha uno stile un po’ anni 80′ in al alcune sue scelte stilistiche e ricalca un po’ le dinamiche narrative dei vecchi film western, ritorna ad uno stile più “manuale” e meno digitale anche se è pioniera dell’utilizzo dello Stagecraft o volume.
La trama, grazie a questa collocazione quasi western funziona davvero molto bene, è il protagonista Mandaloriano (essenzialmente un cacciatore di taglie) acquista di valore e di caratteristiche nel ruolo di protettore e curatore di Baby Yoda (Grogu). Anche se è per lo più una mossa di marketing, il personaggio misterioso e molto dolce di un piccolo Yoda funziona alla perfezione ed è centrale nell’evolversi della storia.
Questa serie offre un punto di vista diverso sul mondo di Star Wars, un punto di vista più umile, di contorno e meno da protagonista dei film, con un universo che si sta ancora assestando dopo la caduta dell’impero. I personaggi sono scritti molto bene e anche ben caratterizzati, c’è una bella storia orizzontale, ma in ogni episodio c’è una storia verticale ben definita.
The Mandalorian è perfetto per i fan della saga perché li riporta indietro nel tempo e alle caratteristiche dei primi film, ma è anche una buona serie per chi non ha mai avuto nulla a che fare con i film e che potrebbe cerare curiosità verso questo universo narrativo in continua espansione.
Questa serie ha diversi elementi positivi, una trama convincente, un buon livello di recitazione, visivamente molto bella e un bellissimo legame con Star Wars, tanto da far rammaricare il pubblico di come poteva essere fatta l’ultima trilogia. Una bella serie con l’unico difetto che deve sempre sopportare il peso dei film di star wars.
The Hunt è un film del 2020 diretto da Craig Zobel e scritto da Damon Lindelof (Lost) che n’è anche prodotto esecutivo insieme alla Blumhouse.
Questo film parla di ricchi e annoiati che in una così detta “Fattoria” portano delle persone per essere cacciate come animali. Prendono i fucili e sparano verso le ignare vittime che si ritrovano li inconsapevoli di ciò che sta accadendo. Il finale non manca di un colpo di scena abbastanza interessante, un plot point particolare che regala una nuova chiave alla trama del film.
Sinceramente, viste le premesse mi aspettavo qualcosa di meno ironico, ma il tratto distintivo della Blumhouse che solitamente mette insieme commedie e horror si vede ed è incisivo all’interno del film, con scene paradossali e un po’ troppo splatter e grottesche.
Questo però rende il film più leggero e ne toglie quasi ogni tipo d tensione, fin da subito intugliamo chi sarà la protagonista, ma difficile intuire quale sarà il finale. La trama è ben scritta, a tratti anche divertente con personaggi davvero molto particolari e molto folli.
C’è un vortice di follia fin dalle prime scene in cui ci ritroviamo su un aereo con dei ricchi viziati, c’è da subito violenza e una sorta di splatter forse eccessivo. La svolta finale rende il film meno banale di quello che sembra, ma l’ironia e la parte parodistica e grottesca rimane fino all’ultimo frame del film.
The Hunt è molto più banale e stupido di come si presenta, è il classico film molto trash che esagera ma che allo stesso tempo si fa vedere non annoia e una volta inquadrato e anche piacevole. Ovviamente non è un film che può superare la sufficienza, ma è un prodotto che sa quello che vuole, ordinato che una trama che nonostante qualche follia ha un senso e una logica e funziona bene.
Ho scelto questo film principalmente perché scritto da Lindelof, ma ho trovato davvero poco della sua traccia e del suo stile, se non nella dettagliata e quasi spirituale follia di alcuni personaggi.
QUATTRO CHIACCHIERE: Ci sono film e saghe che lasciano il segno, non solo per la loro bellezza ma per come hanno lasciato il segno nella nostra infanzia.
Star wars per me non è solo un film o una saga, ma è parte stessa della mia infanzia e sono dei film a cui sono particolarmente legato. Ricordo le videocassette da mio cugino, e la possibilità di vederlo ogni volta che appariva in Tv, la gioia di vedere il passato di Dath Vader, era un film che mi creava molte emozioni.
Star Wars è incisivo, lo dicono i numeri di milioni di fan sparsi per il mondo, alcuni fanatici esagerati, altri cultori del prodotto e altri come semplici ammiratori di quelle che rimarrà sempre una saga che farà parte del mio cuore.
Per molti è la massima espressione da Nerd, invece Star wars, soprattutto la prima trilogia è stata davvero una piccola rivoluzione nel mondo del cinema e la rappresentazione più nitida del “viaggio dell’eroe” a livello di sceneggiatura. Effetti visivi pionieri del cinema e personaggi scenografici e stupendamente iconici con Dath Vader che rimane uno dei miglior Villain mai creati.
Questo articolo vuole essere un tributo, un viaggio e anche una recensione del primo film seguendo la linea temporale della trama, una scaglia di quello che sta diventando un enorme universo narrativo con film e serie tv. Sono universi narrativi pieni di possibilità che vengono sfruttati a pieno, forse delle volte spremuti fin troppo e con film che arrancano e creano degli strafalcioni produttivi inquietanti, tipo gli ultimi tre capitoli.
Negli anni ho capito che Star Wars ha bisogno di tempo per essere apprezzato, vedi la seconda trilogia, massacrata per anni con Hayden Christesen minacciato di morte, che finalmente ha avuto il suo riscatto e che finalmente tutti si sono resi conto che non esiste un altro Anakin Skywalker. (Io ne parlai già tempo fa di questo).
Con l’uscita dell’ultima trilogia, massacrata e poco apprezzata, la prima con il giovane Anakin, ora è più apprezzata e riconosciuta, in più grazie alla serie The Mandalorian, anche la Disney ha dimostrato di saper fare ottimi prodotti targati Star Wars ripentendo in qualche modo anche a sé stessa “questa è la via”. Come ah dire che è così che si fa un prodotto per Star Wars e per il suo pubblico.
Nel 1999 usciva il film a cui io sono più legato, Star Wars la minaccia fantasma. Un ritorno inaspettato di George Lucas con un prequel della prima trilogia, anche qui pioniere di linee temporali sfasate e con la parola prequel che diventa di uso comune.
Una trilogia che narra la vita del giovane Skywalker e del perché passa al lato oscuro e diventa un Sith. Il primo film della trilogia è esattamente una via di mezzo tra i vecchi e i nuovi film, con la necessità di fare qualcosa di nuovo che possa conquistare sia i vecchi fan che gente nuova.
Attori di altissimo livello come Liam Neeson, Ewan McGregor, Natalie Portman e Samuel L. Jackson passano quasi in secondo piano sovrastati dalla “potenza” di questa saga, dal suo nome e dal suo seguito. Una trama convincente con un altro Villain di altissimo livello come Darth Maul, uno dei preferiti dai fan della saga. Poi un piccolo Anakin (Jake Lloyd), innocente in cui altri baby fenomeni del cinema stavano crescendo, con solo la sfortuna di non poter crescere con il suo personaggio. Purtroppo questo attore ha una triste storia tra schizofrenia e psicofarmaci, forse vittima della notorietà da bambino.
George Lucas ci riporta nell’universo narrativo in modo abbastanza brusco e ci affascina subito con la presentazione di due Jedi, tra cui un giovanissimo Obi-wan. Tutto ha gli elementi della prima saga ma sicuramente ha personaggi un po’ di impatto minore e una trama meno accattivante, se invece è un film da prendere singolarmente non è super adatto per i neofiti che si trovano un po’ persi e spiazzati da alcune scene e personaggi che sono dati un po’ per scontati essendo un prequel. Quando vidi il film la prima volta avrò avuto più o meno l’età di Anakin e ricordo che anche se non capivo nulla non vedevo l’ora di vedere il duello con le spade e ricordo che ero talmente affascinato da Darth Maul che speravo diventasse il nuovo nemico della Trilogia e volevo lui come capo assoluto dei Sith. Questo mi fa capire come Star Wars riesca a conquistare un po’ tutti, grandi e più piccoli e come ogni trama può avere mille sfumature se vista in età diverse.
Il bello di questo film è che è davvero per tutti, pura fantascienza, mai violento o volgare, ma semplice e anche sempre molto movimentato e poco noioso. Tutto questo è anche il suo difetto, con personaggi inutili con accenti strani e con una trama forse un po’ troppo ammorbidita per piacere a tutti. Questo è forse lo star Wars più per bambini che abbiano mai fatto, come se George Lucas volesse conquistare quella parte di pubblico li, con i genitori che potevano vedere i loro bambini ammirare questa saga come loro avevano fatto anni prima con la prima trilogia.
Star wars in un certo senso era già un prodotto Disney prima ancora di essere Disney con un marketing e un merchandising spaventoso, che va dai videogiochi, a fumetti, libri e qualsiasi cosa si possa produrre nel mondo, forse tutt’ora è uno dei fenomeni mondiali più grandi, con un merchandising che super di gran lunga il valore dei film stessi. Questo comporta, la creazione di nuovi personaggi da “collezione” tipo ad esempio Dart Maul e con sé, nuovi piccolo androidi, nuovi colore delle spade e perché no il mix perfetto di tutte queste caratteristiche, un baby Yoda molto “cuccioloso”.
La minaccia fantasma da un po’ il via a questo meccanismo, ricordo ancora l’infinità di prodotti disponibili e la rivalutazione dei gadget precedenti, soprattutto nella sezione giocattoli e magliette ci fu una crescita clamorosa. Rendendo Star Wars la prima vera saga commerciale della storia del cinema. Film di buon livello ideali per attirare il pubblico.
Star Wars è semplice quanto originale e geniale, sembra stupido e banale, troppo nerd con questi tizi che vanno in giro con le spade Laser, ma c’è molto di più. Ci sono mille trame storie e vicende create dai fan, un’enciclopedia che riguarda questo mondo. Un sacco di personaggi interessanti, scene ed attori di altissimo livello. Anche solo a livello cinematografica sono opere sempre di altissimo livello e se peccano a livello narrativo, a livello visivo sono sempre spettacolari.
QUATTRO CHIACCHIERE: le prime impressioni al trailer e alle recensioni dell’anteprima dell’ultimo film di Scorsese.
Killers of the Flowers Moon si prospetta come qualcosa di davvero bello e affascinante uno di quei film alla Scorsese, lunghi ma dettagliati e sempre di un livello elevatissimo.
Di questo film da poco uscito un piccolo trailer, un teaser che in poche immagini ci fa subito immergere in una escalation di emozioni e la cui trama è già intuibile senza leggere nulla a riguardo.
Una lotta per la sopravvivenza, l’avidità dell’essere umano nella sua massima espressione, in un western che non ci mostra il duello con pistole e cavalli, ma un duello tra uomini di potere e abitanti del luogo la cui vita viene stravolta dalla scoperta dell’oro nero. Questo film rappresenta l’apice della denuncia verso la violenza americana nei confronti delle popolazioni indigene.
Il film è tratto da un libro che a sua volta racconta fatti realmente accaduti, in cui in Oklahoma negli anni venti, viene scoperto un giacimento enorme di petrolio proprio sotto le terre degli Osage. Quando la notizia di sparge per il paese iniziano una serie di sparizioni e uccisioni preoccupanti e la popolazione Osage è abbandonata al suo destino. Un detective di una, allora embrionale FBI, prova ad indagare su ciò che sta accadendo in quei luoghi.
Stando alle prime recensioni il film è di altissimo livello, dopo poco ci si rende conto che è proprio un film di Scorsese che stando alle sue dichiarazioni è stata anche merito di Apple Tv che figli ha permesso di aspettare e di immergersi i quei luoghi e in quel che resta di quelle popolazioni. Altre recensioni addirittura, parlano della migliore interpretazione di Leonardo Dicaprio il che viste le sue interpretazioni passate non è cosa da poco. Al festival del cinema di Cannes c’è stata una standing ovation di 10 minuti per il film, dopo la sua lunga durata di 3,30 ore circa.
L’uscita è prevista per l’autunno, in qualche sala cinematografica per un breve periodo e poi sulla piattaforma di Apple tv. Un colpo clamoroso per la piattaforma che si prende quelle che potrebbe essere davvero l’ultima opera di Scorsese. Oltretutto sembra che questo film racchiuda un po’ sé stesso, con uno stile western che strizza l’occhio un po’ alle lotte da gangster, con questa forte e accesa violenza tra due fazioni.
Il trailer fin da subito ci focalizza che ci sono dei “lupi” delle persone avide che non vedono l’ora di appropriarsi di quelle terre, uccidendo se necessario i loro legittimi proprietari. Un’ennesima storia crudele e di violenza americana che andava la pena di essere raccontata in un film.
Under the silver lake è un film del 2019 diretto e scritto da David Robert Mitchell. Uno di quei film da cinema indipendente che solo il regista può capire a fondo e che divide la critica in due, chi lo ama e chi lo odia profondamente.
Questa pellicola è fin da subito particolare e complicata con il protagonista Sam (Andrew Garfield) che rappresenta un po’ un millennial perso nel corso della sua vita, disoccupato che passa le giornate a spiare i vicini. Un ragazzo un po’ sulle sue che sembra essersi buttato via da tempo e che conosce per caso la sua vicina e di cui in una sola sera passata insieme se ne innamora. Lei sparisce all’improvviso e parte cosi una ricerca in una Los Angeles nascosta, strampalata e molto particolare.
Il film mantiene uno stile anni ottanta molto particolare a tratti affascinante con uno stile che ricorda un po’ anche Stanley Kubrick e con diverse citazioni alla cultura Pop, uno neo-noir che ci mostra un ragazzo perso che in qualche modo a paura delle donne, che frequenta feste davvero particolari e chi in qualche modo viene a contatto con l’élite della città. Una storia molto chiusa, ermetica e dalle mille interpretazioni, con una sottilissima linea tra realtà e fantasia.
Under the silver lake si allontana dal cinema classico e dallo spettatore annoiato e si rivolge di più ad un pubblico attento, curioso che ha voglia di esaminare la sua profondità. Facendo così però ci troviamo davanti ad un prodotto davvero complesso, a tratti folle e quindi nel complesso pessimo.
Il film arranca in ogni sua esecuzione e davvero molto confusionario e la giustificazione della sua profondità e del suo messaggio non basta, ha dei lati affascinanti e appare un po’ come un’opera d’arte bella ma talmente difficile da comprendere da ritenerla pessima e incompleta. La definizione migliore è, particolare, perché è certamente qualcosa di raro e che non si vede tutti i giorni ed è lo specchio artistico di chi l’ha creato, che è sempre un elemento positivo.
Questo è uno di quei film che è davvero troppo lontano dal pubblico moderno, e che quindi non sento di consigliare, è una strana e particolare opera artistica che è giusto che uno scopra totalmente casualmente e che si faccia un’idea personale senza essere contagiato da opinioni e consigli altrui.
Proprio Lui? (Why Him?) è una commedia Americana del 2016 diretta da John Hamburg e con protagonista Brian Cranston e James Franco.
Questo film si presenta come la classica commedia americana in cui la figlia presenta il suo ragazzo alla sua famiglia e al difficile rapporto tra il padre (Brian Cranston) e questo nuovo arrivato nella famiglia (James Franco). Fin da subito capiscono che il ragazzo di loro figlia è davvero un tipo molto particolare e non capiscono come sia possibile che la “loro bambina” sia con un uomo del genere. Ovviamente dopo diverse disavventure il rapporto con il suocero migliorerà e si va verso un finale di gioia e serenità.
Nonostante le premesse non erano di altissimo livello mi aspettavo qualcosa di più da questa commedia anche per la presenza di un attore come Brian Cranston, invece è un prodotto davvero troppo lontano dalla realtà che per far ridere esagera e rende tutte le scene poco verosimili e quindi prive di profondità. Un film che non lascia nulla, se non che se uno è ricco e milionario come il ragazzo, può essere e fare ciò che vuole che prima o poi verrà accettato. Il film non crea la giusta sensazione di unione e il personaggio di James Franco è talmente esagerato da far perdere di senso un po’ tutta la trama e i sentimenti presenti in essa.
La recitazione è buona, il film è anche divertente ma sicuramente alcune scelte sui personaggi e sulla trama non funzionano e rendono il tutto un prodotto troppo di fantasia. Un tipo di comicità forse un po’ troppo forzata con un personaggio solo coerente con ciò che lo circonda che è quello interpretato da Keegan-Michael Kay, una specie di maggiordomo e maestro spirituale.
Questa commedia purtroppo non trasmette le giuste sensazioni, non si percepisce l’amore della coppia, l’affetto tra padre e figlia e il giusto valore a ciò che accade con un finale fin troppo banale e annunciato. Funziona nella sua leggerezza e nelle battute ma si ferma lì come se avesse fatto un piccolo compito da sei in pagella.
Fast X è un film del 2023 diretto da Louis Letterier e parte finale di una delle saghe cinematografiche più grandi e importanti, Fast and Furious.
Questo film è la prima parte di tre di quella che sarà il grande finale della saga, una saga che nonostante non sia grande cinema ha sempre un livello d’azione elevatissimo e con il tempo ha conquistato un po’ tutti. Non importa se è realistica o meno o se non c’entra nulla con il primo film, l’importante è stupire il pubblico con la magia del cinema e anche in questo caso, il film ci riesce.
Dominic Toretto e la sua famiglia deve confrontarsi con nemici inaspettati del proprio passato, il figlio di Hernana Reyes, Dante vuole vendicare la morte del padre, ucciso durante la rapina a Rio de Janeiro presente nel quinto capitolo e scena intro di questo film. Ovviamente non bisogna pensare al realismo e al senso di alcune scene ma godersi un’azione costante e potente che dura per tutto il film. Si passa da Roma, in cui Dante vuole fare esplodere la città con una bomba rotolante gigante alle strade del Portogallo con Dom che deve salvare suo figlio (Che magicamente ha cambiato etnia da un film all’altro).
A livello visivo e di effetti speciali è davvero un’ottima pellicola e risulta anche tutto molto realistico, finché la fisica lo permette, sa essere divertente e non annoia praticamente mai. Ci sono citazioni e tributi ai film precedenti che rendono un po’ l’idea che siamo sempre più vicini alla conclusione. Jason Momoa nei panni di Dante è forse il Villain più complesso e meglio riuscito della saga, con un atteggiamento folle e distruttivo, un’ottima interpretazione dell’attore che da questo lao stupisce non solo lui ma l’intero cast con un’interpretazione di ottimo livello.
Rispetto agli altri film, forse, stupisce un po’ meno, e le assurdità presenti nel film non riescono più a colpire del tutto lo spettatore se non a farlo sorridere, un pubblico abituato ormai ai supereroi non si stupisce più di nulla e questa pellicola per certe caratteristiche ricorda un po’ gli Avengers.
Un film che punta sullo spettacolo l’azione, ma anche sull’affetto verso i protagonisti, ormai presenti in moltissimi film con un cast davvero ampio e di livello Vin Diesel, Michelle Rodriguez, Tyrese Gibson, Ludacris, Jason Momoa, Nathalie Emmanuel, Jordana Brewster, Sung Kang, John Cena, Jason Statham, Alan Ritchson, Daniela Melchior, Scott Eastwood, Helen Mirren, Charlize Theron, Brie Larson, Rita Moreno e due che non si possono dire per evitare grossi spoiler già molto presenti in rete. Ovviamente un cast così ampio comporta che molti attori hanno piccole parti o che non si hanno più loro tracce senza una dovuta spiegazione.
Fast X nel complesso è un buon film d’azione, ha dei colpi di scena semplici ed efficaci ed è il film della saga con il nemico più convincente e meglio interpretato. Una saga che risulta comunque essere un po’ stanca e che rischia di diventare troppo scontata e ripetitiva. A volte rendere tutti così immortali toglie forse troppa tensione e ci consegna nelle mani un finale assurdo quanto scontato. Ovviamente non bisogna pensare al senso, alla fisica o altre leggi dell’universo, bisogna salire in auto con Dom e godersi lo spettacolo.
QUATTRO CHIACCHIERE: James Gunn ha annunciato un nuovo film su Batman, nuovo attore e novità in arrivo.
The Brave and The Bold sarà questo il titolo del prossimo film dell’universo DC capitanato da James Gunn, quindi oltre ad un nuovo e giovane Superman (Tom Brittney o David Corenswet?) ci sarà anche un nuovo attore a dover interpretare il cavaliere oscuro. L’unico indizio che viene rivelato su questo film e che molto probabilmente un ormai adulto e formato Bruce Wayne sarà alle prese con l’educazione e l’addestramento di suo figlio Damian.
James Gunn è stato chiaro, vuole creare un nuovo universo DC e per farlo deve certamente partire da due personaggi iconici come Batman e Superman, lasciando però ancora spazio agli universi narrativi alternativi come quello di Matt Reeves con The Batman e quello di Todd Philips con Joker. Ogni giorno escono delle piccole novità, l’idea su Superman è quella di averlo abbastanza giovane e alle prime armi e di selezionare un attore non troppo conosciuto e che diventi popolare grazie a quel ruolo.
Per quanto ne sappiamo invece Batman dovrà essere a suo volta più adulto e offrire al pubblico una versione di Bruce Wayne mai vista sul grande schermo con lui che deve fare da padre prima che da supereroe. La figura di Damian Wayne è molto recente nei fumetti e rappresenta un po’ un Robin moderno.
Ogni volta che si parla di un nuovo Batman io non posso che sperare di nuovo in quella che secondo me è una candidatura perfetta, a maggior ragione se sarà un film che avrà bisogno di un ottimo Bruce Wayne prima che di ottimo Bartman. Matt Bomer secondo me ha le caratteristiche perfette per interpretare questa versione paterna del cavaliere oscuro. L’attore ha 45 anni un’età abbastanza adatta per questo ruolo, non può essere troppo anziano perché gli impedirebbe di svolgere il ruolo di paladino della giustizia, ma nemmeno troppo giovane, serve una via di mezzo.
Matt Bomer anche solo fisicamente ha davvero caratteristiche da Bruce Wayne, elegante, di bell’aspetto e che da subito un’idea anche di prestanza fisica e forza e se vogliamo e un po’ il connubio dei Batman visti in precedenza.
Il fatto che ci sia anche Damian Wayne complica e non poco la trama e la rende difficile da sviluppare a livello cinematografico, infatti e una cosa che è sempre stata evitata in questi anni pieni di film sui supereroi. Una situazione del genere mette dei paletti e rende il film troppo adolescenziale. Allo stesso tempo il personaggio di Batman è quello più umano e quindi una situazione del genere e anche plausibile e soprattutto più facile da strutturare.
Di quelli famosi, forse Batman rimane uno dei fumetti più cupi e violenti, anche nella sua raffigurazione stessa, il costume, il fatto che sia un umano che deve picchiare ma senza uccidere per difendersi, qualcosa di più brutale e di contatto che altri supereroi. Il film dovrà lavorare molto su questo e quindi io lo penserei come filosofia adolescenziale di Damian più come un Kickass.
In Kick ass, c’è molta violenza, a tratti fin troppa rispetto ad un classico fumetto DC, ma potrebbe essere davvero uno spunto interessante per questo nuovo film su Batman, in cui un padre “BIG Daddy” allena e trasforma la figlia in una vera macchina da guerra fin da bambina. Un rapporto padre e figlia particolare in cui la giustizia è al primo posto. Mi immagino un Damian Wayne un po’ alla Hit-Girl con una grande voglia di crescere e di dimostrare al padre quanto sia bravo, ovviamente con meno violenza e con gli insegnamenti del padre. In fondo il concetto del film può essere proprio questo con una tendenza alla violenza difficile da controllare. Il contrasto tra le regole e la giustizia di Bruce Wayne, con l’esaltazione e l’anarchia giovanile di suo figlio Damian.
Il giovane attore David Mazouz si è candidato per la parte e bisogna ammettere che a livello di fisionomia ci siamo ed ha pure una certa somiglianza con l’attore che vorrei nel ruolo di Batman, ovvio che essendo un personaggio giovane, il Fanta casting è difficile da fare e direi che si ferma a questa possibile e convincente scelta.
Per rendere il film più intrigante e con una trama di facile fattura, partirei da uno dei cliché del cinema in queste situazioni, cioè la scoperta di avere un figlio. Un Bruce Wayne inconsapevole di avere un figlio che mentre cerca di risolvere il caso della morte di una sua vecchia frequentazione, (Talia al Ghul) ovviamente il caso coinvolge un suo acerrimo nemico (Joker?) e si ritrova a dover adottare suo figlio ormai adolescente e con una forte sete di vendetta, Bruce sa che non lo può fermare e quindi decide di addestrarlo.
Naturalmente il figlio passera dalla povertà alla ricchezza di casa Wayne e ben presto Bruce si renderà conto che non è stato educato da lui ma dalla stessa Gotham e che il suo addestramento alimenta ciò che la vita a insegnato al ragazzo. La sua sete di vendetta non si spegne, ma si alimenta, a tratti è simile a suo padre ma è comunque figlio della follia e della violenza della città, con sua madre che è stata uccisa brutalmente.
Si ovviamente è un classico, anche nel mondo dei supereroi con una sete di vendetta sempre crescente, però mi piacerebbe vedere un batman che deve cambiare per suo figlio e che si rende conto che adesso ha una responsabilità più grande. Non deve pensare solo a Gotham e alla giustizia ma anche alla vita di suo figlio. A differenza di Superman Batman ha bisogno di un attore conosciuto, con Damian, il futuro Robin che può crescere con il film. Un contrasto anche sullo schermo tra vecchia e nuova generazione, magari con un batman più analogico e con un figlio più moderno e tecnologico.
Ovviamente come sempre accade in questi articoli, sono tutte e solo delle possibilità, delle idee e a volte semplicemente delle fantasie, solo il tempo ci potrà dare notizie più chiare e veritiere.
7 sconosciuti a El Royale è un film del 2018 scritto e diretto da Drew Goddard, un thriller con alcuni misteri da risolvere che per la sua evoluzione e dinamica ricorda un po’ un’opera teatrale.
Ogni personaggio ha la sua storia, persona con vite e passati differente che si ritrovano per caso in un hotel a cavallo sul confine tra California e Nevada, suggestiva come idea, con stanze che si trovano in Nevada e altre in California e con la hall divisa in due. Ogni personaggio nasconde qualcosa e lo stesso hotel sembra nascondere qualcosa di misterioso. Un cast importante rende il film piacevole a livello recitativo con Jeff Bridges, Cynthia Erivo, Dakota Johnson, John Hamm, Caille Spaeny, Lewis Pullman e Chris Hemsworth.
Purtroppo la bella idea iniziale e la situazione particolare, svanisce un po’ lungo la storia del film, con una trama che non convince del tutto e con un finale forse fin troppo grossolano e un po’ esagerato. Ci sono degli spunti interessanti che vengono sfruttati poco per dar vita però ad un film semplice nella sua esecuzione con questi personaggi che praticamente interagiscono tra loro nella Hall dell’hotel e a poco a poco i misteri e il passato dei protagonisti viene rivelato.
Ricorda un po’ un’opera teatrale, con questa scenografia semplice e suggestiva con il confronto tra gli attori quasi sempre nella stessa stanza e con pochi altri punti di vista, anche la divisone in più atti invece che i semplici tre, rende questo film uno spettacolo anche adatto al teatro e se vogliamo anche un po’ in stile Quentin Tarantino. L’ambientazione anni 60/70 da un tocco in più, quasi da giallo Noir, c’è molta inspiegabile follia e alcune scelte dei personaggi vanno dedotte e non sono spiegate del tutto correttamente.
Ognuno ha un proprio obiettivo, ma nessuno prende la scelta giusta e la situazione nell’hotel degenera facilmente. Un film che sicuramente poteva dare di più e che non è stato abbastanza incisivo nei dialoghi e un po’ troppo dispersivo in alcune descrizioni dei personaggi non tutti all’altezza. Nel complesso rimane una pellicola piacevole da vedere, qualcosa di nuovo e abbastanza originale. Uno di quei film che ti fa scrivere “abbastanza” tante volte e che si indentifica perfettamente in quelle parole, come se si fermasse alla sufficienza con la certezza che si poteva dare di più.