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ANT-MAN AND THE WASP – QUANTUMANIA: RECENSIONE, MANCA UN VERO PROTAGONISTA

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Ant-man and the wasp: quantomania è un film del 2023 diretto da Peyton Reed e tratto ovviamente dai fumetti marvel, terzo film con protagonista la “formica” Avengers Scott Lang alias Ant-man interpretata da Paul Rudd.

Questo film serve principalmente per introdurre un nuovo potente nemico nell’universo Marvel, Kang il conquistatore, interpretato da un ottimo Jonathan Majors. La trama del film si svolge praticamente tutta nell’universo quantico, questo rende il film molto fantasioso e particolare, con somiglianze che vanno da star wars e a tratti con guardiani della galassia. Un film con una trama che funziona abbastanza, in cui tutti i protagonisti si ritrovano intrappolati nell’universo quantico e devono trovare il modo per uscire e per impedire a Kang di uscire da quel luogo.

La troppa computer grafica rende quasi il tutto un film di animazione, a volte colpisce per la sua bellezza, ma per la maggior parte del tempo non meraviglia più di tanto e tutto appare fin troppo finto tanto da non sembrare un film Marvel. La trama funziona ma quel che manca ultimamente a questi film è la mancanza totale di un vero e proprio protagonista. Ant-Man non riesce a conquistare il pubblico nonostante la sua simpatia e questo fa perdere un po’ di punti a tutto il film, come spesso accade in questa fase dell’universo Marvel.

Siamo un po’ tutti “sazi” di questo mondo, ma bisogna ammettere che in generale la qualità di questi film è sempre di ottimo livello e si prestano sempre molto bene alla visione nelle sale, il loro punto di forza, di funzionare insieme come una serie e di finire con un cliffhanger ha ancora il suo effetto e questo è sicuramente un punto a favore. Nel complesso risulta essere forse uno dei migliori tre con protagonista Scott Lang, forse per la presenza di un villain più convincente.

Il punto focale rimane Kang, che però convince solo a tratti, dovrebbe essere il “nuovo Thanos” ma non sempre da quell’impressione di essere così forte, passa da creare terrore ad essere lui spaventato e innocuo. Un villain che non fa altro però che creare confusione, con spazio e tempo che ormai non esistono più e con concetti talmente fantascientifici da rendere il tutto forse troppo complicato e meno interessante.

Nonostante la sua “banalità” Ant-Man rimane sempre un passaggio chiave per l’universo Marvel, lo era stato nelle altre fasi e lo è ancora adesso, la tecnologia presente nel film è un punto cruciale nelle diverse trame della MCU.

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MERCOLEDI’: RECENSIONE DELLA PRIMA STAGIONE

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Mercoledì è una serie distribuita da Netflix, creata da Alfred Gough e Miles Millar ispirata ai personaggi della famiglia Addams. Tra i registi della serie c’è il tocco d’arte del famoso Tim Burton. Questa serie nello specifico si focalizza sulla vita di Mercoledì la bambina tenebrosa della famiglia Addams ed è interpretata da una strepitosa Jenna Ortega.

Mercoledì è una serie che riesce a mettere insieme diversi elementi e che mescola a perfezione l’ironia e macabro, proprio nel perfetto stile Addams, la famiglia più strampalata del cinema ha sempre avuto un grande potenziale e qui viene sfruttato a pieno. La storia ci mostra la vita di Mercoledì che viene spedita in una scuola per reietti, insieme a vampiri, licantropi, sirene e ogni tipo di strano mostro. La scuola è legata al suo passato essendo stata frequentata dai suoi genitori Morticia e Gomez Addams, interpretati da Kathrine Zeta Jones e Luis Guzman. Degli strani casi di omicidio che sembrano coinvolgere la scuola, aiutano paradossalmente Mercoledì a convincersi di rimanere e fare qualche forzata amicizia.

Questo mix di generi funziona decisamente bene ed è tutto fatto in toni abbastanza leggeri e divertenti, il personaggio della giovane Mercoledì è estremamente iconico e anche qui Netflix riesce a metterci un po’ di Teen Drama, ma questa volta lo fa con la giusta dose per dare un tocco in più alla trama. La scena del ballo sta spopolando su internet ed è davvero super azzeccata ed è anche una bellissima citazione della serie sulla famiglia Addams degli anni 60′. I paragoni con il passato non possono mancare, ma questa serie è differente, più moderna, profonda e cerca di dare molto spessore alla protagonista, con la sua eterna apatia e gli occhi sempre aperti che creano inquietudine.

Tutti gli elementi chiave della famiglia Addams sono ben utilizzati e amplificati al meglio, sfruttati per rendere questa serie davvero bella e ben fatta che sta conquistando un po’ tutti, addirittura una Mano riesce a trasmettere qualcosa, io l’ho trovata una cosa davvero meravigliosa. La mano di Tim Burton si vede ma è meno incisiva del solito, ma da un giusto tocco che rimane un po’ per tutta la serie, ci sono delle piccole chicche di fotografia, davvero interessanti, la stanza divisa in due tra oscurità e colori è molto emblematica. Bellissime le canzoni all’interno della serie, unico difetto forse rimane quello di un finale un po’ troppo frettoloso e ripetitivo e qualche colpo di scena un po’ troppo forzato per i miei gusti, non è giusto sviare troppo lo spettatore con cose che non hanno poi senso di essere state mostrate.

Jenna Ortega è la vera protagonista del momento, la sua Mercoledì è perfetta, trasmette le giuste sensazioni e sa essere al tempo stesso tenebrosa e attrattiva. Come una calamita che ti attrae e rispinge a seconda di com’è girata. La verità che tutti pendono dalle labbra di Mercoledì, sia i personaggi della serie che il pubblico.

Consigliatissima!

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IL SIGNORE DEGLI ANELLI – GLI ANELLI DEL POTERE: RECENSIONE DEL QUINTO EPISODIO

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Il Signore degli Anelli – Gli anelli del potere, è sicuramente la serie più discussa del momento, il web è letteralmente invaso da dialoghi e recensioni a riguardo. Questa è una breve sintesi senza spoiler del quinto episodio, un leggero punto di vista sulla serie dell’anno.

Un quinto episodio che delinea un po’ di più le caratteristiche di alcuni personaggi e che vede una Galadriel più diplomatica e gentile del solito. Il suo personaggio continua a lasciare qualche dubbio, appare troppo come una ragazzina ribelle e non come un elfo che ha 4 mila anni. La trama va avanti sempre un po’ a rilento, ma nella sua lentezza ci viene mostrato molto o comunque si fanno dei passi avanti. Lo scontro è sempre più vicino e gli eserciti iniziano a muoversi.

Uno dei difetti più grossi della serie, è che non si capisce mai quanto tempo trascorre da un evento all’altro e la linea temporale rimane alquanto confusa. In questo episodio ci vengono mostrate diverse situazioni e tutte ci offrono spunti interessanti, con un nuovo mistero all’orizzonte.

La serie non è ancora decollata del tutto è mancano solo tre episodi alla fine della stagione, molto positivo il fatto che esca un episodio a settimana, in modo da poter fare sfogare i fan con recensioni e discussioni, per lo più purtroppo negative. I personaggi non convincono del tutto, forse i migliori sono quelli scritti da zero senza alcun riferimento, il resto rimane ancora tutto troppo piatto e inconcludente.

Ritengo che sia un’ottima serie, che non smette di stupire a livello visivo e con una certa cura nei dettagli, un livello davvero alto nelle scenografie, un po’ meno nei dialoghi e in alcune scelte nelle situazioni. Gli scontri e i toni epici che accompagnano la serie, mi piacciono, gli danno un tono in più e si adeguano un po’ alla modernità. Permettono di prendere e conquistare un pubblico più vasto. Per la prima volta sembra che davvero il signore degli anelli non sia più un prodotto di nicchia per soli esperti che si offendono se sbagli un nome, ma sia diventato più commerciale e alla portata di tutti, per alcuni può essere un difetto, ma vista dal punto di vista commerciale è certamente un pregio.

In questo episodio appare un nuovo personaggio, molto misterioso, potrebbe essere Sauron, ma le teorie sono moltissime e molto variegate, solo per il fatto che ci siano così tanto seguito, che siano positive o negative le opinioni, vuol dire che in qualche modo la serie sta funzionando. Sicuramente le manca uno spunto in più, le manca un personaggio che sappia coinvolgere davvero, un personaggio al livello della compagnia dell’anello.

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IL SIGNORE DEGLI ANELLI – GLI ANELLI DEL POTERE: RECENSIONE TERZO EPISODIO

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Ogni venerdì su Prime Video esce un nuovo episodio della serie del momento, il signore degli anelli – gli anelli del potere. I primi due episodi di esordio hanno completamente spaccato il pubblico in due, tanto che non si capisce quale sia il vero valore della serie guardando le recensioni.

Siamo tutti comunque d’accordo che visivamente è qualcosa di unico e spettacolare, in questo episodio ci viene mostrata Nùmenor città magnifica e raggiante di essere umani speciali che avevano legami profondi con gli elfi. La bellezza visiva è protagonista della scena, la cura dei dettagli, le armature, tutto molto spettacolare. I momenti di azione sono davvero ben fatti con duelli davvero spettacolari. Si inizia a capire meglio i personaggi e a capirne le loro caratteristiche, anche se serve una “bibbia” del signore degli anelli a portata di mano per capire bene la collocazione dei personaggi.

La serie è epica e tremendamente ben fatta, eppure non sembra convincere ancora del tutto, manca un vero nemico, e l’utilizzo di Sauron come solo una presenza maligna non funziona come nei film, c’è bisogno di una svolta, la serie deve iniziare a prendere un ritmo più deciso e incalzante e ciò non è ancora successo. Il mistero “dell’uomo” meteora non è ancora stato risolto e ho il presentimento chi ci vorrà ancora molto per sapere chi è realmente.

Un episodio che vede ancor più protagonista Galadriel, che mostra altri lati di sé, rimanendo sempre molto “nervosa” e ribelle. Facciamo la conoscenza di un personaggio importante come Elendil e il primo impatto è più che positivo. Sauron è arrivo e spero che arriverà presto, sicuramente, per adesso, la parte più interessante e movimentata e quella che riguarda Arondir, un po’ inaspettata in realtà, ma la sua parte di storia è la più bella di questi tre episodi, soprattutto nel terzo.

Una serie che ha sicuramente bisogno di uno spunto in più di una evoluzione più immediata e di impatto, ma che per adesso si sta muovendo nel complesso bene. Lato visivo pazzesco e una curiosità sempre attiva grazie alla vastità e bellezza dell’universo creato da Tolkien. Nulla è banale, tutto è curato e ben fatto, forse un po’ lento e i dialoghi un po’ spenti, ma per il resto davvero un ottimo episodio che potrebbe equilibrare il giudizio del pubblico.

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SINDROME DA JURASSIC PARK: UN FRANCHISE SPREMUTO FINO ALL’OSSO

QUATTRO CHIACCHIERE: è possibile fare un bel film su un argomento ormai esaurito? Jurassic Park è uno degli esempi più lampanti di come certi film dovrebbero “fermarsi” quasi subito.

Pochi giorni fa è uscito l’ultimo capitolo di una delle seghe più iconiche del cinema, Jurassic World il dominio. Un film che è stato già abbastanza massacrato dalla critica, ma che ha detta di molti, questo è solo l’inizio di un franchise in continua espansione, con in programma altri film.

Jurassic Park nel 1993 non era solo una novità assoluta ma era anche il pioniere di nuove tecniche cinematografiche, non era solo bella la storia, se pur con i suoi difetti, ma visivamente era davvero qualcosa di spettacolare, con un t-Rex super realistico e iconico.

Una trama innovativa, tratta dal libro di Crichton dove i dinosauri erano protagonisti, attirando la curiosità dei più piccoli e non solo, perché Jurassic park metteva pure una certa dose di paura con i predatori nemici numeri uno dei protagonisti. Non ci sono stati film come quello, la forza della novità, della tecnica ed una trama paradossalmente verosimile hanno reso quel film troppo importante.

Qualche anno più tardi uscì un nuovo capitolo sempre scritto bene, convincente con un finale davvero molto epico, e con protagonista Ian Malcolm, che cambia totalmente dal personaggio del primo film, ma che si adatta ad essere protagonista di questo. Tutto aveva un senso, ma allo stesso tempo, lasciava una sensazione che l’idea era conclusa e che la forza della novità stesse svanendo. Il terzo capitolo già arranca, non ci sono novità, tutto diventa una ripetizione e Jurassic Park perde tutto il suo fascino. Ci sono già dei primi segni di cedimento per una saga che era destinata a finire con tre capitoli.

Un format stupendo, ma che in quel determinato contesto non può offrire nulla di più, senza rinnovamento e partendo praticamente sempre dalla stessa situazione i dinosauri non sono più interessanti e spaventosi, ma noiosi e pacifici. Manca lo stupore e la curiosità e tutto diventa estremamente scontato. Ci sono i buoni e cattivi e idee assurde su come usare i dinosauri.

Jurassic World ricalca esattamente la trama del primo, con personaggi più da blockbuster, super uomini e donne che potrebbero uccidere un t-rex con una sola mano. Una storia già vista ma amplificata nelle esagerazioni con la certezza che i biglietti saranno venduti grazie solo al nome del franchise. Eppure non c’era più energie, la trama era scarica e le idee scarseggiavano. Ne fanno altri due e il disastro è servito. Trame sempre più povere, scritte male, personaggi senza senso, dinosauri senza senso, motivazioni ridicole, scelte assurde e banali e plot twist ridicoli. Jurassic World poteva ancora chiamarsi Park, perché diventa un parco giochi di assurdità e esagerazioni senza senso.

Ma è davvero un franchise senza speranza?

Jurassic Park ha sempre un ottimo potenziale, vende sempre e continuerà a farlo, aveva bisogno di innovazione, ma come successo in star wars si ricalca il passato, male, per paura di fallire in qualcosa di nuovo. La sindrome di Jurassic Park è quella di non riuscirsi a staccare dal primo film, dai suoi personaggi, dal suo stile e dalle sue icone, facendo così diventa tutto banale, piatto e ridicolo. Un franchise che aveva bisogno di un super regista, innovativo e capace e che si è affidato ad un regista raccomandato e evidentemente di poco talento. Forse una direzione più chiara e con idee nuove avrebbe portato avanti la storia in modo più ambizioso e bello. Adesso hanno tre film dai super incassi ma che nel complesso sono piaciuti davvero a poche persone. Sono sempre film che avranno comunque successo qualsiasi cosa fai, però è davvero un peccato vedere la stessa storia.

Nel secondo capitolo di Jurassic World si è visto qualcosa di nuovo, un regista horror che ha portato la sua impronta, ma a livello di trama è stato un vero disastro, novità e idee che avevano davvero dell’assurdo e che si sono completamente allontanate dal mondo di Jurassic Park. Ottimo il tentativo ma completamente fallito, forse questo gli ha fatti tornare sui loro passi proponendo un terzo capitolo che ha ripetuto le stesse dinamiche di sempre. Si perché tutti si aspettavano un confronto tra esseri umani e dinosauri nelle città, invece no, si sono ritrovati tutti nel solito parco chiuso dove non c’erano animali in cattività. Novità nella trama possono essere i dinosauri piumati ma che ci vengono mostrarti poco, in modo inutile e male.

Farlo tutto in città con situazioni un po’ fuori controllo sarebbe stato più carino, ovviamente senza la necessità di esagerare, però sarebbe stato bello concentrarsi sulla realtà dei fatti, Un leone a piede libero che fugge da uno zoo, non sarebbe lasciato libero, ma addormentato e portato via, nei casi più estremi ucciso. Nel terzo capitolo poteva crearsi un po’ questa dinamica, con gli esseri umani che si ritrovavano queste bestie prestoriche nelle proprie città e come reazione naturale le uccidevano per difesa. Magari con Owens e Claire a difenderli per ripotarli in qualche riserva speciale e con la piccola Meave che prendeva coscienza di sé stessa, ovviamente con il rischio di essere rapita per la sua particolarità genetica. Non serviva per forza un cattivo, non ci deve essere per forza uno scienziato pazzo che per l’ennesima volta vuole utilizzare i dinosauri per altro. Bastava un duello tra essere umano e dinosauri in cui essi sono i protagonisti, magari con scelte diverse in base alle situazioni e alle città.

L’uomo non potrebbe mai convivere con animali del genere, perché sarebbe praticamente impossibile, questo doveva essere il concetto, non l’opposto, facendo passare un messaggio di pace. Si la natura vince sempre, è sempre stato questo il messaggio di Jurassic Park. Ma l’uomo fa parte della natura ed è sicuramente il predatore più letale mai esistito sulla faccia della terra, se c’è un dinosauro in libertà che minaccia l’incolumità dei nostri figli, se abbiamo un fucile gli spariamo subito. L’ultimo capitolo non doveva essere quanto è bello stare insieme, ma quanto è difficile.

Serviva una trama più complessa, meno banale, dove il vero nemico non era uno stupido pazzo, ma l’istinto di sopravvivenza, l’egoismo che contraddistingue ogni essere umano, cose che sia Ian Malcom che la dottoressa Sattler, conoscono perfettamente. Niente cose assurde, ma pura e cruda realtà del mondo. Con dinosauri affamati che non trovando cibo si spostano verso le città, confusi e spaventati diventando violenti e imprevedibili. Si è persa l’occasione di mostrarci un brontosauro che confuso e spaventato si addentra per le vie della città con le persone che “votano” per abbatterlo o per addormentarlo. I dinosauri distruggono i raccolti, non le locuste, uccido persone perché hanno fame e sono affamate. Non ho visto nulla di questo nell’ultimo film.

I personaggi devono avere un certo peso una propria identità. Può andare bene Owens, un po’ Indiana Jones un po’ Rambo, ormai è così e ce lo teniamo, ma non si può rendere il personaggio di Claire così piatto e senza senso, nel primo Jurassic World lei era la dirigente e coordinatrice di uno degli zoo e parchi più importanti e complessi al mondo, ora non è nulla, corre sui tacchi e urla, non ha nessun tipo di caratteristica. Bisognava darle importanza, fare in modo che lei diventasse fondamentale per la catalogazione dei dinosauri e che lei fosse al centro del progetto di una nuova riserva con il supporto di persone come Sattler, Malcolm e Grant che conoscono questi esseri viventi come pochi. Un duello uomo/dinosauro evidente, non messo da parte per storie da piccolo chimico e salviamo il mondo e viviamo tutti felici e contenti. Con i mezzi di oggi, specie del genere sarebbero annientate in pochi giorni anche solo utilizzando i droni. Per questo serve si un po’ di irrealismo, ma basta gente pazza senza obiettivi.

Si è passati dai primi film in cui un uomo voleva aprire un parco con i dinosauri, il cui nemico era un’altra società che voleva quel segreto, che poi è la società dell’ultimo film, nel secondo in cui c’erano uomini che volevano portare Jurassic park in città. Nel terzo in cui un bambino disperso sull’isola andava recuperato. In pratica nei primi tre capitoli il nemico era il dinosauro, e le trame erano sempre abbastanza credibili e meno assurde. Poi con Jurassic World si è passati ha il tizio fissato con i Raptors da guerra, che solo lui sa a cosa potrebbero servire. Poi nel secondo, un tizio pazzo che vuole fare dinosauri belli per rivederli all’asta con i miliardari, però tutto sommato ci sta, i soldi sono soldi. Nel terzo un tizio pazzo, un mix tra Steve Jobs e Mario Giordano che non si sa cosa vuole, soldi, potere o la gloria eterna, non si sa e non si capisce. Tutto questo facendo passare i dinosauri in secondo piano.

Si poteva fare meglio sicuramente sì, ma come sappiamo non c’è limite al peggio e non sappiamo cosa la “sindrome di Jurassic park” porterà a fare nei nuovi film che usciranno nei prossimi anni.

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THE SUICIDE SQUAD – MISSIONE SUICIDA: UNA BANDA FUORI DI TESTA

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The suicide squad – missione suicida è un film del 2021, diretto da James Gun, un film che cerca di cancellare il proprio passato e che prova a voltare pagina, prendendo con se uno dei registi e autori più iconici dell’universo Marvel, già regista de “guardiani della galassia”.

La DC affida alle capacità artistiche di Gun praticamente tutto, una carta bianca su cui esprimere le proprie idee e la propria arte, avendo solo dei vincoli dati dai personaggi e dalle loro caratteristiche. Questo film rappresenta in tutto e per tutto il suo regista, a tratti folle come i suoi personaggi, con un ritmo incalzante scandito dal ritmo delle canzoni, con un grande musical dov’è lazione ad essere protagonista. Ci sono molte similitudini ai suoi film precedenti, sia per l’ironia che passa da essere quasi infantile a molto tagliente e più di nicchia. Le musiche sono spettacolari e si legano perfettamente con ciò che vediamo. Il film è davvero folle a tratti con personaggi dell’universo DC che Gun è andato pescare con cura per la loro assurdità e particolarità, davvero divertenti solo per le loro movenze e caratteristiche con poteri davvero ridicoli e paradossali. Il film è una presa in giro di se stesso, tutto molto giocoso, assurdo e aggiungerei colorato.

L’elemento mare anni 70/80 è sempre ben presente scenograficamente e da davvero un bellissimo tocco artistico al film, tutto anche se assurdo e credibile, con uno squalo/uomo nella squadra, con un tizio che spara puah e che ogni tanto deve vomitarli, con una ragazza che comanda i topi e con una stella marina gigante come nemico finale. Tutto estremamente assurdo e pittoresco allo stesso tempo, con scene d’azione molto chiare, belle e nitide, non troppo complicate ma visivamente sempre molto vivaci con colori nitidi e accesi. Il film prova a far ridere e ci riesce, niente di clamoroso ma mette di buon umore, con addirittura una citazione a Maccio Capatonda nell’adattamento per il doppiaggio, inaspettata e spettacolare, molto divertente.

I personaggi non erano facili da gestire eppure li ho trovati tutti molto credibili, ben fatti e perfettamente collocati nel film, un po’ deluso da Harley Quinn, l’ho trovata un po’ più “debole” del primo, anche se Margot Robbie è sempre eccezionale in quel ruolo. Idris Elba nel ruolo di Bloodsport non mi ha sempre convinto, ma è l’unico elemento stabile del film ed è super necessario, il contorno è pura follia, con John Cena nei panni di Peacemaker che nonostante la pessima recitazione fa davvero un sacco ridere. Quello che i personaggi non possono dare, viene compensato da un ritmo incalzante, dalle canzoni suonate a palla e dalla gestione dell’azione da parte di Gun, con una violenza inaspettata ma tremendamente adatta al genere di film.

Mi piacciono i film che sono la vera espressione del loro regista e autore e devo dire che Gun ha trovato la sua dimensione in questo film, si è vero nel complesso non è nulla di speciale, ci sono film di questo genere migliori, non è ai livelli di “Guardiani della galassia”, ma per certi elementi è sicuramente un ottimo film, uno spettacolo a 360 gradi con un sacco di elementi e scelte artistiche su cui vale la pena soffermarsi. Uno dei difetti, forse, è la troppa confusione. La storia si capisce è abbastanza lineare e semplice, ci sono alcuni salti temporali ma sono chiariti perfettamente. Però ci sono molti personaggi, molte caratteristiche e molte cose che i personaggi fanno e devono fare, il tutto rende un po’ un gigantesco minestrone e non si capisce a tratti quale sia il vero obiettivo, cadendo un po’ nel disordine. Anche in questo film evidente come James Gun si soffermi spesso sul rapporto tra padri e figli, con il giusto tocco, il momento più intenso del film.

Un film che consiglio di vedere per la sua capacità di distinguersi dal primo capitolo e che proietta la DC a scelte differenti anche per il futuro, non ha tutti piace, ma se vi piace James Gun qui c’è dentro tutto di lui, divertente con un buon ritmo e molta follia, tutto questo e The Suicide squad.