Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

FAST X: RECENSIONE, VERSO UN LUNGO E GLORIOSO FINALE

Recensione nel tempo di un caffè

Fast X è un film del 2023 diretto da Louis Letterier e parte finale di una delle saghe cinematografiche più grandi e importanti, Fast and Furious.

Questo film è la prima parte di tre di quella che sarà il grande finale della saga, una saga che nonostante non sia grande cinema ha sempre un livello d’azione elevatissimo e con il tempo ha conquistato un po’ tutti. Non importa se è realistica o meno o se non c’entra nulla con il primo film, l’importante è stupire il pubblico con la magia del cinema e anche in questo caso, il film ci riesce.

Dominic Toretto e la sua famiglia deve confrontarsi con nemici inaspettati del proprio passato, il figlio di Hernana Reyes, Dante vuole vendicare la morte del padre, ucciso durante la rapina a Rio de Janeiro presente nel quinto capitolo e scena intro di questo film. Ovviamente non bisogna pensare al realismo e al senso di alcune scene ma godersi un’azione costante e potente che dura per tutto il film. Si passa da Roma, in cui Dante vuole fare esplodere la città con una bomba rotolante gigante alle strade del Portogallo con Dom che deve salvare suo figlio (Che magicamente ha cambiato etnia da un film all’altro).

A livello visivo e di effetti speciali è davvero un’ottima pellicola e risulta anche tutto molto realistico, finché la fisica lo permette, sa essere divertente e non annoia praticamente mai. Ci sono citazioni e tributi ai film precedenti che rendono un po’ l’idea che siamo sempre più vicini alla conclusione. Jason Momoa nei panni di Dante è forse il Villain più complesso e meglio riuscito della saga, con un atteggiamento folle e distruttivo, un’ottima interpretazione dell’attore che da questo lao stupisce non solo lui ma l’intero cast con un’interpretazione di ottimo livello.

Rispetto agli altri film, forse, stupisce un po’ meno, e le assurdità presenti nel film non riescono più a colpire del tutto lo spettatore se non a farlo sorridere, un pubblico abituato ormai ai supereroi non si stupisce più di nulla e questa pellicola per certe caratteristiche ricorda un po’ gli Avengers.

Un film che punta sullo spettacolo l’azione, ma anche sull’affetto verso i protagonisti, ormai presenti in moltissimi film con un cast davvero ampio e di livello Vin Diesel, Michelle Rodriguez, Tyrese Gibson, Ludacris, Jason Momoa, Nathalie Emmanuel, Jordana Brewster, Sung Kang, John Cena, Jason Statham, Alan Ritchson, Daniela Melchior, Scott Eastwood, Helen Mirren, Charlize Theron, Brie Larson, Rita Moreno e due che non si possono dire per evitare grossi spoiler già molto presenti in rete. Ovviamente un cast così ampio comporta che molti attori hanno piccole parti o che non si hanno più loro tracce senza una dovuta spiegazione.

Fast X nel complesso è un buon film d’azione, ha dei colpi di scena semplici ed efficaci ed è il film della saga con il nemico più convincente e meglio interpretato. Una saga che risulta comunque essere un po’ stanca e che rischia di diventare troppo scontata e ripetitiva. A volte rendere tutti così immortali toglie forse troppa tensione e ci consegna nelle mani un finale assurdo quanto scontato. Ovviamente non bisogna pensare al senso, alla fisica o altre leggi dell’universo, bisogna salire in auto con Dom e godersi lo spettacolo.

Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

LUTHER – VERSO L’INFERNO: IL RITORNO DEL DETECTIVE ANTIEROE

Recensione nel tempo di un caffè

Luther – verso l’inferno è un film del 2023 diretto da Jaime Payne e sequel dell’omonima serie inglese andata in onda dal 2010 al 2019. Il protagonista è sempre Idris Elba nei panni del tenebroso e fuori dale righe detective Londinese.

Luther era un tributo all’arte cinematografica inglese, con una cura della fotografia sublime e un’intensità significativa e affasciante. Una serie crime tra le migliori in circolazione che ha deciso di portarsi avanti con un film, che mantiene alcune caratteristiche importanti ma che nel complesso perde un po’ del suo stile originale.

Un film scritto e diretto molto bene, il livello della fotografia e sempre ottimo e più invecchia e più sembra che Idris Elba sia tagliato per questo ruolo, anche solo nella postura e nella classica camminata, con il suo inseparabile cappotto grigio, ormai rovinato dal tempo. La storia si fa grande, fin troppo eclatante con un serial killer che usa principalmente il ricatto come arma per eseguire i suoi delitti, espliciti e violenti. Forse un personaggio davvero troppo eccessivo che non giustifica una caccia all’uomo cosi quasi minimalista e con pochi mezzi come quelle precedenti. Un Luther che fugge dalla polizia e che intanto insegue un folle omicida non convince molto come trama nonostante sia scritta bene.

In un certo senso il voler renderlo più cinematografico e scenografico ha fatto perdere la vera arte della serie, fatta di una fotografia elaborata, tenebrosa e sempre molto sul pezzo, con una Londra che esprimeva sia la sua bellezza che il suo terrore. La sottile linea tra giustizia e legge, che spesso si sovrappongono, con Luther che spesso si trovava in mezzo, con scelte violente e fuori dagli schemi, in questo film è tutto giustificato. Il serial killer è talmente potente e violento che ogni azione che il detective compie è perfettamente giustificata dalla gravità di ciò che sta succedendo, non ponendo mai il dubbio su cosa sia giusto o sbagliato.

Luther combatte solo e praticamente con sé stesso e con la voglia di catturare il nemico, perdendo un po’ il duello tra lui e le leggi che aveva caratterizzato la serie. Andy Serkis è sempre un attore di altissimo livello eppure il suo personaggio, folle potente e con manie di protagonismo e potere appare un po’ più com un nemico di James Bond e Luther quasi come un Batman.

Hanno voluto esagerare in tutto e il risultato pur essendo buono e di alto livello, si stacca forse troppo dalla serie di cui di fatto è un sequel. Nel complesso è un ottimo film crime, ci sono buoni attori e girato e scritto bene e potrebbe anche conquistare chi non ha mai visto la serie, quindi come film è promosso a pieni voti. Paragonato alla serie, perde un po’ del suo fascino, un po’ quella sensazione di estrema cura e precisione e un po’ delle caratteristiche impregnanti della serie Luther.

Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

THE LAST OF US – RECENSIONE QUINTO EPISODIO: ARRIVA LA PROFONDITA’ E IL DOLORE

Recensione nel tempo di un caffè

The Last Of Us arriva supera la metà del suo percorso e ci mostra un altro aspetto di questo brutto mondo, dominato da infetti e ribelli trasportati dalla disperazione, il quinto episodio è forse l’episodio più intenso ed emotivamente complicato. Il finale estremamente crudo e cinico in contrasto con la serenità di alcuni momenti, ci riporta e ci riapre gli occhi, su un mondo ormai crudele e estremamente violento.

Joel e Ellie fanno crescere il loro rapporto e il confronto con due ragazzini non fa altro che ricordare a Joel i bei momenti del passato. Si nota la netta divisione tra il mondo che era e il mondo in cui si trovano adesso, lui lo sa e riesce a mantenere sempre il giusto livello di attenzione e non abbassare mai la guardia. Un episodio pieno di scene molto intense e di morti che lasciano sicuramente il segno tanto da sorprende anche chi la storia la conosce già. A livello di regia forse il miglior episodio fino a qui, con scene davvero ben coordinate ed effetto, giusto livello di tensione e anche un po’ di paura. Il finale è crudele e estremamente intenso e significativo, riportandoci tutti in questo incubo che è il mondo di The Last Of Us.

La speranza viene cancellata scena dopo scena e a vincere purtroppo alla fine di tutto, sembra essere sempre e solo il fungo e la malattia, Joel sembra rassegnato ma non vuol perdere per alcun motivo al mondo quella che ormai e come se fosse sua figlia. Ellie conserva in sé la speranza che lei possa essere il cambiamento, che lei possa essere la cura per risolvere tutti i problemi del mondo. Il finale ci mostra in una scena mille sfumature del suo personaggio, una bambina che inizia a sentire su di sé, una responsabilità enorme.

The Last of Us non è una semplice passeggiata in un mondo post apocalittico, ma una storia cruda lontana dalle favole dal lieto fine, si sopravvive e ogni giorno può accadere qualcosa di terribile. Episodio scritto sempre molto bene, anche la recitazione sta salendo di livello e come detto prima la regia sembra essere la migliore vista fino a qui, una serie che si evolve, che prende confidenza e che non risparmia la sua crudeltà.

Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

ZLATAN: CALCIO E OCCASIONI PER DIVENTARE UN CAMPIONE

Recensione nel tempo di un caffè

Zlatan è un film del 2021 diretto da Jens Sjogren, un film di produzione svedese che racconta la storia del calciatore Zlatan Ibrahimovic, icona del calcio degli ultimi 20 anni. Il film è stato liberamente tratto dal libro autobiografico “Io sono Ibra”.

La trama del film ci mostra un giovane Zlatan, le difficoltà dell’integrazione in Svezia e i primi passi nel mondo del calcio, il suo carattere forte e squilibrato, in contrasto con un talento puro e una forza atletica fenomenale. Uno Zlatan bambino, che cresce fino alla firma che ha dato la svolta decisiva alla sua carriera, la firma con la Juventus.

Il mondo dello sport non è solo la partita in sé, ma tutto il mondo che c’è dietro, i sacrifici e la vita dell’atleta. La sua ambizione e sicurezza che lo portano con il tempo a diventare un campione. Ibra è uno di quelli che più è invecchiato e più ha aumentato la sua dose di lavoro, ha messo la testa a posto e a 40 è ancora un super atleta, icona dentro e fuori dal campo. Il film però fa fatica a mostrare con chiarezza questi momenti e nella sovrapposizione di due linee temporali fa un po’ confusione. Sembra troppo fortuita e casuale l’ascesa di Ibra, di cui vengono sottolineati solo gli aspetti negativi e non i sacrifici e il lavoro che ha dovuto fare per essere un campione. Risulta essere un film che parla più di fortuna, di coincidenze che di lavoro, dedizione e ambizione.

Si è vero i dettagli nel mondo dello sport fanno la differenza, Ibra fa un gol meraviglioso con l’Ajax e Moggi fa di tutto per prenderlo e arriva nel 2004, l’ultimo giorno di mercato, da lì esplode e diventa fortissimo, vincendo praticamente sempre lo scudetto. Sembra più un elogio al destino e alla fortuna, che al talento e hai sacrifici che un immigrato ha dovuto fare per diventare campione.

Nel complesso, con tutte le premesse che si possono fare, risulta essere un film un po’ freddo che non trasmette le giuste emozioni, rimane un po’ piatto, non mostrando le vere emozioni del calcio, ma perdendosi forse troppo con Ibra che è un bambino difficili e che ruba le bici. Bello però come ci viene mostrata l’importanza di Mino Raiola nella sua carriera.

Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

CELEBRITY HUNTED 3: CON LA TERZA STAGIONE VA UN PO’ MEGLIO

Recensione nel tempo di un caffè

Anche Celebrity Hunted, su prime video non si ferma, e nonostante il Covid era stata realizzata e girata una terza stagione, nel periodo del green pass e delle mascherine al chiuso. Una terza stagione con dei grossi lati positivi, forse la migliore fatta fino ad adesso.

Bello vedere un prodotto che cresce e migliora, la seconda stagione era stata un po’ un flop, ma nella terza, grazie e soprattutto a concorrenti di alto livello, ci si ritrova davanti ad un programma davvero apprezzabile. Un misto tra reality e serie tv che in questa terza stagione punta molto sulla sceneggiatura, una scelta vincente che rende tutto molto interessante e avvincente e anche molto divertente a tratti.

Le celebrità inseguite in questa edizione sono le coppie composte da Irama e Rkomi, Luca Argentero con sua Moglie Cristina Marino, Ciro Priello e Fabio Balsamo dei The Jackall, la coppia di Gomorra Salvatore Esposito e Marco D’Amore e in solitaria Katia Follesa.

La forza del programma rimane la grande dose di curiosità di sapere chi e come verranno catturati i vip, cosa si inventeranno per fuggire e per quanto riusciranno a salvarsi e soprattutto chi sarà il vincitore. Alcune nuove regole danno ancora più brio alla trama, e le catture sono più fantasiose del solito, i protagonisti sono di alto livello e alcune scelte di provocazione verso i cacciatori, sono davvero divertenti. Finalmente questo format funziona davvero e ha trovato la sua vera identità, più finzione, ma ben scritta e organizzata, e improvvisazione sulle battute e in alcune dinamiche della fuga.

Come nelle prime stagioni, interessante la regia, bene gestita anche nelle scene più difficili e movimentate, un po’ troppo inverosimili, gli inseguimenti dei cacciatori con il cellulare in mano per filmare, compratevi una Go Pro a sto punto!

Categorie
Senza categoria

THE SANDMAN: RECENSIONE PRIMA STAGIONE

Recensione nel tempo di un caffè

The Sandman è una serie Netflix Creata da Neil Gaiman, David S. Goyer, Allan Heinberg, Basato sull’omonimo fumetto della DC Comics.

Questa è una di quelle serie tv che doveva uscire da anni ma non ha mai trovato spazio produttivo, nessuno che ne avesse il coraggio, ci sono già stati degli spin-off di questo universo narrativo, come il film Costatine, oppure la serie Lucifer. The Sandman parla di un mondo dove l’astratto diventa concreto e reale, un universo dove gli eterni sono le nostre credenze e in nostri miti. Così veniamo traspostati nel mondo di Morfeo il protettore del reame dei sogni, interpretato da un bravissimo Tom Sturridge. La trama della serie è come se fosse spezzettata in piccole storie che hanno come solo filo conduttore le avventure di Morfeo che si muove tra il mondo dei vivi e quello dei sogni. La storia parte con lui che viene imprigionato per 100 anni, e al suo ritorno nel reame nulla è più come prima e deve sistemare alcune cose. Deve anche recuperare alcuni amuleti che gli servono per il suo lavoro.

The Sandman ha dei ritmi lenti ma adeguati a tutta la situazione, la parlata di Morfeo è precisa, scandita e con un linguaggio forbito e colto. Non ha mai fretta, tanto da apparire distratto e ancora un po’ ingenuo, nonostante la sua vita eterna. Episodio dopo episodio c’è un’evoluzione del personaggio che ondeggia tra l’empatia e l’apatia più totale. All’interno del film ci sono concetti molto profondi, in un episodio c’è un confronto diretto con una della sua famiglia, sua sorella Morte (Kirby Howell-Baptiste). C’è un’ottima profondità, una delicatezza a raccontare un argomento molto tosto e fragile. Anche l’amicizia è ben risaltata in alcuni frangenti della serie.

Questa è un’ottima serie, visivamente una delle più belle di Netflix, e con una trama che convince dell’inizio alla fine, a parte qualche scelta un po’ inutile, in perfetto stile della piattaforma. Una serie molto dinamica con molti personaggi e interazioni, anche se con poca azione ti tiene facilmente incollato allo schermo. Ho visto modernità nel cast e in certe scene, ma di per sé, mi ha ricordato una serie con ritmi anni 90, più precisa e delicata in alcuni frangenti, poco rumorosa e sempre in movimento.

Ovviamente ci sarà sempre un blocco accanito di fan pronti a criticarla, però penso che sia davvero bella come serie tv, coinvolgente al punto giusto, piacevole da guardare e con personaggi che facilmente ti conquistano. Se devo fare un appunto sul cast, non mi è piaciuta la scelta di Lucifer. Volevo Tom Ellis, già protagonista della serie, invece hanno scelto Gwendoline Christie (Brienne del Trono di spade). Sono scelte forzate, che tolgono il clamore e la forza di alcune scene. Un altro difetto è che nel complesso Morfeo appare un po’ troppo stupido e perso, non dà mai la sensazione dei suoi veri poteri. Bello il finale che prospetta una seconda stagione davvero molto interessante.

Categorie
Senza categoria

PAPILLON: UN REMAKE BEN RIUSCITO

Recensione nel tempo di un caffè

Papillon è un film del 2017 diretto da Michael Noer. Remake dell’omonimo film del 1973 diretto da Franklin Schaffner che a sua volta è basato sull’autobiografia di Henri Charrière sulla sua prigionia nella colonia penale francese in Sudamerica.

I protagonisti sono essenzialmente due Charlie Hunnam (Henri Charrière “Papillon”) e Rami Malek (Louis Dega) che interpretano i ruoli di Steve McQueen e Dustin Hoffman nel film originale. La trama si basa tutta sui tentavi di fuga dei due criminali, Papillon tenta più volte la fuga perché si trova ingiustamente accusato di un omicidio che non ha commesso, è un semplice ladruncolo non un assassino. Fa la conoscenza di Dega nella deportazione al carcere, un falsario molto ricco che potrebbe aiutarlo ad uscire da quell’inferno. Ci saranno diversi tentativi di fuga che non faranno altro che peggiorare le condizioni di prigionia di Papillon.

Questo film ha dei classici cliché del genere, la fuga dalle prigioni ha sempre un certo fascino cinematografico, un remake ben riuscito che riposta le sensazioni del film originale, forse un po’ meno di livello del punto di vista recitativo. Il Dega di Hoffman era più iconico, senza nulla togliere a Rami Malek sempre molto sul pezzo anche in questo film. Il difetto principale è essenzialmente che il film non riesce del tutto a raggiungere il suo obiettivo, ciò mostrare le condizioni pietose di quelle prigioni e i crimini che venivano commessi al loro interno. Rimane tutto nello schermo e nulla esce fuori, non riesce a trasmettere le giuste sensazioni, risultando molto leggero rispetto a quello che dovrebbe essere.

Semplice, a tratti lento e a tratti fin troppo sbrigativo, l’ultima prigione in cui vengono spostati in due protagonisti ci appare meno opprimente, più libera e rilassante, penso che questo abbia un po’ rovinato il finale. Nel complesso però un buon film ben scritto e con dialoghi sempre ben centrati e mai casuale, la complicità tra i due protagonisti funziona.

Papillon del 2017 è un ottimo remake, non ha intaccato la bellezza del primo film, ne ha solo cambiato alcune sfumature senza cadere nel ridicolo, il livello rimane alto e nel complesso si presenta davvero come un ottimo film.

Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

MOTHER/ANDROID: FORSE È QUESTIONE DI BUDGET

Recensione nel tempo di un caffè

Mother/android è un film del 2021 scritto e diretto da Mattson Tomlin, al suo esordio come regista. Un film che sembra un esempio di discussione su come il budget può essere importante se non fondamentale per l’esecuzione di un film.

Questa pellicola si perde in una semplicità quasi noiosa e insensata, cerca di essere introspettivo e profondo, ma rimane piatto e veramente molto debole, sia nei dialoghi che nella sua trama. Questi due ragazzi che vagano in cerca di un posto sicuro in un mondo in cui gli androidi hanno preso il sopravvento in pochi mesi. Lei (Chloe Moretz) è incinta di lui (Algee Smith) cercano di sfuggire all’attacco degli androidi passando dai boschi per arrivare a Boston, città che si è fortificata per resistere agli attacchi.

Un film girato quasi tutto in location povere, nei boschi o in stanze abbandonate senza troppa cura, solo due personaggi principali con una recitazione che stenta a decollare, e che non fa trasparire le giuste emozioni. Un film che cerca di essere profondo ma che anche nei dialoghi non convince e che nel finale presenta qualche buco di trama importante.

Un peccato perché c’erano degli ottimi spunti, ma che non vengono sfruttati a dovere e che forse per un budget debole non ci viene mostrato sostanzialmente nulla, poca azione e poca suspense. Non convince quasi nulla e tutto appare noioso e senza un fine verso la trama. Sembra non partire mai, e il finale è estremamente frettoloso, confuso e distaccato. Le emozioni non escono dallo schermo e l’empatia non esiste perché è impossibile entrare nei panni dei protagonisti, davvero tutto troppo spento e lento.

Nel complesso un pessimo film, che difficilmente posso consigliare, veramente troppo povero di contenuti, peccato perché lo spunto iniziale non era affatto male.

Categorie
Quattro Chiacchiere

LIFE IN A YEAR E’ UNA CONFERMA CHE QUANDO WILL SMITH “LAVORA CON I SENTIMENTI” LO FA SEMPRE IN MODO STUPENDO

QUATTRO CHIACCHIERE: Alla ricerca della felicità, Collateral Beauty, Sette Anime e anche Life in a year come produttore esecutivo, un attore che non ti aspetti in certi ruoli, ma che sa scegliere, storie bellissime guidate dai sentimenti

scena tratta dal film Sette Anime

Nel mondo del cinema funziona spesso così, è l’attore a portare sotto i riflettori un film ed è sempre grazie alla sua popolarità che progetti low budget ma con una splendida sceneggiatura, riescono ad essere prodotti e ad entrare nella storia del cinema. Anni fa è successo questo al nostro Gabriele Muccino, che voleva produrre un film tratto da una storia vera ma non ne aveva i mezzi, non trovava una casa di produzione disposta ad offrigli un buon budget, anche perchè era un regista sconosciuto. Quella sceneggiatura passò di mano a quello che già in quegli anni era amico di Muccino, un attore molto popolare e che già aveva lavorato come produttore esecutivo, un attore riconosciuto, popolare e che sicuramente sapeva attirare attenzione su di se, quell’attore era ovviamente Will Smith che leggendo la sceneggiature voleva a tutti i costi che fosse lo stesso Muccino a dirigere quel film.

“La ricerca della felicità” ebbe un successo clamoroso, grazie a Muccino, Will Smith si cuce a pennello questo film facendo una di quelle che tutt’ora è una delle sue migliori interpretazioni, un film che mette al centro di tutto i sentimenti, la vita e la voglia di felicità. Un ruolo inaspettato per Will Smith che era diventato famoso per film più da azione, dove lui era il classico belloccio, eterno ragazzino che non vuole staccarsi troppo dai suoi esordi come “Principe di bel air”. Will ci stupisce fin da subito in un film che anche grazie al regista, ci commuove, ci tiene attaccati allo schermo e ci fa riflettere un sacco, un film fatto di sentimenti veri, intensi e che prende molto seriamente le situazioni della vita. Una storia che in se nasconde un sacco d’amore, l’amore paterno che si crea tra padre e figlio, la volontà di farcela di arrivare, di fare soldi si, ma per un unico fine, regalare al proprio figlio un futuro migliore. Con questa produzione Smith conquista tutti, non si sa se è un caso o se davvero il principe di “Bel Air” sa trattare temi di un certo peso, intrinsechi di sentimenti che sono protagonisti nella nostra vita.

La collaborazione tra il regista Italiano e Will Smith non finisce li, perchè un paio di anni dopo esce un nuovo film in cui l’attore di Filadelfia e sia protagonista che produttore esecutivo, e anche qui abilmente si colloca perfettamente al suo interno, in un tentativo di prendere una determinata direzione nella sua carriera, sembra quasi che vedremo lui solo in ruoli simili, seri e intensi, Sette Anime è emotivamente un pugno allo stomaco, è una storia che ti fa letteralmente commuovere, che ti segna nel profondo e anche qui è innegabile che Will Smith ha scelto la giusta storia da raccontare e che con i sentimenti ci sa fare, sa come trattarli e con chi potrebbe raccontarli al meglio. Sette Anime è un altro passo avanti, un film dai significati profondi, che ci fa riflettere un sacco, ci sconvolge ma che allo stesso tempo di “consola” un po’ con il finale. La vita, il valore della vita viene messo al centro di tutto, lo percepisci e ne rimani coinvolto, tutta la potenza emotiva della generosità, della gentilezza, dell’altruismo vengono trasmesse tramite questa pellicola.

Eppure non riusciamo ancora a staccarci dal classico Will Smith, perchè comunque ne abbiamo bisogno, è un attore semplice ma che difficilmente fa film davvero da buttare via, a parte un paio, e quindi i sentimenti ci sono ma sono sempre ben nascosti, un po’ più difficili da captare e da percepire, va su film più di azione, più semplice dal lato emotivo, ma sicuramente più complessi da quello visivo, ci piace questa sua versione, ma poco a poco, ci rendiamo conto che in fondo abbiamo bisogno anche della sua capacità di trattare i sentimenti, le storie di spessore, così dopo qualche anno, arriva al cinema “Collateral Beauty” un altro viaggio meraviglioso nella vita, nella sua importanza e nei sentimenti, anche qui difficile non commuoversi. La sua capacità di selezionare il giusto prodotto ormai è evidente, Will sbaglia scelte in altri tipi di film, ma se ci sono di mezzo discorsi seri e sentimenti non sbaglia mai e anzi prende sempre progetti tra le mani che a mio parere sono davvero delle piccole perle. In Collateral beauty non è produttore esecutivo, ma è comunque l’attore protagonista, anche questo un film che mette al centro di tutto il valore della vita, la sua importanza, il bello di vivere i sentimenti appieno, con tutto se stesso, un elemento importante che poco a poco si sta perdendo. Sono film che vanno studiati e capiti che andrebbero fatti vedere nelle scuole per poi parlarci su per ore, perchè c’è una fuga dai sentimenti nei giovani che mi fa davvero preoccupare. Un allontanamento a tutto ciò che è davvero vita per affidarsi solo alla felicità materiale, perchè in fondo i soldi non ti tradiscono mai, le persone si. I film di Will Smith ci tengono con i piedi per terra, ci fanno vedere il dolore della vita ce lo sbattono in faccia anche con violenza, ma allo stesso tempo in tutti, si capisce il valore dell’amore, che va al di la della semplice vita personale, i sentimenti quasi viaggiano tra le dimensioni e rimangono vivi anche dopo la morte, rimangono sul nostro pianeta, più forti e robusti di qualsiasi cosa si possa comprare con i soldi.

Il valore della vita, il bello di amare, la capacità di soffrire, sono tutti elementi presenti in questi film che si riconferma nella sua ultima produzione fatta a pennello, come piace a lui, per il proprio figlio, con “life in a year” riconferma per l’ennesima volta la sua capacità di scegliere le storie giuste, anche qui sentimenti al centro di tutto, il valore della vita, dei momenti e degli attimi da vivere al cento per cento, buttarsi completamente nell’amore pur sapendo che prima o poi ci farà male. Siamo terrorizzati da ciò che potrebbe farci l’amore, ormai lo vediamo come solo dolore, amiamo si una persona, ma già pensiamo a quando finirà, non possiamo fare altro che pensare al peggio, alla fine e ne siamo terrorizzati, non ci sentiamo più pronti, così “vendiamo” il nostro copro vuoto al miglior offerente, pensiamo che i soldi ci salveranno, e fuggiamo, siamo sempre in fuga. Se qualcuno ci ama incondizionatamente andiamo nel panico più totale. Ci sentiamo in colpa se non ne corrisposto, non ci sentiamo mai all’altezza e fuggiamo da un possibile dolore, dalla verità, proprio come Will Smith in Collateral beauty, dove tra l’altro c’è una canzone meravigliosa dei One Republic, proprio in questo film il protagonista fugge dal dolore, crea una bolla per non ricordare ciò che è successo, una persona spenta, confusa che non sa più che fare della propria vita, ma che capisce che per guarire serve amore, tanto amore, serve una persona che capisca davvero il suo dolore. Anche lui fugge via, meglio il lavoro, meglio spegnersi in pianti nascosti affossando la testa nel cuscino, o bevendo a più non posso perchè la vita è bella così. Ma i sentimenti sono più forti e se li sai raccontare sono ancora più belli, i film si trasformano in piccole lezioni di vita che possono essere raccontate anche fuori dalla sala. Ma questo lo sapete già, è una delle cose meravigliose del cinema, e il suo potere, insegnarci qualcosa da condividere. Ecco appunto, la condivisione è un altro elemento fondamentale dei suoi film, la vedi ne “la ricerca della felicità” in “sette anime” e anche in “Life in a year”, condividere i momenti d’amore, viverli con tutti noi stessi è importante, fondamentale e non vanno mai rinnegati, non pentiamoci mai di momenti in cui c’era tutto il nostro amore anche se le cose dovessero andare poi male, quei momenti sono rimasti impressi nel tempo, nel nostro cuore, non si possono rinnegare, non si può sempre fuggire.

Will Smith sceglie bene, ci regala queste piccole perle e spero continuerà a farlo, sono sicuro che anche il film che sta per uscire, quello delle storia delle sorelle Williams, sono sicuro che ci regalerà dei momenti stupendi, con sentimenti veri e importanti. Già dal trailer lo si capisce e si intuisce l’importanza di alcune parole. Un altro viaggio nei sentimenti ben congeniato, ideale e utile, si perchè delle volte è molto utile avere dei film così, come è utile avere certe canzoni che magari ci fanno commuovere, che ci fanno capire il valore della vita, il valore di vivere sempre e comunque i sentimenti a mille, di amare davvero senza pensare sempre e solo alle conseguenze, non deve più esistere il concetto che delle volte si ama troppo, l’amore è vita. Come nei suoi film bisogna amare anche nel dolore. Bisogna trarre forza e ispirazione da ciò che ci mostra nei suoi film, in questo tipo di film, lui è sempre perfetto, alza il livello della sua recitazione e sembra che anche suo figlio abbia queste caratteristiche, forse è un dono di famiglia.

Ho voluto parlare di questo lato di Will Smith che rimane un po’ nascosto o che comunque non si da peso, ma questo serve per far capire le mille vie che ha il cinema, le sue possibilità sono davvero infinite, con combinazione, di parole, musica e fotografie stupende. Il cinema è un arma potente in qualsiasi modo la si voglia usare, perchè in fondo è la trasposizione visiva dei nostri sentimenti, che sia amore, paura, adrenalina o dolore. Bisogna sempre essere pronti a captare ogni sfumatura di ciò che si vede, e non vale solo per i film, ma anche per le persone, impegnatevi a notare i dettagli perchè sono un infinità di mondi meravigliosi. Il cinema ci fa capire l’importanza degli attimi della loro intensità, proprio come nei film di Will in 120 minuti o poco più, facciamo un viaggio tra mille emozioni, possiamo quasi ridere e piangere alla stesso tempo, e se si può fare con un film, pensate con la propria vita. Proprio come il titolo del suo film, andate alla ricerca delle felicità!!!

Categorie
Recensioni nel tempo di un caffè

CELEBRITY HUNTED: QUANDO LA NOVITA’ NON BASTA

Recensione nel tempo di un caffè

Anche quest’anno mi sono imbattuto in questo format di Amazon prime video, un misto tra reality e serie tv, una novità che difficilmente però riesce a farti capire il fine e il senso di ciò che stai guardando.

Ci sono dei VIP che devono scappare da dei “Cacciatori”, in giro per l’Italia per quattordici giorni senza farsi prendere, tipo acchiapparella, i Cacciatori hanno a loro disposizioni le tecnologie e in mezzi della polizia e dell’intelligence, tracciamento dei conti bancari, cellulari ecc.

Il format è sicuramente una novità, ma il suo sviluppo, sia nella prima che nella seconda stagione lascia più di qualche dubbio, perchè effettivamente tutto ciò che si va a vedere sembra non avere senso. Non si capisce quanto sia reale e quanto sceneggiato, non si capisce la dinamica reale del personaggi e non si capisce il fine di tutto ciò, sembra una esercitazione per un film d’azione. A livello di regia ci sono degli elementi davvero ottimi, anche la scenografia merita un elogio, tutto è ben congeniato per cercare di dare adrenalina, e devo dire che un po’ di suspense riesce a crearla, ma di per se nulla di più, qualche piccola risata ogni tanto e basta. Sia la prima che la seconda stagione sono troppo condizionate dal “nonsense” di ciò che accade all’interno della serie, che a tratti non è neanche ben recitata, un po’ impacciati i VIP che nemmeno loro sanno cosa stanno facendo.

Merita visivamente, per la gestione delle scene un po’ più movimentate e per alcuni attimi ben elaborati anche a livello di situazioni di fuga, la prima stagione soprattutto. La seconda è ancora più debole, i protagonisti meno convinti e senza voglia e le altre persone coinvolte sembrano un po’ perse e confuse.

Nel complesso Celebrity hunted è una cosa nuova, a tratti innovativa ma che non va oltre a questo, una serie piatta e senza senso, non so se consigliarla perchè sembra più una scuola di regia che altro. Sinceramente non lo so, forse rimane curiosa se si è interessati ai VIP presenti nel programma, che sono comunque sempre molto famosi, rispetto a altri reality anche se questa si presenta di più come serie.

Difficile da definire, da delineare e da recensire, Celebrity hunted è questo, una buon idea che non basta.