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Quattro Chiacchiere

MONSTER – IL CASO DEI FRATELLI MENENDEZ

QUATTRO CHIACCHIERE: MONSTER LA SERIE CHE CI HA RACCONATATO DI JEFFREY DAHMER, CI RACCONTERA’ IL CASO DEI FRATELLI MENENDEZ

Dahmer è forse una delle serie più di successo di Netflix e uno dei prodotti meglio riusciti della piattaforma, cura dei particolari, ottimi dialoghi e un livello di recitazione sempre di alto livello, hanno reso fin da subito la serie una delle più apprezzate. Seguita da molte polemiche per la crudeltà e freddezza di Rayn Murphy di raccontare alcuni eventi, la serie è stata rinnovata per altri stagioni, ovviamente in stile antologico, diventando così la serie Monster, che racconterà la storia di diversi serial killer o almeno così si pensava.

La notizia che Ryan Murphy si allontani così tanto dalla prima stagione non penso sia molto positiva, annullando completamente l’antologia della serie e forse anche il senso di essa, Monster non è nemmeno quindi da considerare una serie antologica, quanto un prodotto a sé stante in ogni su stagione.

Infatti sembrerebbe che nella seconda stagione al centro di tutto ci sarà il caso dei fratelli Menendez, che non hanno nulla a che vedere con il mondo dei serial killer ma che sono invece parte della classica cronaca nera dei delitti in famiglia, rendendo così la serie forse fin troppo simile ad American Crime Story.

La storia dei fratelli Menendez è un classico, purtroppo classico, omicidio in famiglia, dove i figli uccidono i propri genitori per appropriarsi dell’eredità. in una storia in cui dal lato psicologico c’è solo il fatto di come si arrivati a tanto e di come Lyle e Erik, i fratelli Menendez abbiano uccisi i propri genitori con una freddezza inaudita e che presero il processo con un sorriso surreale. Difficilmente però potrà essere paragonata a Dahmer perché è davvero un prodotto a sé stante, diverso sicuramente dal suo predecessore.

Evidentemente le pesanti critiche rivolte a Ryan Murphy hanno avuto il loro effetto e si è spostato su un caso più semplice, gestibile, senza dover mettere troppo in risalto la psicologia di un mostro. Molto probabilmente l’intento principale era quello di portare sullo schermo due mostri e di raccontare una storia molto diversa senza affossarsi in troppe similitudini raccontando ad esempio la storia di Glancy (il pagliaccio).

Questa sarà un po’ un banco di prova per questa serie, e Murphy lo sa bene, in ogni caso lo sarebbe stato, cercare di ripetersi cavalcando lo stile della prima stagione e immergersi in acque diverse ma comunque ben conosciute grazie alle produzioni precedenti. Una scelta che allontana forse un po’ il pubblico, ma che cerca nuovi spunti, nuove psicologie da analizzare e da vedere dal punto di vista del killer e della sua vittima e non del poliziotto

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CABINET OF CURIOSITIES: UNA “COSTOLA” DI GUILLERMO DEL TORO

Recensione nel tempo di un caffè

Cabinet of Curiosities è una serie antologica del 2022 ideata da Guillermo del Toro e distribuita da Netflix, la serie mostra in ogni episodio un racconto diverso, con protagonisti e registi differenti. Ogni episodio ha una forte marcatura horror e lo stile di Del Toro e percepibile un po’ ovunque.

L’intro e la sigla, l’ho trovato davvero molto bello e coinvolgente, Guillermo del Toro presenta la storia che andremo a vedere e annuncia il regista che ne curerà l’esecuzione. Un intro elegante, molto simile a quelle di Hitchcock.

Le storie raccontate sono diverse tra loro, ma molti simili nel loro stile fotografico e narrativo, con spesso una raffigurazione del male molto simile, disegnata molto probabilmente da Del Toro, dove il suo stile si vede proprio in queste rappresentazioni e nello stile generale della serie. Bellissimo il gioco “accademico” dei registi, per appassionato di regia questa serie è una piccola chicca, perché ogni episodio nasconde stili e caratteristiche differenti. Parte tutto dallo stile del “capo” e episodio dopo episodio, vedremo delle scelte di regia sempre uniche e davvero di ottimo livello. Una serie che tiene molto alto il livello visivo e in cui la recitazione è sempre di ottimo livello.

La trama dei diversi episodi sembra convincere un po’ meno, molto profonda a tratti, sembra un po’ lanciare dei messaggi su qualche peccato capitale, come avarizia e lussuria, però poi si perde spesso in finali che non convincono del tutto, spegnendo un po’ tutto il resto. Ovviamente ogni episodio ha i suoi pregi e i suoi difetti, artisticamente un bellissimo esperimento, nella pratica è un qualcosa che spiazza sicuramente il pubblico. Non fa paura, a tratti fa orrore, un orrore che non percepivo da molto e che la computer grafica aveva quasi annullato, in questa serie ho ritrovato un tipo di paura differente, non tanto da “jump Scared“, ma quanto da una sensazione di orrore, come a chi non sopporta di vedere il sangue.

Nel complesso dal lato puramente banale del piacere di vedere la serie, non posso promuoverla, nessuna delle storie mi ha coinvolto e mi hanno lasciato tutte molto perplesso, è facili distrarsi ed è difficili essere catturati davvero positivamente da un episodio. Però se guardo il lato tecnico, la fotografia, la regia e l’idea in se di Del Toro, non posso che promuoverla a pieni di voti, perché da quel lato è davvero una bellissima serie e un contenuto unico nel catalogo di Netflix.

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MANHUNTER – UNABOMBER: UNA MINISERIE TRATTA DA UNA STORIA VERA

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Manhunter è una miniserie Thriller/Drama tratta da una storia vera e creata da tre autori Andrew Sodrosky, Jim Clemente e Tony Gittelson.

La serie parla di un personaggio controverso come Unabomber, che nei primi anni novanta fece una serie di attentati con delle bombe per far capire al mondo la brutta piega che stava prendendo.

Seguiamo il percorso di ricerca della FBI con un Profiler, Jim Fitzgerald che cerca di delineare il profilo del terrorista e questa diventa una vera caccia all’uomo, Unabomber è interpretato da un super Paul Bettany, mentre il profiler protagonista è interpretato da Sam Worthington anche lui molto bravo in questa interpretazione.

La serie si presenta fin da subito molto bene, sia per la fotografia che per la regia, tutto molto coinvolgente e sul pezzo, anche la scenografia ci fa respirare un po’ di sapore degli anni novanta e non so perchè ma ho percepito un po’ dello stile del film Zodiac di David Fincher.

La trama si scioglie in 8 episodi, tra psicologia e azione, in una sfida tra bene e il male che si mescolano insieme senza più capire da che parte stare, con la tendenza psicotica quasi a giustificare gli attentati.

La sceneggiatura lavora molto su questo aspetto, su cosa è giusto e sbagliato, e elabora la trama sull’intelligenza e la cultura dei due protagonisti, diventato una partita a scacchi come tra Sherlock Holmes e Moriarty. Ho apprezzato molto queste dinamiche.

Il fatto che sia tratta da una storia vera non fa altro che incuriosirci e farci fare ricerche supplementari alla serie ed è una cosa che io adoro dei prodotti visivi tratti da storie vere, il loro coinvolgimento, il creare curiosità verso la storia.

Infatti se dovessi usare il termine giusto per descrivere questa miniserie direi che è coinvolgente in ogni suo aspetto, davvero un ottima serie da vedere tutta in un fiato, la consiglio vivamente.

Ho letto in rete che una casa di produzione produrrà una seconda stagione rendendola una serie antologica, l’idea è quella di basare la stagione successiva sugli attentati alle olimpiadi di Atlanta conosciuto come Olympic park bomber.