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UNO DI NOI STA MENTENDO: RECENSIONE SECONDA STAGIONE

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Uno di noi sta mentendo è una serie del canale streaming peacock e distribuita in Italia da Netflix, ecco perché la prima stagione è uscita appena a febbraio 2022 e la seconda a novembre dello stesso anno. (Recensione prima stagione).

La serie porta avanti il mistero mostrato nella prima stagione, in cui sembrava che i guai per i ragazzi protagonisti i guai non fossero finiti, anzi c’è qualcuno che via messaggio gli ricatta e gli minaccia perché sa esattamente cosa hanno fatto la sera di Halloween e ha un video con sé per testimoniarlo. L’alone di mistero verso il ricattatore funziona alla grande, il gruppo è sempre più coeso e le seconde trame sono meno invadenti, rendendo questa stagione, per certi versi migliore della prima.

Nonostante la forte tensione di base di tutta questa stagione, ci sono momenti anche di dolce leggerezza in cui ci si dimentica di ciò che hanno commesso i ragazzi e di ciò che stanno facendo. Meno realistica della prima sicuramente, delle volte davvero troppo esagerata, però coinvolgente e convincente.

Il format semi investigativo funziona ancora, anzi si migliora e diventa il tema centrale della serie, rispetto alla prima stagione conosciamo il mistero, non sospettiamo più dei protagonisti come possibili colpevoli ma sospettiamo di tutti quelli che gli circondano. Nel complesso questo teen drama funziona bene e lo fa senza aggiungere troppa carne al fuoco, senza calcare troppo sulle sottotrame o sulle vicende amorose sentimentali dei protagonisti. Dritto deciso verso gli inganni, i ricatti e i misteri e la soluzione funziona alla grande.

Un po’ di paura rimane per la stagione 3 dove forse tutto sarà troppo esagerato complicato e dove le vittime stanno diventando troppe e incontrollabili. Come in ogni teen drama, ogni stagione aumentano il carico degli eventi, la scuola diventa una zona di guerra per numero di vittime e non si ha più quel leggero alone di realismo che rende bella una storia.

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Quattro Chiacchiere

MINDHUNTER E LA SUA POSSIBILE “RINASCITA” GRAZIE A DAHMER

QUATTRO CHIACCHIERE: Il successo della serie Netflix Dahmer, potrebbe riportare l’attenzione su il vero capolavoro della piattaforma, Mindhunter.

La serie Dahmer su Netflix sta avendo un successo clamoroso e anche abbastanza inaspettato, la storia del famoso serial killer Jeffrey Dahmer curata da Ryan Murphy e Ian Brennan sembrava essere sì un buon prodotto, ma nessuno pensava sarebbe diventato un prodotto commerciale ai livelli di storie di fantasia e generi per nulla inerenti a quelli di Dahmer.

Questa serie, conferma l’interesse morboso e particolare delle persone verso le crime stories e soprattutto verso i serial killer e se in più una storia è vera, non fa altro che spingersi ancor di più a seguire la storia, informarci e capirne ogni aspetto psicologico. Dahmer sfrutta perfettamente questi fattori e la curiosità delle persone ha fatto il resto, passaparola è stato un’onda che ha travolto tutti e in numeri delle visioni del prodotto sono sempre più alti.

Ovviamente questo non fa altro che stimolare la ricerca di prodotti similari all’interno del catalogo Netflix, così sia i documentari true crime che serie di genere simili ricevono un’attenzione maggiore. Tra tutti i prodotti inerenti, ce n’è uno che è davvero fenomenale e sottovalutato, si tratta della serie curata da David Fincher, Mindhunter.

Mindhunter è spesso nascosta nei meandri del catalogo Netflix, eppure più passa il tempo e più ritengo sia un capolavoro. David Fincher è un regista di altissimo livello e la sua cura dei dettagli è maniacale. Purtroppo la serie è sospesa alla seconda stagione per problemi di costi e di tempo, forse solo un’ondata di nuovo pubblico potrebbe farla ripartire. Mindhunter è tratta da uno dei libri più famosi e emblematici del mondo dei serial killer, scritto direttamente dall’uomo che ha fatto sì che sia nato il reparto di analisi comportamentale nella FBI è cioè dei profiler.

Cura dei dettagli, scelta del cast e dialoghi, nulla è banale in questa serie, c’è molta psicologia e un orrore percepibile più a parole che visivamente proprio come in Dahmer, la tecnica è simile e anche il risultato finale e ugualmente di altissimo livello. In un certo senso la serie Dahmer è come se facesse parte del mondo creato da Mindhunter, una serie che non è potuta andare avanti ma che sta generando delle sottospecie di piccoli spin off con queste serie qui.

In Mindhunter il colloquio e il confronto con la follia dell’essere umano diventano costanti, diventa la prassi della storia narrativa di ogni episodio, una storia verticale fatta di confronti, di confessioni e una storia orizzontale che spesso segue i casi ancora irrisolti. Come in Dahmer l’espediente narrativo di far sì che la serie sia come un documentario, funziona e ci mostra nei particolari il mutamento epocale delle indagini e la loro efficacia. La storia di Mindhunter è di per sé l’inizio e la fine dei serial killer, per merito dei profiler ma anche delle nuove tecnologie.

I serial killer vengono riconosciuti come tali, vengono studiati a fondo, e per farlo si usa la tecnica più semplice, una semplice intervista, le loro confessioni aiutano a tracciare dei profili psicologici che serviranno a catturare dei possibili futuri criminali. Questo è quello che ci mostra Mindhunter e lo fa con una fotografia e una sceneggiatura praticamente perfetta.

Già gli ultimi dati ci mostrano come la serie Mindhunter stia tornando in classifica su Netflix, questo potrà forse aiutare la produzione di una tanto attesa terza stagione. Allo stesso tempo, se progetti come quello di Dahmer saranno sviluppati, potrebbe in qualche modo togliere la necessità che la storia di Mindhunter continui. Una situazione che però sembra aver fatto capire a Netflix su che prodotti potrebbe puntare per rilanciare la piattaforma.

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STRANGER THINGS 4: RECENSIONE DEL PRIMO VOLUME DELLA QUARTA STAGIONE

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La quarta stagione è la meglio riuscita della serie, sicuramente merito di un budget elevato ma anche di una buona capacità di chiudere il cerchio e di mettere in ordine molti aspetti ancora oscuri. Un villain perfetto e molto più concreto dei precedenti, i personaggi più maturi e consapevoli danno più spessore a tutta la stagione.

Stranger things preme un po’ di più sul genere horror e lo fa con la giusta dose di adrenalina e orrore, molte scene sono davvero ben curate, sia dal lato estetico che da quello fotografico, molto realistico il villain principale fatto con trucco prostetico, si vede davvero che tutto la serie ha fatto un step in più.

Ottima anche la regia degli ormai super collaudati fratelli Duffer, tutto ricorda gli anni ottanta, sia nei riferimenti che nelle canzoni, rendendo anche questa stagione davvero molto iconica. I nuovi personaggi sono ben scritti e si adattano bene alla nuova evoluzione della trama. Uno in particolare è davvero ben scritto e fa parte del cliffhanger finale.

Questa stagione è la più matura e consapevole ed è speciale perché grazie alla sua trama rafforza anche le altre come un bel film che sul finale fa coincidere tutti i fatti e le sottotrame. Una bella sensazione quella di vedere crescere una serie stagione dopo stagione, con questo volume uno che trova nell’episodio 4 e 7 il suo massimo splendore, per trama ed effetti visivi davvero di ottimo livello. Pur mantenendo lo stesso stile e dinamica, questa stagione divide un po’ i protagonisti creando un po’ delle sottotrame per amplificare la storia, peccato però che la trama principale sovrasti completamente il resto. Personaggi come Mike che perdono importanza e sono quasi inesistenti. Mentre altri sempre più importanti e al centro dell’azione come Dustin. Undici mantiene la sua importanza e rimane punto cardine della trama con un bellissimo colpo di scena finale che in parte la riguarda.

La quarta stagione appare più precisa, poco confusionaria e con misteri più intriganti delle precedenti, strizzando l’occhio al genere giallo poliziesco a tratti con toni molto dark e horror, c’è più violenza del solito, ma questo non fa altro che aggiungere spessore a questa stagione. Pochi sono i difetti, perché effettivamente sta diventando una serie davvero di altissimo livello. Curioso il fatto che il secondo volume avrà solo due episodi, ma molto lunghi di circa due ore, forse una scelta per dare ancora più importanza al finale di stagione, la serie finirà con la quinta stagione.

Stranger Things diventa sempre di più icona di Netflix e con questa stagione alza il livello e potrà essere sicuramente una pubblicità di un certo livello per tutto il canale, ci punta molto a questo e lo si vede dalla enorme quantità di pubblicità presente in giro per internet e non solo. Una serie che cresce con i suoi personaggi e seppur con uno schema sempre molto simile, riesce a stupire con trame sempre più concrete e ben scritte e con Villain davvero di altissimo livello, sia visivo che caratteriale.

Una stagione che merita sicuramente di essere vista e che dà valore a tutto il lavoro precendente.

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UN VIAGGIO A QUATTRO ZAMPE: UN FILM CHE MI TOCCA IL CUORE

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Ho voluto vedere assolutamente questo film, perchè il cane che n’è protagonista e assolutamente simili al mio cane che mi ha fatto compagnia per molti anni e per tutta la mia adolescenza e di cui sento tutt’ora la mancanza, dopo due anni che ci ha lasciati.

Questo film il cui titolo originale è A Dogs way home, è un film del 2019 diretto da Charles Martin Smith, e parla di un cucciolo di cane randagio che trova una famiglia ma che per diverse vicissitudini (Denver non accetta i Pitbull) deve essere allontanato, lui pur di ritrovare la sua famiglia farà centinaia di chilometri per ritrovarla.

Un film leggero, per famiglie, e per amante dei cani, è tratto da un un libro di Bruce Cameron la cui protagonista è la cagnolina meticcia Bella, di cui sentiamo i suoi pensieri nel film.

Il film è tutto incentrato sulla storia di questo cane, a tratti un po’ improbabile ma sempre ricca di fantasia e sentimento, tutto è molto dolce, dai contorni sempre sereni e ironici.

La trama è scontata, ma non per questo brutta, facile affezionarsi a questo cane, ed è facile immedesimarsi nei sentimenti dei protagonisti, ci sembra tutto famigliare e vero.

Sinceramente mi ha stupito anche dal punto di vista visivo, molti belli alcuni scorci del Colorado anche se molto semplificati, si respira facilmente la sensazione della natura aperta, e per essere comunque un film a basso budget, molto bella anche la computer grafica.

Un po’ piatta la recitazione, non del tutto coinvolgente, ma non protagonista, è più quasi un contorno in una storia che vede sempre e costantemente presente Bella, la giovane cagnolina mezza Pitbull.

Curioso anche il fatto che il regista sia specializzato per questo genere di film con protagonisti gli animali, e in effetti si vede, perchè la gestione complessiva del film e praticamente perfetta e ben collocata in ogni suo aspetto.

Per me , vista la somiglianza con il mio Rochi, questo film ha un sapore nostalgico, quasi malinconico, attimi di felicità mista alla tristezza dei ricordi più belli ma ormai svaniti.

Consiglio comunque di vederlo con leggerezza per quello che è, una bellissima favola d’amore, tra l’uomo e il suo fedele amico.

Ciao Rochi
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LA REGINA DEGLI SCACCHI: UNA MINISERIE BELLA E INTERESSANTE

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La regina degli scacchi è una miniserie Netflix creata da Scott Frank e tratta dal romanzo “The Queen’s Gambit” di Walter Tevis.

Come sempre con le miniserie, Netflix non delude e infatti questa si presenta come un prodotto di tutto rispetto, ben fatto e con un ottima qualità narrativa.

Scott Frank non delude e come sempre elabora delle sceneggiature complete, dinamiche e con delle dinamiche sempre piacevoli e che riescono a raccogliere al meglio tutto ciò che è descritto nel soggetto.

Di questa miniserie mi piace la scenografia, curata nei dettagli, tanto che ci si sente subito catapultati negli anni sessanta, negli stati uniti dove i ruoli di donna e uomo erano ben definiti.

Ci sono dei piccoli stereotipi che caratterizzano la trama, come il classico padre di famiglia americano che arrivato a casa da lavoro si siede sulla poltrona a leggere il giornale e non vuole essere disturbato, come se il suo fine fosse solo lavorare per dare un tetto alla famiglia.

Molto bello come da un argomento, un gioco per meglio dire, si sia creata intorno una storia davvero convincente e interessante, con la capacità e la volontà di avvicinare in qualche modo lo spettatore al gioco degli scacchi.

E ci riesce perfettamente, rendendo avvincente ogni partita e facendoti fare inevitabilmente il tifo per la protagonista, che qui è davvero il centro della serie.

Rare se non quasi assenti scene senza di lei, una bellezza particolare quella di Anya Taylor Joy, con un viso tra l’angelico e il malizioso, con degli occhi magnetici, perfetta nei panni della protagonista, e devo dire che mi ha piacevolmente colpito la sua interpretazione.

Spero vivamente che Netflix riproponga miniserie di questo livello, sono belle facili da vedere e propongono sempre storie interessanti, non posso dir nulla di negativo su questa serie, se non che a tratti appare forse un po’ troppo lenta per i gusti moderni.

Consiglio assolutamente di guardarla…

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MESSIAH: UNA SERIE AMBIZIOSA CHE NON HA CENTRATO IL SUO OBIETTIVO

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E se Gesù tornasse nei giorni nostri? quale impatto avrebbe sul mondo? Queste due domande sono il concept di partenza di questa serie Netflix, creata da Michael Petroni.

Da subito si può intuire che si tratta comunque di qualcosa di ambizioso, perchè è difficile costruirci una trama sopra e servirebbe un ottimo budget di partenza. Diciamo che questa serie risalta un po’ questi difetti, infatti è stata cancellata dopo una sola stagione.

La serie invece per molti altri aspetti si presenta molto bene, l’idea è stata sviluppata nel modo adeguato e riesce a farti porti sulle domande sulla vera identità del protagonista, che vacilla sempre tra il sacro e il profano.

Il dubbio sulla sua vera identità è il vero centro narrativo della serie e ruota tutto intorno a quello, ci crea curiosità e ci spinge a guardare tutta la prima serie per avere delle risposte, perchè davvero, è molto difficile capire se si tratta davvero del Messiah o no.

Gli altri personaggi mi sono piaciuti per grande parte della trama, anche se tendono un po’ a perdersi, alcuni risultando inutili alla causa o scritti con troppa fretta, e difficili da collocare.

Nel complesso è una serie che vale la pena di essere vista perchè ha davvero un sacco di elementi a suo favore, è un peccato sia stata cancellata, sono sicuro che la seconda stagione avrebbe rispettato il livello della prima.

Un prodotto che comunque è ben scritto e la cui regia è di ottimo livello, nulla da dire nella recitazione, anzi il protagonista Mehdi Dehbi, è davvero perfettamente calato nella parte del Messiah, sempre che lo sia…

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YOU: UNA SERIE TV INASPETTATEMENTE INTERESSANTE

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YOU è una serie televisiva creata da Greg Berlanti e liberamente tratta dai romanzi di Caroline Kepnes, di genere Thriller psicologico.

Questa serie è distribuita in Italia da Netflix e attualmente sono state messe in onda le prime due stagioni e sembrerebbe che è già in lavorazione una terza stagione.

Devo ammettere che ho iniziato a vedere questa serie senza troppe aspettative, mi intrigava il lungo trailer stile Netflix che ti mostra già gran parte del prodotto che andrai a guardare catturandoti quasi sicuramente nella sua morsa.

You è una serie che ti sorprende, soprattutto perchè è difficilmente paragonabile con altri prodotti simili, è una serie che ha come sfondo comunque il genere thriller ma che si pone nello stile fotografico e nei dialoghi più come una commedia.

Riesce a creare un mix di emozioni che non è da sottovalutare, è volutamente un po’ psicopatica e disturbante tanto che ci sentiamo tremendamente vicini e allo stesso tempo totalmente lontani dalla visione della realtà del protagonista.

C’è sempre una percezione di quello che può accadere ma che in realtà non accade nel momento in cui te lo aspetti, in perfetto stile thriller.

Il protagonista è scritto molto bene, strutturato in maniera credibile e l’attore Penn Badgley è perfettamente calato nel personaggio di Joe Goldberg che è davvero un personaggio curioso e molto particolare.

Anche il contorno è ben strutturato e non ci sono personaggi particolarmente deboli, tutti hanno delle caratterizzazioni ben precise e delineate e penso siano tutti scritti in modo abbastanza accurato, anche la ragazza Beck, mi è piaciuta un sacco, molto brava anche Elizabeth Lail a renderla dolce e spontanea.

You è coinvolgente, e anche se non convince del tutto nella seconda stagione, mantiene sempre un livello molto alto di suspense e curiosità, per certi versi migliora episodio dopo episodio, aggiunge qualche tocco in più nella regia e nello studio dei personaggi.

La trama diventa forse un po’ ripetitiva e forse un po’ troppo forzata nella seconda stagione, mantenendo comunque una buona qualità di base, che sicuramente non può annoiare o deludere.

I personaggi aggiuntivi della seconda stagione li ho trovati migliori di quelli della prima, forse più folli e assurdi ma molto ben caratterizzati con le loro caratteristiche ben precise e con il protagonista che si evolve poco a poco, purtroppo perdendosi un po’ in qualche passaggio. Da tenere d’occhio la giovane attrice Jenna Ortega.

Consiglio assolutamente di guardare questa serie, sono sicuro che vi stupirà

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THE WITCHER: UN’OTTIMA SERIE FANTASY.

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The Witcher è una serie Netflix creata da  Lauren Schmidt Hissrich e basata sui romanzi dell’autore polacco  Andrzej Sapkowski.

Premesso che io non ho mai letto i libri e non ho mai giocato alla serie di videogiochi se non per qualche minuto, la serie tv mi è piaciuta, diciamo che in generale ha rispettato le mie aspettative.

A livello di serie tv ma nello stesso cinema il fantasy è sempre trattano con cautela perchè ha una nicchia molto critica e attenta, perchè costa molto avviare un progetto del genere e perchè si rischia facilmente di fare qualcosa di davvero orribile e che nessuno vuole vedere.

The Witcher secondo me per molti aspetti ha fatto centro e da subito si è conquistato una buona fetta di pubblico, penso sia anche uscita nel momento giusto, in cui c’erano in giro molti “orfani” del “Trono di spade” che erano assetati di serie fantasy.

A livello visivo e scenografico, questa serie è abbastanza semplice, non ha grosse pretese e conosce i propri limiti, si nota a volte la semplicità di alcune location e di alcuni personaggi, lasciando forse più spazio alla fantasia che agli effetti visivi.

Dalla sua parte ha un mondo molto espanso, come molti prodotti fantasy, su cui gli sceneggiatori possono navigare tranquilli, ma in cui è facile perdersi se non si fa troppa attenzione.

Ci sono molti personaggi e la trama è abbastanza complicata perchè fin da subito i protagonisti si muovono su linee temporali differenti che a tratti si incrociano tra di loro, per poi ritrovarsi tutti verso la fine.

La prima stagione va in crescendo sia di qualità visiva che recitativa, i personaggi sembrano metterci un po’ ad entrare nei personaggi, che a volte sono un po’ complessi e difficili da capire.

Henry Cavill da fan del videogioco non vedeva l’ora di indossare i panni di Geralt di Rivia e devo ammettere che la sua interpretazione, se pur semplice e convincente e questo è il suo miglior personaggio, gli calza proprio a pennello, sia per fisicità che per espressioni facciali, molto rude e silenzioso.

Paradossalmente penso che nel complesso sia più adatta a chi non sa nulla di fantasy, è una serie per tutti, che può appassionare anche gli amanti delle serie storiche e in costume.

Per adesso, essendo un serie recente, è uscita la prima stagione, sono curioso di vedere come proseguirà questa serie televisiva, vi consiglio di iniziare a guardarla.

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BREAKING BAD: UNA DELLE SERIE TV MEGLIO RIUSCITE DI SEMPRE

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Breaking bad ha detta di molti è sicuramente una delle serie tv più belle e meglio riuscite di sempre, per diversi fattori che comprendono un’alta qualità in tutte le parti che compongono questa serie.

Creata da Vince Gillian la serie tv è stata trasmessa dal 2008 al 2013 e attualmente e una delle serie tv che è stata vista più volte su Netflix, negli anni ha fatto incetta di premi che vanno dalla regia, alla sceneggiatura alle interpretazioni degli attori.

A partire dalla Log Line, questa serie è un susseguirsi di idee geniali, di dettagli e di un lavoro meticoloso per ogni episodio e ogni scena, per cinque stagioni che ti conquistano fin da subito.

La Log Line in se già ti incuriosisce e ti porta a guardare la serie per capire cosa potrebbe succedere. “Un professore di chimica scopre di avere un cancro, non avendo i soldi per curarsi, decide di usare le sue abilità da chimico e inizia a fare metanfetamine”.

Breaking Bad è la bellezza del dettaglio, con una fotografia sempre precisa e con un significato e che addirittura segue l’evoluzione del personaggio, una trama sempre convincente con dei colpi di scena che ti lasciano un po’ a bocca aperta.

Bryan Cranston è un attore pazzesco che ha reso il personaggio di Walter White un icona del mondo delle serie tv, tutti citano Breaking Bad e penso che non esista essere umano che ha visto questa serie e non la mette nella sua top 5.

La prima stagione è l’unica pecca che per molti è troppo lenta, banale e non si smuove quasi da volerti fare abbandonare la serie, ma poco a poco prende ritmo e la trama si evolve perfettamente con il suo protagonista.

Breaking Bad è davvero un lungo film che ha messo al centro della trama l’evoluzione dei personaggi, non solo del protagonista, ma anche di Jesse (il suo compagno d’avventura) ma anche con Skyler e con gli altri personaggi.

In questa serie c’è uno dei Villain che più ho apprezzato nel mondo delle serie tv, Giancarlo Esposito interpreta Gus Fring un narcotrafficante composto, serio e cinico che copre i propri affari con una catena di ristoranti di pollo fritto “Los Pollos Hermanos”

Più ripenso a questa serie e più mi rendo conto di quanto sia geniale e fondamentale per chi vuole vedere davvero un prodotto di qualità, chi non l’ha mai vista deve assolutamente correre a vederla senza pensarci due volte! Heisenberg ti aspetta!