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7 SCONOSCIUTI A EL ROYALE: UN FILM PER CERTI VERSI QUASI TEATRALE

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7 sconosciuti a El Royale è un film del 2018 scritto e diretto da Drew Goddard, un thriller con alcuni misteri da risolvere che per la sua evoluzione e dinamica ricorda un po’ un’opera teatrale.

Ogni personaggio ha la sua storia, persona con vite e passati differente che si ritrovano per caso in un hotel a cavallo sul confine tra California e Nevada, suggestiva come idea, con stanze che si trovano in Nevada e altre in California e con la hall divisa in due. Ogni personaggio nasconde qualcosa e lo stesso hotel sembra nascondere qualcosa di misterioso. Un cast importante rende il film piacevole a livello recitativo con Jeff Bridges, Cynthia Erivo, Dakota Johnson, John Hamm, Caille Spaeny, Lewis Pullman e Chris Hemsworth.

Purtroppo la bella idea iniziale e la situazione particolare, svanisce un po’ lungo la storia del film, con una trama che non convince del tutto e con un finale forse fin troppo grossolano e un po’ esagerato. Ci sono degli spunti interessanti che vengono sfruttati poco per dar vita però ad un film semplice nella sua esecuzione con questi personaggi che praticamente interagiscono tra loro nella Hall dell’hotel e a poco a poco i misteri e il passato dei protagonisti viene rivelato.

Ricorda un po’ un’opera teatrale, con questa scenografia semplice e suggestiva con il confronto tra gli attori quasi sempre nella stessa stanza e con pochi altri punti di vista, anche la divisone in più atti invece che i semplici tre, rende questo film uno spettacolo anche adatto al teatro e se vogliamo anche un po’ in stile Quentin Tarantino. L’ambientazione anni 60/70 da un tocco in più, quasi da giallo Noir, c’è molta inspiegabile follia e alcune scelte dei personaggi vanno dedotte e non sono spiegate del tutto correttamente.

Ognuno ha un proprio obiettivo, ma nessuno prende la scelta giusta e la situazione nell’hotel degenera facilmente. Un film che sicuramente poteva dare di più e che non è stato abbastanza incisivo nei dialoghi e un po’ troppo dispersivo in alcune descrizioni dei personaggi non tutti all’altezza. Nel complesso rimane una pellicola piacevole da vedere, qualcosa di nuovo e abbastanza originale. Uno di quei film che ti fa scrivere “abbastanza” tante volte e che si indentifica perfettamente in quelle parole, come se si fermasse alla sufficienza con la certezza che si poteva dare di più.

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NEL NOME DEL CIELO: RECENSIONE MINISERIE, LOTTA TRA FEDE E GIUSTIZIA

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In nome del cielo è una miniserie creata da Dustin Lance Black e basata sul romanzo Under the banner of Heaven: a story of violent faith di Jon Krakauer.

La serie con protagonista Andrew Garfield vede un giovane detective mormone che deve indagare su un violento caso di omicidio, di una donna e di sua figlia, all’interno della comunità religiosa. Fin da subito dovrà confrontarsi con la propria fede che sembra proprio essere al centro di questo caso.

La serie riesce a trattare in modo molto inciso un forte confronto tra fede, fanatismo religioso e giustizia con il protagonista detective che si ritrova in mezzo ad una situazione che fa dubitare il suo credo e vacillare la sua fede. Il lato oscuro della religione, del fanatismo e della sete di potere e di controllo che essa può portare. La serie non si ferma sulla superficie ma ci mostra a fondo la comunità Mormone nelle vicinanze di Salt Lake city, un’indagine che rivela l’aspetto negativo e da setta che può portare la troppa fede.

La presenza di un co-protagonista detective più esperto e di origini Indiane d’America, rende il contrasto ancora più duro e forte con una religione che non accetta estranei e li tratta con un tatto differente, ovviamente è tutto estremizzato, ma è tratto da una storia vera che testimonia quanto la fede si possa trasformare in violenza se usata come strumento di potere e di controllo.

Sicuramente è ben recitata, Andrew Garfield rimane ancora un attore fin troppo sottovalutato anche se sempre di grandissimo talento, difficilmente i dialoghi sono banali, anzi sono una profonda riflessione su una religione e sulla fede, uno sguardo profondo, verso la caratteristica dell’uomo della necessità di avere una bussola e di come essa possa perdere facilmente la direzione.

Un serie che ha fatto discutere perché rappresentazione cruda e fin troppo cinica di una comunità religiosa abbastanza importante in America, però una serie fatta bene, con i giusti toni e con i dialoghi che sono centro importante dell’evolversi della storia con una fotografia che migliora episodio dopo episodio.

Quando una serie o un film trasmettono curiosità, voglia di ricerca, voglia di leggere e di saperne di più, voglia di raccontarle, vuol dire che hanno fatto davvero un buon lavoro. In nome del cielo è così, è incisiva, crea curiosità e ti fa andare oltre alla semplice visione della serie stessa.

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ASSASSINIO SUL NILO: FILM DI UN CLASSICO GIALLO CHE NON TRAMONTA MAI

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Assassinio sul Nilo è un film del 2022 diretto e interpretato da Kenneth Branagh nei panni di uno dei più famosi investigatori della letteratura, Hercule Poirot. Film ovviamente tratto dal romanzo di Agatha Christie.

Forse questo rimane il giallo più famoso della letteratura, con un detective che dopo Sherlock Holmes è forse il più famoso e il più iconico, Quello interpretato da Branagh è più tosto, forgiato dalla guerra e dai lutti che ha dovuto affrontare nella propria vita. Il segreto di questo film e il cast corale e il soggetto originale che permette di “intrappolare” i vari personaggi all’interno della crociera sul Nilo. Tra gli attori ci sono Tom Bateman, Annette Bening, Russell Brand, Ali Fazal, Dawn French, Gal Gadot, Armie Hammer, Rose Leslie, Emma Mackey, Sophie Okonedo, Jennifer Saunders e Letitia Wright.

il film è ben gestito, il caso è avvincente e ogni personaggio ha delle caratteristiche ben precise e motivi per cui potrebbe essere uno degli assassini, il tema centrale del film è la follia d’amore e la paura di perdere la persona amata, come fosse un gioiello da custodire con cura. Ogni personaggio nelle sue sfumature a questo forte legame con i gesti d’amore e segreti che ne riguardano. Questo tema rimane fedele e forte fino alla fine del film, con la scena finale che racchiude un po’ il tutto.

Questo film rispetta i classici gialli e anche i cliché e le regole della sceneggiatura, questo lo rende un po’ prevedibile nella sua soluzione finale, ma non per questo perde di curiosità e bellezza. Un film abbastanza semplice nella sua recitazione e location, ma che riesce comunque a svilupparsi in modo soddisfacente, quasi da opera teatrale in alcune sue dinamiche recitative e scenografiche.

Per il genere e il tipo di film, non ha grossi difetti, forse un uso un po’ grezzo della CGI ma è comunque una cosa che non condiziona più di tanto, la forza sono i personaggi e il caso è un giallo che non tramonterà mai. Il film è piacevole funziona e addirittura le due ore della sua durata sono coinvolgenti e non annoiano, spinti dalla curiosità di sapere la verità.

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MIDNIGHT IN THE SWITCHGRASS – CACCIA AL SERIAL KILLER: UN THRILLER CHE SI PERDE NEL FINALE

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Midnight in the Switchgrass è un film del 2021 diretto da Randall Emmet e con protagonista Megan Fox, Emile Hirsch e Bruce Willis che fa più da comparsa.

Un serial killer ha appena fatto un’altra vittima, la settima ragazza che sparisce e di cui viene ritrovato il corpo il giorno seguente, nessuno vuole indagare e la polizia di stato non sa più cosa fare, solo un detective sembra intenzionato a dare la caccia al killer. L’incontro con una agente della FBI da una svolta alle indagini.

Un thriller abbastanza classico soprattutto nella sua fotografia dai toni più spenti e grigi, con una colonna sonora molto immersiva e azzeccata. La recitazione aleggia sulla sufficienza, Megan Fox se pur bellissima non sembra mai al top e non riesce dare animo al suo personaggio. il serial killer viene mostrato quasi subito, questo toglie un po’ di tensione e curiosità, ma allo stesso tempo ci regala una sorta di angoscia quando scopriamo che il mostro ha una moglie e una figlia e continua le sue due vite in tranquillità.

Il film risulta un po’ spento nelle sue dinamiche e nei dialoghi e i personaggi sembrano cambiare da una scena all’altra, sia nelle intenzioni che nelle proprie parole. Un film che rispetta molto bene i canoni del genere ma che si perde clamorosamente nel finale, montato male e molto frettoloso. Il momento più cruciale si trasforma in salti temporali di ore privandoci di un po’ di azione e lotta tra il killer e la giustizia. Ci si perde in una sequenza di immagini che dovrebbero essere forti ma non lo sono, anzi sembrano distaccate e spente.

Lo stesso Bruce Willis sembra estraneo al film e quando si vede non è mai sul pezzo, ma distaccato e con poca voglia, come più o meno tutto il cast e la produzione nel finale. Alti e bassi che rendono il film mediocre, dispersivo in parole superficiali e in scene frettolose che non sono mai violente o davvero significative. Sicuramente più un film da Tv che da cinema, adatto agli amanti del genere, per la fotografia (solo a tratti) e la colonna sonora.

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THE PALE BLU EYE – I DELITTI DI WEST POINT: UN CLASSICO GIALLO DA NON PERDERE

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The Pale Blue Eye – I delitti di west point è un film del 2022 scritto e diretto da Scott Cooper, distribuito da Netflix, questo film è una piccola perla che ricalca lo stile dei classici gialli dei primi del 900′. Liberamente tratto dall’omino romanzo di Louis Bayard.

La trama si sviluppa nel periodo storico della prima metà dell’ottocento, dove lo stato americano era agli albori e i casi di omicidio venivano spesso trattati con molta superficialità. Il protagonista è un detective famoso nella sua zona, Augustus Landor interpretato da Christian Bale. Deve indagare su un misterioso caso di suicidio, in cui poi la vittima è stata violata e a cui hanno asportato il cuore. Questo strano caso accade in una accademia militare che non può permettersi che succedano delle cose del genere ai propri cadetti. Faremo anche la conoscenza di un giovane famoso scrittore Edgar Allan Poe (Harry Melling), membro dell’accademia e aiutante improvvisato del detective.

Questo film mantiene dei bellissimi toni classici del genere e l’indagine è molto intrigante, la fantasia e il realismo dato grazie alla presenza di un personaggio storico, danno un tocco in più e rendono la trama davvero molto realistica. Non si capiscono bene i tempi e gli spazi, le distanze tra l’accademia e l’abitazione del detective ad esempio e ci ritroviamo man mano in una situazione inaspettata. Nonostante la lunga durata del film, appena più di due ore, sembra che l’evoluzione in sé sia quasi fin troppo veloce perché è difficile capire quanto tempo trascorre nella storia.

I personaggi sono ben caratterizzati e un a fotografia fredda rendono bene l’idea della location innevata e fredda come il destino delle vittime. C’è un forte e bellissimo contrasto tra la crescita e l’inizio della vita di Poe e invece la fine e il lento declino della vita del detective. A tratti un po’ Sherlock Holmes e un po’ Poirot, questo film ha la capacità di riportarti indietro nel tempo e nonostante le poche comparse e le poche location funziona alla perfezione.

Una piccola perla per gli amanti del genere, con un plot twist finale davvero bene congeniato di alto livello, davvero difficile da prevedere, come sempre in questo genere, il caso sembra che non sia mai risolto del tutto, fino all’ultimo secondo del film. Nel complesso davvero un ottimo film, che nasconde bene i suoi difetti e riesce ad esaltare i suoi pregi, merita di essere visto e apprezzato, anche se forse e per fortuna, un po’ in contrasto con i ritmi e i tempi moderni.

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THE GOOD NURSE: UN PARTICOLARE SERIAL KILLER

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The Good Nurse è un film del 2022 distribuito da Netflix diretto da Tobias Lindholm e tratto dalla crime story di Charles Cullen, un serial killer che uccideva le sue vittime grazie al suo ruolo di infermiere in diversi ospedali. I due infermieri protagonisti sono interpretati da Jessica Chastain e Eddie Redmayne.

Il film segue le vicende di una storia vera, un’infermiera con problemi al cuore, intuisce che il suo nuovo collega nasconde qualcosa di spaventoso, dopo una morte sospetta nel suo reparto, la donna proverà a smascherare il suo collega e ormai amico per capire se è lui a commettere gli omicidi. Purtroppo si scopre che molti ospedali pur intuendo la situazione non denunciavano Cullen ma semplicemente lo licenziavano, lui trovava sempre lavoro e continuava nelle sue particolari uccisioni. Charles Cullen iniettava dosi di insulina o alterava le flebo negli ospedali per provocare vittime, è stato accusato di 29 vittimi ma si teme che possano essere anche più di 400.

Una storia particolare e delicata da raccontare, questo film lo fa con i giusti toni e i giusti ritmi avendo un grande rispetto per la morte e per le vittime e concentrandosi di più sulla vita e il coraggio di un’infermiera che è stata l’unica ad avere il coraggio di affrontare questa situazione e di aiutare la polizia. I suoi problemi di cuore, l’attesa di un’operazione che non poteva fare per mancanza di assicurazione sanitaria. Tutto era estremamente complicato ed è anche un po’ una denuncia al sistema sanitario americano.

La recitazione è ottima, c’è un po’ una mancanza generale di emotività, il film non riesce del tutto a tramettere le giuste sensazioni, le due ore passano in fretta nonostante a tratti sia un po’ noioso, ma non c’è mai una vera sensazioni di angoscia, di pericolo, sembra tutto molto pacato e ovattato, come se ci fosse una dose di morfina anche per chi guarda il film.

Netflix punta nuovamente sui serial killer e anche questa volta lo fa ancora da un punto di vista differente, meno violento, molto pacato nei suoi modi. Una donna forte come protagonista che nonostante le difficoltà prova a far emergere la verità. Un film un po’ per tutti, lento e riflessivo, senza violenza ma che ha molto rispetto per le vittime e per la morte, una storia vera particolare, di cui non si conosco ancora le vere motivazioni dell’assassino.

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IL CASO THOMAS CRAWFORD: I DIFETTI DELLA LEGGE

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Stanco delle scelte sbagliate che ultimamente mi capita di fare sui vari cataloghi delle piattaforme streaming, decido di andare un po’ indietro nel tempo a colpo sicuro e mi guardo un film che purtroppo non avevo mai avuto occasione di vedere, ma di cui avevo sentito parlare.

Il Caso Thomas Crawford è un film del 2007 diretto da Gregory Hoblit e scritto magistralmente da Daniel Payne, un thriller giallo che crea da subito curiosità con una semplice log line di poche righe. Un ingegnere scopre che la moglie lo tradisce, quindi al uccide, al processo decide di difendersi da solo, sembra tutto semplice e chiaro, ma le cose non andranno cosi e non saranno così facili.

Il personaggio di Anthony Hopkins è un ricco ingegnere aeronautico, un uomo che trasmette da subito una spiccata intelligenza e pianificazione, il suo personaggio è tosto, perfettamente sicuro di sé, vendicativo e cinico verso la propria moglie. Thomas Crawford uccide la moglie, ma l’arma del delitto è sparita, non si sa dove sia, ci sono i bossoli, c’è la pistola, ma quella pistola non ha mai sparato. Senza arma del delitto non può essere incastrato e accusato.

L’avvocato Willy Beachum è giovane, spigliato ed è uno dei migliori del suo settore, è un avvocato che lavora per lo stato, quindi un procuratore distrettuale, accetta il caso Crawford perché si aspetta di fare in fretta e passare poi ad un’agenzia più grande e privata con uno stipendio molto più alto. Ryan Gosling rende il giusto tono al suo personaggio, che ha difetti di essere troppo sicuro di sé, ma che allo stesso tempo non molla mai e vuole sempre vincere, è un vincente.

I dialoghi sono molto importanti, ben scritti e mai banali, il confronto tra i due protagonisti è affascinante, magnetico e davvero ben fatto, tutta la storia convince e a fine film ti soddisfa completamente con un ottimo plot point e rivelazione.

Un bel film sotto molto punti di vista, si perde forse un po’ su alcune sottotrame, ma per il resto mantiene un livello alto dall’inizio alla fine, con qualche colpo di scena davvero ben pensato, qualcosa di abbastanza unico e con un livello di recitazione molto alto che aiuta a rendere il tutto molto credibile.

Un film che ci mostra anche alla fragilità di certe leggi, “contro ogni ragionevole dubbio” delle volte mette in crisi il sistema e anche se una persona confessa, non si ha praticamente la possibilità di accusarla e arrestarla se non si trova l’arma del delitto.

Davvero un bel film che consiglio a tutti quelli che magari come me, fino a ieri, non l’hanno ancora visto.

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UNO DI NOI STA MENTENDO: UNA SERIE TEEN DRAMA BEN ELABORATA

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Uno di noi sta mentendo è una serie teen drama basata sull’omonimo libro di Karen M. Mcmanus, una serie di genere giallo, Thriller che parla di quattro ragazzi che si ritrovano coinvolti in un caso di omicidio di un loro compagno di studi.

Come tutti i teen drama la prima stagione è davvero ben elaborata e strutturata, con una trama che crea la giusta dose di mistero, le giuste proporzioni e la giusta dose di realismo che rende questa serie un ottimo prodotto giallo/thriller. Ottima la stesura dei personaggi e la loro caratterizzazione, un po’ meno la trama a livello sentimentale e nei rapporti umani, un po’ freddi, stupidi e forzati.

Uno di noi sta mentendo funziona benissimo, c’è la giusta atmosfera, un ottimo soggetto e tutto sembra andare per il meglio, è facile da vedere ed è bello poter fare le proprie teorie, ci sono indizi sul colpevole ma rimane sempre tutto misterioso e nell’ombra. Tutto succede molto in fretta ed è un po difficile capire quanto tempo sia passato all’interno della storia. Il mistero è quello che tiene legato un po’ tutta la storia.

C’è una app che rivela i segreti degli studenti, è anche quella è una parte fondamentale della serie, crea curiosità e da dei moventi a tutti gli studenti della scuola, si parla di odio, bullismo, e emarginazione, in modo non troppo pesante e con le giuste misure. Un teen drama davvero ben elaborato che si perde purtroppo un po’ nel finale e tende ad esagerare, qualche dubbio rimane per una possibile seconda stagione che rischia di degenerare e diventare troppo assurda, uscendo dal realismo e dalle giuste misure di questa prima stagione,

I protagonisti, se pur scritti molto bene, fanno un po’ fatica ad entrare nel cuore di chi guarda la serie, non so se è per la scelta degli attori o per le dinamiche della trama con cui a tratti è davvero difficile empatizzare. Forse è davvero questo il difetto della serie, è davvero bella e ben fatta ma non riesce ad essere del tutto coinvolgente e non crea quel senso di affezionamento necessario in questo genere di serie.

La consiglio un po’ a tutti, soprattutto per un pubblico più giovane, ma anche per chi ama i gialli e misteri, la serie è davvero ben elaborata e vale la pena di essere vista.

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BRAZEN: THRILLER GIALLO DI BASSO LIVELLO

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Brazen è un film del 2022 diretto da Monika Mitchell e interpretato da Alyssa Milano e Sam Page. Un thriller giallo abbastanza classico che si perde però un po’ troppo in sfumature da commedia romantica, annullando praticamente ogni tipo di suspense.

La trama e lo stile ricordano un po’ i classici gialli di Agatha Christie, ma molto più brutto, ha un po’ uno stile leggero che non ti fa pesare nulla, le morti sono superficiali e non creano emozioni e le indagini mantengono sempre uno stile leggero di pura armonia e amore. Non mi è piaciuto molto lo stile quasi censurato, nessun tipo di violenza o eccesso. Una signora in giallo moderna, accattivante e attraente con grande talento per le indagini.

Non mi aspettavo un film del genere, in effetti la locandina dice un po tutto, perché non ha nulla a che vedere con una locandina di un film, giallo o Thriller, e infatti quello che ci viene mostrato a parte le indagini e gli omicidi, ha ben poco del genere sopracitato. Una trama che nel complesso non si presenta male, grazie alla sua leggerezza e alla curiosità che riesce comunque creare. I dialoghi sono un vero disastro, scritti davvero male, inverosimili, mal recitati e davvero molto stupidi, creano una sensazione di un film fatto male e di fretta. Troppo forzati alcuni personaggi che risultano irreali e staccati dal mondo che ci viene mostrato, è tutto molto banale e senza alcuno spunto degno di nota.

Il lato positivo di questo film è la facilità con cui può essere visto, dopo pochi secondi si capisce che è l’assassino quindi si può guardare questo film come una commedia romantica che ci mostra il rapporto tra il detective e la scrittrice di gialli, un classico che non tramonta mai.

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MOTHERLESS BROOKLYN – I SEGRETI DI UNA CITTA’: UN FILM DI EDWARD NORTON

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Motherless Brooklyn è un film del 2019, scritto, diretto e interpretato da Edward Norton. Film che segna il ritorno alla regia di Norton dopo 19 anni, ai tempi con il film tentazioni d’amore.

In una New York degli anni 50′, un detective privato (Edward Norton), inizia ad indagare sugli affari loschi della città, dopo che il suo capo, amico e mentore è stato ucciso da degli uomini misteriosi. Scavando a fondo scoprirà che il giro d’affari dietro all’omicidio è molto più grande di quello che si crede.

Un film con il fascino del noire, ma con una fotografia che non ho compreso del tutto, troppo pulita moderna, quasi da comedy, non mi è piaciuto questo elemento perché a parte i costumi e la scenografia, il film non ci permette del tutto di immergerci in quell’epoca, anche per colpa di una scelta strana sulla fotografia.

La trama è parecchio intricata e anche nel finale è difficile districare il nodo che si è formato prima nella nostra mente, scritta bene ma con davvero molti elementi e personaggi che si intrecciano tra di loro, tra segreti e storie d’affari e appalti edilizi in cui è facile perdersi. Un film che merita attenzione in cui bisogna stare attenti ai dettagli. Il protagonista soffre della sindrome di Tourette ed è sicuramente un elemento particolare e emblematico del film, ma esso da al protagonista una memoria infallibile, cosa che il pubblico non sempre ha e che quindi facilmente si perde lungo la durata della trama.

Il livello di recitazione è molto alto, Edward Norton è sempre sul pezzo, talento puro, in questo caso colloca la sindrome di Tourette nel suo personaggio, ma non è mai un peso, anzi è una parte intrinseca del film, che ha una certa profondità anche a trattare questo argomento. Il film punta molto sull’accettazione che sia razziale o sociale. Lasciandoci il dubbio tra bene e male, in un sistema cittadino che ha un determinato modo di funzionare, spesso cinico e crudele. Il personaggio interpretato da Alec Baldwin è un politico della città, uno che vuole rivoluzionare la città con ponti e parchi, modernizzarla renderla più bella e dinamica per il futuro, ma per farlo sfratta illegalmente le persone e le costringe a ghettizzarsi lontano dal centro.

Difficile giudicare queste scelte perché il mondo è sempre stato pieno di queste dinamiche di truffa e corruzione, dove in questo caso però il fine è il miglioramento di dinamico e strutturale della città, è una parte che fa riflettere molto.

Strutturalmente un buon film, con qualche difetto, ma piacevole nel complesso, un buon prodotto, che vale la pena di essere visto.