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IL COLLEZIONISTA DI CARTE: UN FILM CHE SI DIMENTICA DEL PUBBLICO

Recensione nel tempo di un caffè

Il collezionista di carte è un film del 2021 scritto e diretto da Paul Schrader con protagonista Oscar Isaac nei panni di un abile giocatore di azzardo.

Per questo film bisogna uscire un po’ dai rigori della recensione classica, sia dai miei che da quelle più lunghe e complicate viste in altri splendidi blog e siti. Per questo film serve una analisi più schietta, sincera e superficiale, perché ogni tanto bisogna anche mettersi nei panni del pubblico.

Una delusione totale, noioso in modo davvero esagerato e con riesce ad essere inconcludente e lontano totalmente da ciò che piace alla gente. Un film in cui il regista si è dimenticato assolutamente che il cinema è anche intrattenimento e coinvolgimento e non un club esclusivo per intenditori. Che poi ad essere sincero questo film anche nella fotografia e nei dialoghi mi è apparso come qualcosa di davvero brutto e mal fatto. Annullate tutti i sentimenti, la tensione, la suspense, la curiosità, tutti e lasciate spazio ad una noia straziante, quasi dolorosa.

Nel film non succede nulla, è tutto appiattito da dei dialoghi e delle scene prive di senso e di estetica, provo un’antipatia profonda verso questo film dopo la sua visione e mi urta sto fatto che delle volte vengono prodotte delle cose così di nicchia, quasi fatte per essere apprezzate da chi vuole sentirsi colto e diverso. Unica nota positiva è il suo protagonista, un Oscar Isaac sempre molto bravo e sul pezzo.

Un film che parla di un uomo che non riesce ad espiare i propri peccati del passato, ex militare, incarcerato per crimini di guerra e per torture inflitte ai suoi prigionieri che nel periodo in carcere impara a contare alle carte e che una volta uscito si guadagna da vivere con il Blackjack e i casino, il giusto per sopravvivere. La sua vecchia vita torna a galla quando il figlio di un suo “collega” morto sucida gli chiede di aiutarlo a vendicarsi dell’uomo che gli ha fatti finire in carcere.

Un fallimento in ogni scena, lenta, spenta e meccanica con dialoghi e situazione che non portano mai nulla, personaggi inutili, scelte inutili, nulla serve alla trama e al personaggio principale che una pellicola davvero davvero pessima e scialba. Delle volte i registi dovrebbero ricordarsi che i film sono soprattutto fatti per il pubblico e non solo per una pura espressione della propria arte.

Fatevi un favore e non guardate questo film, perderete due ore della vostra vita.

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LA LISTA DEI FAN**LO: ALTI E BASSI DI QUESTA COMMEDIA

Recensione nel tempo di un caffè

La lista dei Fanculo è un film del 2020, una commedia americana diretta da Michael Duggan che ci mostra in parte e in modo leggero, la pressione e le difficoltà del sistema americano verso i propri studenti e figli.

Il film ha questo concetto profondo che passa un po’ in secondo piano, ma che viene ben espresso tutto nella lettera che il protagonista scrive ad Harvard nel finale. Portare un po’ in evidenza di un problema dalla società moderna con una commedia non è male, anche se sfuma un po’ con la troppo facilità e positività. Giusto tutto sommato per una commedia.

La trama segue la storia di Brett Blackmore, un giovane studente modello, impacchettato e ben indirizzato dai propri genitori, con la sua vita tutta programmata fino al college, tutto deve essere perfetto e come programmato. Brett commette uno sbaglio e nel tentativo di fare uno scherzo alla scuola succede un disastro e accade una esplosione in una parte della scuola, ovviamente senza vittime. La vita di Brett crolla in un attimo e si ritrova senza offerte dalle università. Il ragazzo si rende conto che fino a quel momento non ha fatto ciò che voleva ma ciò che gli era stato imposto o consigliato, crea così una lista dei fanculo e delle cose che avrebbe voluto e vorrebbe fare, una lista che ben presto diventa virale e che gli crea nuove opportunità.

Una bella commedia, leggera, ma che ha comunque un significato più profondo. Una piccola denuncia a un sistema che sta rovinando la vita di molti ragazzi e che spesso non li rende felici, ma costretti e ansiosi. Un film che avrebbe bisogno di maggiori spunti e maggiori racconti a riguardo, ma che fa comunque arrivare il messaggio a chi ne ha bisogno. Delle volte tutti avremmo bisogno di dire un bel fanculo a tutto.

Una classica commedia in cui la parte romantica rimane marginale anche se comunque abbastanza incisiva, non mi è piaciuto il finale, forse fin troppo positivo, irrealistico e in contrasto un po’ con tutto quello mostrato e detto nel resto del film. Un film piacevole che ovviamente non ha grosse pretese, ma che si mostra per quello che è, una piacevole commedia con teenagers e genitori un po’ strampalati ma divertenti.

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THE LAST OF US STA CAMBIANDO IL MODO DI FARE SERIE?

QUATTRO CHIACCHIERE: I prodotti cinematografici tratti dai videogiochi sono sempre stati un grosso problema, più che altro per la loro lontananza dall’originale, The Last Of Us sta cambiando la situazione?

Sempre più spesso vediamo film e serie tv tratte da videogiochi, già ho fatto diversi articoli a riguardo perché ritengo che sia uno degli argomenti più attuali nel cinema e nel mondo delle serie. Ormai ne esce praticamente uno all’anno e ci sono in programma molti altri prodotti.

The Last Of Us è l’ultimo di questi, una serie tratta dai famosi videogiochi Naughty Dog e che sta spopolando su HBO e in Italia su Sky, una serie che ha differenza del solito, convince tutti, soprattutto i videogiocatori sempre molto, molto critici. Questa serie tv ha avuto fin da subito un approccio differente, portando con sé Neil Druckman, creatore del videogioco e affidandoli, insieme ad un talento come Craig Mazin, la scrittura e la creazione della serie. Questa serie stravolge le consuetudini di questi live action e replica quasi alla perfezione il videogioco, a volte in modo quasi perfetto, con video di paragone che spopolano sul web.

Il pubblico ha per adesso amato questa cosa, e finalmente ed evidentemente ha avuto quello che voleva, un prodotto visivo reale, fatto da attori, praticamente uguale al videogioco. A tratti infatti la serie, appare anche nelle inquadrature e in alcune dinamiche della trama, fin troppo videoludica, come se stessimo giocando al videogioco. L’unico difetto della serie e non poter creare l’effetto sorpresa, nessuna morte, o colpa di scena lo sarà realmente per chi ha giocato i videogiochi. Questo capita anche con i film tratti dai libri, ma in modo meno clamoroso, perché in questo caso sappiamo anche visivamente come andrà la scena. La vera domanda è, è stata la scelta giusta fare la serie in questo modo?

Per quanto valgano i primi episodi, la risposta in questo momento è, assolutamente sì! The Last of Us funziona alla grande così, è una bellissima serie, è scritta davvero bene e soprattutto non esiste altro videogioco che si prestasse così bene a questo tipo di serie. Il grande successo che sta avendo potrebbe essere pioniere di scelte simili. Altre produzioni in corso come God Of War, Horizons e forse Assassin’s Creed potrebbero prendere questa decisione, visto che il confronto Uncharted e The Last Of Us è per adesso abbastanza impietoso. Un film che ha mischiato un po’ il videogioco e un po’ scelte a caso e che non ha convinto del tutto. Due prodotti che effettivamente sono gli opposti di come si può creare una serie o un film partendo dal videogioco.

Però un altro quesito che ci dobbiamo obbligatoriamente porre è, è possibile farlo con tutti i videogiochi?

Come detto prima, The Last of Us si prestava in modo assolutamente perfetto ad essere una serie tv, perché è uno dei videogiochi con la trama e il soggetto più belli di tutti e con una sceneggiatura perfetta. Non ci sono grandi complicazioni a livello di animazione, e tutto lo stile e il tema è già stato riprodotto in modo simile, in molti altri film.

Prendiamo The Witcher ad esempio, una serie che io personalmente apprezzo, ma che farò fatica a vedere senza l’attore che la resa tale, ha mille difetti come serie, ma allo stesso tempo è sicuramente molto più complicata da produrre creare e in questo caso riprodurre. Si poteva sicuramente essere più fedeli al videogioco e ai libri, ma allo stesso tempo ci ritroviamo in un mondo fantasy estremamente difficile da seguire, una scelta rispetto a un’altra potrebbe cambiare di un sacco il prezzo finale della produzione, si parla anche di milioni di dollari. Per non parlare della necessità di una costante CGI di alto livello, cosa che The Witcher non ha e non si può permettere. Un infetto di The Last Of Us lo puoi creare con il trucco prostatico e magari un po’ di CGI su di esso, un mostro grande, grosso, dinamico e vivo di The Witcher non hai molte opzioni per crearlo. Trama più espansiva, infinità di personaggi, scontri, battaglie ecc. tutto questo è imparagonabile alla “semplicità” che può avere a tratti the last of us.

Di colpe ne ha sicuramente di più Uncharted in questo caso, con un film che si spaccia per prequel dei videogiochi, ma che poi non lo è realmente ed è solo un buon film di azione messo lì un po’ a caso, apprezzato da chi non hai mai giocato ai videogiochi e distrutto dai fan. Anche God Of War, a mio parere dovrà allontanarsi un po’ dai videogiochi e panso che le farà quasi sicuramente, sperando in risultati migliori dei live action in generale.

Horizons ha una trama interessante, molto bene scritta, ha dei costi non indifferenti per l’ambientazione, ma ha buonissime possibilità, che potrebbe funzionare se fatto in stile The Last of Us riproducendo in modo molto fedele il videogioco. Ha una trama già di per sé molto affascinante che vale la pena non essere modificata. Quindi nel complesso lo stile con cui è stata fatta la serie HBO potrebbe valere solo per alcuni videogiochi e non per tutti, vendendo per le reazioni dei fan, il consiglio sarebbe quello di avvicinarsi sempre il più possibile al prodotto originale, perché sarà sempre l’idea migliore.

The Last Of Us in questo può essere la prova definitiva di ciò che il pubblico vuole e ama vedere, potrebbe spingere le produzioni a comportarsi in un determinato modo in futuro e ha creare live action estremamente simili ai prodotti originali. Restando nei costi ovviamente, magari facendole più brevi e concentrandosi sulle parti salienti del videogioco. Una volta che il cervello ha in mente un’immagine è difficile vederla in un altro modo, è quella la difficoltà dei live action tratti dai videogiochi. Soprattutto se iconica. Come certi attori che vengono e verranno sempre riconosciuti per personaggi che hanno interpretato, non ci sarà un altro Jack Sparrow, un altro Terminator o un altro The Mask (Anche se ci hanno provato), perché ormai quel personaggio ha la faccia di quell’attore. Cosi vale per i videogiochi, infatti se c’è una cosa che non ha funzionato in The Last Of Us è proprio la scelta degli attori, che per gli utenti, sono troppo distanti dagli originali.

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THE LAST OF US – LA SERIE: PRIME IMPRESSIONI

QUATTRO CHIACCHIERE: Appena uscito su HBO il primo episodio ha fatto già una buona impressione un po’ a tutti, prime impressioni su questa nuova serie.

Non è mai facile buttarsi nel mondo dei videogiochi e fare una buona serie o film, gli adattamenti vengono spesso criticati e non compresi dagli spettatori e soprattutto dai fan che vengono troppo spesso delusi da queste produzioni.

I riflettori questa settimana erano puntati su una garanzia di network come la HBO che raramente tradisce le aspettative, che in questo caso, per molti erano davvero altissime. Il fatto che la serie fosse scritta e curata dallo stesso creatore della storia del videogioco un po’ ci rassicurava, Neil Druckman, che a quanto sembra dirige addirittura il secondo episodio e le buone mani di Craig Mazin (Chernobyl) non poteva che non essere delle mani sicure a cui affidare questa sceneggiatura.

Passano pochi minuti per capire il livello della serie, per capire che è un prodotto HBO, con i suoi toni e la sigla soprattutto che ti riporta subito ai prodotti di questo Network. Tutto sembra già ben curato nei minimi dettagli, con un pezzo inziale che dopo il Covid crea una gran ansia e apprensione nello spettatore, ben congeniato con primi piani molto d’effetto. Bello fin da subito, dialoghi ben impostati e scritti che ci danno fin da subito l’idea di ciò che andremo a vedere.

Proprio come le serie tratte dai libri, anch’essa deve essere per tutti e capita da tutti, per questo deve usare per forza tecniche di sceneggiatura per darci il quadro della situazione e farci capire ciò che stiamo per vedere. The Last of Us è forse uno delle storie post apocalittiche più interessanti degli ultimi dieci anni, e vederne finalmente una versione reale in una serie è davvero una soddisfazione. Anche chi non ha idea di cosa sia, viene subito rapito e incuriosito da ciò che sta vedendo, quasi impaurito. Mentre che ha giocato ai videogiochi si sente onnisciente, stupito delle coincidenze visive e la cura dei dettagli simili al videogioco.

Questo mix di fattori, fa sì che il primo episodio ha un buon impatto sullo spettatore, quasi un’ora e mezza di episodio, che ti tiene attento e incollato a ciò che sta succedendo, con una presentazione ben coordinata dei protagonisti. Nonostante la durata dell’episodio, c’è la giusta tensione e velocità e proprio come hai protagonisti ci succede tutto in fretta, e dal pomeriggio alla notte, ci ritroviamo immersi in un caos totale e incontrollato, dove il fungo infetta tutti a una velocità record.

Qualche appunto sulla CGI, a volte un po’ imprecisa, “bruttina”, passatemi il termine, dove si notano troppo i difetti senza dare il giusto senso di profondità, la fotografia ha alti e bassi e forse mi aspettavo qualcosa di più in questo senso. Diciamo che fino ad adesso, per essere il primo episodio, visivamente non mi ha impressionato. Mi rendo conto che per una serie tv il livello è già davvero molto alto. Però se devo proprio trovare un difetto penso sia quello, per adesso. Anche l’attrice Bella Ramsey, che interpreta Ellie, non mi ha convinto del tutto, anche se è scritta molto bene, non riesco a collocarla in quel contesto, provo una sorta di antipatia ingiustificata, spero anche qui di cambiare idea. Pedro Pascal nei panni di Joel mi ha convinto molto ed innegabile che Tommy ha proprio la faccia da videogioco, non so perché, ma è un personaggio che nel primo episodio, mi ha ricordato molto, non solo The Last of Us, ma un po’ tutto il mondo dei videogiochi.

Sembra tutto estremamente fatto bene, e questo ci fa stare bene, non ci fa esporre critiche, ma quanto più solo complementi, mi piace soprattutto com’è scritta, cosa ormai rara nelle produzioni del giorno d’oggi. Per adesso HBO non tradisce le aspettative e mostra ancora a tutti come si dovrebbe sempre lavorare a un prodotto di questo tipo.

Bello anche il mix di generi che riesce a crearsi, con una parte horror, ben marcata che da un tocco incisivo alle emozioni che si provano guardando la serie, con un tocco in più di paura e tensione. I sentimenti per adesso sono ben esposti, e l’interpretazione di Pedro Pascal, ci regala un Joel giustamente stanco e svuotato da questo mondo. C’è la giusta fame di speranza, quella speranza che va svoltare i film apocalittici e rimette un po’ di luce in tutto questo buio. Un altro piccolo appunto positivo, va fatto alle scene notturne o negli spazi bui, in cui si vede e si capisce tutto con chiarezza, molto simili a quelle presenti nel videogioco. Per adesso, partendo dal primo episodio, si merita un bel 8 su 10, nella speranza che il voto non possa far altro che salire.

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HOLLYBLOOD: COMMEDIA HORROR SPAGNOLA TRA AMORE E VAMPIRI

Recensione nel tempo di un caffè

Hollyblood è un film spagnolo del 2022, distribuito su Netflix e diretto da Jesùs Font. Una commedia horror ambientata in un liceo dallo stile americano, con personaggi semplici e prevedibili.

Una trama molto leggera nonostante il tema, la parte più horror sono l’inizio e la fine, mentre la parte centrale sembra più una commedia romantica tra teenagers. Una ragazza appassionata di vampiri e il suo spasimante “sfigatello” che finge di esserlo per conquistarla. Per non tutto è finzione perché sembra che i vampiri esistono veramente e Azrael è pronto a tornare.

Vampiri che si intrecciano a trame scolastiche non è una novità, questo film in stile commedia cerca di dare una marcia in più, ma in realtà non fa altro che essere davvero troppo banale con una recitazione che non trasmette mai nulla. Sembra tutto estremamente frettoloso e finto e nonostante ci sia qualche situazione divertente e spiritosa, il film non offre nulla di più.

Hollyblood si presenta quindi come uno dei classici film Netflix sparsi per il catalogo, estremamente leggeri ma senza un vero scopo o senza un vero significato, recitati mali e con solo qualche tocco di regia o battuta interessante. Perfetti per serate dove non si ha voglia di fare nulla e nemmeno si ha l’impegno di guardarsi un film complicato. Forse meglio vederlo in compagnia, per avere più occasione di farsi qualche risata commentando ironicamente il film.

Nel complesso Hollyblood è un film senza pretese che si presenta anche un po’ come una parodia del genere “vampiresco”, nulla di speciale che però si colloca perfettamente tra dei i film leggeri, piacevoli da vedere senza troppo impegno e senza essere troppo critici.

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MERCOLEDI’: LA SERIE FIRMATA TIM BURTON SULLA FAMIGLIA ADDAMS

QUATTRO CHIACCHIERE: In arrivo in autunno una serie diretta da Tim Burton con protagonista Mercoledì, la famosa bambina della famiglia Addams

La Nuova Famiglia Adams

La Famiglia Addams, inutile negarlo, ha sempre avuto un certo fascino, esempio primordiale di Black Humor è stata creata Charles Addams nel 1938 per una serie di vignette, un po’ horror e un po’ comiche. Negli anni successivi ci furono moltissime trasposizioni, tra serie tv, cartoni e film e anche un merchandising di livello in ogni settore.

Un equilibrio perfetto tra il macabro e la risata, hanno reso sempre popolare questa famiglia particolare, con i membri che hanno tutti caratteristiche ben precise. Forse la versione a cui siamo più legati è quella dei film anni novanta, nel nostro immaginario collettivo ci sono quegli interpreti li. Nel caso specifico anche Mercoledì, la bambina tutta cupa e silenziosa con le treccine, forse la più malvagia e maligna di tutta la famiglia.

Netflix decide dunque di crearne una serie apposta, per mettere al centro della storia la famosa bambina della famiglia Addams, la serie è creata da Alfred Gough e Miles Millar (Creatori di Smallville). La mossa principale, non solo creativa ma anche pubblicitaria, è stata quella di affidare la regia a Tim Burton, regista famoso per il suo stile macabro e ironico. Uno stile che si adatta a pennello con quello della Famiglia Addams. Burton ha una firma molto incisiva, lo si nota subito, ha un lato estetico forte e prepotente, lo si nota nel teaser, ma anche solo nella foto di famiglia posta a inizio articolo. I vestiti, la pettinatura, tutto rimanda a prodotti passati del regista di Edward mani di forbici.

Jenna Ortega nei panni di Mercoledì mi piace un sacco e mi convince molto, attrice che ho apprezzato moltissimo anche nella seconda stagione di YOU e con caratteristiche fisiche che si sposano perfettamente con quelle della classica Mercoledì. Ha talento e sono sicuro che sarà il punto forte nella serie. Apprezzo molto che ci sia anche Katrine Zeta-Jones nei panni di Morticia anche se quella dei film anni novanta interpretata da Anjelica Huston, per me è inarrivabile. Deluso invece e non poco, dall’attore scelto per interpretare Gomez Addams, non so perché ma Luiz Guzman non mi convince molto in quel ruolo, anche se forse si adatta di più allo stile di Tim Burton. Ammetto che mi avrebbe affascinato un sacco rivedere la “coppia di Zorro”, con Antonio Banderas nei panni del marito di Morticia Addams. Mi spiace non vedere nel cast lo Zio Fester, secondo me una grave mancanza e un’occasione mancata.

Dal Teaser si capisce come sia Mercoledì, come da titolo, l’assoluta protagonista, in una trama che ci mostra soprattutto la sua vita scolastica in una scuola molto particolare, che ricalca lo stile Addams. Sembra ci saranno anche misteri e addirittura omicidi in una serie che promette di esaltare lo stile classico di Tim Burton. Mi aspetto molto da questa serie e dal teaser sembra comunque promettere bene.

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IL SIGNORE DEGLI ANELLI – GLI ANELLI DEL POTERE: RECENSIONE TERZO EPISODIO

Recensione nel tempo di un caffè

Ogni venerdì su Prime Video esce un nuovo episodio della serie del momento, il signore degli anelli – gli anelli del potere. I primi due episodi di esordio hanno completamente spaccato il pubblico in due, tanto che non si capisce quale sia il vero valore della serie guardando le recensioni.

Siamo tutti comunque d’accordo che visivamente è qualcosa di unico e spettacolare, in questo episodio ci viene mostrata Nùmenor città magnifica e raggiante di essere umani speciali che avevano legami profondi con gli elfi. La bellezza visiva è protagonista della scena, la cura dei dettagli, le armature, tutto molto spettacolare. I momenti di azione sono davvero ben fatti con duelli davvero spettacolari. Si inizia a capire meglio i personaggi e a capirne le loro caratteristiche, anche se serve una “bibbia” del signore degli anelli a portata di mano per capire bene la collocazione dei personaggi.

La serie è epica e tremendamente ben fatta, eppure non sembra convincere ancora del tutto, manca un vero nemico, e l’utilizzo di Sauron come solo una presenza maligna non funziona come nei film, c’è bisogno di una svolta, la serie deve iniziare a prendere un ritmo più deciso e incalzante e ciò non è ancora successo. Il mistero “dell’uomo” meteora non è ancora stato risolto e ho il presentimento chi ci vorrà ancora molto per sapere chi è realmente.

Un episodio che vede ancor più protagonista Galadriel, che mostra altri lati di sé, rimanendo sempre molto “nervosa” e ribelle. Facciamo la conoscenza di un personaggio importante come Elendil e il primo impatto è più che positivo. Sauron è arrivo e spero che arriverà presto, sicuramente, per adesso, la parte più interessante e movimentata e quella che riguarda Arondir, un po’ inaspettata in realtà, ma la sua parte di storia è la più bella di questi tre episodi, soprattutto nel terzo.

Una serie che ha sicuramente bisogno di uno spunto in più di una evoluzione più immediata e di impatto, ma che per adesso si sta muovendo nel complesso bene. Lato visivo pazzesco e una curiosità sempre attiva grazie alla vastità e bellezza dell’universo creato da Tolkien. Nulla è banale, tutto è curato e ben fatto, forse un po’ lento e i dialoghi un po’ spenti, ma per il resto davvero un ottimo episodio che potrebbe equilibrare il giudizio del pubblico.

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THE SANDMAN: RECENSIONE PRIMA STAGIONE

Recensione nel tempo di un caffè

The Sandman è una serie Netflix Creata da Neil Gaiman, David S. Goyer, Allan Heinberg, Basato sull’omonimo fumetto della DC Comics.

Questa è una di quelle serie tv che doveva uscire da anni ma non ha mai trovato spazio produttivo, nessuno che ne avesse il coraggio, ci sono già stati degli spin-off di questo universo narrativo, come il film Costatine, oppure la serie Lucifer. The Sandman parla di un mondo dove l’astratto diventa concreto e reale, un universo dove gli eterni sono le nostre credenze e in nostri miti. Così veniamo traspostati nel mondo di Morfeo il protettore del reame dei sogni, interpretato da un bravissimo Tom Sturridge. La trama della serie è come se fosse spezzettata in piccole storie che hanno come solo filo conduttore le avventure di Morfeo che si muove tra il mondo dei vivi e quello dei sogni. La storia parte con lui che viene imprigionato per 100 anni, e al suo ritorno nel reame nulla è più come prima e deve sistemare alcune cose. Deve anche recuperare alcuni amuleti che gli servono per il suo lavoro.

The Sandman ha dei ritmi lenti ma adeguati a tutta la situazione, la parlata di Morfeo è precisa, scandita e con un linguaggio forbito e colto. Non ha mai fretta, tanto da apparire distratto e ancora un po’ ingenuo, nonostante la sua vita eterna. Episodio dopo episodio c’è un’evoluzione del personaggio che ondeggia tra l’empatia e l’apatia più totale. All’interno del film ci sono concetti molto profondi, in un episodio c’è un confronto diretto con una della sua famiglia, sua sorella Morte (Kirby Howell-Baptiste). C’è un’ottima profondità, una delicatezza a raccontare un argomento molto tosto e fragile. Anche l’amicizia è ben risaltata in alcuni frangenti della serie.

Questa è un’ottima serie, visivamente una delle più belle di Netflix, e con una trama che convince dell’inizio alla fine, a parte qualche scelta un po’ inutile, in perfetto stile della piattaforma. Una serie molto dinamica con molti personaggi e interazioni, anche se con poca azione ti tiene facilmente incollato allo schermo. Ho visto modernità nel cast e in certe scene, ma di per sé, mi ha ricordato una serie con ritmi anni 90, più precisa e delicata in alcuni frangenti, poco rumorosa e sempre in movimento.

Ovviamente ci sarà sempre un blocco accanito di fan pronti a criticarla, però penso che sia davvero bella come serie tv, coinvolgente al punto giusto, piacevole da guardare e con personaggi che facilmente ti conquistano. Se devo fare un appunto sul cast, non mi è piaciuta la scelta di Lucifer. Volevo Tom Ellis, già protagonista della serie, invece hanno scelto Gwendoline Christie (Brienne del Trono di spade). Sono scelte forzate, che tolgono il clamore e la forza di alcune scene. Un altro difetto è che nel complesso Morfeo appare un po’ troppo stupido e perso, non dà mai la sensazione dei suoi veri poteri. Bello il finale che prospetta una seconda stagione davvero molto interessante.

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PAPILLON: UN REMAKE BEN RIUSCITO

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Papillon è un film del 2017 diretto da Michael Noer. Remake dell’omonimo film del 1973 diretto da Franklin Schaffner che a sua volta è basato sull’autobiografia di Henri Charrière sulla sua prigionia nella colonia penale francese in Sudamerica.

I protagonisti sono essenzialmente due Charlie Hunnam (Henri Charrière “Papillon”) e Rami Malek (Louis Dega) che interpretano i ruoli di Steve McQueen e Dustin Hoffman nel film originale. La trama si basa tutta sui tentavi di fuga dei due criminali, Papillon tenta più volte la fuga perché si trova ingiustamente accusato di un omicidio che non ha commesso, è un semplice ladruncolo non un assassino. Fa la conoscenza di Dega nella deportazione al carcere, un falsario molto ricco che potrebbe aiutarlo ad uscire da quell’inferno. Ci saranno diversi tentativi di fuga che non faranno altro che peggiorare le condizioni di prigionia di Papillon.

Questo film ha dei classici cliché del genere, la fuga dalle prigioni ha sempre un certo fascino cinematografico, un remake ben riuscito che riposta le sensazioni del film originale, forse un po’ meno di livello del punto di vista recitativo. Il Dega di Hoffman era più iconico, senza nulla togliere a Rami Malek sempre molto sul pezzo anche in questo film. Il difetto principale è essenzialmente che il film non riesce del tutto a raggiungere il suo obiettivo, ciò mostrare le condizioni pietose di quelle prigioni e i crimini che venivano commessi al loro interno. Rimane tutto nello schermo e nulla esce fuori, non riesce a trasmettere le giuste sensazioni, risultando molto leggero rispetto a quello che dovrebbe essere.

Semplice, a tratti lento e a tratti fin troppo sbrigativo, l’ultima prigione in cui vengono spostati in due protagonisti ci appare meno opprimente, più libera e rilassante, penso che questo abbia un po’ rovinato il finale. Nel complesso però un buon film ben scritto e con dialoghi sempre ben centrati e mai casuale, la complicità tra i due protagonisti funziona.

Papillon del 2017 è un ottimo remake, non ha intaccato la bellezza del primo film, ne ha solo cambiato alcune sfumature senza cadere nel ridicolo, il livello rimane alto e nel complesso si presenta davvero come un ottimo film.

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NIGHT TEETH: UN VAMPIRE THRILLER DI CUI NON AVEVAMO BISOGNO

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Night teeth è un Vampire thriller del 2021 diretto da Adam Randall e scritto da Brent Dillon. Un film che parla di Vampiri e delle loro rivalità, coinvolgendo un ragazzino con grandi sogni per il futuro. Un film abbastanza semplice che ricalca tutte le caratteristiche dei classici film con protagonisti i vampiri.

Una trama abbastanza complicata, perchè ci porta in una Los Angeles con una storia notturna, fatta di fazioni di vampiri ricchi e facoltosi che per nutrirsi hanno determinate regole e convivono con i loro cacciatori e con una agenzia che collabora con loro per portarli in giro per la città. Uno di loro si ribella al sistema e decide di uccidere in una notte sola tutti i capi di queste fazioni per avere il controllo della città e fare ciò che vuole. Per farlo usa due ragazze che faranno il lavoro sporco, uccidere tutti i capi dei vampiri in una notte, in modo che non possano ribellarsi.

Già scritta così si capisce che la trama è contorta e risulta anche un po’ banale, perchè i vampiri invece di dare un tono horror, rendono tutto un po’ più ridicolo e assurdo e non si capisce bene la dinamica e la struttura della rete di comando e di gerarchie di questi vampiri. Non sono ben definiti i ruoli e gli obiettivi.

I personaggi a parte il protagonista, interpretato da Jorge Lendeborg, sono scritti male e fanno fatica ad esprimersi, la trama sembra andare troppo veloce e il piano del villain della storia è contorto e anche nel finale risulta abbastanza senza senso. Questo film non ha obiettivi e sembra essere uscito troppo tardi non potendo più cavalcare l’onda del successo di Twilight.

Ottima la parte inziale, mi sono piaciute le inquadrature della città, fa vedere in modo molto espressivo Los Angeles, bello i gioco di luci del tramonto, tutto fatto alla perfezione, anche la regia e il montaggio si perdono un po’ nel corso del film, l’amore tra i due protagonisti non convince, non è abbastanza forte. Debby Ryan (Insatiable) è carina, ma anche il suo personaggio non è scritto benissimo, forse un po’ meglio degli altri. C’è un veloce cameo di Megan Fox, un altro cameo di Alexander Ludwig (Vikings), ma nel complesso non danno nulla alla trama.

Sinceramente un film che ho capito poco, posso consigliarlo solo agli amanti del genere, ma anche loro penso rimarranno un po’ spaesati dalla visione di questo film. Quindi nel complesso è da vedere con molta leggerezza, senza dare troppo peso a ciò che si sta guardando, facendosi trasportare in una Los Angeles notturna.