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L’ARTE DI VINCERE: MONEYBALL GLI ALGORITMI AL SERVIZIO DELLO SPORT

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L’arte di vincere è un film del 2011 diretto da Bennet Miller ed è tratto da un libro e da una storia vera che parla della squadra di Baseball Oakland Athletics e del suo GM Billy Beane, interpretato da Brad Pitt.

Un film che parla di sport, di voglia di vincere e di credere nei propri sogni, che va al di là del semplice Baseball ma che ci costruisce intorno un po’ una poesia. Una squadra povera come gli Oakland che grazie al loro general manager trovano un modo per formare una squadra competitiva, con quella che sarebbe stata una rivoluzione di questo sport.

Grazie ai numeri a degli algoritmi riferiti alle prestazioni dei giocatori, Billy Beane formò una squadra super competitiva che fece un record di 20 vittorie consecutive, ma che tutt’ora non è mai arrivata al titolo. Un metodo che ha permesso alla società di risparmiare soldi, e di risanare le casse e di rendere anche molto a livello prettamente sportivo.

Una Storia che risulta attuale per via delle vicende societarie della Società di calcio italiano AC Milan che vuole importare questo metodo anche in questo sport e che sta facendo tanto discutere. Il film ci mostra il contrasto verso questa idea, con solo due personae a crederci, Billy Beane e un suo assistente laureato in economia e interpretato in modo ottimo da Jonah Hill.

La trama è scritta bene, i dialoghi sono incisivi e portano sempre a qualcosa, il personaggio di Brad Pitt, nasconde molta tensione nella sua faccia serena e la sua interpretazione permette di creare questa situazione. Anche a livello di regia il film si comporta davvero bene, con inquadrature sempre chiare e pulite, poche location ma davvero ben curate con scene che alimentano il senso di amore verso questo sport.

L’arte di vincere non è solo un elogio al nuovo metodo di Billy Beane, usato praticamente ormai da tutta lega, ma un elogio al baseball e allo sport in generale, mettendoci quel pizzico di romanticismo a valorizzare tutto il contesto. Non c’è vittoria, ma c’è un record e una stagione che entrerà per sempre nella storia, nessuno si ricorda chi ha vinto quell’anno, ma tutti si ricordano di Billy Beane e degli Oakland Athletics. tanto importante questa storia che se ne parla anche in Italia in questi giorni.

Una pellicola davvero di valore, che si adatta a tutti, anche chi non conosce il baseball o chi non ha nessuna conoscenza dello sport, è strutturato talmente bene che la storia ha comunque un senso e funziona alla grande, ottima la recitazione e un finale che racchiude un po’ tutto il romanticismo e l’amore verso lo sport.

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SUPER MARIO BROS. – IL FILM: UN PIACEVOLE VIAGGIO NELL’INFAZIA DEI VIDEOGIOCHI

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Super Mario Bros. – il film è un film d’animazione del 2023, live action del più famoso videogioco del mondo, e icona della Nintendo, Super Mario.

Non era facile racchiudere le diverse sfumature dei tanti titoli videoludici legati a Super Mario, eppure questo film è riuscito perfettamente in questa impresa facendo tornare indietro alla propria infanzia e adolescenza molte persone. Personaggi che si prestano moltissimo a questo tipo di animazione, sono legati insieme da una storia si banale e per bambini, ma allo stesso tempo convincente.

Un fan service, ma di quelli fatti bene, senza esagerazioni e con un sacco di citazioni che rendono il film un vero tributo al videogioco e al personaggio di Mario, con un rapporto unico e piacevole con il proprio fratello. Il film non porta avanti temi complessi e a differenza di alcuni prodotti Pixar, non porta con sé alcun messaggio, forse può essere un difetto, ma allo stesso tempo regalano al film una leggerezza e “dolcezza” di cui ha bisogno.

Di per sé anche l’ironia e le battute, come la storia sono un po’ troppo per bambini, ma rendono comunque il film piacevole e divertente. Mario e Luigi si ritrovano catapultati in una dimensione parallela dopo che hanno attraversato un tubo. Vengono divisi e Mario parte alla ricerca di suo fratello grazie anche all’aiuto della principessa Peach, di Toad e di Donkey Kong. Si ritroverà a dover affrontare un malefico e innamorato Bowser che vuole conquistare anche il “regno” della regina.

Una dei difetti del film è il montaggio sonoro e le musiche, troppo sovrapposte e casuali che creano una sorta di confusione e rumore, tanto che non sembra esserci una logica. Altro difetto rimane purtroppo il fatto che forse è veramente una pellicola “cucita” per un pubblico molto giovane e le cui battute non hanno molto effetto su più adulti.

Nel complesso rimane però un film che fa fare un piacevole tuffo nei propri ricordi e riesce a farsi apprezzare anche da chi non ha mai giocato ai videogiochi, Super Mario rimane un’icona e un personaggio ormai nella storia della fantasia e questo film è un bellissimo tributo al suo mondo e alla sua storia.

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JOJO RABBIT: UNA COMMEDIA IRREVERENTE SU UN MOMENTO BUIO DELLA STORIA

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Jojo Rabbit è un film del 2019 scritto e diretto da Taika Waititi, liberamente tratto dal romanzo “il cielo in gabbia” di Christine Leunes. Il film è una particolare commedia sul nazismo, un visone parodistica e satirica della Germania verso la fine della seconda guerra mondiale.

Jojo Rabbit si sofferma in modo irriverente su un aspetto poco raccontato del nazismo, ma presente in diversi video storici, cioè i bambini tedeschi formati fin da piccoli a diventare dei soldati e discepoli veneratori del loro eroe Adolf Hitler. Il protagonista Jojo (Roman Griffin Davis) è un bambino tedesco, fanatico del nazismo e soprattutto dello stesso Hitler che lo vede anche come suo amico immaginario, interpretato dallo stesso Waititi. La storia ha molta leggerezza intorno a sé, una ironia che stride un po’ con il contesto in cui si trova, ma che cerca di sdrammatizzare, rendendo il tutto una visione parodistica di un bambino.

Jojo rappresenta un folle fanatismo e un’espressione di una società fanatica e vicina al proprio fallimento, il film fa riflettere in diversi dei suoi aspetti, dal confronto con il bambino nazista e la bambina ebrea, alla delicatezza di un madre che nasconde dei segreti molto grandi, alla follia ideologica di quel periodo storico e alle sue conseguenze. In questo caso questo film si può definire un po’ “ruffiano“, tanto che nel finale sembra cambiare un po’ direzione, perdere un po’ della sua ironia, per dedicarsi a scene dal significato più violento e intenso.

Forse il punto centrale di questo film, e che quello che vediamo, per quanto assurdo e irreverente sia, ha un grande fondo di verità, con molti personaggi che rappresentano l’opposto di ciò che si doveva essere in quei tempi e con la guerra che aveva creato un certo livello di follia in molte persone. Scarlett Johanson interpreta la madre del protagonista, una donna forte, anche divertente e sorridente, ma con un altissimo livello di malinconia e tristezza che si percepisce per tutto il film.

Jojo Rabbit riesce in qualche modo a porsi come una novità di una storia già raccontata in mille versioni ed è forte uno dei film più satirici e ironici mai fatti su questo argomento, non avendo quasi mai la percezione di trovarsi in una vera guerra e con l’innocenza dei pensieri di un bambino a farne da padrone. Come se la sua mente stesse sdrammatizzando tutto ciò che lo circonda, come se si proteggesse da tutto grazie alla sua leggerezza.

Questo film riesce in qualche modo ad essere un altro esempio del potere del cinema, del suo potenziale e della possibilità di trattare diversi argomenti e storie in modi diversi e sempre originali, mettere ironia e far riflettere con essa ad esempio. Un film che funziona nel suo stile, un po’ confusionario, ruffiano, ma che offre sicuramente un ennesimo spunto interessante su un momento davvero buio della storia.

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PREY: RECENSIONE DEL QUINTO CAPITOLO DELLA SAGA DI PREDATOR.

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Prey è un film del 2022 diretto da Dan Trachtenberg, questa pellicola è il quinto capitolo della saga di Predator e prequel degli altri quattro film, saga partita nel 1987 in un film cult il cui protagonista era Arnold Schwarzenegger.

Questo film è il prequel di tutti gli altri, ambientato nel settecento, vede come protagonista Naru, una giovane ragazza Comanche interpretata da Amber Midthunder, che difende la propria famiglia e popolo dall’attacco di un misterioso alieno con una tecnologia molto avanzata. A differenza di altri Prequel, questo ha la necessità di essere visto dopo gli altri film per capirne meglio alcuni aspetti della trama e alcuni riferimenti.

Premesso che io sia un gran fan della saga, questo film mi è piaciuto molto, soprattutto per alcune scelte, soprattutto quella di riportarlo alle origini e di renderlo semplice in un duello tra il predator e l’uomo. Ci son ottime scelte nella trama che caratterizzano bene l’alieno che seleziona a poco a poco il predatore/cacciatore più forte di quel pianeta rendendosi in poco tempo che si tratta dell’uomo. Bella l’ambientazione, una fotografia a tratti molto significativa, a tratti forse un po’ troppo sacrificata per il potenziale che aveva. I duelli non sono mai banali, e ricalcano in parte quelli già visti in precidenti film. Ottima la scelta del tempo storico che ci mostra altre potenzialità di questo trama e rende il predator primordiale, neofita del pianeta e terra e con armi che come sempre, per caratteristiche sono simili a quelle della propria preda.

C’è un po’ del primo film, quella sensazione di duello tra l’uomo che per la prima volta è la preda e non il cacciatore, una preda che però è abituata a cacciare e che sa come difendersi, soprattutto un popolo nomade e esperto nella caccia come i comanchi, che dopo qualche scontro iniziano ad apprendere le caratteristiche del proprio cacciatore e futura preda. Predator ha uno schema preciso, che quando viene seguito, come un po’ è accaduto nel primo, nel terzo e in queso capitolo, funziona sempre e rende i film degli ottimi prodotti di fantascienza.

Prey rimette a posto le idee, ritorna allo stile originale e che fa funzionare questa saga e ci offre un’ottima pellicola, con una storia convincente e che funziona e con altri esperti dell’ormai iconico alieno, predator.

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FRAMMENTI DEL PASSATO – REMINISCENCE: TRA RICORDI, PRESENTE E AMORE.

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Il film ha una trama abbastanza complicata che si svolge tra ricordi. presente e passato che si sovrappongono tra di loro senza darci troppi indizi sulla linea temporale in cui siamo. Questo condiziona molto la percezione del film e lo rende abbastanza complicato. Hugh Jack è un detective in una Miami ormai sommersa nell’oceano che si scagli con forza con le sue onde, protetta da barriere con l’acqua che ha riempito le parti più basse della città. Nel suo lavoro usa una tecnologia che fa rivivere i ricordi. Userà lui stesso questo macchinario per ritrovare una donna scomparsa di cui si era innamorato.

Reminiscence – Frammenti del passato è un film del 2021 diretto e scritto da Lisa Joy al debutto alla regia in un lungo metraggio. Un Noir in un Miami in un futuro distopico con protagonista Hugh Jackman.

A livello di regia e visivo è un film con caratteristiche interessanti, il futuro dispotico immaginato da Lisa Joy è realistico anche se alcune cose non tornano del tutto e non c’è una grande cura dei dettagli. I personaggi principali sono caratterizzati troppo superficialmente ed è difficile essere pienamente coinvolti nella storia, che tutto sommato è una romantica storia d’amore, con un finale dolce amaro.

Il film fa fatica a trasmettere le giuste emozioni, non crea mai la giusta tensione e il ritmo lento fa perdere un po’ l’attenzione ed non è facile capirlo del tutto, solo nel finale tutti i pezzi vanno al loro posto ma sembra comunque troppo flebile nella sua trama principale, un Noir che non stupisce nella sua indagine, ma che si perde forse troppo nel sentimento del protagonista verso la donna scomparsa.

Uno dei quei film che ti lascia un po’ l’amaro in bocca perché colpisce in alcuni suoi aspetti, ma lascia perplessi in altri, in cui è facile perdersi e non capire più ne il genere ne l’obiettivo di questa pellicola. Nel complesso è un buon film, che rimane però nella sufficienza, senza meravigliare o stupire come avrebbe potuto fare. Rimane un film che sembra parte di una storia più articolata e lunga un po’ come se fosse un finale di una serie televisiva.

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THE LAST OF US STA CAMBIANDO IL MODO DI FARE SERIE?

QUATTRO CHIACCHIERE: I prodotti cinematografici tratti dai videogiochi sono sempre stati un grosso problema, più che altro per la loro lontananza dall’originale, The Last Of Us sta cambiando la situazione?

Sempre più spesso vediamo film e serie tv tratte da videogiochi, già ho fatto diversi articoli a riguardo perché ritengo che sia uno degli argomenti più attuali nel cinema e nel mondo delle serie. Ormai ne esce praticamente uno all’anno e ci sono in programma molti altri prodotti.

The Last Of Us è l’ultimo di questi, una serie tratta dai famosi videogiochi Naughty Dog e che sta spopolando su HBO e in Italia su Sky, una serie che ha differenza del solito, convince tutti, soprattutto i videogiocatori sempre molto, molto critici. Questa serie tv ha avuto fin da subito un approccio differente, portando con sé Neil Druckman, creatore del videogioco e affidandoli, insieme ad un talento come Craig Mazin, la scrittura e la creazione della serie. Questa serie stravolge le consuetudini di questi live action e replica quasi alla perfezione il videogioco, a volte in modo quasi perfetto, con video di paragone che spopolano sul web.

Il pubblico ha per adesso amato questa cosa, e finalmente ed evidentemente ha avuto quello che voleva, un prodotto visivo reale, fatto da attori, praticamente uguale al videogioco. A tratti infatti la serie, appare anche nelle inquadrature e in alcune dinamiche della trama, fin troppo videoludica, come se stessimo giocando al videogioco. L’unico difetto della serie e non poter creare l’effetto sorpresa, nessuna morte, o colpa di scena lo sarà realmente per chi ha giocato i videogiochi. Questo capita anche con i film tratti dai libri, ma in modo meno clamoroso, perché in questo caso sappiamo anche visivamente come andrà la scena. La vera domanda è, è stata la scelta giusta fare la serie in questo modo?

Per quanto valgano i primi episodi, la risposta in questo momento è, assolutamente sì! The Last of Us funziona alla grande così, è una bellissima serie, è scritta davvero bene e soprattutto non esiste altro videogioco che si prestasse così bene a questo tipo di serie. Il grande successo che sta avendo potrebbe essere pioniere di scelte simili. Altre produzioni in corso come God Of War, Horizons e forse Assassin’s Creed potrebbero prendere questa decisione, visto che il confronto Uncharted e The Last Of Us è per adesso abbastanza impietoso. Un film che ha mischiato un po’ il videogioco e un po’ scelte a caso e che non ha convinto del tutto. Due prodotti che effettivamente sono gli opposti di come si può creare una serie o un film partendo dal videogioco.

Però un altro quesito che ci dobbiamo obbligatoriamente porre è, è possibile farlo con tutti i videogiochi?

Come detto prima, The Last of Us si prestava in modo assolutamente perfetto ad essere una serie tv, perché è uno dei videogiochi con la trama e il soggetto più belli di tutti e con una sceneggiatura perfetta. Non ci sono grandi complicazioni a livello di animazione, e tutto lo stile e il tema è già stato riprodotto in modo simile, in molti altri film.

Prendiamo The Witcher ad esempio, una serie che io personalmente apprezzo, ma che farò fatica a vedere senza l’attore che la resa tale, ha mille difetti come serie, ma allo stesso tempo è sicuramente molto più complicata da produrre creare e in questo caso riprodurre. Si poteva sicuramente essere più fedeli al videogioco e ai libri, ma allo stesso tempo ci ritroviamo in un mondo fantasy estremamente difficile da seguire, una scelta rispetto a un’altra potrebbe cambiare di un sacco il prezzo finale della produzione, si parla anche di milioni di dollari. Per non parlare della necessità di una costante CGI di alto livello, cosa che The Witcher non ha e non si può permettere. Un infetto di The Last Of Us lo puoi creare con il trucco prostatico e magari un po’ di CGI su di esso, un mostro grande, grosso, dinamico e vivo di The Witcher non hai molte opzioni per crearlo. Trama più espansiva, infinità di personaggi, scontri, battaglie ecc. tutto questo è imparagonabile alla “semplicità” che può avere a tratti the last of us.

Di colpe ne ha sicuramente di più Uncharted in questo caso, con un film che si spaccia per prequel dei videogiochi, ma che poi non lo è realmente ed è solo un buon film di azione messo lì un po’ a caso, apprezzato da chi non hai mai giocato ai videogiochi e distrutto dai fan. Anche God Of War, a mio parere dovrà allontanarsi un po’ dai videogiochi e panso che le farà quasi sicuramente, sperando in risultati migliori dei live action in generale.

Horizons ha una trama interessante, molto bene scritta, ha dei costi non indifferenti per l’ambientazione, ma ha buonissime possibilità, che potrebbe funzionare se fatto in stile The Last of Us riproducendo in modo molto fedele il videogioco. Ha una trama già di per sé molto affascinante che vale la pena non essere modificata. Quindi nel complesso lo stile con cui è stata fatta la serie HBO potrebbe valere solo per alcuni videogiochi e non per tutti, vendendo per le reazioni dei fan, il consiglio sarebbe quello di avvicinarsi sempre il più possibile al prodotto originale, perché sarà sempre l’idea migliore.

The Last Of Us in questo può essere la prova definitiva di ciò che il pubblico vuole e ama vedere, potrebbe spingere le produzioni a comportarsi in un determinato modo in futuro e ha creare live action estremamente simili ai prodotti originali. Restando nei costi ovviamente, magari facendole più brevi e concentrandosi sulle parti salienti del videogioco. Una volta che il cervello ha in mente un’immagine è difficile vederla in un altro modo, è quella la difficoltà dei live action tratti dai videogiochi. Soprattutto se iconica. Come certi attori che vengono e verranno sempre riconosciuti per personaggi che hanno interpretato, non ci sarà un altro Jack Sparrow, un altro Terminator o un altro The Mask (Anche se ci hanno provato), perché ormai quel personaggio ha la faccia di quell’attore. Cosi vale per i videogiochi, infatti se c’è una cosa che non ha funzionato in The Last Of Us è proprio la scelta degli attori, che per gli utenti, sono troppo distanti dagli originali.

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ZLATAN: CALCIO E OCCASIONI PER DIVENTARE UN CAMPIONE

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Zlatan è un film del 2021 diretto da Jens Sjogren, un film di produzione svedese che racconta la storia del calciatore Zlatan Ibrahimovic, icona del calcio degli ultimi 20 anni. Il film è stato liberamente tratto dal libro autobiografico “Io sono Ibra”.

La trama del film ci mostra un giovane Zlatan, le difficoltà dell’integrazione in Svezia e i primi passi nel mondo del calcio, il suo carattere forte e squilibrato, in contrasto con un talento puro e una forza atletica fenomenale. Uno Zlatan bambino, che cresce fino alla firma che ha dato la svolta decisiva alla sua carriera, la firma con la Juventus.

Il mondo dello sport non è solo la partita in sé, ma tutto il mondo che c’è dietro, i sacrifici e la vita dell’atleta. La sua ambizione e sicurezza che lo portano con il tempo a diventare un campione. Ibra è uno di quelli che più è invecchiato e più ha aumentato la sua dose di lavoro, ha messo la testa a posto e a 40 è ancora un super atleta, icona dentro e fuori dal campo. Il film però fa fatica a mostrare con chiarezza questi momenti e nella sovrapposizione di due linee temporali fa un po’ confusione. Sembra troppo fortuita e casuale l’ascesa di Ibra, di cui vengono sottolineati solo gli aspetti negativi e non i sacrifici e il lavoro che ha dovuto fare per essere un campione. Risulta essere un film che parla più di fortuna, di coincidenze che di lavoro, dedizione e ambizione.

Si è vero i dettagli nel mondo dello sport fanno la differenza, Ibra fa un gol meraviglioso con l’Ajax e Moggi fa di tutto per prenderlo e arriva nel 2004, l’ultimo giorno di mercato, da lì esplode e diventa fortissimo, vincendo praticamente sempre lo scudetto. Sembra più un elogio al destino e alla fortuna, che al talento e hai sacrifici che un immigrato ha dovuto fare per diventare campione.

Nel complesso, con tutte le premesse che si possono fare, risulta essere un film un po’ freddo che non trasmette le giuste emozioni, rimane un po’ piatto, non mostrando le vere emozioni del calcio, ma perdendosi forse troppo con Ibra che è un bambino difficili e che ruba le bici. Bello però come ci viene mostrata l’importanza di Mino Raiola nella sua carriera.

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Controcorrente fantasceneggiatura Quattro Chiacchiere

E SE IL SEGRETO PER SCRIVERE UN SOGGETTO MIGLIORE, FOSSE QUELLO DI PARTIRE DALL’ATTORE?

CONTROCORRENTE: In un mondo senza idee, fatto di sequel e reboot e IA che prima o poi sostituiranno i poveri sceneggiatori, idea bizzarra, ma efficace, per rendere le trame interessanti.

Il mondo sta cambiando, le storie perdono di fascino e di potere e i soggetti interessanti per il cinema sono sempre meno. Anche i miglior libri fanno fatica ad essere rappresentati con dedizione, e l’attacco dei fan è sempre dietro l’angolo. C’è bisogno di soggetti originali e nuovi, di storie intriganti in cui basta una prima e veloce lettura.

Solitamente una storia, se non è tratta dalla realtà parte del viaggio dell’eroe dei classici dell’antica Grecia, storie che raccontano, e non che partono da un interprete specifico e poi vengono raccontate. Storie che si creano per poi scegliere il loro protagonista reale, le loro canzoni ecc.

Questo meccanismo inverso viene già utilizzato moltissimo dagli scrittori di tutto il mondo ma con i mezzi produttivi che si hanno oggi diventa tutto più semplice, con gli attori stessi che sono produttori esecutivi.

Il punto di partenza diventa quindi l’attore o l’attrice in carne d’ossa. La sua storia i suoi ruoli e il suo Background, l’intuizione che può dare di più e l’assegnazione di una storia che gli possa calzare a pennello. Scavare nel suo passato e studiare nel dettaglio tutti i suoi ruoli in modo da creare una bellissima storia adatta a lui o ad un altro con le stesse caratteristiche.

In questo articolo cercherò di fare un esempio partendo da un attore dal passato glorioso, un attore che ha fatto cose meraviglioso ma che negli anni si è un po’ perso e di cui viviamo il suo passato con grande nostalgia. Voglio come esempio, sfruttare questi elementi per scriverci sopra una storia che calza a pennello con la realtà dei suoi fatti, con le sue caratteristiche del passato e con le caratteristiche attuali. Un mix ideale di tutti gli elementi che ho appena elencato.

Jim Carrey, sarà lui il protagonista della nostra storia, un attore unico, dai mille volti ed espressioni che ha portato moltissima felicità nelle nostre case grazie alle sue interpretazioni, chi è nato negli anni 80/90 non può non amare questo attore. Un attore versatile che è passato da film come The Mask, di cui ne è l’essenza stessa, a The Truman Show o Eternal Sunshine of the Spotless mind. Era una garanzia, se c’era lui il film era sicuramente piacevole e portava con sé tutte le sue mille espressioni, imitazioni e leggerezza. Un attore che per qualche motivo mi ricorda molto un’icona del cinema come Robin Williams, forse perché entrambi felici sullo schermo e depressi nella propria vita.

Ultimamente Jim non è più protagonista, ha fatto qualche film ma nulla di particolare, in Sonic di è vista un po’ della sua splendida e amata follia ma nulla di particolare, serve qualcosa in cui lui possa essere sé stesso ed esprimere tutto il suo talento. Sfruttare tutti questi elementi per creare un piccolo soggetto che possa conquistare il pubblico.

ESEMPIO – SOGGETTO – BREVE SINOSSI

Jim è un ex attore di successo di Hollywood, autore e attore di bellissime commedie del passato, famoso per la sua capacità interpretativa ed espressiva. Negli anni ha lasciato il mondo “malato” di Hollywood per tornare nella sua scuola, un piccolo liceo di una cittadina sperduta in mezzo agli stati uniti. Li è diventato professore e per uscire dalla depressione decide di insegnare ai ragazzini l’arte della recitazione.

Jim diventa il loro insegnante e mentore e a poco a poco, lui e la sua classe creeranno un’opera teatrale sul riscatto personale, la bellezza della vita e l’amore incondizionato verso la semplicità. Negli occhi di Jim rispunterà una luce che non si vedeva da anni, trasmettendo ai suoi allievi tutto il suo talento.

Una storia fatta di ricordi, di voglia di riscatto e la bellezza di trasmettere qualcosa alle nuove generazioni, Jim diventa come un padre per quei ragazzi che coltivano grazie a lui la voglia e la passione per la recitazione, quella più pura e semplice. Una storia che parla di cinema, recitazione, amore e talento. Con un Jim Carrey assoluto protagonista, con sfumature di sé stesso e della sua vera storia personale.

Molti penseranno che questo piccolissimo soggetto sia stata pensato per ore, invece è nato così nel corso di questo articolo, immediato, diretto, breve ma che racchiude diverse caratteristiche dell’attore su cui ho deciso di cucire sopra questa storia. Un piccolo esempio di questa semplice tecnica, che può essere utile per scrivere delle belle e interessanti storie. Mi piacerebbe ci provaste anche voi, anche voi che leggete questo articolo.

Sceglietevi un attore che conoscete bene, di cui conoscete tutte le sue caratteristiche o di cui vi piacerebbe vederlo in un determinato ruolo o storia e scriveteci sopra qualcosa, vedrete che sarà molto più semplice che partire dal nulla. Sbizzarritevi, non opprimete la vostra creatività, siate liberi di scrivere ciò che volete, senza vincoli e pressioni e uscirà sicuramente fuori, un soggetto davvero interessante.

Un’altra tecnica bellissima e simile a questa, è partire da una canzone, ascoltatela per bene, leggetene il testo, soffermatevi sulle parole e da lì iniziate a scrivere la vostra storia. Mixate le due tecniche, musica più attore e vedete cose vi viene fuori. Non fermatevi al primo fallimento, creare mondi, avventure e amori, siete liberi di creare tutto ciò che volete, questo è il potere della scrittura.

Questo ultimo passo che ho scritto, lo posso riutilizzare nel film, come monologo di Jim Carrey che parla con i propri studenti. Imparate a sfruttare ciò che vi circonda perché il cinema è fatto di tanti piccoli momenti di realtà.

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YESTERDAY: TRA AMORE E FAMA NEL RICORDO DEI BEATLES

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Yesterday è un film del 2019 diretto da Danny Boyle e scritto da Richard Curtis. Il film parla di un giovane cantautore inglese che non riesce a sfondare nel mondo della musica e che continua a accumulare fallimenti. Un giorno durante un blackout globale viene investito da un autobus e quando si risveglia scopre che alcune cose nel mondo non sono mai esistite, una tra queste, I Beatles e la loro musica, sfrutta quindi questa occasione per diventare famoso, grazie alle loro canzoni.

La trama funziona anche senza essere scritta, perché anche solo in poche parole crea curiosità e attira l’attenzione, si ha voglia di scoprirla e di sentire qualche canzone dei Beatles. Però ovviamente il film va più in profondità, sfruttando questa dinamica per parlare di amore, di ciò che veramente conta nella vita, allontanandosi un po’ dalla fama, per concentrarsi su qualcosa di più intenso. Il cameo di Ed Sheeran da un tocco in più essendo uno dei cantautori più capaci a parlare di amore. E l’incontro con un John Lennon anziano e soddisfatto della sua vita, una vita in cui non è mai stato un Beatles è davvero una piccola chicca.

Il finale è un concentrato di molte sensazioni, ovviamente viene messo al centro l’amore, la scelta del protagonista di abbondonare soldi e fama, per la donna che ama e che ha sempre amato e che ha sempre creduto in lui. Bello anche il confronto con il fatto di avere successo per una cosa non tua, per opere d’arte che non ti appartengono. Uno stupendo tributo ai Beatles nel finale, con un paio di canzoni meravigliose che mostra anche la varietà della loro musica, l’attualità e le melodie, base di tutta la musica moderna.

Un film che riesce a concentrare molte emozioni, un tributo alla musica e all’amore.

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AMERICAN ANIMALS: SIAMO TUTTI PRONTI PER UNA RAPINA?

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American Animals è un film 2018 scritto e diretto da Bart Lyton, tratto dalla storia vera della rapina avvenuta nell’università Transylvania di Lexington del 2004. Il film è un piccolo film indipendente, che fa un mix tra interviste ai veri protagonisti e recitazione degli attori che ci mostrano la dinamica degli eventi di quei mesi.

Nonostante si parli di una rapina di libri preziosi, questo film a poco a che vedere con l’atto criminale, non solo lo condanna fortemente, ma ci mostra bene le conseguenze che hanno subito i quattro ragazzi che hanno eseguito la rapina. Un gesto inaspettato da parte loro, che gli porterà ad avere sensi di colpa per tutta la vita. Il film ci mostra bene come il tutto nasce come un’idea scherzosa che diventa sempre più concreta, ovviamente fanno mille errori e la rapina va male, ma questo lo si intuisce fin da subito. Il budget limitato del film, (che per l’Italia sarebbe elevato) di tre milioni di euro, non si nota, perché scritto molto bene e ha due interpreti di altissimo livello e molto giovani come Evan Peters e Barry Koeghan.

Non tutti siamo pronti, fortunatamente, per commettere un atto criminale, questo film ne è l’esempio più specifico ed evidente. Dei bravi ragazzi che si ritrovano a fare una rapina, ma nemmeno loro sanno il perché, forse non era nemmeno per i soldi, ma per la noia, per fare qualcosa di diverso e epico. La situazione degenera in fretta e commetto davvero molti errori, il film riesce a rendere la scena della rapina molto intensa e adrenalinica. La povera bibliotecaria che viene immobilizzata ci fa capire che nemmeno loro davvero sapevano cosa stessero facendo.

American Animals riesce dare la giusta intensità agli eventi, mettere curiosità, narrare la storia con il giusto spirito, nel complesso è un ottimo film che esegue alla perfezione ciò che si era proposto di fare. Non è un semplice heist movie, ma è più un confronto con le scelte sbagliate che prendiamo nella nostra vita, piccole scelte che cambiano tutto, ma proprio tutto.