QUATTRO CHIACCHIERE: Due dei registi più amati degli ultimi anni, ritmo alto, deciso, azione e divertimento, è forse questo il modo giusto di fare cinema oggi?
James Gunn è un Americano nato nel 1966, fa un po’ di tutto, anche il musicista arte fondamentale nei suoi film, mentre Guy Ritchie è un Britannico nato nel 1998, meno poliedrico ma anche lui autore dei film che dirige.
Ovviamente hanno stile differenti ma certi versi anche molto simili, sembra infatti che entrambi abbiamo capito come fare film che stiano a passo con i tempi, in mondo dalla soglia di attenzione bassissima e in cui la profondità deve passare in secondo piano, facendo una scrittura dei personaggi dettagliata e caratteristica.
Entrambi lasciano il loro segno distinto sulle proprie opere, la loro regia si vede e hanno muno stile ben preciso, ritmo alto, ironia, azione e una musica che spesso da ritmo alle cose. Personaggi particolari, con molte sfumature, anch’essi quasi delle caricature del mondo reale, con un mix vincente di divertimento e violenza caotica.
Entrambi sono condizionati dal mondo da cui vengono, quindi un Gunn più Americano, con un’ispirazione quasi da Michael Bay e a volte da Tarantino e invece un Ritchie, più inglese e composto con una ispirazione a James Bond o da Holligans, sia il film che la realtà stessa. James Gunn tratta di supereroi di storia assurde e fantasiose dai colori psichedelici e da scenografie davvero emozionanti, mentre Guy Ritchie tratta spesso di gangster, criminali o di spie e missioni segrete, anche lui come il collega, non dimentica di metterci un tocco di colore, con una cura al dettaglio molto particolare.
Ovviamente non si può dire con certezza che sia il modo giusto di fare cinema, anche perché in realtà non c’è un modo giusto per farlo, ma entrambi hanno sicuramente trovato il modo giusto per intrattenere il pubblico moderno. Un pubblico spesso complicato e pretenzioso. Sono dei registi anche tanto discussi, spesso troppo esaltati, altre volte troppo denigrati, eppure bene o male non sbagliano un colpo.
James Gunn è sicuramente più famoso e cinematografico, mentre Guy Ritchie ormai e più per lo streaming, con i suoi prodotti che ci arrivano in Italia sulle piattaforme streaming, anche qui un mistero, perché anche Ritchie ha fatto cose più commerciali come Sherlock Holmes, King Arthure Aladdin, eppure con gli ultimi film, almeno qui in Italia, passa solo praticamente online, sminuendo un po’ il suo lavoro.
Il loro segreto e punto principale è il ritmo elevato con cui è difficile annoiarsi, in più c’è sempre una piacevole e divertente ironia nei loro film, non mancano le battute e personaggi alquanto assurdi e particolari. Sono maestri nel rendere i film una splendida playlist musicale, con scene d’azione davvero ben congeniate.
Il cinema è arte e loro la fanno bene e in modo sicuramente moderno stando perfettamente a passo con i tempi, ultimamente ogni film che esce ha degli spunti interessanti e risulta essere piacevole e coinvolgente. Gunn ha espresso tutto e stesso in Suicide Squad e ha concluso alla perfezione Guardiani della Galassia. Ritchie ha raggiunto il mix perfetto con The Gentlemene creato altri prodotti interessanti come Operation Fortune e Wrath of a Man, in attesa di poter vedere The Covenant.
Sono due registi che ammiro e apprezzo molto, ma prima di tutto sono autori di altissimo livello, che anche con un soggetto tra le mani, riescono a creare dei prodotti che sembrano davvero originali e nuovi. Se vi state annoiando, guardatevi uno dei loro film.
Space Jam: New legacy è un film del 2021 diretto da Malcom D. lee, un film a tecnica mista, con protagonista il campione NBA Lebron James e sequel del famoso film del 1996 Space Jam che vedeva come protagonista Michael Jordan.
Il difetto più grande del film penso siano le inaspettate distanze dal primo film, che non viene mai accennato o nominato se non in qualche frangente dai Looney Tunes. Un distacco anche nell’iconiche musiche che erano davvero l’emblema di quel film. Il primo Space Jam solo per i filmati di Michael Jordan era un piccolo spettacolo. Momenti in cui il basket era davvero al centro, si vedeva il parquet, la palla era fisica e nonostante fosse assurda e fantasiosa anche la trama aveva un certo fascino, con i Looney Tunes che uscivano dal “cartone” e andavano in cerca delle scarpe di Jordan.
In questo sequel si perdono molte caratteristiche importanti, si cerca di modernizzarlo ma ci si allontana troppo dallo stile che l’ha reso iconico. Troppa digitalizzazione, non si respira mai il vero basket e la sensazione di vivere un bellissimo sogno. Lo stesso Lebron James viene usato più come un burattino che come un atleta e un giocatore che è già una leggenda di questo sport. Forse era merito di Michael Jordan che ancora tutt’ora un’icona impareggiabile di questo sport. Non si può pretendere molto da un film del genere, ma non si è vista nessuna scena reale senza nemmeno un pochino di CGI, un’azione un po’ realistica, è tutto estremizzato e fin troppo esagerato. Le canzoni presenti nel film non sono paragonabili a quelle del primo capitolo e il video tributo a Lebron non ha nulla a che vedere con quello di Michael.
Ricordo che da bambino ogni volta che trasmettevano in tv Space Jam non vedevo l’ora di vedere le azioni di Michael Jordan con quella musica che ti caricava un sacco, ecco questo film ho paura che non riesca a trasmettere quelle sensazioni nemmeno ai più giovani. Ci si ritrova catapultati invece in un cartellone pubblicitario Warner Bros. con Lebron a fare da testimonial, più che in un film ci si ritrova immersi in una lunga pubblicità dei prodotti WB, che non è del tutto un difetto, ma che anche in questo caso viene sfruttato davvero male.
Sembra che si va sempre dalla parte opposta, questa volta che serviva un prodotto che fosse un elogio al primo film, una trasposizione con le stesse canzoni, ma con un campione come Lebron James, si è fatto tutto il contrario, cercando di modernizzare un prodotto che ha bisogno della sua origine, del suo stile in cartone disegnato a penna a poco a poco sulla pellicola come Roger Rabbit.
Elvis è un film del 2022 diretto da Baz Luhrmann e scritto da più mani anche dallo stesso Luhrmann, il film vede Austin Butler nel ruolo di Elvis e Tom Hanks nel ruolo del suo storico manager, infatti questa pellicola è il biopic del re del rock n’ roll, Elvis Presley.
Questo film si può definire con due parole, ritmo e delicato sul finale, un po’ come era Elvis stesso, un’icona di stile, di ritmo e di musica sul palco e delicato in alcuni momenti della sua vita. In grado di passare dal puro e potente Rock N’ Roll a una Balland romantica e poetica. Questo film si concentra un po’ sul rapporto particolare e tormentato tra Elvis e il suo manager il colonnello Tom Parker, ideatore e fautore di Elvis Presley, ma anche uomo cinico e dipendente dal gioco che ha causato la fine stessa dell’artista.
C’è tanta musica e tanto ritmo, anche i momenti più fermi del film, il sottofondo musicale è sempre ben ritmato, mixando alla perfezione il blues e il country proprio come faceva l’artista. In un certo senso è come se Elvis stesso avesse messo mano a questo film, con le urla e le reazioni esagerate delle sue Fan, prima vera “Rockstar” del mondo musicale.
Austin Butler è davvero ad altissimi livelli con un’interpretazione curata e tratta ricalcata alla perfezione sul suo personaggio. Le movenze, il ritmo, il bacino, le gambe tutte le mosse di Presley riprodotte alla perfezione sullo schermo. Un’ascesa storica di un artista che ha segnato per sempre la storia della musica, il primo fantasista del mondo musicale, in grado di un unire popoli e etnie grazie alla sua musica. Un artista che negli anni 50′ non era né bianco, né nero, ma semplicemente una espressione vivente di musica e ritmo.
Il finale è una carezza delicata a un uomo che ormai era solo, abbandonato dalla sua amata moglie Priscilla, ormai intrappolato in un hotel a Las Vegas, con il rapporto con il colonnello Tom Parker ai minimi storici. Elvis negli ultimi istanti di vita, ormai molto grasso, malato e logorato dal suo successo, ossessionato dall’amore per la sua gente e i suoi fan. Un’ultima canzone cantata a piena voce, un ultimo saluto che riassume un po’ tutta la potenza di questo biopic davvero ben realizzato.
Queste storie nel mondo del cinema funzionano, e così ci ritroviamo dopo Freddie Mercury e Elton John a rivivere un’altra storia di passione, talento, follia e soprattutto di musica, storie che lasciano il segno, storie di cui vale la pena fare un film, davvero un ottimo lavoro.
Tutto può cambiare è un film del 2013 scritto e diretto da John Carney. Una commedia romantica, con il romanticismo che si concentra sulla bellezza della musica e sul suo potere di unire e poter creare cose meravigliose.
Dan Mulligan (Mark Ruffalo) è un produttore musicale in crisi, e che è stato cacciato via dall’etichetta che ha creato, un uomo dallo spiccato talento, ma che si è perso un po’ nelle difficoltà della propria vita personale e nella mancanza di nuovi artisti che lo ispirassero veramente. Una sera in un bar sente cantare una ragazza di nome Greta (Keira Knightley) e si innamora subito della sua arte. I due senza nemmeno un soldo, iniziano ad incidere un disco in giro per le strade di New York.
Un film delicato che vola sulla musica, ci mostra l’amore versa questa splendida forma d’arte, forse la migliore e più bella di tutto. La musica come mezzo di unione, di rinascita e di riscatto. Si vede il talento e la bellezza di questo mondo, che fa parte della nostra vita tutti i giorni, delle volte non serve nemmeno parlare, basta ascoltare musica, passeggiare con la persona di cui si è innamorati e passerete la serata più bella della vostra vita.
Un film che riesce ad essere tremendamente bello e sensibile nella sua leggerezza, alleggerisce l’animo dello spettatore che si perde tra le note di ogni singolo pezzo che viene suonato. Una sceneggiatura ben scritta e delle canzoni davvero belle e orecchiabili, rendono questo film un piccolo, ma bellissimo elogio al mondo musicale, alla bellezza della musica, e alla sua enorme forza.
Ci sono dei pezzi musicali davvero belli, delicati, impreziositi dalla voce dolce di Keira, danno quel tocco decisivo al film, che vale la pena di essere visto anche solo per le proprie canzoni. In una scena in particolare in cui sono su un terrazzo di New York a suonare, c’è tutta l’energia, la positività e la bellezza della musica.
Fatevi un bel viaggio, nell’amore, nella sua espressione più semplice e pura, quella della condivisione, nell’istinto, quella della musica!
Yesterday è un film del 2019 diretto da Danny Boyle e scritto da Richard Curtis. Il film parla di un giovane cantautore inglese che non riesce a sfondare nel mondo della musica e che continua a accumulare fallimenti. Un giorno durante un blackout globale viene investito da un autobus e quando si risveglia scopre che alcune cose nel mondo non sono mai esistite, una tra queste, I Beatles e la loro musica, sfrutta quindi questa occasione per diventare famoso, grazie alle loro canzoni.
La trama funziona anche senza essere scritta, perché anche solo in poche parole crea curiosità e attira l’attenzione, si ha voglia di scoprirla e di sentire qualche canzone dei Beatles. Però ovviamente il film va più in profondità, sfruttando questa dinamica per parlare di amore, di ciò che veramente conta nella vita, allontanandosi un po’ dalla fama, per concentrarsi su qualcosa di più intenso. Il cameo di Ed Sheeran da un tocco in più essendo uno dei cantautori più capaci a parlare di amore. E l’incontro con un John Lennon anziano e soddisfatto della sua vita, una vita in cui non è mai stato un Beatles è davvero una piccola chicca.
Il finale è un concentrato di molte sensazioni, ovviamente viene messo al centro l’amore, la scelta del protagonista di abbondonare soldi e fama, per la donna che ama e che ha sempre amato e che ha sempre creduto in lui. Bello anche il confronto con il fatto di avere successo per una cosa non tua, per opere d’arte che non ti appartengono. Uno stupendo tributo ai Beatles nel finale, con un paio di canzoni meravigliose che mostra anche la varietà della loro musica, l’attualità e le melodie, base di tutta la musica moderna.
Un film che riesce a concentrare molte emozioni, un tributo alla musica e all’amore.
Rapiniamo il Duce è un film italiano del 2022 diretto da Renato de Maria e distribuito da Netflix. Nel cast troviamo attori come Pietro Castellitto, Matilda de Angelis, Isabella Ferrari e Marcello Macchia (Maccio Capatonda).
Fin da subito dalle prime scene, questo film fa fatica a trovare una propria identità, si può definire un Heist Movie con toni da commedia. Il periodo narrato e critico, drammatico, ma anche liberatorio, essendo ambientato alla fine della seconda guerra mondiale.
Un gruppo di ladri organizza un grande colpo ai danni del duce, rubando a Milano l’oro e i tesori dei fascisti prima che vengano spostati in Svizzera e nascosti. Solite dinamiche con la creazione della squadra e la ragazza che fa l’infiltrata tra i pezzi grossi del “nemico”. Una trama che funziona ma che si confonde un po’ in un montaggio forse un po’ troppo azzardato. Una regia a tratti davvero apprezzabile e in altri disordinata e un po’ brutta. Anche i dialoghi sono un po’ poveri con personaggi un po’ da fumetto, ma che nel contesto non stonano più di tanto.
Man mano che si prosegue con il film si nota sempre di più la leggerezza, non si vede troppa violenza e nel complesso è tutto molto scherzoso. Ci sono anche delle piccole battute e dei piccoli momenti di comicità. Mi è piaciuta l’idea di farlo un po’ così leggero, stile fumetto anni 50′. Alcuni personaggi sono carini e divertenti, come quello di Maccio Capatonda, ma anche quello interpretato da Tommaso Ragno ha un suo perché.
Ho trovato molto bello il montaggio audio, la scelta delle canzoni e la colonna sonora, davvero una piccola chicca le due canzoni cantante da Matilda de Angelis, le ho trovate davvero belle e che si incastravano perfettamente nella situazione del film.
Nel complesso un film piacevoli, con i suoi pregi e suoi difetti, sono quei film da sei in pagella, che non deludono, ma nemmeno ci meravigliano per la loro bellezza e iconicità.
The suicide squad – missione suicida è un film del 2021, diretto da James Gun, un film che cerca di cancellare il proprio passato e che prova a voltare pagina, prendendo con se uno dei registi e autori più iconici dell’universo Marvel, già regista de “guardiani della galassia”.
La DC affida alle capacità artistiche di Gun praticamente tutto, una carta bianca su cui esprimere le proprie idee e la propria arte, avendo solo dei vincoli dati dai personaggi e dalle loro caratteristiche. Questo film rappresenta in tutto e per tutto il suo regista, a tratti folle come i suoi personaggi, con un ritmo incalzante scandito dal ritmo delle canzoni, con un grande musical dov’è lazione ad essere protagonista. Ci sono molte similitudini ai suoi film precedenti, sia per l’ironia che passa da essere quasi infantile a molto tagliente e più di nicchia. Le musiche sono spettacolari e si legano perfettamente con ciò che vediamo. Il film è davvero folle a tratti con personaggi dell’universo DC che Gun è andato pescare con cura per la loro assurdità e particolarità, davvero divertenti solo per le loro movenze e caratteristiche con poteri davvero ridicoli e paradossali. Il film è una presa in giro di se stesso, tutto molto giocoso, assurdo e aggiungerei colorato.
L’elemento mare anni 70/80 è sempre ben presente scenograficamente e da davvero un bellissimo tocco artistico al film, tutto anche se assurdo e credibile, con uno squalo/uomo nella squadra, con un tizio che spara puah e che ogni tanto deve vomitarli, con una ragazza che comanda i topi e con una stella marina gigante come nemico finale. Tutto estremamente assurdo e pittoresco allo stesso tempo, con scene d’azione molto chiare, belle e nitide, non troppo complicate ma visivamente sempre molto vivaci con colori nitidi e accesi. Il film prova a far ridere e ci riesce, niente di clamoroso ma mette di buon umore, con addirittura una citazione a Maccio Capatonda nell’adattamento per il doppiaggio, inaspettata e spettacolare, molto divertente.
I personaggi non erano facili da gestire eppure li ho trovati tutti molto credibili, ben fatti e perfettamente collocati nel film, un po’ deluso da Harley Quinn, l’ho trovata un po’ più “debole” del primo, anche se Margot Robbie è sempre eccezionale in quel ruolo. Idris Elba nel ruolo di Bloodsport non mi ha sempre convinto, ma è l’unico elemento stabile del film ed è super necessario, il contorno è pura follia, con John Cena nei panni di Peacemaker che nonostante la pessima recitazione fa davvero un sacco ridere. Quello che i personaggi non possono dare, viene compensato da un ritmo incalzante, dalle canzoni suonate a palla e dalla gestione dell’azione da parte di Gun, con una violenza inaspettata ma tremendamente adatta al genere di film.
Mi piacciono i film che sono la vera espressione del loro regista e autore e devo dire che Gun ha trovato la sua dimensione in questo film, si è vero nel complesso non è nulla di speciale, ci sono film di questo genere migliori, non è ai livelli di “Guardiani della galassia”, ma per certi elementi è sicuramente un ottimo film, uno spettacolo a 360 gradi con un sacco di elementi e scelte artistiche su cui vale la pena soffermarsi. Uno dei difetti, forse, è la troppa confusione. La storia si capisce è abbastanza lineare e semplice, ci sono alcuni salti temporali ma sono chiariti perfettamente. Però ci sono molti personaggi, molte caratteristiche e molte cose che i personaggi fanno e devono fare, il tutto rende un po’ un gigantesco minestrone e non si capisce a tratti quale sia il vero obiettivo, cadendo un po’ nel disordine. Anche in questo film evidente come James Gun si soffermi spesso sul rapporto tra padri e figli, con il giusto tocco, il momento più intenso del film.
Un film che consiglio di vedere per la sua capacità di distinguersi dal primo capitolo e che proietta la DC a scelte differenti anche per il futuro, non ha tutti piace, ma se vi piace James Gun qui c’è dentro tutto di lui, divertente con un buon ritmo e molta follia, tutto questo e The Suicide squad.
Project X è un film del 2012, girato nello stile del falso documentario, è una commedia girata quasi completamente del punto di vista di una sola telecamera e diretto dal regista Nima Nourizadeh. Questo film ha la capacità di stupire fin dai suoi primi attimi con questa particolare inquadrature inusuale per un film da cinema, perchè la prospettiva è sempre quella di una videocamera, come se qualcuno stesse filmando poco a poco tutto. Questo ci incuriosisce e ci fa entrare di più nelle dinamiche del film, quasi da sembrare parte del gruppo.
Si presenta quasi come un film su youtube, sembra una storia vera, è un film con giovani, fatto per i giovani, i film che ci risveglia qualche ricordo e che ci fa esaltare per ciò che succede, tra risate e incredulità. La trama è semplice ma super efficace, è il compleanno di Thomas, i suoi due amici, un po’ “sfigati” come lui, decidono di organizzare una festa per il suo compleanno a casa sua, approfittando del fatto che i suoi genitori saranno in vacanza per il weekend. Costa uno dei suoi amici ha grande carisma e riesce a cerare un enorme passaparola che è talmente efficace che la festa diventa sempre più grande con sempre più persone, fino alla quasi devastazione della casa e parte del quartiere.
Project X è un sogno di ribellione dei giovani, la voglia di divertirsi di vivere le serate senza pensare al futuro, o al proprio passato, vivere il momento come se non ci fosse un domani, sono giovani, spensierati, ma allo stesso tempo sembrano avere problemi molto più grandi degli adulti, Thomas vuole che la sua festa sia indimenticabile e per molti versi lo sarà. Il film ci butta dentro la festa, ci vuole coinvolgere e lo fa splendidamente, tutti noi vorremmo essere stati li, perchè in certe occasioni quello che conta e esserci stato anche se ognuno vive il divertimento a proprio modo. Un film che non ha grosse pretese ma che sa stupire in modo positivo fin da subito e che è difficile da non apprezzare, perchè va a toccare i sogni di ogni giovane, quella voglia di ribellione e di festa che abbiamo tutti in un certo periodo della nostra vita.
Project X diventa quasi un cult del suo genere, diventando uno dei film meglio riusciti su feste ed eccessi giovanili, un film che piace a tutti e che penso sia da vedere assolutamente, non è diseducativo e semplicemente più reale di quanto si crede, perchè tutti anche se in più piccole dimensioni hanno vissuto momenti simili da raccontare agli amici. Questo film è una estrapolazione dei sogni di una notte della generazione Z che vuole sempre l’eccesso, il divertimento estremo, la popolarità, vuole staccare dal mondo, perchè il mondo è troppo grande per loro. Sta collassando tutto, va tutto a fuoco, la pandemia, il pianeta che muore, il futuro è estremamente buio e triste, i giovani hanno bisogno della loro festa alla Project X, e questo film ti da l’occasione di sognare e di immedesimarti nei protagonisti, insegnandoci la bellezza di vivere almeno un giorno nella vita come se fosse l’ultimo. Il bello di questo film è proprio al leggerezza, non c’è filtro, c’è realtà, impatto, anche droghe, alcol a fiumi, musica a palla e sesso, perchè delle volte la vita è anche questo, anzi noi non facciamo altro che inseguire momenti del genere.
Mi spiace che questo film non sia conosciuto come dovrebbe, è un ottimo film per giovani che hanno voglia di qualcosa di alternativo, qualcosa di estremamente vicino a loro, qualcosa in cui identificarsi veramente. Assolutamente da vedere.
QUATTRO CHIACCHIERE: Alla ricerca della felicità, Collateral Beauty, Sette Anime e anche Life in a year come produttore esecutivo, un attore che non ti aspetti in certi ruoli, ma che sa scegliere, storie bellissime guidate dai sentimenti
scena tratta dal film Sette Anime
Nel mondo del cinema funziona spesso così, è l’attore a portare sotto i riflettori un film ed è sempre grazie alla sua popolarità che progetti low budget ma con una splendida sceneggiatura, riescono ad essere prodotti e ad entrare nella storia del cinema. Anni fa è successo questo al nostro Gabriele Muccino, che voleva produrre un film tratto da una storia vera ma non ne aveva i mezzi, non trovava una casa di produzione disposta ad offrigli un buon budget, anche perchè era un regista sconosciuto. Quella sceneggiatura passò di mano a quello che già in quegli anni era amico di Muccino, un attore molto popolare e che già aveva lavorato come produttore esecutivo, un attore riconosciuto, popolare e che sicuramente sapeva attirare attenzione su di se, quell’attore era ovviamente Will Smith che leggendo la sceneggiature voleva a tutti i costi che fosse lo stesso Muccino a dirigere quel film.
“La ricerca della felicità” ebbe un successo clamoroso, grazie a Muccino, Will Smith si cuce a pennello questo film facendo una di quelle che tutt’ora è una delle sue migliori interpretazioni, un film che mette al centro di tutto i sentimenti, la vita e la voglia di felicità. Un ruolo inaspettato per Will Smith che era diventato famoso per film più da azione, dove lui era il classico belloccio, eterno ragazzino che non vuole staccarsi troppo dai suoi esordi come “Principe di bel air”. Will ci stupisce fin da subito in un film che anche grazie al regista, ci commuove, ci tiene attaccati allo schermo e ci fa riflettere un sacco, un film fatto di sentimenti veri, intensi e che prende molto seriamente le situazioni della vita. Una storia che in se nasconde un sacco d’amore, l’amore paterno che si crea tra padre e figlio, la volontà di farcela di arrivare, di fare soldi si, ma per un unico fine, regalare al proprio figlio un futuro migliore. Con questa produzione Smith conquista tutti, non si sa se è un caso o se davvero il principe di “Bel Air” sa trattare temi di un certo peso, intrinsechi di sentimenti che sono protagonisti nella nostra vita.
La collaborazione tra il regista Italiano e Will Smith non finisce li, perchè un paio di anni dopo esce un nuovo film in cui l’attore di Filadelfia e sia protagonista che produttore esecutivo, e anche qui abilmente si colloca perfettamente al suo interno, in un tentativo di prendere una determinata direzione nella sua carriera, sembra quasi che vedremo lui solo in ruoli simili, seri e intensi, Sette Anime è emotivamente un pugno allo stomaco, è una storia che ti fa letteralmente commuovere, che ti segna nel profondo e anche qui è innegabile che Will Smith ha scelto la giusta storia da raccontare e che con i sentimenti ci sa fare, sa come trattarli e con chi potrebbe raccontarli al meglio. Sette Anime è un altro passo avanti, un film dai significati profondi, che ci fa riflettere un sacco, ci sconvolge ma che allo stesso tempo di “consola” un po’ con il finale. La vita, il valore della vita viene messo al centro di tutto, lo percepisci e ne rimani coinvolto, tutta la potenza emotiva della generosità, della gentilezza, dell’altruismo vengono trasmesse tramite questa pellicola.
Eppure non riusciamo ancora a staccarci dal classico Will Smith, perchè comunque ne abbiamo bisogno, è un attore semplice ma che difficilmente fa film davvero da buttare via, a parte un paio, e quindi i sentimenti ci sono ma sono sempre ben nascosti, un po’ più difficili da captare e da percepire, va su film più di azione, più semplice dal lato emotivo, ma sicuramente più complessi da quello visivo, ci piace questa sua versione, ma poco a poco, ci rendiamo conto che in fondo abbiamo bisogno anche della sua capacità di trattare i sentimenti, le storie di spessore, così dopo qualche anno, arriva al cinema “Collateral Beauty” un altro viaggio meraviglioso nella vita, nella sua importanza e nei sentimenti, anche qui difficile non commuoversi. La sua capacità di selezionare il giusto prodotto ormai è evidente, Will sbaglia scelte in altri tipi di film, ma se ci sono di mezzo discorsi seri e sentimenti non sbaglia mai e anzi prende sempre progetti tra le mani che a mio parere sono davvero delle piccole perle. In Collateral beauty non è produttore esecutivo, ma è comunque l’attore protagonista, anche questo un film che mette al centro di tutto il valore della vita, la sua importanza, il bello di vivere i sentimenti appieno, con tutto se stesso, un elemento importante che poco a poco si sta perdendo. Sono film che vanno studiati e capiti che andrebbero fatti vedere nelle scuole per poi parlarci su per ore, perchè c’è una fuga dai sentimenti nei giovani che mi fa davvero preoccupare. Un allontanamento a tutto ciò che è davvero vita per affidarsi solo alla felicità materiale, perchè in fondo i soldi non ti tradiscono mai, le persone si. I film di Will Smith ci tengono con i piedi per terra, ci fanno vedere il dolore della vita ce lo sbattono in faccia anche con violenza, ma allo stesso tempo in tutti, si capisce il valore dell’amore, che va al di la della semplice vita personale, i sentimenti quasi viaggiano tra le dimensioni e rimangono vivi anche dopo la morte, rimangono sul nostro pianeta, più forti e robusti di qualsiasi cosa si possa comprare con i soldi.
Il valore della vita, il bello di amare, la capacità di soffrire, sono tutti elementi presenti in questi film che si riconferma nella sua ultima produzione fatta a pennello, come piace a lui, per il proprio figlio, con “life in a year” riconferma per l’ennesima volta la sua capacità di scegliere le storie giuste, anche qui sentimenti al centro di tutto, il valore della vita, dei momenti e degli attimi da vivere al cento per cento, buttarsi completamente nell’amore pur sapendo che prima o poi ci farà male. Siamo terrorizzati da ciò che potrebbe farci l’amore, ormai lo vediamo come solo dolore, amiamo si una persona, ma già pensiamo a quando finirà, non possiamo fare altro che pensare al peggio, alla fine e ne siamo terrorizzati, non ci sentiamo più pronti, così “vendiamo” il nostro copro vuoto al miglior offerente, pensiamo che i soldi ci salveranno, e fuggiamo, siamo sempre in fuga. Se qualcuno ci ama incondizionatamente andiamo nel panico più totale. Ci sentiamo in colpa se non ne corrisposto, non ci sentiamo mai all’altezza e fuggiamo da un possibile dolore, dalla verità, proprio come Will Smith in Collateral beauty, dove tra l’altro c’è una canzone meravigliosa dei One Republic, proprio in questo film il protagonista fugge dal dolore, crea una bolla per non ricordare ciò che è successo, una persona spenta, confusa che non sa più che fare della propria vita, ma che capisce che per guarire serve amore, tanto amore, serve una persona che capisca davvero il suo dolore. Anche lui fugge via, meglio il lavoro, meglio spegnersi in pianti nascosti affossando la testa nel cuscino, o bevendo a più non posso perchè la vita è bella così. Ma i sentimenti sono più forti e se li sai raccontare sono ancora più belli, i film si trasformano in piccole lezioni di vita che possono essere raccontate anche fuori dalla sala. Ma questo lo sapete già, è una delle cose meravigliose del cinema, e il suo potere, insegnarci qualcosa da condividere. Ecco appunto, la condivisione è un altro elemento fondamentale dei suoi film, la vedi ne “la ricerca della felicità” in “sette anime” e anche in “Life in a year”, condividere i momenti d’amore, viverli con tutti noi stessi è importante, fondamentale e non vanno mai rinnegati, non pentiamoci mai di momenti in cui c’era tutto il nostro amore anche se le cose dovessero andare poi male, quei momenti sono rimasti impressi nel tempo, nel nostro cuore, non si possono rinnegare, non si può sempre fuggire.
Will Smith sceglie bene, ci regala queste piccole perle e spero continuerà a farlo, sono sicuro che anche il film che sta per uscire, quello delle storia delle sorelle Williams, sono sicuro che ci regalerà dei momenti stupendi, con sentimenti veri e importanti. Già dal trailer lo si capisce e si intuisce l’importanza di alcune parole. Un altro viaggio nei sentimenti ben congeniato, ideale e utile, si perchè delle volte è molto utile avere dei film così, come è utile avere certe canzoni che magari ci fanno commuovere, che ci fanno capire il valore della vita, il valore di vivere sempre e comunque i sentimenti a mille, di amare davvero senza pensare sempre e solo alle conseguenze, non deve più esistere il concetto che delle volte si ama troppo, l’amore è vita. Come nei suoi film bisogna amare anche nel dolore. Bisogna trarre forza e ispirazione da ciò che ci mostra nei suoi film, in questo tipo di film, lui è sempre perfetto, alza il livello della sua recitazione e sembra che anche suo figlio abbia queste caratteristiche, forse è un dono di famiglia.
Ho voluto parlare di questo lato di Will Smith che rimane un po’ nascosto o che comunque non si da peso, ma questo serve per far capire le mille vie che ha il cinema, le sue possibilità sono davvero infinite, con combinazione, di parole, musica e fotografie stupende. Il cinema è un arma potente in qualsiasi modo la si voglia usare, perchè in fondo è la trasposizione visiva dei nostri sentimenti, che sia amore, paura, adrenalina o dolore. Bisogna sempre essere pronti a captare ogni sfumatura di ciò che si vede, e non vale solo per i film, ma anche per le persone, impegnatevi a notare i dettagli perchè sono un infinità di mondi meravigliosi. Il cinema ci fa capire l’importanza degli attimi della loro intensità, proprio come nei film di Will in 120 minuti o poco più, facciamo un viaggio tra mille emozioni, possiamo quasi ridere e piangere alla stesso tempo, e se si può fare con un film, pensate con la propria vita. Proprio come il titolo del suo film, andate alla ricerca delle felicità!!!
Baby driver è un film del 2017 diretto da Edgar Wright, un film principalmente d’azione ma che per certi aspetti ricorda un po’ un musical, sceneggiatura scritta rispettando i tempi delle canzoni e con i movimenti a tempo di musica.
L’idea iniziale è davvero bella, i personaggi sono anche ben caratterizzati, non facile per il genere di film, ma anche il protagonista ha davvero un sacco di caratteristiche ben scritte e interessanti che danno sicuramente qualcosa in più al film.
Mi è piaciuta davvero moltissimo la scena iniziale, che racchiude tutte le parti migliori del film, le sue caratteristiche più facili da elogiare, azione, musica e ironia, con una buona dose di innovazione e originalità.
Il difetto è una trama che tende a perdersi nella parte centrale e diventa forzata in quella finale, con evoluzioni e situazioni che stravolgono un po’ il ritmo e il senso del film, penalizzando la bellezza dell’idea iniziale e la buona scrittura dei personaggi.
Il film a tratti diventa troppo banale, un po’ assurdo e veramente troppo forzato, perdendo identità e bellezza, peccato perchè alcune scene sono davvero spettacolari, belle visivamente e con un ritmo davvero ottimo, peccato perchè era ben apparecchiato.
Nel complesso però è davvero godibile, non annoia assolutamente crea curiosità, e la molta azione ci mantiene vivi e ci fa divertire parecchio, a tratti mi ha ricordato il famoso videogioco GTA il che penso sia una cosa positiva, belle le canzoni e bravi gli attori.