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ONLY MURDERS IN THE BUILDING: RECENSIONE SECONDA STAGIONE

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Only Murders in the Building è una serie americana del 2022 arrivata alla sua seconda stagione, la serie e stata creata anche da Steve Martin che è anche il protagonista con Selena Gomez e Martin Short.

La prima cosa che si nota e che i tre attori sono più amalgamati e convincenti della prima stagione, un paio di personaggi spariscono senza preavviso però la trama funziona ugualmente con solo il personaggio di Selena Gomez che ha un’evoluzione non del tutto canonica e forzata. Questa stagione ha un legame più profondo con lo spettatore che inizia a prendere confidenza con i personaggi.

L’Arconia è teatro di un nuovo omicidio e anche questa volta i tre autori del podcast sono sotto attacco, con minacce e delle tracce fasulle per provare ad incastrarli. La soluzione finale è complicata e si viene spesso ingannati dalla miriade di possibilità, tutti sembrano un possibile assassino. Il finale è risolutivo e sembra dare un respiro diverso per la terza stagione che potrà staccarsi un po’ dal solito edificio. In questa seconda stagione il format non solo viene confermato ma anche rimarcato, con n approfondimento del passato dell’edifico, il suo “scheletro” e il suo possibile futuro.

Le sottotrame sono interessanti e completano alla perfezione la trama principale, con questa stagione che ha davvero puntato molto sul rapporto tra padri e figli ce non sempre e facile e con coppie ormai divise da mille motivi. Quindi c’è sempre una piacevole leggerezza, in cui ogni tanto ci si immerge in momenti più profondi ricalcando un po’ quelle che sono le caratteristiche del personaggio interpretato da Martin Short.

Only Murders In The Building rimane una serie leggera e piacevole, adatta un p’ a tutti e che non prende troppo tempo per essere vista, un prodotto piacevole e comunque sempre abbastanza innovativo del catalogo Disney Plus.

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ONLY MURDERS IN THE BUILDING: RECENSIONE PRIMA STAGIONE – UNA SERIE UN PO’ PARTICOLARE

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Only Murders in the building è una serie statunitense creata da Steve Martin e John Hoffman e con tre protagonisti molto distinti tra loro, Steve Martin stesso, Selena Gomez e Martin Short.

La trama è particolare e sinceramente innovativa sotto certi punti di vista, la serie si presenta un po’ come un Crime comedy, con tre protagonisti molto ben caratterizzati che vivono nello stesso enorme palazzo nel centro di New York, due ormai ex star del cinema e della tv, uno un attore e latro un regista e autore e una ragazza un po’ più misteriosa, che sta mettendo a posto l’appartamento della zia. I tre grandi appassionati di un podcast true crime, decidono di aprirne uno loro dopo che nell’edificio è capitato un omicidio.

Praticamente si svolge tutto all’interno di un palazzo che è talmente grande da sembrare un piccolo paese con i suoi abitanti e con le sue vicissitudini, un’esperienza diversa dal solito, con un giallo che appare leggero, un po’ all’antica in stile Agatha Christie. Bella anche l’idea del podcast che rende la serie molto originale oltre che a passo con i tempi.

L’alchimia tra gli attori è ottima e la serie è scritta bene, eppure va vista tutta fino in fondo questa prima stagione per essere apprezzata del tutto, l’ambientazione leggera rendono sì la serie più divertente, ma allontana un po’ lo spettatore dal caso rendendo i colpi di scena meno efficaci. Perdendosi un po’ a tratti e non mettendo la giusta suspense, la serie funziona ma non del tutto.

Ha suo favore ha sicuramente l’originalità e la qualità della recitazione, la prima stagione rimane piacevole in tutte le sue puntate, in alcuni momenti anche molto divertenti, la trama è facile da seguire anche se il caso risulta un po’ complesso, tutto viene spiegato molto bene, c’è un finale apertissimo pronto per la seconda stagione.

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DA ME O DA TE: UNA COMMEDIA ROMANTICA LEGGERMENTE DIVERSA DAL SOLITO

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Da me o da te è un film del 2023 diretto da Aline Brosh Mckenna che è al suo esordio alla regia ed è distribuito da Netflix. Questa commedia romantica ha come protagonisti Aston Kutcher e Reese Witherspoon.

Da me o da te è una commedia romantica che come tale ha molti cliché e similitudini con altre opere di questo genere, è leggermente differente per alcuni aspetti tra cui la dinamica principale tra i due protagonisti. Due adulti che si conoscono ormai da vent’anni e che dopo un rapporto, avuto da ragazzi, rimangono in buonissimi rapporti, super migliori amici, ma in città differenti e con vite opposte.

Lo schermo viene da subito e in modo emblematico diviso in due con i due protagonisti Debbie e Peter che parlano in videochiamata, lui Ricco in un appartamento di lusso a New York, lei più umile e con un figlio a carico, tra i due si nota subito una certa chimica e una forte amicizia. Quando Debbie dovrà andare a New York per un corso importante, Peter si offre di prendersi cura di suo figlio a Los Angeles per una settimana, e in quel momento che entrambi capiscono che forse tra di loro non c’è solo una bellissima amicizia.

Una commedia semplice ed efficace, un po’ diversa dal solito, bella nella sua leggerezza, ma un po’ banale e scontata nel suo finale, non c’è molta profondità ma non è necessaria, tutto funziona senza troppe complicazioni, come i pochi personaggi presenti nella pellicola e ben scritti. Un po’ di paradossi e un po’ troppa vita in discesa rendono il film un po’ distaccato dalla realtà, ma al tempo stesso piacevole e in cui è più facile sognare. Il concetto amore e amicizia è vissuto con serenità e anche se si conosce già il finale dal primo istante è comunque piacevole assistere all’evoluzione della storia.

Il tempo passa veloce guardando questo film, non è nulla di eccezionale e oltre a qualche sorriso non fa molto ridere, però ha la capacità di coinvolgere, con una buona recitazione e con una sceneggiatura che nonostante il genere e ben scritta, anche la regia ha qualcosa di interessante forse con una necessità di rompere la quarta parete non solo con le scritte ma anche con le battute.

Nel complesso un’ottima commedia romantica adatta un po’ a tutti, forse il suo difetto che è un po’ troppo leggera e tutto troppo in “discesa” per i protagonisti.

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TUTTO PUO’ CAMBIARE: UN FILM TRA MUSICA E AMORE

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Tutto può cambiare è un film del 2013 scritto e diretto da John Carney. Una commedia romantica, con il romanticismo che si concentra sulla bellezza della musica e sul suo potere di unire e poter creare cose meravigliose.

Dan Mulligan (Mark Ruffalo) è un produttore musicale in crisi, e che è stato cacciato via dall’etichetta che ha creato, un uomo dallo spiccato talento, ma che si è perso un po’ nelle difficoltà della propria vita personale e nella mancanza di nuovi artisti che lo ispirassero veramente. Una sera in un bar sente cantare una ragazza di nome Greta (Keira Knightley) e si innamora subito della sua arte. I due senza nemmeno un soldo, iniziano ad incidere un disco in giro per le strade di New York.

Un film delicato che vola sulla musica, ci mostra l’amore versa questa splendida forma d’arte, forse la migliore e più bella di tutto. La musica come mezzo di unione, di rinascita e di riscatto. Si vede il talento e la bellezza di questo mondo, che fa parte della nostra vita tutti i giorni, delle volte non serve nemmeno parlare, basta ascoltare musica, passeggiare con la persona di cui si è innamorati e passerete la serata più bella della vostra vita.

Un film che riesce ad essere tremendamente bello e sensibile nella sua leggerezza, alleggerisce l’animo dello spettatore che si perde tra le note di ogni singolo pezzo che viene suonato. Una sceneggiatura ben scritta e delle canzoni davvero belle e orecchiabili, rendono questo film un piccolo, ma bellissimo elogio al mondo musicale, alla bellezza della musica, e alla sua enorme forza.

Ci sono dei pezzi musicali davvero belli, delicati, impreziositi dalla voce dolce di Keira, danno quel tocco decisivo al film, che vale la pena di essere visto anche solo per le proprie canzoni. In una scena in particolare in cui sono su un terrazzo di New York a suonare, c’è tutta l’energia, la positività e la bellezza della musica.

Fatevi un bel viaggio, nell’amore, nella sua espressione più semplice e pura, quella della condivisione, nell’istinto, quella della musica!

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THE PALE BLU EYE – I DELITTI DI WEST POINT: UN CLASSICO GIALLO DA NON PERDERE

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The Pale Blue Eye – I delitti di west point è un film del 2022 scritto e diretto da Scott Cooper, distribuito da Netflix, questo film è una piccola perla che ricalca lo stile dei classici gialli dei primi del 900′. Liberamente tratto dall’omino romanzo di Louis Bayard.

La trama si sviluppa nel periodo storico della prima metà dell’ottocento, dove lo stato americano era agli albori e i casi di omicidio venivano spesso trattati con molta superficialità. Il protagonista è un detective famoso nella sua zona, Augustus Landor interpretato da Christian Bale. Deve indagare su un misterioso caso di suicidio, in cui poi la vittima è stata violata e a cui hanno asportato il cuore. Questo strano caso accade in una accademia militare che non può permettersi che succedano delle cose del genere ai propri cadetti. Faremo anche la conoscenza di un giovane famoso scrittore Edgar Allan Poe (Harry Melling), membro dell’accademia e aiutante improvvisato del detective.

Questo film mantiene dei bellissimi toni classici del genere e l’indagine è molto intrigante, la fantasia e il realismo dato grazie alla presenza di un personaggio storico, danno un tocco in più e rendono la trama davvero molto realistica. Non si capiscono bene i tempi e gli spazi, le distanze tra l’accademia e l’abitazione del detective ad esempio e ci ritroviamo man mano in una situazione inaspettata. Nonostante la lunga durata del film, appena più di due ore, sembra che l’evoluzione in sé sia quasi fin troppo veloce perché è difficile capire quanto tempo trascorre nella storia.

I personaggi sono ben caratterizzati e un a fotografia fredda rendono bene l’idea della location innevata e fredda come il destino delle vittime. C’è un forte e bellissimo contrasto tra la crescita e l’inizio della vita di Poe e invece la fine e il lento declino della vita del detective. A tratti un po’ Sherlock Holmes e un po’ Poirot, questo film ha la capacità di riportarti indietro nel tempo e nonostante le poche comparse e le poche location funziona alla perfezione.

Una piccola perla per gli amanti del genere, con un plot twist finale davvero bene congeniato di alto livello, davvero difficile da prevedere, come sempre in questo genere, il caso sembra che non sia mai risolto del tutto, fino all’ultimo secondo del film. Nel complesso davvero un ottimo film, che nasconde bene i suoi difetti e riesce ad esaltare i suoi pregi, merita di essere visto e apprezzato, anche se forse e per fortuna, un po’ in contrasto con i ritmi e i tempi moderni.

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THE DAY AFTER TOMORROW – L’ALBA DEL GIORNO D’OGGI: PIU’ ATTUALE CHE MAI

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The day after tomorrow è un film del 2004, scritto e diretto da Roland Emmerich. Un film di fantascienza di genere catastrofico apocalittico. Un film che negli anni è diventato un po’ un’icona di questo genere, affrontando in modo scenografico e esponenziale, i possibili effetti del cambiamento climatico.

Un film prettamente catastrofico, con la corrente del golfo che si ferma e cambia improvvisamente il clima terrestre con fortissime tempeste di neve e ghiaccio che invadono tutto il nord del pianeta portando tutto il globo in una nuova era glaciale. Jake Gyllenhaal interpreta un giovane studente che rimane bloccato con alcuni compagni alla biblioteca di New York, bruciando i libri nel camino.

La bellezza di questo film è che a parte la situazione apocalittica fantascientifica, è molto realistico, non ci sono uomini che salvano il mondo o che non vengono mai uccisi o feriti da nulla, tutto è credibile e ben fatto, New York tutta ghiacciata è davvero qualcosa di spettacolare con una colonna sonora perfetta.

Un film che parla di cambiamento climatico, lo fa in modo drastico e cruento, ma grazie a questo argomento è super attuale, nonostante i suoi 18 anni dall’uscita è un prodotto che si colloca perfettamente ai giorni nostri, dove la corrente del golfo sta realmente rallentando, anche se non sono certe le conseguenze.

Un film davvero ben fatto e piacevole, molto attuale e un po’ unico nel suo genere per molti aspetti.

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IO SONO LEGGENDA: UNO DEI FILM POST APOCALITTICI PIU’ ICONICI

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Io sono leggenda è un film del 2007diretto da Francis Lawrence e basato sull’omonimo romanzo di Richard Matheson ed è il terzo film basato su questo romanzo.

Questo film ultimamente è diventato ironicamente attuale per la situazione attuale, con situazioni davvero paradossali legati alla pandemia, quella del film è una pandemia creata involontariamente dall’uomo per curare il cancro. Uccide quasi tutta la popolazione mondiale, gli immuni che sono rimasti combattono contro gli infetti, ormai trasformati in una sorta di zombie vampiro.

Sembra che ormai sulla terra o comunque a New York ci sia solo un sopravvissuto, lo scienziato militare Robert Neville (Will Smith). Un dei film post apocalittici meglio riusciti e ormai famosi, ottima la rappresentazione di New York, e tutta la suspense che si crea all’inizio del film dove non sappiamo a cosa andiamo incontro.

Io sono leggenda è un film semplice e molto efficace, non ha grosse pretese, si fa piacere con scelte abbastanza commerciali. Bella la trama senza mai eccessi e con momenti anche molto toccanti, traspare la solitudine e la disperazione del sopravvissuto ma non viene mai approfondita del tutto, non c’è molto profondità e viene tutto trattato con una certa leggerezza che rende quasi la pellicola, un film d’azione o un classico thriller post apocalittico. La storia ci lascia qualche dubbio, ma tutto è abbastanza realistico e affascinante, il finale cerca di essere un po’ poetico, anche se non riesce del tutto a portare profondità alla scena che a livello sentimentale rimane sempre abbastanza piatta.

Un film davvero piacevole, sempre bello da vedere, ben fatto e che riesce ad essere leggero e facile nonostante l’argomento che tratta. Will Smith entra perfettamente il personaggio e sorregge praticamente tutto il film da solo.

Il rapporto cane e uomo è l’unico vero rapporto forte ed empatico del film che non trova altri sfoghi, ci si affeziona subito all’animale, riconoscendo tutta la sua innocenza nella vicenda, difficile empatizzare con il protagonista sotto molto aspetti, ma facile capirne il dolore delle sue perdite e l’affetto incondizionato verso il proprio cane che da sicuramente un tocco in più a tutto il film.

Io sono leggenda lo consiglio sempre tutto, perché penso che sia giusto per tutti, che può piacere bene o male un po’ a tutto ed un film senza grosse pretese che narra una storia post apocalittica davvero ben fatta.

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MOTHERLESS BROOKLYN – I SEGRETI DI UNA CITTA’: UN FILM DI EDWARD NORTON

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Motherless Brooklyn è un film del 2019, scritto, diretto e interpretato da Edward Norton. Film che segna il ritorno alla regia di Norton dopo 19 anni, ai tempi con il film tentazioni d’amore.

In una New York degli anni 50′, un detective privato (Edward Norton), inizia ad indagare sugli affari loschi della città, dopo che il suo capo, amico e mentore è stato ucciso da degli uomini misteriosi. Scavando a fondo scoprirà che il giro d’affari dietro all’omicidio è molto più grande di quello che si crede.

Un film con il fascino del noire, ma con una fotografia che non ho compreso del tutto, troppo pulita moderna, quasi da comedy, non mi è piaciuto questo elemento perché a parte i costumi e la scenografia, il film non ci permette del tutto di immergerci in quell’epoca, anche per colpa di una scelta strana sulla fotografia.

La trama è parecchio intricata e anche nel finale è difficile districare il nodo che si è formato prima nella nostra mente, scritta bene ma con davvero molti elementi e personaggi che si intrecciano tra di loro, tra segreti e storie d’affari e appalti edilizi in cui è facile perdersi. Un film che merita attenzione in cui bisogna stare attenti ai dettagli. Il protagonista soffre della sindrome di Tourette ed è sicuramente un elemento particolare e emblematico del film, ma esso da al protagonista una memoria infallibile, cosa che il pubblico non sempre ha e che quindi facilmente si perde lungo la durata della trama.

Il livello di recitazione è molto alto, Edward Norton è sempre sul pezzo, talento puro, in questo caso colloca la sindrome di Tourette nel suo personaggio, ma non è mai un peso, anzi è una parte intrinseca del film, che ha una certa profondità anche a trattare questo argomento. Il film punta molto sull’accettazione che sia razziale o sociale. Lasciandoci il dubbio tra bene e male, in un sistema cittadino che ha un determinato modo di funzionare, spesso cinico e crudele. Il personaggio interpretato da Alec Baldwin è un politico della città, uno che vuole rivoluzionare la città con ponti e parchi, modernizzarla renderla più bella e dinamica per il futuro, ma per farlo sfratta illegalmente le persone e le costringe a ghettizzarsi lontano dal centro.

Difficile giudicare queste scelte perché il mondo è sempre stato pieno di queste dinamiche di truffa e corruzione, dove in questo caso però il fine è il miglioramento di dinamico e strutturale della città, è una parte che fa riflettere molto.

Strutturalmente un buon film, con qualche difetto, ma piacevole nel complesso, un buon prodotto, che vale la pena di essere visto.

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IL PRINCIPE CERCA FIGLIO: UN TRIBUTO PIU’ CHE UN SEQUEL

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Il principe cerca figlio è il sequel del famoso cult del 1988, Il principe cerca moglie, con protagonista Eddie Murphy.

Questo film è diretto da Craig Brewer e nonostante siano passati moltissimi anni, il cast è praticamente lo stesso del primo film, tra cui Arsenio Hall e Shari Headly entrambi attori legati molto a questa commedia.

La trama è molto semplice, come solito in questo tipo di commedie, Akeem (Eddie Murphy) diventato re, ha paura di perdere il trono perchè non ha eredi maschi, scopre però di aver un figlio illegittimo nel Queens a New York.

Questo film rispetto al primo ha molte più scene nel regno di Zamunda e davvero poche a New York, se non qualche classico siparietto dal barbiere, fonte di informazione per tutto il quartiere.

Nel complesso penso sia un bel film, piacevole e divertente, sicuramente meno originale del primo, ma usa molto bene la nostalgia ed è quasi un tributo a quello che è diventato un cult del genere.

Lo stile è molto simile a quello del primo, ricalca molte stereotipi della nostra epoca come il primo lo faceva con gli anni 80′, le dinamiche rimangono le stesse, anche le battute e la comicità è molto simile.

Mi spiace solo che ho percepito Eddie Murphy un po’ spento, quasi triste e non pienamente coinvolto, forse mi ha fatto questo effetto perchè mi manca la voce di Tonino Accolla su di lui.

L’età sembra quasi aver indebolito del tutto la vivacità di Eddie Murphy, che non riesce a convincermi del tutto, anche Arsenio è spento a volte un po’ forzato, molto meglio nei panni dei personaggi più grotteschi e truccati.

Il film si porta dietro con se un forte senso di nostalgia di un cinema che non c’è più, un mondo del cinema che “sfornava” cult ogni anno e di ogni genere. Penso che in fondo questo film sia una specie di tributo a quei film li, non solo a questo nello specifico, un tributo anche alla figura di Eddie Murphy che ormai non è altro che un vecchio Re.