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YOU: RECENSIONE PRIMA PARTE – QUARTA STAGIONE

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Dopo la prima bella e soprattutto innovativa, sotto certi aspetti, prima stagione, difficilmente si pensava che un prodotto come YOU potesse avere un seguito, si c’era un finale piuttosto aperto, ma difficile era credere di rivedere le stesse cose. Le prime tre stagioni sono state un po’ ripetitive sotto certi aspetti con il protagonista che per colpa del suo amore malato e ossessivo si ritrovava sempre nella stessa situazione.

Uno stalker a tutti gli effetti incuriosito dalla vita delle donne di cui si innamora facilmente e che si ritrova troppo spesso a dover uccidere qualcuno. In quattro stagioni di soluzioni ne hanno trovate e il livello è rimasto sempre alto, non c’è più il fascino della prima stagione, però c’è sempre un forte senso di curiosità. Questa stagione era un po’ la prova del nove, qualcosa doveva cambiare.

Dopo la prima parte, formata da 5 episodi, si può dire che la prova è stata superata, YOU si rinnova, cambia stile mantenendo però le caratteristiche del protagonista, a tratti sembra un po’ lo schema della serie “Uno di noi sta mentendo“, con il protagonista che non ha più la situazione sotto controllo e che non è più lui il carnefice ma in parte la vittima.

Cambia il look, il nome e la città per Joe, in questo modo si dà nuovo respiro ad un serie che si sta un po’ arenando nella ripetizione delle stesse situazioni, non manca lo stile della serie, ma sembra a tratti quasi un suo spin-off, di genere giallo/Thriller con Joe che diventa quasi un detective improvvisato tra i ricchi viziati di Londra. C’è sempre la stessa follia, le stesse ambiguità, c’è sesso e violenza come nelle stagioni precedenti, ma a prevalere, almeno per questi primi cinque episodi, è il mistero e l’indagine, con il protagonista sotto ricatto.

Una serie che è riuscita a rinnovarsi, che si forse si stacca fin troppo dal proprio passato, ma che ne giustifica il cambiamento sfruttando la propria trama, con Joe Goldberg che deve necessariamente cambiare vita e identità.

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LUTHER-VERSO L’INFERNO: IN ARRIVO IL FILM SU NETFLIX

QUATTRO CHIACCHIERE: In arrivo a marzo su Netflix il film sequel della serie tv inglese con protagonista Idris Elba

Netflix ha appena fatto uscire il trailer del suo nuovo film che uscirà a marzo, un film sequel tratto dalla serie originale BBC, Luther, con protagonista Idris Elba nei panni di un detective un po’ sopra le righe in una Londra ormai avvolta nella criminalità.

Dal trailer non sembra cambiata la splendida fotografia che spesso contraddistingue fin da subito le serie inglesi, e non sembra nemmeno cambiato troppo Luther, che è forse il personaggio più iconico dell’attore. Essendo un film c’è sicuramente più movimento e azione rispetto alle stagioni precedenti e i personaggi hanno meno possibilità di svilupparsi e crescere. Vedere Andy Serkins nei panni di uno spietato serial killer mi fa ben sperare, attore preciso per quel ruolo.

Luther si trova in carcere dopo le vicende della serie, non è più un poliziotto, vuole indagare su un serial killer prima di essere nuovamente catturato, in pratica lotta su due fronti, ma farà di tutto per catturare quello che ormai non è solo un criminale ma una sua ossessione. La bellezza della serie era la sottilissima differenza tra bene e male, tra la “guardia e il ladro”, dal trailer sembra che questo elemento sia ben presente nella trama, con un Luther detective non ufficiale e addirittura inseguito dai suoi ex colleghi.

Purtroppo in produzioni di questo tipo di tende troppo a renderli dei film d’azione con il pericolo che il detective Luther diventi una sorta di Dominic Toretto, che picchia e spacca tutto e che può fare qualsiasi cosa, anche volare. Spero che si mantenga il realismo della serie, che ci mostra il lato oscuro dell’essere umano, e un detective tormentato che segue più le sue ossessioni che il suo dovere.

Questo è il personaggio migliore di Idris Elba e un’altra sua interpretazione nel ruolo è una bella notizia, il trailer sembra regalare degli spunti davvero interessanti, ma la piattaforma Netflix ha la brutta capacità di uniformare troppo i propri prodotti, mi piacerebbe vedere che un po’ di quel tocco inglese in stile BBC sia rimasto, com’è stato per Peaky Blinders o Sherlock.

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TROLL: IL GODZILLA NORVEGESE

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Troll è un film del 2022 diretto e scritto da Roar Uthaug (Tomb Raider). Questo film è di produzione norvegese e ambientato nelle montagne del paese e a Oslo. Un film che prova a dare vita alle leggende popolari di quei luoghi.

Un monster movie particolare più che altro per il paese di origine in cui è prodotto, la trama è semplice e parla di un grosso troll che dopo decenni si risveglia dalla montagna devastando tutto ciò che trova sul suo cammino.

Nonostante il film sia semplice nella recitazione e nella trama prevedibile, visivamente non pecca in nulla, e anzi ha un livello di animazione molto elevato, tanto che il troll risulta più che convincente e ben fatto, anche se nel complesso viene inquadrato poco nel dettaglio. Dal lato visivo e grafico risulta essere un buon film, un po’ meno nella sia esecuzione che non riesce uscire dagli stereotipi del genere e che a tratti risulta essere davvero troppo banale e nonostante un ottimo doppiaggio, sembra davvero mal recitato.

Per essere un film norvegese stupisce nella sua qualità e nel complesso si fa vedere con facilità senza mai annoiare e con un buon livello di azione, la parte finale ricorda i più celebri monster movie, ma mantenendo le caratteristiche favolistiche del troll, il che l’ho trovato davvero molto affascinante. Allo stesso tempo il film prova a lanciare un messaggio pro natura e rispetto del pianeta, che però si perde quasi subito nei risvolti narrativi della trama.

Un film che dimostra che a livello di effetti visivi stanno diventando tutti molto competitivi, e che è possibile creare realisticamente dei bei personaggi di fantasia anche in queste piccole produzioni.

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SAMARITAN: UN CLASSICO FUMETTO FATTO A FILM

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Samaritan è un film del 2022 diretto Julius Avery, tratto dall’omonimo fumetto e con protagonista Sylvester Stallone. Genere azione con cliché e caratteristiche tipiche delle pellicole tratte dai fumetti.

La trama ci porta in una città immaginaria, molto simile a quelle reali, Granite City, dove il bene e il male continuano a combattere, non viene approfondita più di tanto la situazione sociale, ma ci fanno intuire che c’è un forte squilibrio e che le periferie sono piene di criminali e povertà. Molti anni prima la città trovava il suo equilibrio per due gemelli con dei superpoteri, uno era un supereroe, l’altro il suo alter ego, Samaritan e Nemesi (Sylvester Stallone), entrambi dichiarati morti dopo uno scontro, un bambino di nome Sam non perde la speranza che dopo più di 20 anni, Samaritan sia ancora vivo e pensa che potrebbe essere proprio il suo vicino.

Samaritan è un film che riesce a trasportarci un po’ nel mondo dei fumetti, per la città immaginaria, e per la caratteristica del supereroe classica di un uomo solitario che aiuta le povere persone e risolve le ingiustizie. Ha molti cliché ma che vengono utilizzati nel modo corretto rendendo il film piacevole e bello. Bello il rapporto tra un bambino sognatore e un uomo ormai anziano stanco della vita, un rapporto che si rafforza giorno dopo giorno. Il Villain non mi ha convinto del tutto, solito boss criminale che inizia con degli obiettivi e delle motivazioni precise ma che poi si perde in un “sono cattivo e basta”.

Un film molto semplice rispetto ad altri film con supereroi, ma allo stesso tempo non si impone nulla di più, rimane nelle periferie non coinvolgendo mai elementi di potere della città, la storia rimane quasi tutto il tempo nel suo piccolo coinvolgendo pochi personaggi che si ritrovano più o meno tutti nella stessa situazione sociale. Stallone è perfetto nel ruolo della “vecchia gloria” stanca e ormai sempre arrabbiato con il mondo.

Nel complesso un ottimo film, ovviamente non bisogna aspettarsi niente di speciale, ma rispetta i propri canoni, non esagera praticamente mai, la trama è si banale ma coinvolgente e le scene di azione sono ben studiate e belle. Un film senza grandissime pretese, ma che ti fa passare un’ora e mezza spensierata.

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QUATTRO CHIACCHIERE: DOPO TANTI ANNI, HO RIVISTO SEVEN

Il film che ha lanciato Fincher tra i grandi registi, un film che è invecchiato benissimo

Seven è un film del 1995 diretto da David Fincher, con protagonisti Brad Pitt e Morgan Freeman e con la presenza nel cast anche di Kevin Spacey e Gwyneth Paltrow. Un film che negli anni è diventato un cult del suo genere e che ha messo in luce il talento del regista, alla sua seconda opera.

Seven ha la capacità di catturarti con poche parole, basta una piccola sinossi del soggetto per creare curiosità e farci rimanere incollati al televisore, oltre a una buonissima regia, il film ha anche una trama molto bella e coinvolgente, c’è mistero, violenza e piccole lezioni di vita. Seven è un thriller potente, con un finale che è ormai inciso nella storia del cinema, un plot point perfettamente calibrato dallo sceneggiatore e autore Andrew Kevin Walker, reso ancor più bello dalla maestria di Fincher e da Brad Pitt che troppo spesso viene sottovalutato, ma che con questo regista da sempre il meglio di se.

Seven, il titolo, è riferito ai sette peccati capitali, infatti la storia segue le vicende di due detective sulle tracce di un serial killer che punisce le vittime per i loro peccati, lo fa in modo metodico, violento e molto esplicito, figurativo, vuole lanciare un messaggio ai suoi “cacciatori”. Il film offre un sacco di spunti interessanti, dal confronto tra giovane e vecchio, tra Freeman che interpreta un detective esperto e pacato sulla soglia della pensione, Det. William Somerset e David Mills interpretato Pitt che interpreta un detective giovane, impulsivo e con la testa piena di sogni per il suo futuro.

Una cosa bella del film è come la città in cui sia ambientato sia un luogo astratto, non collocabile, non sappiamo dove si trovano i protagonisti e non abbiamo alcun indizio per capire dove sono, questo paradossalmente da un tocco di realismo alla storia, la rende più curiosa e avvincente. Questa scelta rende il film anche un po’ diverso da ciò che lo circonda e togliendo un contesto preciso, rende la trama e la psicologia dei personaggi, il centro di tutto. I personaggi sono scritti alla perfezione, hanno caratteristiche ben definite e impari a conoscerle fin dall’inizio, il detective Mills poi è un foglio bianco, facile da capire ed entrare in sintonia con lui, perchè solitamente siamo tutti molto istintivi.

Il film è graffiante e tremendamente pessimista, piove sempre, la vita è difficile e sembra andare tutto male, c’è solo una risata a spezzare il torpore cupo di tutta la trama e della sua evoluzione, c’è preoccupazione angoscia e per il detective Mills non è facile avere il coraggio di mettere su famiglia in un mondo così. Più volte viene rimarcato un pessimismo di fondo, lo si vede nelle parole di Somerset, ma anche nella stessa Tracy Mills spaventata, confusa e intimorita dal mondo che la circonda.

Seven sa essere spiazzante nella sua evoluzione e soprattutto nel suo finale che non lascia alcuno spiraglio alla felicità e all’ottimismo, il serial killer è una mente tremendamente lucida, cinica ma allo stesso tempo con una propria morale, spaventosa, ma ricercata e stoica nel suo essere. Kevin Spacey in pochi minuti di film sa essere perfetto, ci trasmette le giuste sensazioni e ci lascia spiazzati quando intuiamo cosa sta per accadere. Un thriller giallo perfetto in tutto e per tutto, un cult degli anni 90′ ma che visto adesso sembra un film estremamente attuale.

Mills, interpretato da Pitt è una altalena di emozioni, l’unico personaggio ottimista, energico e che vuole trovare spazio nel mondo, un personaggio molto iconico che si muove e evolve e va in contrasto con gli altri protagonisti molto più lineari e coerenti con loro stessi. Mills trasmette energia, è la nostra sicurezza ma poi ci crolla addosso tutto nel finale, perchè anche lui viene coinvolto nella parte brutta del mondo, nel pessimismo e nella violenza. Dando ragione al serial killer, tutti sono parte dei sette peccati e poco a poco ce ne rendiamo conto. Il finale è forte, gestito alla perfezione ed è davvero la forza di questo film, viene ricordato soprattutto per questo ma è davvero pieno di spunti interessanti. Grazie a questo film, Fincher, si è lanciato in progetti come Zodiac o alla serie tv Mindhunter, diventando un maestro del genere.

La frase del detective Somerset riassume un po’ tutto il concetto del film “Il mondo è un bel posto, e vale la pena lottare per esso. Condivido la seconda parte“. In questa frase si rivede tutto il pessimismo del protagonista e dell’intera trama, una storia breve che si evolve in pochi giorni, in una settimana, ma che ci fa capire tutta la visione del mondo che c’è in Seven, un mondo brutto, violento e senza speranze, un mondo dove il male prevale sul bene, ma in cui bisogna lottare, non arrendersi e non perdere la speranza.