Recensione nel tempo di un caffè

The kissing booth 3 è l’ultimo capitolo di una fin troppo fortunata saga di Netflix, che in 3 capitoli a provato e riprovato a fare dei film sulla generazione Z, su un intreccio amoroso che non ha mai convinto del tutto e con una regia e una scrittura che non hanno mai dato la giusta qualità ai tutti e tre i film. Netflix ha bisogno di questi film, ma anche il pubblico, infatti la saga ha avuto comunque successo ed è diventata il simbolo del romanticismo targato Netflix.
Elle, si ritrova come sempre in una situazione abbastanza complicata, deve scegliere il college in cui andare e decide di seguire il suo cuore ed andare a Boston con Noah, deludendo così (l’assillante) Lee, suo migliore amico e fratello del suo ragazzo. Elle è confusa e non si sa perchè delude tutto e tutti, perchè tutti sono egoisti e vogliono per forza qualcosa da lei, senza effettivamente dargli nulla. L’unico che cerca di aiutarla un po’ è Marco, suo “spasimante” nel secondo capitolo, che appare ogni tanto da qualche colonna, ma che degenera anche lui, nella versione “tu devi essere mia e fare qualcosa per me”.
Il film prova a descrivere la generazione degli anni 2000, ma in moltissimi concetti e forse anche nello stile e tremendamente fermo negli anni 90′. Pur avendo i pregi di essere un film leggero, poco impegnativo e abbastanza carino per i suoi personaggi, il terzo capitolo è certamente il peggiore dei tre, fatto solo per cavalcare l’onda del successo. Pessima regia, pessima recitazione, fotografia inesistente e un montaggio davvero insostenibile rendono il film davvero troppo amatoriale e poco credibile, è disordinato e nessuna scelta ha senso. Va guardato senza pensarci, cogliendo il poco di buono che c’è. Infatti scavando bene, qualcosa di buono nel finale c’è. Infatti i toni cambiano, c’è qualche momento in più di serietà e riflessione e vengono posti con un attimo più di attenzione i problemi della generazione Z, il vuoto tremendo che sentiamo quando finiamo le scuole e ci chiediamo cosa vogliamo fare realmente della propria vita. Dura solo un momento, però è bello che anche in un film semplice e banale come questo, ci sia un attimo, un piccolo attimo su cui vale la pena riflettere, allo stesso tempo ci fa capire che poteva avere un potenziale ma che si è perso in scelte davvero un po’ stupide e troppo scontate.
Se si passa sopra sulla marea di difetti del film, può risultare piacevole, è davvero leggero e servono anche film del genere, senza impegno che anche se sono fatti male non annoiano mai, ci fanno fare magari qualche risata e passare poco più di un oretta piacevole. Un film che non ha pretese e che quindi si può perdere pure nella sua banalità e semplicità.
Sinceramente non so se consigliarlo o meno, penso in fondo di si, non è proprio tempo sprecato, nel complesso si può catturare qualcosa di positivo in ognuno dei tre film, l’importante è mantenere le aspettative basse.