Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

GUARDIANI DELLA GALASSIA VOL. 3: UN TERZO CAPITOLO DI ALTO LIVELLO

Recensione nel tempo di un caffè

Guardiani della Galassia Vol. 3 è un film del 2023 terzo capitolo della saga, scritto e diretto da James Gunn. Il film per eccellenza nell’universo Marvel, una saga che potrebbe diventare anche Cult negli anni a venire.

Un ritmo, una musica e una sceneggiatura fluida e divertente che rendono questo terzo capitolo forse il migliore della saga e uno dei migliori di tutto l’MCU. James Gunn fa ancora centro e sembra non sbagliare ancora un colpo. Un mix perfetto tra azione divertimento e anche qualche piccolo momento commovente, con la famiglia e l’amicizia un po’ al centro della trama. Un film che non annoia mai, ci viene presentato il terribile e violento passato di Rocket, sfruttato per degli esperimenti, mentre i guardiani vanno in missione per salvargli la vita. Gomora senza i ricordi di un’altra dimensione futura, e il resto del gruppo che è sempre più unito e forte.

C’è un ottimo livello di recitazione da non sottovalutare, il villain è alla ricerca della perfezione della specie, un cattivo scienziato che sperimenta e distrugge intere razze per questo unico scopo. James Gunn la perfezione la ottiene con pellicole sempre molto divertenti ma che sanno anche far riflettere, trovando anche un piccolo spazio contro lo sfruttamento degli animali.

Proprio come un walkman la trama e il ritmo seguono l’evolversi della playlist con una selezione accurata e precisa di un sacco di canzoni meravigliose che regalano colore a tutta la pellicola. Questo terzo capitolo è appunto la somma di tutte queste caratteristiche, enfatizzate dal fatto che potrebbe essere un addio. C’è felicità, malinconia e un forte e stretto abbraccio al pubblico che non può che sentirsi parte del progetto Marvel più ambizioso e meglio riuscito, quello che ha dato una direzione a tutta la MCU, che ha reso famoso un autore di cinema di livello assoluto come Gunn, quello che ha dato una spinta decisiva ad un attore come Chris Pratt.

Guardiani della Galassia vol. 3 è anche il migliore a livello di regia con scene ben studiate e con una scena di combattimento in un tunnel dell’astronave con la squadra al completo che a livello di regia è davvero un piccolo capolavoro con un particolare piano di sequenza che sinceramente non ti aspetti in un film così.

Una boccata d’aria in un universo cinematografico che inizia un po’ a vacillare. Un insegnamento un po’ per tutti di come vanno fatte determinate cose, pellicole e saghe per ottenere questi risultati.

Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

MIDNIGHT IN THE SWITCHGRASS – CACCIA AL SERIAL KILLER: UN THRILLER CHE SI PERDE NEL FINALE

Recensione nel tempo di un caffè

Midnight in the Switchgrass è un film del 2021 diretto da Randall Emmet e con protagonista Megan Fox, Emile Hirsch e Bruce Willis che fa più da comparsa.

Un serial killer ha appena fatto un’altra vittima, la settima ragazza che sparisce e di cui viene ritrovato il corpo il giorno seguente, nessuno vuole indagare e la polizia di stato non sa più cosa fare, solo un detective sembra intenzionato a dare la caccia al killer. L’incontro con una agente della FBI da una svolta alle indagini.

Un thriller abbastanza classico soprattutto nella sua fotografia dai toni più spenti e grigi, con una colonna sonora molto immersiva e azzeccata. La recitazione aleggia sulla sufficienza, Megan Fox se pur bellissima non sembra mai al top e non riesce dare animo al suo personaggio. il serial killer viene mostrato quasi subito, questo toglie un po’ di tensione e curiosità, ma allo stesso tempo ci regala una sorta di angoscia quando scopriamo che il mostro ha una moglie e una figlia e continua le sue due vite in tranquillità.

Il film risulta un po’ spento nelle sue dinamiche e nei dialoghi e i personaggi sembrano cambiare da una scena all’altra, sia nelle intenzioni che nelle proprie parole. Un film che rispetta molto bene i canoni del genere ma che si perde clamorosamente nel finale, montato male e molto frettoloso. Il momento più cruciale si trasforma in salti temporali di ore privandoci di un po’ di azione e lotta tra il killer e la giustizia. Ci si perde in una sequenza di immagini che dovrebbero essere forti ma non lo sono, anzi sembrano distaccate e spente.

Lo stesso Bruce Willis sembra estraneo al film e quando si vede non è mai sul pezzo, ma distaccato e con poca voglia, come più o meno tutto il cast e la produzione nel finale. Alti e bassi che rendono il film mediocre, dispersivo in parole superficiali e in scene frettolose che non sono mai violente o davvero significative. Sicuramente più un film da Tv che da cinema, adatto agli amanti del genere, per la fotografia (solo a tratti) e la colonna sonora.

Categorie
Quattro Chiacchiere

HOUSE OF THE DRAGON: LA DANZA DEI DRAGHI, APPROFONDIMENTO DELLA SERIE

QUATTRO CHIACCHIERE: La recensione breve non basta, House of the dragon merita qualche parola in più e qualche piccolo approfondimento

House of the Dragon è una di quelle serie che merita qualche parola in più, molti personaggi e storie che non si possono comprimere in una piccola recensione senza spoiler (QUI). Una serie HBO che mostra il potenziale di questo mondo fantasy e lo amplifica, pronta a riconquistare il cuore dei più delusi.

Il finale della serie originale Game Of Thrones è una ferita aperta ancora per molti fan, infatti questa serie e passata in secondo piano, un po’ anche schiacciata dalla campagna pubblicitaria de “Gli anelli del potere” e un po’ dal fatto che essendo su Sky, non tutti possono vederla. Come già detto nella recensione, questa serie funziona e ha riportato in alto questo splendido universo fantasy creato da Geroge R.R. Martin.

House of the Dragon ci mostra il passato della famiglia Targaryen, più precisamente quasi 190 anni prima della nascita della nostra amata Daenerys, in questa serie ci viene mostrato l’inizio della fine della casata più importante di Westeros, una famiglia che ha regnato per anni e anni su quelle terre, grazie al potere dei Draghi, assoluti dominatori del mondo Fantasy di Game Of Thrones. Il fascino del drago come creatura di fantasia ha sempre funzionato, in questa serie sono un punto importante, e ci mostra in particolare il potere dei Targaryen sulle altri importanti casate del continente. Le famiglie mantengono le caratteristiche già viste nella serie principale, alcune vengono solo nominate altre ci vengono mostrate.

La serie ci mostra due linee temporali ben distinte. Nella prima parte di inizia a raccontare la linea temporale con Viserys (Paddy Considine) primo del suo nome figlio di Baelon ed erede al trono di suo nonno Jaehaerys I, che diventa Re. Viserys si fa notare fin da subito per il suo buon carattere, molto pacifico e cordiale, un uomo che evita la guerra e lo scontro Un re anomalo per il trono di spade.

Fin dalle prime scene e situazioni notiamo una caratteristica dei Targaryen con il re Viserys sposato con sua sorella Alyssa, da cui ha avuto una figlia, Rhaenyra (Milly Alcock nella versione giovane della principessa). In questo modo mantengono il sangue puro e il loro legame con i Draghi e Valyria. Il contrapposto del re è suo fratello Deamon (Matt Smith), un ragazzo molto aggressivo e ribelle che mette sempre in difficoltà il consiglio del re e il suo nome, per i suoi atti di violenza di potere, un ragazzo forte e che ama la battaglia e che non esita a buttarsi nella mischia se serve. Lui come gli altri Targaryen è possessore di un drago.

Questi personaggi principali, nei primi cinque episodi ci mostrano un po’ la situazione di quegli anni, con Viserys ammalato e con il “difetto” di non avere eredi maschi. Questo sarà un punto cruciale della trama e sarà quello che poi farà vacillare il potere sul trono di spade, con più contendenti a Bramarlo. Un semplice trono, che attira sempre l’ambizione di potere delle persone. Con questa serie si ritorna un po’ alle morti un po’ improvvise e inaspettate che ti fanno salire la giusta tensione in ogni momento. I personaggi principali, ai fini della trama, non vengono toccati più di tanto, ma non si sa mai quanto possano rimanere in vita. Bello l’espediente, del re malato, che sembra dover morire da un momento all’altro ma che rimane in vita praticamente tutta la stagione. Nella seconda parte, nei restanti 5 episodi si ha un salto temporale importante con Rhaenyra ormai adulta (Emma d’Arcy) e suo padre sempre più malato, con due nuovi figli maschi avuti dalla sua nuova moglie Alicent Hightower.

Qui iniziano i veri giochi di potere ben iniziati già nelle prime cinque puntate, Rhaenyra viene accusata di avere figli illegittimi, chiaramente non figli di suo marito, mentre gli Hightower grazie alla posizione di Otto, padre di Alicent come primo cavaliere che vogliono prendere sempre più potere, supportati da parte del popolo che non vuole avere una regina ma un re.

In pochi episodi sale la tensione, i figli aumentano, gli eredi pure, ci viene mostrato il lato buono di Rhaenyra, forse la più onesta di tutti, ma anche il suo lato ambizioso e la voglia di diventare la prima Regina Targaryen a salire sul trono. Si sposa con suo figlio Daemon da cui avrà due figli, di sangue puro Targaryen, i suoi primi due figli avranno dei ruoli di potere e il suo primogenito Jacerys sarà l’erede al trono. Questo era il suo programma, ma si ritrova regina di roccia ma nulla di più con il suo fratellastro Aegon II che viene nominato re alle sue spalle, scatenando la guerra che viene chiamata Danza dei draghi. La storia è abbastanza contorta davvero piena di nomi simili tra di loro, ma la serie riesce a mostarci bene questa situazione e a rendere bene l’idea di quello che sta succedendo. Il merito della serie è quello di tenere tutto molto ordinato e non creare troppa confusione, il salto temporale è un po’ spiazzante ma necessario per portare avanti la storia e arrivare al momento dello scontro tra i verdi e i neri, le due fazioni che sostengono regnanti differenti.

Il finale di stagione racchiude un po’ tutto lo stile di Game Of Thrones, con Lucerys, secondo genito di Rhaenyra, che vola dai Baratheon per chiarire la loro posizione riguardo alla guerra che sta per scoppiare e chi riconoscono come Re legittimo, arrivato a destinazione, trova suo zio e rivale di vecchie litigate Aemond Targaryen figlio di Viserys e Alicent e fratello dell’attuale re sul trono di spade. Aemond si appena promesso sposo alla figlia di Baratheon. Lucerys fugge nella tempesta con il suo drago, ma Aemond, da poco padrone di Vaghar, il drago più grande in vita, non riesce a fermarsi e per sbaglio uccide e divora Lucerys, creando così una situazione di sicura guerra tra le due famiglie. Una scena emblematica, perché quella morte sarà l’inizio di molte altre e della distruzione di parte della discendenza Targaryen.

Questo meccanismo funziona alla perfezione per la serie che ci dà indizi su chi vincerà la guerra e da chi discende Daenerys, collegandosi poi alla serie originale, con nomi a noi più famigliari, pur essendo 160 anni indietro, qualche piccolo collegamento c’è.

La morte di Lucerys, anche se molto diversa nella sua esecuzione, ricorda molto la morte di Ned Stark nella prima stagione di Game Of Thrones, una morte che porterà ad un sacco di conseguenze nelle successive stagioni. Riporta al centro il trono, con una battaglia tra draghi mai vista prima, in questa prima stagione c’è solo un accenno ma già si intuisce cosa ci aspetterà nella seconda stagione.

L’inizio della fine di una famiglia che comincia a farsi la lotta con sé stessa, con due incoronazioni, due pretendenti al trono di spade e con fratelli e sorelle pronti a darsi battaglia con i propri draghi, la famiglia Targaryen perderà a poco a poco il suo potere fino ad arrivare al re folle. Questa serie è giusta e equilibrata e ci mostra un’altra interessante storia di questo mondo, con personaggi molto importanti e ben scritti, come lo stesso Re Viserys, suo fratello Daemon e sua figlia Rhaenyra, si passa da un momento pacifico e tranquillo, a una lotta interna che non farà che danneggiare il regno. La prima stagione è un percorso che ci porta all’inizio della battaglia. Una prima stagione perfetta, che introduce un po’ alla violenza e alle morti classiche di questa serie, con lo “slogan” dei Targaryen che diventa ancora più reale, fuoco e fiamme.

Si rivela così la decisione giusta presa da HBO di fare lo spin off su questa storia, che ha una trama interessante e nello stile che il pubblico vuole, con il trono bramato da molti, con guerre e inganni. Una serie che si può anche chiudere in 3 semplici stagioni, ma che dimostra la potenzialità di alcuni spin off, con la paura che possa finire male come la serie originale. Ci sono in progetto altri spin off e si spera che il livello sia questo. Una serie che mi ha riconquistato, non esageratamente bella, ma davvero un’ottima prima stagione.

La cosa che funziona di più nella serie, è la politica, i giochi di potere, sono elementi fondamentali per questo genere, in cui la parte Fantasy e rimarcata dai draghi, ma che nel contesto di per sé sembra solo storia medievale. Game Of Thrones si riconferma dunque, l’universo narrativo ideale per fare serie che possano conquistare il pubblico e avvicinarlo al mondo fantasy. L’assenza di magia, elfi o altro, ci fa sembrare tutto un po’ più realistico e storico, quasi più vicino alla realtà. Il concetto di bene e male non esiste, perché è molto sottile e impercettibile, difficile scegliere una fazione, difficile capire davvero chi fa la scelta giusta. Il popolo passa in secondo piano, proprio come i re ci dimentichiamo quasi che esiste, e ci concentriamo solo sulle famiglie reali, sul loro potere o su chi salirà su quel trono. I draghi rappresentano il fascino del potere, la forza di una famiglia che proprio come detto nella serie, sembrano quasi dei, sicuramente diversi dagli altri esseri umani.

I giochi, gli inganni e gli incesti della famiglia Targaryen, ma anche il loro aspetto un po’ celestiale, ci ricordano un po’ le vicende della mitologia Greca, con questi Dei che fanno giochi di potere e che ogni tanto scendono sulla terra (tra il popolo di approdo del re) per sfogare le loro perversioni sessuali. La fortezza rossa di approda del re, diventa un po’ il monte olimpo con all’interno i loro Dei, che giocano e vogliono sempre più potere. Al popolo non cambia nulla, succedono mille cose a palazzo, ma loro nel concreto vengono solo obbligati ad assistere all’incoronazione di Aegon II, inconsapevoli della guerra civile che incombe.

Proprio come nella politica reale ci si dimentica del proprio popolo e si pensa solo al potere e al poter salire sulla quell Trono (poltrona). House of the Dragon funziona perché prende spunto da molte cose e ci ricorda tante situazioni già viste nella vita reale. Con un’iconica figura di potere e di fantasia come il Drago.

Categorie
Quattro Chiacchiere Recensioni Combinate Recensioni nel tempo di un caffè

AMERICAN PSYCHO: TRA FOLLIA E GENIALITA’

Recensione nel tempo…

American Psycho è uno dei quei film iconici, conosciuti più per i meme e le immagini presenti su internet che per la sua vera forma e trama, un film spesso citato, e nominato, ma che sfortunatamente, fino a ieri sera, non avevo mai visto.

Scorrendo nel catalogo Netflix mi ritrovo davanti a questo film del 2000, diretto da Mary Harron e tratto dall’omonimo romanzo di Bret Easton Ellis. Con un incredibile come sempre, Christian Bale.

Un film molto enigmatico, a tratti folle e complicato, dai mille significati che ogni spettatore può provare ad estrapolare, American Psycho è un viaggio nella follia mentale di un uomo, vittima di sé stesso e del mondo in cui vive. Patrick Bateman appare come un uomo perfetto, ricco, intelligente e bello che si prende cura di sé stesso e che non sbaglia una mossa, un uomo perfetto, ma collocato in un mondo tutto uguale, in cui le persone si vedono tutti i giorni ma sbagliano il nome e in cui un bigliettino da visita può fare la differenza. La descrizione di una follia omicida, perpetrata da Bateman per quasi tutto il film, con Christian Bale che grazie alla sua interpretazione riesce a trasmettere tutta questa strampalata storia.

American Psycho è una estremizzazione del mondo americano dei Broker, un piccolo precursore di “The Wolf of Wall street“, ma con molta molta più follia e meno realtà. Un viaggio nella follia di un uomo che non sa più nemmeno cosa sia reale e che confonde anche lo spettatore che rimane un po’ spiazzato dal finale e che si fa mille domande. Ci ritroviamo a chiederci se tutto quello che abbiamo visto sia vero o frutta della sua fantasia, spezzando in due l’opinione su questo film.

La follia ha sempre il suo fascino, il film è scritto davvero bene e anche la regia è di buon livello, i mille dubbi e domande lasciate dal finale, non fanno che dare ancora più valore a questo film. Un film che potrebbe diventare tra poco una serie tv. Chi non l’ha visto come me fino a ieri, deve assolutamente vederlo, e capire da che parte stare.

Categorie
fantasceneggiatura Quattro Chiacchiere

JON SNOW NON DOVEVA STARE CON DAENERYS?

QUATTRO CHIACCHIERE: Il Gossip che non ti aspetti, avrebbe potuto cambiare le sorti della serie?

Con la serie House Of Dragon, ritorna in grande Hype il mondo si Sherk, no scusate, il mondo del Trono di Spade, che ha lasciato dentro di noi un enorme ferita per colpa delle due stagioni finali. Una serie tra le più iconiche di sempre rovinata da quel maledetto finale che ha destabilizzato i fan di tutto il mondo ancora molto delusi e amareggiati.

Il caro buon vecchio George, se ne sta bello sereno e tranquillo ad osservare e a fatturare con gli spin-off, del libro non c’è ancora traccia e lui è terrorizzato di sbagliare e di deludere i fan, oppure di scrivere qualcosa di talmente assurdo e opposto alla serie da uscire ancora peggio. L’importante e non fa come la serie e non perdere le proprie caratteristiche che hanno reso famoso si suoi libri, non perdersi nel finale, rompendo tutte le regole di cinismo e sadismo alla George Martin.

Uno dei tanti elementi che ha dato una svolta negativa nella serie è la relazione amorosa tra Daenerys e Jon Snow, i due personaggi preferiti dal pubblico della serie, che poi si scoprirà essere parenti e rendere così il colpo di scena ancor più clamoroso, tipo il film Old Boy. Eppure ha fatto un effetto opposto, telefonato, fan service per nulla in stile trono di spade in quel momento. Ok la resurrezione in stile Gesù, però dopo si è puntato più a fare Beautiful che altro, con la necessità di far vedere il culo di Jon Snow.

Non c’erano più le morti improvvise, violente e clamoroso, ormai i protagonisti erano imbattibili ed è tutto partito dal quella maledetta storia d’amore, anche se la serie stava già andando verso il basso. Ma questo penso sia già stato detto e ridetto, con la ferita ancora aperta in molti di noi. Daenerys doveva continuare il suo dominio, la sua forza di dominare lei sugli uomini, doveva avere un cuore di ghiaccio, e non innamorarsi di Jon Snow, magari usarlo per i suoi scopi si, ma non ci voleva una storia di amore.

Secondo qualche indiscrezione, forse creata per attirare l’attenzione sui libri, sembrerebbe che nelle prime intenzioni degli autori del trono di spade, Jon Snow avrebbe si dovuto avere una storia d’amore, ma non con Danerys, bensì con la sorellastra Arya Stark. Questo sarebbe stato abbastanza scioccante e inquietante come altri aspetti delle prime stagioni, dove dopo un incesto Jamie butta giù un bambino dalla torre. La gente vuole quello stile li, e per quanto assurda la teoria di incesto tra Arya e Jon, avrebbe avuto un effetto e un impatto diverso nella serie.

Per il pubblico era ancora più disturbante, perché l’attrice che interpreta Arya è molto piccola, bassa e sembra essere molto più giovane di quello che è realmente, poi fin dall’inizio con Jon c’era un vero e proprio affetto fraterno, avrebbe fatto davvero uno strano effetto. Ma sarebbe stato in un certo senso più canonico e idoneo allo stile del resto della serie. Questo ovviamente poi avrebbe cambiato di molto la trama, rendendola forse ancora più complessa e dalla difficile soluzione finale. Non vorrei essere nei panni di Martin, sincero.

Affascinante come a distanza di anni escano fuori rivelazioni di questo tipo, forse lo fanno per ricordare a tutti il nostro dolore verso il mal riuscito finale di stagione, o forse lo fanno appunto per attirare l’attenzione sui libri in uscita e sulle future serie spin-off che hanno in programma. Sicuramente House Of Dragon sta riscuotendo successo, questo vuol dire che con il giusto stile e dinamiche, il format Trono di spade funziona alla grande.

Quindi dopo la rivelazione Jon Snow doveva avere una storia d’amore con Arya Stark, aspettiamoci altre rivelazioni sconcertanti. Un Gossip nel fantasy di cui non avevamo bisogno, ma che evidentemente va tanto di moda.

Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

THE VOYEURS: UN PLOT TWIST INASPETTATO

Recensione nel tempo di un caffè

The Voyeurs è un film del 2022 scritto e diretto da Micheal Mohan e distribuito da Prime Video. Il film si presenta come un thriller erotico, in cui una coppia di ragazzi si ritrova a spiare la vita sessuale dei propri vicini, questo però porterà a rivedere il loro rapporto di coppia e le loro priorità e tutta si trasformerà in un gioco pericoloso.

Il film gioca spesso e in modo equilibrato con l’erotismo, stuzzicando la fantasia dello spettatore, nonostante la situazione è abbastanza assurda e paradossale, non ci appare poi così irreale e tratta con semplicità ed erotismo, l’argomento della curiosità umana. Il film ci mostra come delle volte siamo più presi ed interessati dalle vite degli altri più che dalla nostra.

Un film nel complesso abbastanza banale, gioca molto bene con gli elementi che ha a disposizione, ma nulla di più, una recitazione abbastanza piatta, ma una trama che sa sorprendere soprattutto nel suo finale, molto più complicato e articolato di quello che ci si aspetta a inizio film.

Proprio come i due protagonisti anche lo spettatore viene distratto dall’erotismo di certe situazioni e si dimentica di notare i dettagli e ripensare alla basa assurda di tutta questa situazione, con queste gigantesche finestre che si affacciano l’una sull’altra senza alcun filtro o tenda che possa impedire le coppie di spiarsi nel proprio privato.

The Voyeurs è un film che appare banale, ma che sa sorprendere, ha dei grossi difetti nei dialoghi e nella caratterizzazione dei personaggi, ma la storia in sé sa catturare e nel complesso risulta essere un film piacevole e con un ottimo plot twist nel finale che da un giusto tocco thriller a tutta la trama. Nel complesso quindi un buon thriller erotico, con il giusto equilibrio e le giuste scene messe al punto giusto, la trama di guida nella giusta direzione e ti fa volere ciò che poi accade, questo è un grande pregio.

Il film tratta in sé l’argomento Voyeur con le pinze, ne parla poco, ma rende la trama molto realistica e paradossalmente a tratti molto verosimile. Un film che poteva dare ancora di più e che ogni tanto si perde un po’ in scene un po’ troppo assurde, il finale è bello ma si stacca un po’ dal realismo del resto del film.

Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

LA CASA DI CARTA: RECENSIONE E ANALISI DEL FINALE

Recensione nel tempo di un caffè

Una delle serie più clamorose e popolari di Netflix giunge al termine, lo fa in modo equilibrato senza esagerare con un po’ di stanchezza sulle spalle. Un finale giusto per una serie che non ha mai avuto grandi pretese e che con semplicità ha conquistato milioni di persone in tutto il mondo, un fenomeno mediatico simbolo dei nostri tempi.

Qui di seguito trovate tutti i link inerenti agli articoli che ho dedicato a questa serie.

IL FENOMENO MONDIALE DELLA CASA DI CARTA

RECENSIONE DELLA PRIMA PARTE DELL’ULTIMA STAGIONE

SPIN-OFF SUL FIGLIO DI BERLINO (PRIMA CHE USCISSE LA NOTIZIA)

Ma com’è stato questo finale?

Il finale della casa di carta non perde il suo stile al limite del trash e del cringe che hanno caratterizzato le ultime stagioni, una situazione che stava diventando monotona e ripetitiva e a tratti davvero troppo banale. L’aggiunta massiva di azione ha cercato di rivitalizzare una serie che non riusciva più davvero a prendersi sul serio, spingendo la situazione ai limiti del possibile.

L’ultima parte della ultima stagione riesce ad abbassare un po’ i toni, forse per la troppa stanchezza, gli autori sembrano non volere l’ora di chiudere questa storia e finalmente passare oltre. Un’ultima parte molto debole a livello recitativo con personaggi completamente snaturati, come se sfilassero sul red carpet. Tutto estremamente complicato, come un piano del professore, gli ultimi episodi sono con l’acqua alla gola e con una evidente assenza di idee. Eppure il finale convince, e gli autori nonostante tutto hanno fatto un gran bel lavoro e sono riusciti a districarsi perfettamente e a rendere la storia tutto sommato credibile.

In tutti i suoi difetti, in tutte le sue banalità, questa serie tv entra nella storia, una serie tv che è riuscita a dilungarsi per 5 stagioni, tutte basate su due rapine, una serie Heist davvero impressionante dal punto di vinto della resistenza. Gran lavoro degli autori davvero. Non era facile creare un prodotto simile, eppure nel complesso prettamente a livello narrativo, tralasciando il lato trash, è una trama che convince e il personaggio del professore non si snatura mai ed è lui il vero vincitore di tutta questa serie.

Hanno tutti perso la propria identità, il proprio carattere, si sono snaturati, hanno fatto cose assurde, nessun personaggio era più sé stesso, rendendo la serie a tratti quasi imbarazzante e davvero troppo banale. Ma proprio come nella trama, è sempre il professore a tenere in piedi tutto, lui non cambia mai e sembra di rivedere il primo episodio della serie riguardando pezzi dell’ultimo. La sua genialità, tranquillità, un personaggio davvero ben scritto, la vera perla di questa serie è lui, senza ombra di dubbio.

Non voglio elencare i difetti, purtroppo anche il finale è pieno di essi, quello più evidente è una stanchezza generale, dagli autori, agli autori a tutti i membri dello staff, c’era voglia di chiudere finalmente questa serie. La fretta e la poca voglia si notano subito nel cinema, ancor più nelle serie tv. Questo finale ha comunque il pregio di convincere, questa rapina tutto sommato è credibile. Il sottile gioco tra economia reale e digitale è estremamente convincente e molto bello. Da, forse involontariamente, un significato profondo a tutta la serie, un tentativo già fatto in precedenza ma che trova il suo apice massimo nel finale.

Nel complesso gli autori hanno davvero scritto la rapina del secolo, omettendo le parti sceneggiate ovviamente, d’altra parte la serie in qualche modo deve andare avanti. Però dal lato prettamente narrativo, una serie che mi ha sempre convinto, una bella idea iniziale, portata avanti con cura e in modo davvero sorprendente.

Un finale a cui mi sento di fare i complimenti, come quello di una fiaba con il lieto fine, la felicità, la vittoria, sono i simboli di questo finale. Tutti vincitori e praticamente nessun perdente.

Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

KISSING BOOTH 3: RECENSIONE DI UNA FIN “TROPPO” FORTUNATA, SAGA DI NETFLIX

Recensione nel tempo di un caffè

The kissing booth 3 è l’ultimo capitolo di una fin troppo fortunata saga di Netflix, che in 3 capitoli a provato e riprovato a fare dei film sulla generazione Z, su un intreccio amoroso che non ha mai convinto del tutto e con una regia e una scrittura che non hanno mai dato la giusta qualità ai tutti e tre i film. Netflix ha bisogno di questi film, ma anche il pubblico, infatti la saga ha avuto comunque successo ed è diventata il simbolo del romanticismo targato Netflix.

Elle, si ritrova come sempre in una situazione abbastanza complicata, deve scegliere il college in cui andare e decide di seguire il suo cuore ed andare a Boston con Noah, deludendo così (l’assillante) Lee, suo migliore amico e fratello del suo ragazzo. Elle è confusa e non si sa perchè delude tutto e tutti, perchè tutti sono egoisti e vogliono per forza qualcosa da lei, senza effettivamente dargli nulla. L’unico che cerca di aiutarla un po’ è Marco, suo “spasimante” nel secondo capitolo, che appare ogni tanto da qualche colonna, ma che degenera anche lui, nella versione “tu devi essere mia e fare qualcosa per me”.

Il film prova a descrivere la generazione degli anni 2000, ma in moltissimi concetti e forse anche nello stile e tremendamente fermo negli anni 90′. Pur avendo i pregi di essere un film leggero, poco impegnativo e abbastanza carino per i suoi personaggi, il terzo capitolo è certamente il peggiore dei tre, fatto solo per cavalcare l’onda del successo. Pessima regia, pessima recitazione, fotografia inesistente e un montaggio davvero insostenibile rendono il film davvero troppo amatoriale e poco credibile, è disordinato e nessuna scelta ha senso. Va guardato senza pensarci, cogliendo il poco di buono che c’è. Infatti scavando bene, qualcosa di buono nel finale c’è. Infatti i toni cambiano, c’è qualche momento in più di serietà e riflessione e vengono posti con un attimo più di attenzione i problemi della generazione Z, il vuoto tremendo che sentiamo quando finiamo le scuole e ci chiediamo cosa vogliamo fare realmente della propria vita. Dura solo un momento, però è bello che anche in un film semplice e banale come questo, ci sia un attimo, un piccolo attimo su cui vale la pena riflettere, allo stesso tempo ci fa capire che poteva avere un potenziale ma che si è perso in scelte davvero un po’ stupide e troppo scontate.

Se si passa sopra sulla marea di difetti del film, può risultare piacevole, è davvero leggero e servono anche film del genere, senza impegno che anche se sono fatti male non annoiano mai, ci fanno fare magari qualche risata e passare poco più di un oretta piacevole. Un film che non ha pretese e che quindi si può perdere pure nella sua banalità e semplicità.

Sinceramente non so se consigliarlo o meno, penso in fondo di si, non è proprio tempo sprecato, nel complesso si può catturare qualcosa di positivo in ognuno dei tre film, l’importante è mantenere le aspettative basse.

Categorie
Quattro Chiacchiere

QUATTRO CHIACCHIERE: DOPO TANTI ANNI, HO RIVISTO SEVEN

Il film che ha lanciato Fincher tra i grandi registi, un film che è invecchiato benissimo

Seven è un film del 1995 diretto da David Fincher, con protagonisti Brad Pitt e Morgan Freeman e con la presenza nel cast anche di Kevin Spacey e Gwyneth Paltrow. Un film che negli anni è diventato un cult del suo genere e che ha messo in luce il talento del regista, alla sua seconda opera.

Seven ha la capacità di catturarti con poche parole, basta una piccola sinossi del soggetto per creare curiosità e farci rimanere incollati al televisore, oltre a una buonissima regia, il film ha anche una trama molto bella e coinvolgente, c’è mistero, violenza e piccole lezioni di vita. Seven è un thriller potente, con un finale che è ormai inciso nella storia del cinema, un plot point perfettamente calibrato dallo sceneggiatore e autore Andrew Kevin Walker, reso ancor più bello dalla maestria di Fincher e da Brad Pitt che troppo spesso viene sottovalutato, ma che con questo regista da sempre il meglio di se.

Seven, il titolo, è riferito ai sette peccati capitali, infatti la storia segue le vicende di due detective sulle tracce di un serial killer che punisce le vittime per i loro peccati, lo fa in modo metodico, violento e molto esplicito, figurativo, vuole lanciare un messaggio ai suoi “cacciatori”. Il film offre un sacco di spunti interessanti, dal confronto tra giovane e vecchio, tra Freeman che interpreta un detective esperto e pacato sulla soglia della pensione, Det. William Somerset e David Mills interpretato Pitt che interpreta un detective giovane, impulsivo e con la testa piena di sogni per il suo futuro.

Una cosa bella del film è come la città in cui sia ambientato sia un luogo astratto, non collocabile, non sappiamo dove si trovano i protagonisti e non abbiamo alcun indizio per capire dove sono, questo paradossalmente da un tocco di realismo alla storia, la rende più curiosa e avvincente. Questa scelta rende il film anche un po’ diverso da ciò che lo circonda e togliendo un contesto preciso, rende la trama e la psicologia dei personaggi, il centro di tutto. I personaggi sono scritti alla perfezione, hanno caratteristiche ben definite e impari a conoscerle fin dall’inizio, il detective Mills poi è un foglio bianco, facile da capire ed entrare in sintonia con lui, perchè solitamente siamo tutti molto istintivi.

Il film è graffiante e tremendamente pessimista, piove sempre, la vita è difficile e sembra andare tutto male, c’è solo una risata a spezzare il torpore cupo di tutta la trama e della sua evoluzione, c’è preoccupazione angoscia e per il detective Mills non è facile avere il coraggio di mettere su famiglia in un mondo così. Più volte viene rimarcato un pessimismo di fondo, lo si vede nelle parole di Somerset, ma anche nella stessa Tracy Mills spaventata, confusa e intimorita dal mondo che la circonda.

Seven sa essere spiazzante nella sua evoluzione e soprattutto nel suo finale che non lascia alcuno spiraglio alla felicità e all’ottimismo, il serial killer è una mente tremendamente lucida, cinica ma allo stesso tempo con una propria morale, spaventosa, ma ricercata e stoica nel suo essere. Kevin Spacey in pochi minuti di film sa essere perfetto, ci trasmette le giuste sensazioni e ci lascia spiazzati quando intuiamo cosa sta per accadere. Un thriller giallo perfetto in tutto e per tutto, un cult degli anni 90′ ma che visto adesso sembra un film estremamente attuale.

Mills, interpretato da Pitt è una altalena di emozioni, l’unico personaggio ottimista, energico e che vuole trovare spazio nel mondo, un personaggio molto iconico che si muove e evolve e va in contrasto con gli altri protagonisti molto più lineari e coerenti con loro stessi. Mills trasmette energia, è la nostra sicurezza ma poi ci crolla addosso tutto nel finale, perchè anche lui viene coinvolto nella parte brutta del mondo, nel pessimismo e nella violenza. Dando ragione al serial killer, tutti sono parte dei sette peccati e poco a poco ce ne rendiamo conto. Il finale è forte, gestito alla perfezione ed è davvero la forza di questo film, viene ricordato soprattutto per questo ma è davvero pieno di spunti interessanti. Grazie a questo film, Fincher, si è lanciato in progetti come Zodiac o alla serie tv Mindhunter, diventando un maestro del genere.

La frase del detective Somerset riassume un po’ tutto il concetto del film “Il mondo è un bel posto, e vale la pena lottare per esso. Condivido la seconda parte“. In questa frase si rivede tutto il pessimismo del protagonista e dell’intera trama, una storia breve che si evolve in pochi giorni, in una settimana, ma che ci fa capire tutta la visione del mondo che c’è in Seven, un mondo brutto, violento e senza speranze, un mondo dove il male prevale sul bene, ma in cui bisogna lottare, non arrendersi e non perdere la speranza.