QUATTRO CHIACCHIERE: Il successo della serie Netflix Dahmer, potrebbe riportare l’attenzione su il vero capolavoro della piattaforma, Mindhunter.

La serie Dahmer su Netflix sta avendo un successo clamoroso e anche abbastanza inaspettato, la storia del famoso serial killer Jeffrey Dahmer curata da Ryan Murphy e Ian Brennan sembrava essere sì un buon prodotto, ma nessuno pensava sarebbe diventato un prodotto commerciale ai livelli di storie di fantasia e generi per nulla inerenti a quelli di Dahmer.
Questa serie, conferma l’interesse morboso e particolare delle persone verso le crime stories e soprattutto verso i serial killer e se in più una storia è vera, non fa altro che spingersi ancor di più a seguire la storia, informarci e capirne ogni aspetto psicologico. Dahmer sfrutta perfettamente questi fattori e la curiosità delle persone ha fatto il resto, passaparola è stato un’onda che ha travolto tutti e in numeri delle visioni del prodotto sono sempre più alti.
Ovviamente questo non fa altro che stimolare la ricerca di prodotti similari all’interno del catalogo Netflix, così sia i documentari true crime che serie di genere simili ricevono un’attenzione maggiore. Tra tutti i prodotti inerenti, ce n’è uno che è davvero fenomenale e sottovalutato, si tratta della serie curata da David Fincher, Mindhunter.
Mindhunter è spesso nascosta nei meandri del catalogo Netflix, eppure più passa il tempo e più ritengo sia un capolavoro. David Fincher è un regista di altissimo livello e la sua cura dei dettagli è maniacale. Purtroppo la serie è sospesa alla seconda stagione per problemi di costi e di tempo, forse solo un’ondata di nuovo pubblico potrebbe farla ripartire. Mindhunter è tratta da uno dei libri più famosi e emblematici del mondo dei serial killer, scritto direttamente dall’uomo che ha fatto sì che sia nato il reparto di analisi comportamentale nella FBI è cioè dei profiler.
Cura dei dettagli, scelta del cast e dialoghi, nulla è banale in questa serie, c’è molta psicologia e un orrore percepibile più a parole che visivamente proprio come in Dahmer, la tecnica è simile e anche il risultato finale e ugualmente di altissimo livello. In un certo senso la serie Dahmer è come se facesse parte del mondo creato da Mindhunter, una serie che non è potuta andare avanti ma che sta generando delle sottospecie di piccoli spin off con queste serie qui.

In Mindhunter il colloquio e il confronto con la follia dell’essere umano diventano costanti, diventa la prassi della storia narrativa di ogni episodio, una storia verticale fatta di confronti, di confessioni e una storia orizzontale che spesso segue i casi ancora irrisolti. Come in Dahmer l’espediente narrativo di far sì che la serie sia come un documentario, funziona e ci mostra nei particolari il mutamento epocale delle indagini e la loro efficacia. La storia di Mindhunter è di per sé l’inizio e la fine dei serial killer, per merito dei profiler ma anche delle nuove tecnologie.
I serial killer vengono riconosciuti come tali, vengono studiati a fondo, e per farlo si usa la tecnica più semplice, una semplice intervista, le loro confessioni aiutano a tracciare dei profili psicologici che serviranno a catturare dei possibili futuri criminali. Questo è quello che ci mostra Mindhunter e lo fa con una fotografia e una sceneggiatura praticamente perfetta.
Già gli ultimi dati ci mostrano come la serie Mindhunter stia tornando in classifica su Netflix, questo potrà forse aiutare la produzione di una tanto attesa terza stagione. Allo stesso tempo, se progetti come quello di Dahmer saranno sviluppati, potrebbe in qualche modo togliere la necessità che la storia di Mindhunter continui. Una situazione che però sembra aver fatto capire a Netflix su che prodotti potrebbe puntare per rilanciare la piattaforma.