Only Murders in the building è una serie statunitense creata da Steve Martin e John Hoffman e con tre protagonisti molto distinti tra loro, Steve Martin stesso, Selena Gomez e Martin Short.
La trama è particolare e sinceramente innovativa sotto certi punti di vista, la serie si presenta un po’ come un Crime comedy, con tre protagonisti molto ben caratterizzati che vivono nello stesso enorme palazzo nel centro di New York, due ormai ex star del cinema e della tv, uno un attore e latro un regista e autore e una ragazza un po’ più misteriosa, che sta mettendo a posto l’appartamento della zia. I tre grandi appassionati di un podcast true crime, decidono di aprirne uno loro dopo che nell’edificio è capitato un omicidio.
Praticamente si svolge tutto all’interno di un palazzo che è talmente grande da sembrare un piccolo paese con i suoi abitanti e con le sue vicissitudini, un’esperienza diversa dal solito, con un giallo che appare leggero, un po’ all’antica in stile Agatha Christie. Bella anche l’idea del podcast che rende la serie molto originale oltre che a passo con i tempi.
L’alchimia tra gli attori è ottima e la serie è scritta bene, eppure va vista tutta fino in fondo questa prima stagione per essere apprezzata del tutto, l’ambientazione leggera rendono sì la serie più divertente, ma allontana un po’ lo spettatore dal caso rendendo i colpi di scena meno efficaci. Perdendosi un po’ a tratti e non mettendo la giusta suspense, la serie funziona ma non del tutto.
Ha suo favore ha sicuramente l’originalità e la qualità della recitazione, la prima stagione rimane piacevole in tutte le sue puntate, in alcuni momenti anche molto divertenti, la trama è facile da seguire anche se il caso risulta un po’ complesso, tutto viene spiegato molto bene, c’è un finale apertissimo pronto per la seconda stagione.
In nome del cielo è una miniserie creata da Dustin Lance Black e basata sul romanzo Under the banner of Heaven: a story of violent faith di Jon Krakauer.
La serie con protagonista Andrew Garfield vede un giovane detective mormone che deve indagare su un violento caso di omicidio, di una donna e di sua figlia, all’interno della comunità religiosa. Fin da subito dovrà confrontarsi con la propria fede che sembra proprio essere al centro di questo caso.
La serie riesce a trattare in modo molto inciso un forte confronto tra fede, fanatismo religioso e giustizia con il protagonista detective che si ritrova in mezzo ad una situazione che fa dubitare il suo credo e vacillare la sua fede. Il lato oscuro della religione, del fanatismo e della sete di potere e di controllo che essa può portare. La serie non si ferma sulla superficie ma ci mostra a fondo la comunità Mormone nelle vicinanze di Salt Lake city, un’indagine che rivela l’aspetto negativo e da setta che può portare la troppa fede.
La presenza di un co-protagonista detective più esperto e di origini Indiane d’America, rende il contrasto ancora più duro e forte con una religione che non accetta estranei e li tratta con un tatto differente, ovviamente è tutto estremizzato, ma è tratto da una storia vera che testimonia quanto la fede si possa trasformare in violenza se usata come strumento di potere e di controllo.
Sicuramente è ben recitata, Andrew Garfield rimane ancora un attore fin troppo sottovalutato anche se sempre di grandissimo talento, difficilmente i dialoghi sono banali, anzi sono una profonda riflessione su una religione e sulla fede, uno sguardo profondo, verso la caratteristica dell’uomo della necessità di avere una bussola e di come essa possa perdere facilmente la direzione.
Un serie che ha fatto discutere perché rappresentazione cruda e fin troppo cinica di una comunità religiosa abbastanza importante in America, però una serie fatta bene, con i giusti toni e con i dialoghi che sono centro importante dell’evolversi della storia con una fotografia che migliora episodio dopo episodio.
Quando una serie o un film trasmettono curiosità, voglia di ricerca, voglia di leggere e di saperne di più, voglia di raccontarle, vuol dire che hanno fatto davvero un buon lavoro. In nome del cielo è così, è incisiva, crea curiosità e ti fa andare oltre alla semplice visione della serie stessa.
QUATTRO CHIACCHIERE: Ieri è uscita su Peacock la nuova serie di Damon Lindelof, creatore di Lost e Leftovers, Mrs. Davis si presenta come una serie tra fede, religione e fanatismo da Intelligenza Artificiale.
Per chi conosce Damon Lindelof, sa come questo autore giochi spesso con il tema della fede e della tecnologia, creando storie serie che si mescolano in misteri, teorie e situazioni in cui in qualche modo la religione entra sempre in gioco.
Il suo stile è abbastanza evidente, e anche in prodotti non originali come Watchmen o in film come World War Z, Cowboys and Alines e Star Treck, questo confronto tra fede e tecnologia c’è sempre. Sicuramente le due serie emblematiche di questo suo stile sono The Leftovers e Lost, dove si va molto in profondità nel concetto di religione, speranza e fede e anche di redenzione.
Mrs. Davis quindi si propone di tutti questi elementi, amplificando anche la sua visione a volte folle e onirica di alcune situazioni, come una ascesa nei cieli della propria anima. Mrs. Davis prende un concetto molto attuale come l’intelligenza artificiale e lo mette in una serie tv dalle diverse sfumature.
Mrs. Davis è una serie ambientata in un futuro non meglio definito, dove ormai l’intera popolazione mondiale o quasi, ha degli auricolari dove ascolta la voce di una IA che li guida nei percorsi e nelle scelte della propria vita, facile che questa situazione si trasforma in una venerazione divina, come una religione. Persone che per fede fanno gesti sconsiderati e che sono completamente devoti a questo Dio digitale. la protagonista della serie è una suora (Betty Gilpin) lontana dal mondo digitale e dalla tecnologia e grande contrapposizione a Mrs. Davis. Essa sarà bersagliata da questo Dio moderno, e dai suoi seguaci e aiutata invece dai non adepti. Come ad esempio un uomo che la accompagnerà nel suo viaggio. La suora si è ripromessa che troverà il sacro Graal e se questo accadrà, l’intelligenza artificiale ha promesso di disattivarsi e lasciare libera l’umanità da questa fanatica fede.
Già dalla trama principale si percepisce un po’ di follia, lo stile di Lindelof che ha sicuramente di creare fin da subito un certo tipo di curiosità, un numero di domande crescenti e una voglia di sapere la soluzione. Questa serie si prospetta moderna e anche in qualche modo attuale, che paragona a suo modo, le antiche e famose religioni, con un fanatismo tecnologico sempre più crescente. Come se l’essere umano non fosse in grado di camminare da solo senza fede. Il fatto che la protagonista vada alla ricerca di un simbolo religioso, significa che non vuole allontanare gli adepti di Mrs. Davis dalla fede, ma vuole dimostrarli che la fede in Dio aveva un fondo di verità e rimetterli sulla retta via.
Mi immagino questo forte contrasto interiore del personaggio che lotta contro una fede, per difendere la sua fede e il suo credo. Da quanto si vede dal trailer, sembra una serie quasi assurda e a tratti trash e cringe, fatta apposta per alimentare dell’assurda verità del mondo moderno, enfatizzata, stilizzata e amplificata in un racconto alquanto particolare.
QUATTRO CHIACCHIERE: Warner Bros. fa le cose in grande e apre un nuovo canale streaming nato dalla fusione di HBO e Discovery +.
Warner Bros. vuole fare concorrenza alle grandi piattaforme streaming e dopo HBO Max lo sostituisce con un nuovo canale che include anche i prodotti Discovery, diventando così MAX.
HBO è da sempre uno dei network che crea i migliori prodotti televisivi in America, serie che sono rimaste nella storia per la loro qualità e che ultimamente non sembra perdere il proprio tocco, ma che anzi viene rafforzato e giustificato da prodotti del livello di The Last Of Us e House Of The Dragon.
Questa notizia non è affatto positiva per gli altri canali streaming, anche perché le serie create da HBO hanno sempre avuto un ottimo budget di partenza e non mi stupirei che sarebbero in grado di “rubare” prodotti da Netflix che non possono essere più portati avanti per i costi e la propria filosofia, vedi Mindhunter. Cosi ci ritroviamo davanti ad un nuovo canale streaming che promette davvero cose interessanti. Partendo con il botto e con l’annuncio di cui tutti parlano che a livello pubblicitario suono come l’annuncio di Prime Video della produzione della serie de Il signore degli anelli.
Max annuncia che produrrà una Serie su Harry Potter che riprodurrà fedelmente i libri e che quindi sarà un reboot dei film che hanno avuto un successo mondiale. Un annuncio che a livello pubblicitario è una bomba e che attira a tutti gli effetti l’attenzione su questo canale, che avrà con sé prodotti come le seconde stagioni delle serie citate prima, altri possibili spin off del trono di spade, la nuova stagione di True Detective e questo solo grattando un po’ sulla superficie.
Tra gli altri annunci interessanti svelati fino adesso, c’è quello che riguarda una serie tratta dalla saga Horror The Conjuring e che potrebbe portare a raccontare nuove storie sulla famiglia Warren, anch’esso un prodotto di punta del suo genere e una serie che se curata da HBO e Peter Safran e James Wan potrebbe essere davvero interessante. Una serie che viene definito più come un drama che come un horror che molto probabilmente lascerà da parte paranormale per dare una testimonianza più veritiera ma comunque misteriosa di alcuni eventi che hanno coinvolto la coppia protagonista anche dei film, rendendo la serie quasi un thriller in cui linea tra pazzia e possessione diventa molto sottile. Effettivamente non ci sono prodotti simili, anche perché una serie così rischia di essere noiosa, eppure gli spunti interessanti ci sono. Immaginare una serie che per la prima volta ci mette davanti ad un mistero ma lo fa in modo tangibile e più realistico non sarebbe poi così male, una serie che ci fa vedere la storia da due punti di vista, quello scettico e scientifico e quello paranormale e credente.
Un altro annuncio fatto dal canale streaming MAX è l’idea di produrre uno spin off di una comedy molto amata, The Big Bang Theory, per ora non si sa praticamente nulla a riguardo, ma è possibile che i protagonisti della serie originale appariranno come guest star di qualche episodio della nuova serie.
Max si presenta quindi come un ottimo nuovo canale streaming con offerte davvero interessanti su cosa poter vedere.
QUATTRO CHIACCHIERE: In arrivo su Max (HBO MAX e Discovery +) una serie tv reboot di Harry Potter che stando alle prime voci sarà molto fedele ai libri.
Era da tempo che si vociferava questa voce e adesso è arrivata l’ufficialità e soprattutto l’accordo (immagino milionario) con J.K. Rowling, la scrittrice più popolare degli ultimi 20 anni. Harry Potter sarà una serie tv su MAX (il canale streaming di HBO e Discovery +).
La Warner Bros. vuole mantenere attivi i suoi prodotti di punta, Harry Potter non ha mai smesso di esistere, ma dopo appena solo qualche anno dalla fine della saga cinematografica, si è presa la decisione di fare una serie tv reboot che a quanto si dice sarà molto fedele ai libri. Un progetto a dir poco ambizioso, curioso e sicuramente una mossa pubblicitaria di altissimo livello. A livello prettamente artistico non c’era mossa migliore per la Warner Bros. con un prodotto che verrà sicuramente rilanciato e che darà una visione differente su una storia ormai conosciuta. Fare qualcosa di nuovo sarebbe stato meno curioso e di impatto, una notizia del genere invece fa balzare sulla sedia sia i fan sia quelli distanti da questo mondo narrativo ma che ne riconoscono l’assoluto valore commerciale.
Harry Potter è un fenomeno mondiale con pochi precedenti, paragonabile forse solo a Star Wars per certi versi, un fenomeno che però è costruito molto non solo sui libri e sulla sua trama, ma anche molto sugli attori che hanno fatto parte dei film nel corso degli anni, molti di questi tra l’altro purtroppo defunti. I film erano un agglomerato di talento e se c’è una cosa su cui non si può discutere sui film di Harry Potter e la quantità di talento recitativo presente nelle pellicole.
La Rowling si dice entusiasta del progetto, soprattutto anche per il fatto che la serie si dice che sarà una riproduzione fedele dei suoi libri, allo stesso tempo però mi immagino che sarà difficile togliersi dalla testa i film con i suoi protagonisti e la serie sarà continuamente paragonata non solo ai libri ma ai film stessi.
Solitamente nella storia del cinema questo è un gioco al massacro, il primo cast è sempre il migliore, è quello che si prende il posto nella testa e nel cuore e difficilmente verrà soppiantato, anche se magari la trama sarà migliore. D’altro canto però questa mossa azzardata crea anche una grandissima attenzione sulla serie con una forte attenzione sul cast, formato per le prime stagioni anche da bambini e rendendo la cosa ancor più curiosa e possibile “fucina” di futuri talenti.
Ci saranno i fan con le orecchie drizzate pronti a captare qualsiasi novità e indizio proveniente dalla serie e pronti a criticarla alla prima incongruenza con i libri. Un’altra cosa da non sottovalutare e che a differenza dei libri che si doveva praticamente confrontare solo con un pubblico allineato con l’età di Harry Potter stesso praticamente, in questo caso la serie dovrà confrontarsi con gli ormai cresciuti fan dei libri e della saga ormai trentenni e alcuni quasi quarantenni che a fine serie avranno magari famiglia e la guarderanno con i propri figli avendo a disposizioni due prodotti a confronto. In più dovranno confrontarsi con le nuove generazioni che in dieci anni cresceranno con la serie e con il suo protagonista, avendo però un paragone senza la necessità di aver letto anche i libri.
How i met your father è una serie del 2022 creata da Isaac Aptaker e Elizabeth Berger e spin-off della famosa sitcom How i met your mother.
Il compito di questa serie non era facile, avvicinarsi così tanto ad una serie come HIMYM poteva essere un’arma a doppio taglio e i paragoni avrebbero distrutto la nuova serie. Invece questa serie con protagonista Hilary Duff, non entra a gamba tesa sull’originale, ma anzi la rispetta, ne fa a tratti un tributo senza esagerare e usando la prima stagione un po’ come un esperimento. In un periodo che non offre più sitcom di livello, How i met your father è una bella sorpresa. A tratti un po’ forzata nella sua comicità, trova equilibrio in personaggi moderni e che rispecchiano in parte la società attuale.
Lo scopo di questa serie, come in quella originale, non è solo di farci capire come la protagonista abbia conosciuto il padre di suo figlio, ma è un racconto di vita, di dinamiche sociali e di come l’amore sia sempre al centro di tutto. Rispetto alla serie originale, questo spin-off è meno profondo e serve un bellissimo cameo nel finale per riportare una certa profondità e un fortissimo senso di malinconia che serve da slancio alla seconda stagione.
Un buon livello di ironia fa apprezzare i personaggi, che hanno bisogno un po’ del loro tempo per essere apprezzati, all’inizio sembra tutto un po’ forzato e solo più avanti diventa più naturale, forse quella che funziona di più è proprio la protagonistaSophie che in molte sue sfumature ricorda molto Ted Mosby. Il problema della serie è forse il duro e eterno confronto con l’originale e i veri momenti di picco e di interesse sono forse troppo condizionati da personaggi della serie originale. Il bello di HIMYM era la sua capacità di toccare diversi sentimenti ed emozioni e per adesso in questa prima stagione, questa serie non è riuscita ad andare ancora nel profondo, anche se non sono mancate storie profonde nello sfondo.
Nel complesso è una stagione in un certo senso educata e rispettosa del prodotto da cui è nata, un esperimento che fino a d’ora è riuscito e che inizia a camminare con le proprie gambe, con i personaggi che a poco a poco prendono il loro spazio e verso cui si inizia a provare affetto. A differenza dell’originale in questa serie vediamo la protagonista che parla con suo figlio che non vediamo mai in faccia, questo potrebbe essere un modo per deviare le possibilità di chi sia il padre, ma allo stesso tempo potrebbe anche essere un gigantesco indizio su chi potrebbe essere il padre alla fine della serie.
The Bear è una serie FX del 2022 creata da Christopher Storer e resa disponibile su Hulu e in Italia su Disney +. Una serie semplice ma che molti versi è forse la miglior serie del 2022.
La trama segue le vicende di Carmen “Carny” Berzatto (Jeremy Allen White), uno chef di alta cucina è dal grande talento, che passa dal lavorare in un ristorante super stellato, alla paninoteca Italiana di famiglia, lasciatogli in eredità dal fratello suicida. Una serie drama, breve fatta da otto episodi, semplice, ma molto profondo e intensa, che parla di cibo, di lavoro, della vita stressante del lavoro in cucina e anche delle amicizie e dei dissapori che possono nascere in situazioni simili.
La serie oltre a stupire per un livello di recitazione sempre eccellente, stupisce per un utilizzo sensazionale della semplicità, praticamente si svolge tutta nella cucina, il ristorante non viene praticamente mai mostrato, eppure nessun momento è mai banale. Una serie curata, ben scritta e girata che trasmette davvero un sacco di sensazioni ed emozioni, in cui la tensione lavorativa e palpabile, ma anche la passione e il talento dei protagonisti della storia.
The Bear fa poche cose ma le fa in modo eccellente e ben centrato, sfruttando un po’ lo stile e il blasone di programmi televisivi ormai decennali come cucine da incubo o Master chef, si respira realtà e le emozioni sono vere e forti, tanto da percepire a volte una sensazione di claustrofobia dentro quella piccola, folle e affollata cucina. Riesce a farti venire fame, a stupirti anche a livello culinario, la cura nei dettagli è fenomenale e si vede quanto tutto il cast fosse pienamente coinvolto in questa storia.
Questa serie è un po’ la dimostrazione che con poco si può fare davvero tanto, con una buon’idea e un buon lavoro, anche una semplice serie che parla di ristorazione e cucina, può essere variegata, profonda e davvero piena di splendide sfumature. Sicuramente è la sorpresa del 2022 e per molti versi penso davvero possa essere uno dei prodotti di più alta qualità che ho visto ultimamente. Se ne parla ancora troppo poco, non è nel giro mainstream, eppure è davvero un prodotto che merita davvero un sacco. C’è purezza verità, e la crudeltà della vita ci viene sbattuta in faccia senza troppi complimenti. The Bear è passione travolgente, che parte dal suo creatore e arriva fino agli attori e poi allo spettatore che si trova davanti ad un prodotto di davvero altissima qualità.
The Last Of Us è una serie HBO del 2023 tratta dall’omonimo famoso videogioco della Naughty Dog, la serie è scritta e creata da Craig Mazin e Neil Druckmann. Da subito si può dire che uno dei miglior adattamenti mai realizzati, una serie che non solo ha rispettato le aspettative ma le ha superate e ha mantenuto la bellissima storia del primo videogioco.
The Last Of Us era molto di più di un semplice videogioco, questa serie è riuscita a raccontarlo nel modo giusto, rimanendo fedele, a volte nel dettaglio, a ciò che il gioco ci aveva mostrato anni fa. Una storia di sopravvivenza, violenza e amore che va al di là della solita storia post-apocalittica. Gli infetti e la malattia sono solo il contorno di una storia che approfondisce nel profondo lo spirito umano, l’amore tra un padre e una figlia acquisita, le difficoltà di un mondo cinico, povero e violento. Questa serie HBO è davvero ben fatta, recitata alla perfezione, scritta magistralmente con scene e dialoghi che non sono mai banali, ma sempre con una certa caratteristica e profondità.
The Last Of Us, proprio come nel videogioco riesce a spezzarti in due, ti lascia desolazione e angoscia, non è una storia leggera, ma un’intensa lotta per sopravvivere, con un impercettibile speranza che sfiora i protagonisti. Joel non è buono, il classico salvatore del mondo, ma è un uomo plasmato e inciso dalla vita, dalle vicende che ha dovuto sopportare è la rappresentazione stessa del mondo in cui si trova. Chi sopravvive deve essere cinico, spietato, violento e freddo e anche Ellie nella sua evoluzione, perde quella luce negli occhi da bambina, per lasciare spazio ad una ragazzina che stringe con tutta la sua forza la vita e che coltiva una forte speranza per il mondo.
L’episodio finale è un’esplosione di emozioni forti, un episodio molto crudo con un gesto d’amore che si trasforma in violenza pura e rabbia. Dipendenza l’uno dall’altra e Joel che non vuole più perdere o sacrificare nulla della propria vita. Il suo gesto si trasforma in un grido di disperazione, un atto contro il destino, contro tutto ciò che c’è di brutto in quel mondo. La sua luce è Ellie e non la lascerà mai andare. La capacità di trasmettere emozioni di questa serie è evidente, sembra così realistica che a volte ci si dimentica del mondo di fantasia in cui si trova. C’è stata delicatezza negli attimi di amore, frantumata sempre da un “martello” di dolore che ricorda sempre che c’è ormai davvero poca speranza.
La prima stagione si chiude con un “OK” di Ellie e poi titoli di coda, a spezzare il tutto, a lasciarci con quell’angoscia sapendo quello che è appena successo e nonostante tutto ci sentiamo solidali con Joel, lo capiamo e in fondo ne comprendiamo l’animo. Complimenti a Pedro Pascal e Bella Ramsey che riescono a dare in ogni scena le giuste vibrazioni, dall’affetto, al dolore, alla disperazione, gli occhi persi nei momenti di pura violenza, come un essere vivente che con forza si aggrappa alla vita.
Una trasposizione perfettamente riuscita, un’amplificazione di quello che a livello di soggetto era già un capolavoro, alcune scene sono una perfetta riproduzione, altre sono attimi di puro cinema, con sensazioni umane impareggiabili da un computer. Joel e Ellie in tutta la loro semplicità ci portano lungo questo mondo in cui si vuole sempre qualcosa in cambio, in cui si è gentili e disponibili solo con le vite degli altri, un mondo in cui ognuno pensa alla propria sopravvivenza, manifestando l’egoismo che contraddistingue la razza umana. Non è una semplice trasposizione, ma un adattamento perfetto di un videogioco ad un mondo più complesso come quello televisivo/cinematografico. Non è una serie complessa nella sua evoluzione, ma complessa nelle sue emozioni e soprattutto nelle sue scelte, non ci sono mai scelte facili, ogni direzione che si prende è un sacrificio, la scelta finale di Joel è puro egoismo, per lui ed Ellie è sicuramente la scelta giusto, per il resto del mondo forse no.
I difetti ci sono, nel complesso si può definire una serie scenograficamente povera, nulla di clamoroso a livello visivo, ma sono davvero piccoli difetti quasi impercettibili, la qualità soprattutto in alcune scene e momenti e talmente intensa e alta da rendere la serie The Last Of Us un piccolo capolavoro. Bellissima in ogni suo attimo, nella sua profondità, nel suo messaggio, nella sua scrittura e nei suoi protagonisti.
The Last of Us sta per giungere al termine e in questo ottavo episodio i toni thriller si fanno più intensi, mettendo in scena, l’episodio più cinico e violento visto fino ad ora. Magistralmente diretto creando una giusta tensione, con Ellie assoluta protagonista in un dualismo con un ottimo Villain.
Rispetto all’episodio precedente che ci ha fatto fare un tuffo nel brutto passato di Ellie, in questo episodio ritorniamo nel presente, nella gelida America, con Bella Ramsey che dà prova delle sue doti attoriali ed è l’assoluta protagonista. Un dualismo convincente quello tra Ellie e David, un uomo che mischia la fede con mania di potere e di controllo. Non ci sono infetti ma solo un confronto crudo e tosto con uno dei mostri più temibili del pianeta, l’essere umano.
Ellie prende le redini della situazione, e trova un modo per curare Joel che sta ancora molto male, ci mostra tutta la sua forza e determinazione, ma anche le sue paure e fragilità. Incontra degli altri esseri umani, le cui intenzioni sono per lo più misteriose e in bilico tra sopravvivenza e sete di vendetta. Il confronto e crudo e cinico, chiunque lotta per sopravvivere e nel finale vediamo uno sfogo di rabbia e violenza molto intenso, rappresentativo e indicativo di quanto può essere cruda e tosta questa serie.
Si parla per la prima volta di fede in un dialogo molto rilassato tra Ellie e quello che sarà il suo nemico in questo episodio, David, in cui si parla di Dio e di fede e di quanto questa possa in alcune situazioni salvare le persone, la speranza è sempre una parte fondamentale di the last of us. Una lotta continua tra la rassegnazione e la speranza, con attimi di pura e semplice sopravvivenza, se non vuoi essere ucciso devi uccidere.
La scrittura è sempre precisa, i dialoghi sono densi e significativi, sempre un ottimo lavoro di Druckmann e Mazin. L’unico difetto forse, è che arrivati a questo punto, si hanno degli ottimi episodi, alcuni davvero dei piccoli capolavori, ma una storia orizzontale che non convince del tutto e il cui obiettivo di perde un po’ episodio dopo episodio. Sembra non esserci un inizio e una fine specifica e non ci si rende conto in che parte della storia ci troviamo, con solo l’evoluzione dei personaggi a ricordarcelo. Certi eventi non hanno grosse conseguenze sui personaggi che sembrano scordare tutto troppo in fretta.
A parte questo piccolo difetto, dato un po’ dal tema da cui è tratto, la serie sta viaggiando molto bene, con episodi sempre di altissima qualità e sempre molto significativi, anche la recitazione è sempre di alto livello e man mano che va avanti e si appresta ad arrivare al finale della prima stagione, The last of us sembra proprio essere un piccolo capolavoro.
La stagione 3 di Outer Banks fa proseguire la storia e continua con una nuova caccia al tesoro, conquistando a poco a poco sempre più fan. La serie creata da Josh e Jonas Pate e Shannon Burke non perde la sua identità, ma anzi la rafforza e diventa perfetta per la piattaforma Netflix, che ha sempre bisogno di prodotti del genere.
Come nelle prime due stagioni rimane la sua leggerezza, la sensazione che i protagonisti non sono mai in pericolo, e rispetto le prime due stagioni, la parte avventura e forse ancora più rimarcata. I ragazzi protagonisti sono inizialmente sperduti su un’isola nel mar dei caraibi, che rinominano “pouguelandia“. John B, Sarah, Kiara, JJ, Pope e la nuova arrivata Cleo, vengono salvati dopo circa un mese e portati a Barbados dove fanno al conoscenza con il Villain di questa stagione, Sigh, un ricco indiano che vuole disperatamente trovare El Dorado e ha bisogno del diario di Denmark.
Nuovi amori e difficoltà non fanno che unire nel finale ancora di più il gruppo che sarà pronto per una nuova caccia al tesoro nella stagione successiva. I personaggi crescono e si evolvono nelle loro caratteristiche e ognuno di loro riesce finalmente ad esprimere tutti i suoi sentimenti. Una serie che fa dell’amicizia un punto centrale e fondamentale e che riesce anche a tenere una parte di avventura e caccia al tesoro comunque interessante. La serie cresce, rimane sempre un po’ banale sotto certi aspetti o ovviamente molto semplice e innocente, molto per ragazzi.
Rispetto alle prime stagioni, ovviamente la storia e meno verosimile, e rende il tutto un po’ troppo fantasioso, l’azzardo di El Dorado è sempre un passo un po’ troppo lungo che spesso ha fatto fallire anche i film. Però è stato ben gestito fino in fondo, con la capacità di rimettere comunque al centro della trama le Outer Banks e il confronto tra Kooks e Pogues. Una serie che mantiene il suo stile e che è e rimane nel perfetto stile Netflix, una serie che fa urlare i teenagers di gioia e li fa emozionare.
Outer Banks è una serie che ce l’ha fatta, piacevole da vedere e che si è creata il suo pubblico, una serie un po’ per tutto con un bello spirito di avventura e amicizia.