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THE LAST DUEL: UN DUELLO PER L’ONORE

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The Last Duel è un film del 2021 diretto da Ridley Scott e tratto dall’omonimo libro da Eric Jager, che parla di un ultimo “duello di Dio” svoltosi in Francia nel 1386 tra Jean de Carrouges e Jaques le Gris.

Questo film si sviluppa su tre capitoli e su tre punti di vista differenti, il film si basa su fatti storici realmente accaduti e quindi ha dei vincoli da rispettare anche se grazie a questa tecnica, può far decidere alo spettatore quale sia la versione più reale della storia raccontata.

I punti di vista sono prima quello di Jean (Matt Damon), poi quello del suo amico e rivale Jaques (Adam Driver) e poi quello giovane moglie di Jean, Marguerite de Carruges (Jodie Corner), la vittima che accusa Jaques le Gris di averla stuprata.

I primi due capitoli sono un po’ noiosi e portano lo spettatore a voler andare veloce al dunque, il film di spinge a credere alla donna, che è evidentemente vittima di un sistema davvero crudele e ignorante. L’interpretazione di Matt Damon è davvero di alto livello, forse una delle sue migliori, con un personaggio un po’ pazzo e istintivo, ma molto coraggioso e fedele alla corona. Mentre un po’ spento quello di Adam Driver che anche nei momenti cruciali della sua storia non riesce ad uscire da una particolare apatia. Il film non riesce a mostrare con chiarezza il rapporto tra i due protagonisti, tanto che i loro litigi sembrano più che giustificati. Non sembrano mai veri amici, quanto più dei semplici cavalieri con ambizioni differenti.

L’accuratezza storica riporta il film sui binari giusti, con costumi e una fotografia ben dettagliata, il finale è crudo nelle parole quanto nella scena di combattimento e riporta al giusto tono al film che a tratti risulta veramente troppo noioso e inconcludente oltre che abbastanza complicato.

Ridley Scott ha perso il suo “potere” da tempo e non riesce più a fare delle pellicole che convincono del tutto, sono spesso noiose e inconcludenti e anche in The Last Duel manca qualcosa che si vede solo nel finale. Infatti la parte finale non migliora solo dal punto di vista narrativo, ma anche della regia che non sbaglia un colpo e crea la giusta atmosfera. La storia è cruenta per quanto sia moderna sotto certi aspetti, con una donna che porta avanti la propria accusa pur rischiando la vita sua e quella del marito e con Jaques De Gris, convinto di non aver stuprato nessuna perché condizionato dalle sporche abitudini del tempo.

Una storia davvero interessante, ma che ci viene mostrata in un film nel complesso disordinato e con poco carattere e che si salva solo un po’ nel finale, mi aspettavo qualcosa di più, ma ultimamente è facile rimanere delusi da quello che comunque è uno dei registi che ha fatto la storia del cinema.

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THE HUNT: QUANDO LA PREDA È L’UOMO

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The Hunt è un film del 2020 diretto da Craig Zobel e scritto da Damon Lindelof (Lost) che n’è anche prodotto esecutivo insieme alla Blumhouse.

Questo film parla di ricchi e annoiati che in una così detta “Fattoria” portano delle persone per essere cacciate come animali. Prendono i fucili e sparano verso le ignare vittime che si ritrovano li inconsapevoli di ciò che sta accadendo. Il finale non manca di un colpo di scena abbastanza interessante, un plot point particolare che regala una nuova chiave alla trama del film.

Sinceramente, viste le premesse mi aspettavo qualcosa di meno ironico, ma il tratto distintivo della Blumhouse che solitamente mette insieme commedie e horror si vede ed è incisivo all’interno del film, con scene paradossali e un po’ troppo splatter e grottesche.

Questo però rende il film più leggero e ne toglie quasi ogni tipo d tensione, fin da subito intugliamo chi sarà la protagonista, ma difficile intuire quale sarà il finale. La trama è ben scritta, a tratti anche divertente con personaggi davvero molto particolari e molto folli.

C’è un vortice di follia fin dalle prime scene in cui ci ritroviamo su un aereo con dei ricchi viziati, c’è da subito violenza e una sorta di splatter forse eccessivo. La svolta finale rende il film meno banale di quello che sembra, ma l’ironia e la parte parodistica e grottesca rimane fino all’ultimo frame del film.

The Hunt è molto più banale e stupido di come si presenta, è il classico film molto trash che esagera ma che allo stesso tempo si fa vedere non annoia e una volta inquadrato e anche piacevole. Ovviamente non è un film che può superare la sufficienza, ma è un prodotto che sa quello che vuole, ordinato che una trama che nonostante qualche follia ha un senso e una logica e funziona bene.

Ho scelto questo film principalmente perché scritto da Lindelof, ma ho trovato davvero poco della sua traccia e del suo stile, se non nella dettagliata e quasi spirituale follia di alcuni personaggi.

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LA FIERA DELLE ILLUSIONI – NIGHTMARE ALLEY: RECENSIONE FILM DI GUILLERMO DEL TORO

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La fiera delle illusioni – Nightmare Alley è un film del 2021 diretto da Guillermo del Toro. Una trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di William Lindsay Gresham e da cui è già stato fatto un film 1947. Questa Pellicola di Del Toro a un cast corale con protagonista Bradley Cooper e attori come Cate Blanchet, Williem Dafoe, Toni Colette, Richard Jenkins, Rooney Mara, Ron Perlman e David Strathairn.

Nightmare Alley parla di inganni, ambizione e follia e segue le vicende di un uomo dal passato misterioso che si ritrova a lavorare, nel 1939, in una fiera luna park itinerante, tra trucchi di magia e furbizie come se fosse un mondo a sé, di povertà violenza, ma anche di unione e allegria. Del Toro riesce ad incidere molto questa sensazione claustrofobica di un mondo che ha bisogno di ingannare per sopravvivere o addirittura di trasformare uomini in bestie in nome dello spettacolo. Il protagonista, innamoratosi di una illusionista e venendo a contatto con l’arte del mentalismo capisce che quello è il suo destino. Viene quasi rapito e sottomesso dalla sua avidità e le sue capacità e avarizia saranno la sua condanna.

L’epilogo è abbastanza prevedibile, i messaggi lanciati da Del Toro lungo il film sono molto precisi e indicativi, non per questo però il finale non lascia il segno, anzi ci lascia con una profonda agonia e ansia. Il regista riesce a trasmettere molto questa lunga sensazione di inquietude come in molte delle sue opere, la fotografia buia, con una coreografia spesso piovosa e immersa nel fango, danno da subito la sensazione che il protagonista sia in trappola.

Nella parte centrale, anche se importante ai fini del film, la pellicola rallenta decisamente forse un po’ troppo, con dialoghi complicati, complessi e con una trama che diventa più intricata con personaggi molto ermetici e difficili da capire, anche il passato del protagonista non dà risposte ma aumenta il carico di domande. Nel complesso questo film del regista messicano rispecchia molto il suo stile, sia nella messa in scena che anche nell’aspetto grafico e pubblicitario, una sottile violenza con una cadenza horror nelle immagini, rendono il film di Guillermo del Toro sempre molto interessanti.

La fiera delle illusioni è un film che sa annoiare, storcere un po’ il naso con alcune sequenze che sembrano troppo ricamate e distorte da una fotografia a tratti opacizzata, il personaggio di Cate Blanchet, rapisce e confonde allo stesso tempo e forse spezza un po’ tutto il ritmo del film. Bradley Cooper perfetto nel ruolo con un misto di ambizione e follia davvero interessanti. Un film che riesce allo stesso tempo quasi ad annoiare ma ad essere molto immersivo. Una pellicola che sicuramente sa distinguersi.

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JAMES GUNN E GUY RITCHIE: IL MODO GIUSTO (?) E MODERNO DI FARE CINEMA

QUATTRO CHIACCHIERE: Due dei registi più amati degli ultimi anni, ritmo alto, deciso, azione e divertimento, è forse questo il modo giusto di fare cinema oggi?

James Gunn è un Americano nato nel 1966, fa un po’ di tutto, anche il musicista arte fondamentale nei suoi film, mentre Guy Ritchie è un Britannico nato nel 1998, meno poliedrico ma anche lui autore dei film che dirige.

Ovviamente hanno stile differenti ma certi versi anche molto simili, sembra infatti che entrambi abbiamo capito come fare film che stiano a passo con i tempi, in mondo dalla soglia di attenzione bassissima e in cui la profondità deve passare in secondo piano, facendo una scrittura dei personaggi dettagliata e caratteristica.

Entrambi lasciano il loro segno distinto sulle proprie opere, la loro regia si vede e hanno muno stile ben preciso, ritmo alto, ironia, azione e una musica che spesso da ritmo alle cose. Personaggi particolari, con molte sfumature, anch’essi quasi delle caricature del mondo reale, con un mix vincente di divertimento e violenza caotica.

Entrambi sono condizionati dal mondo da cui vengono, quindi un Gunn più Americano, con un’ispirazione quasi da Michael Bay e a volte da Tarantino e invece un Ritchie, più inglese e composto con una ispirazione a James Bond o da Holligans, sia il film che la realtà stessa. James Gunn tratta di supereroi di storia assurde e fantasiose dai colori psichedelici e da scenografie davvero emozionanti, mentre Guy Ritchie tratta spesso di gangster, criminali o di spie e missioni segrete, anche lui come il collega, non dimentica di metterci un tocco di colore, con una cura al dettaglio molto particolare.

Ovviamente non si può dire con certezza che sia il modo giusto di fare cinema, anche perché in realtà non c’è un modo giusto per farlo, ma entrambi hanno sicuramente trovato il modo giusto per intrattenere il pubblico moderno. Un pubblico spesso complicato e pretenzioso. Sono dei registi anche tanto discussi, spesso troppo esaltati, altre volte troppo denigrati, eppure bene o male non sbagliano un colpo.

James Gunn è sicuramente più famoso e cinematografico, mentre Guy Ritchie ormai e più per lo streaming, con i suoi prodotti che ci arrivano in Italia sulle piattaforme streaming, anche qui un mistero, perché anche Ritchie ha fatto cose più commerciali come Sherlock Holmes, King Arthur e Aladdin, eppure con gli ultimi film, almeno qui in Italia, passa solo praticamente online, sminuendo un po’ il suo lavoro.

Il loro segreto e punto principale è il ritmo elevato con cui è difficile annoiarsi, in più c’è sempre una piacevole e divertente ironia nei loro film, non mancano le battute e personaggi alquanto assurdi e particolari. Sono maestri nel rendere i film una splendida playlist musicale, con scene d’azione davvero ben congeniate.

Il cinema è arte e loro la fanno bene e in modo sicuramente moderno stando perfettamente a passo con i tempi, ultimamente ogni film che esce ha degli spunti interessanti e risulta essere piacevole e coinvolgente. Gunn ha espresso tutto e stesso in Suicide Squad e ha concluso alla perfezione Guardiani della Galassia. Ritchie ha raggiunto il mix perfetto con The Gentlemen e creato altri prodotti interessanti come Operation Fortune e Wrath of a Man, in attesa di poter vedere The Covenant.

Sono due registi che ammiro e apprezzo molto, ma prima di tutto sono autori di altissimo livello, che anche con un soggetto tra le mani, riescono a creare dei prodotti che sembrano davvero originali e nuovi. Se vi state annoiando, guardatevi uno dei loro film.

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NEL NOME DEL CIELO: RECENSIONE MINISERIE, LOTTA TRA FEDE E GIUSTIZIA

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In nome del cielo è una miniserie creata da Dustin Lance Black e basata sul romanzo Under the banner of Heaven: a story of violent faith di Jon Krakauer.

La serie con protagonista Andrew Garfield vede un giovane detective mormone che deve indagare su un violento caso di omicidio, di una donna e di sua figlia, all’interno della comunità religiosa. Fin da subito dovrà confrontarsi con la propria fede che sembra proprio essere al centro di questo caso.

La serie riesce a trattare in modo molto inciso un forte confronto tra fede, fanatismo religioso e giustizia con il protagonista detective che si ritrova in mezzo ad una situazione che fa dubitare il suo credo e vacillare la sua fede. Il lato oscuro della religione, del fanatismo e della sete di potere e di controllo che essa può portare. La serie non si ferma sulla superficie ma ci mostra a fondo la comunità Mormone nelle vicinanze di Salt Lake city, un’indagine che rivela l’aspetto negativo e da setta che può portare la troppa fede.

La presenza di un co-protagonista detective più esperto e di origini Indiane d’America, rende il contrasto ancora più duro e forte con una religione che non accetta estranei e li tratta con un tatto differente, ovviamente è tutto estremizzato, ma è tratto da una storia vera che testimonia quanto la fede si possa trasformare in violenza se usata come strumento di potere e di controllo.

Sicuramente è ben recitata, Andrew Garfield rimane ancora un attore fin troppo sottovalutato anche se sempre di grandissimo talento, difficilmente i dialoghi sono banali, anzi sono una profonda riflessione su una religione e sulla fede, uno sguardo profondo, verso la caratteristica dell’uomo della necessità di avere una bussola e di come essa possa perdere facilmente la direzione.

Un serie che ha fatto discutere perché rappresentazione cruda e fin troppo cinica di una comunità religiosa abbastanza importante in America, però una serie fatta bene, con i giusti toni e con i dialoghi che sono centro importante dell’evolversi della storia con una fotografia che migliora episodio dopo episodio.

Quando una serie o un film trasmettono curiosità, voglia di ricerca, voglia di leggere e di saperne di più, voglia di raccontarle, vuol dire che hanno fatto davvero un buon lavoro. In nome del cielo è così, è incisiva, crea curiosità e ti fa andare oltre alla semplice visione della serie stessa.

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MIDNIGHT IN THE SWITCHGRASS – CACCIA AL SERIAL KILLER: UN THRILLER CHE SI PERDE NEL FINALE

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Midnight in the Switchgrass è un film del 2021 diretto da Randall Emmet e con protagonista Megan Fox, Emile Hirsch e Bruce Willis che fa più da comparsa.

Un serial killer ha appena fatto un’altra vittima, la settima ragazza che sparisce e di cui viene ritrovato il corpo il giorno seguente, nessuno vuole indagare e la polizia di stato non sa più cosa fare, solo un detective sembra intenzionato a dare la caccia al killer. L’incontro con una agente della FBI da una svolta alle indagini.

Un thriller abbastanza classico soprattutto nella sua fotografia dai toni più spenti e grigi, con una colonna sonora molto immersiva e azzeccata. La recitazione aleggia sulla sufficienza, Megan Fox se pur bellissima non sembra mai al top e non riesce dare animo al suo personaggio. il serial killer viene mostrato quasi subito, questo toglie un po’ di tensione e curiosità, ma allo stesso tempo ci regala una sorta di angoscia quando scopriamo che il mostro ha una moglie e una figlia e continua le sue due vite in tranquillità.

Il film risulta un po’ spento nelle sue dinamiche e nei dialoghi e i personaggi sembrano cambiare da una scena all’altra, sia nelle intenzioni che nelle proprie parole. Un film che rispetta molto bene i canoni del genere ma che si perde clamorosamente nel finale, montato male e molto frettoloso. Il momento più cruciale si trasforma in salti temporali di ore privandoci di un po’ di azione e lotta tra il killer e la giustizia. Ci si perde in una sequenza di immagini che dovrebbero essere forti ma non lo sono, anzi sembrano distaccate e spente.

Lo stesso Bruce Willis sembra estraneo al film e quando si vede non è mai sul pezzo, ma distaccato e con poca voglia, come più o meno tutto il cast e la produzione nel finale. Alti e bassi che rendono il film mediocre, dispersivo in parole superficiali e in scene frettolose che non sono mai violente o davvero significative. Sicuramente più un film da Tv che da cinema, adatto agli amanti del genere, per la fotografia (solo a tratti) e la colonna sonora.

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THE LAST OF US: RECENSIONE SERIE E ULTIMO EPISODIO PRIMA STAGIONE

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The Last Of Us è una serie HBO del 2023 tratta dall’omonimo famoso videogioco della Naughty Dog, la serie è scritta e creata da Craig Mazin e Neil Druckmann. Da subito si può dire che uno dei miglior adattamenti mai realizzati, una serie che non solo ha rispettato le aspettative ma le ha superate e ha mantenuto la bellissima storia del primo videogioco.

The Last Of Us era molto di più di un semplice videogioco, questa serie è riuscita a raccontarlo nel modo giusto, rimanendo fedele, a volte nel dettaglio, a ciò che il gioco ci aveva mostrato anni fa. Una storia di sopravvivenza, violenza e amore che va al di là della solita storia post-apocalittica. Gli infetti e la malattia sono solo il contorno di una storia che approfondisce nel profondo lo spirito umano, l’amore tra un padre e una figlia acquisita, le difficoltà di un mondo cinico, povero e violento. Questa serie HBO è davvero ben fatta, recitata alla perfezione, scritta magistralmente con scene e dialoghi che non sono mai banali, ma sempre con una certa caratteristica e profondità.

The Last Of Us, proprio come nel videogioco riesce a spezzarti in due, ti lascia desolazione e angoscia, non è una storia leggera, ma un’intensa lotta per sopravvivere, con un impercettibile speranza che sfiora i protagonisti. Joel non è buono, il classico salvatore del mondo, ma è un uomo plasmato e inciso dalla vita, dalle vicende che ha dovuto sopportare è la rappresentazione stessa del mondo in cui si trova. Chi sopravvive deve essere cinico, spietato, violento e freddo e anche Ellie nella sua evoluzione, perde quella luce negli occhi da bambina, per lasciare spazio ad una ragazzina che stringe con tutta la sua forza la vita e che coltiva una forte speranza per il mondo.

L’episodio finale è un’esplosione di emozioni forti, un episodio molto crudo con un gesto d’amore che si trasforma in violenza pura e rabbia. Dipendenza l’uno dall’altra e Joel che non vuole più perdere o sacrificare nulla della propria vita. Il suo gesto si trasforma in un grido di disperazione, un atto contro il destino, contro tutto ciò che c’è di brutto in quel mondo. La sua luce è Ellie e non la lascerà mai andare. La capacità di trasmettere emozioni di questa serie è evidente, sembra così realistica che a volte ci si dimentica del mondo di fantasia in cui si trova. C’è stata delicatezza negli attimi di amore, frantumata sempre da un “martello” di dolore che ricorda sempre che c’è ormai davvero poca speranza.

La prima stagione si chiude con un “OK” di Ellie e poi titoli di coda, a spezzare il tutto, a lasciarci con quell’angoscia sapendo quello che è appena successo e nonostante tutto ci sentiamo solidali con Joel, lo capiamo e in fondo ne comprendiamo l’animo. Complimenti a Pedro Pascal e Bella Ramsey che riescono a dare in ogni scena le giuste vibrazioni, dall’affetto, al dolore, alla disperazione, gli occhi persi nei momenti di pura violenza, come un essere vivente che con forza si aggrappa alla vita.

Una trasposizione perfettamente riuscita, un’amplificazione di quello che a livello di soggetto era già un capolavoro, alcune scene sono una perfetta riproduzione, altre sono attimi di puro cinema, con sensazioni umane impareggiabili da un computer. Joel e Ellie in tutta la loro semplicità ci portano lungo questo mondo in cui si vuole sempre qualcosa in cambio, in cui si è gentili e disponibili solo con le vite degli altri, un mondo in cui ognuno pensa alla propria sopravvivenza, manifestando l’egoismo che contraddistingue la razza umana. Non è una semplice trasposizione, ma un adattamento perfetto di un videogioco ad un mondo più complesso come quello televisivo/cinematografico. Non è una serie complessa nella sua evoluzione, ma complessa nelle sue emozioni e soprattutto nelle sue scelte, non ci sono mai scelte facili, ogni direzione che si prende è un sacrificio, la scelta finale di Joel è puro egoismo, per lui ed Ellie è sicuramente la scelta giusto, per il resto del mondo forse no.

I difetti ci sono, nel complesso si può definire una serie scenograficamente povera, nulla di clamoroso a livello visivo, ma sono davvero piccoli difetti quasi impercettibili, la qualità soprattutto in alcune scene e momenti e talmente intensa e alta da rendere la serie The Last Of Us un piccolo capolavoro. Bellissima in ogni suo attimo, nella sua profondità, nel suo messaggio, nella sua scrittura e nei suoi protagonisti.

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SCREAM VI: UN HORROR CHE FUNZIONA ANCORA

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Scream 6 è un film horror del 2023 diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillet. Si tratta del sesto capitolo di una delle saghe horror più famose e sequel del film uscito appena l’anno scorso Scream. Nel cast tornano Jenna Ortega e Melissa Barrera e dei grandi ritorni del passato della saga come Hayden Panettiere e Cortney Cox.

Scream 6 non si presenta solo come un sequel e un sesto capitolo, ma un po’ come elogio a questa saga horror, riportando vecchi attori e mostrandoci nuovi aspetti e nuovi killer con la “Ghost face“. Una maschera iconica, con un costume a volte più divertente che spaventoso, rendono la saga sempre molto avvincente e a tratti molto violento, con il coltello come arma principe degli omicidi.

Il film, pur non avendo parti di paranormale, aleggia sempre un po’ nel misticismo e ogni personaggio riesce a creare un senso di sospetto e inquietudine, non ha grossi momenti di paura o “jump scared” ma una costante allerta e tensione e un senso di orrore e disgusto verso certe scene di violenza e rabbia.

Scream 6 come i suoi predecessori, incarna un po’ i cliché di questi tipi di Horror, che in fondo sono piacevoli anche se abbastanza prevedibili, il plot twist finale ci sta, un classico di questa saga che ha la capacità di tenerti sulle spine perché si vuole sempre capire chi si nasconde dietro alla maschera.

Nel complesso un horror che rispetta le aspettative, nulla di eccezionale, ma la sua assurdità e violenza lo rendono comunque interessante ed è stato girato bene, con un livello di tensione che non scende mai. Un film abbastanza violento, non per tutti, ma molto adatto per gli amanti del genere e soprattutto della saga.

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THE LAST OF US – RECENSIONE EPISODIO 8: TUTTA LA RABBIA DI ELLIE

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The Last of Us sta per giungere al termine e in questo ottavo episodio i toni thriller si fanno più intensi, mettendo in scena, l’episodio più cinico e violento visto fino ad ora. Magistralmente diretto creando una giusta tensione, con Ellie assoluta protagonista in un dualismo con un ottimo Villain.

Rispetto all’episodio precedente che ci ha fatto fare un tuffo nel brutto passato di Ellie, in questo episodio ritorniamo nel presente, nella gelida America, con Bella Ramsey che dà prova delle sue doti attoriali ed è l’assoluta protagonista. Un dualismo convincente quello tra Ellie e David, un uomo che mischia la fede con mania di potere e di controllo. Non ci sono infetti ma solo un confronto crudo e tosto con uno dei mostri più temibili del pianeta, l’essere umano.

Ellie prende le redini della situazione, e trova un modo per curare Joel che sta ancora molto male, ci mostra tutta la sua forza e determinazione, ma anche le sue paure e fragilità. Incontra degli altri esseri umani, le cui intenzioni sono per lo più misteriose e in bilico tra sopravvivenza e sete di vendetta. Il confronto e crudo e cinico, chiunque lotta per sopravvivere e nel finale vediamo uno sfogo di rabbia e violenza molto intenso, rappresentativo e indicativo di quanto può essere cruda e tosta questa serie.

Si parla per la prima volta di fede in un dialogo molto rilassato tra Ellie e quello che sarà il suo nemico in questo episodio, David, in cui si parla di Dio e di fede e di quanto questa possa in alcune situazioni salvare le persone, la speranza è sempre una parte fondamentale di the last of us. Una lotta continua tra la rassegnazione e la speranza, con attimi di pura e semplice sopravvivenza, se non vuoi essere ucciso devi uccidere.

La scrittura è sempre precisa, i dialoghi sono densi e significativi, sempre un ottimo lavoro di Druckmann e Mazin. L’unico difetto forse, è che arrivati a questo punto, si hanno degli ottimi episodi, alcuni davvero dei piccoli capolavori, ma una storia orizzontale che non convince del tutto e il cui obiettivo di perde un po’ episodio dopo episodio. Sembra non esserci un inizio e una fine specifica e non ci si rende conto in che parte della storia ci troviamo, con solo l’evoluzione dei personaggi a ricordarcelo. Certi eventi non hanno grosse conseguenze sui personaggi che sembrano scordare tutto troppo in fretta.

A parte questo piccolo difetto, dato un po’ dal tema da cui è tratto, la serie sta viaggiando molto bene, con episodi sempre di altissima qualità e sempre molto significativi, anche la recitazione è sempre di alto livello e man mano che va avanti e si appresta ad arrivare al finale della prima stagione, The last of us sembra proprio essere un piccolo capolavoro.

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LA NOTTE DEL GIUDIZIO – THE PURGE – LA SAGA

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La notte del giudizio (The Purge) è ormai una saga importante del mondo cinematografico, con il primo film che risale al 2013 scritto da James DeMonaco che ne è l’ideatore. Un film che ha un’idea di base davvero curiosa e geniale e che proprio per questo motivo gli ha permesso di diventare una saga e anche una serie tv.

Il primo film del 2013 con protagonista Ethan Hawke ci mostrava solo la superficie di questo futuro dispotico, in cui gli Stati Uniti per uscire da una crisi di identità ed economica hanno cambiato forma di governo, con questi “Padri fondatori” che governano e che hanno deciso di concedere alla nazione una notte in cui non esistono le leggi e le persone possono fare ciò che vogliono. Questo causa una notte di violenza e follia che si ripete una volta all’anno, la gente si sfoga e si purifica e il resto dell’anno, stando ai media, le persone sono più calme e meno violente e non commettono crimini.

Nel corso della saga ci vengono mostrate diverse situazioni, la prima dentro una abitazione assediata da dei giovani ricchi che usano la notte per sfogare la loro voglia omicida. Già nel primo film c’è un po’ di stile horror e di pura follia che lo hanno reso abbastanza emblematico, soprattutto per le maschere usate dagli assassini. Nel corso dei film successivi invece abbiamo una visione più ampia di ciò che succede in quella notte e impariamo a conoscere un po’ le due fazioni, chi è a favore e chi contro.

Ovviamente per molti aspetti le trame sono forse un po’ troppo surreali, ma nel corso dei film e anche della serie, ci viene data una spiegazione specifica del perché le persone siano così esageratamente violente in quella notte. Nei primi tre capitoli partiamo che lo sfogo c’è già da anni e arriviamo al terzo film dove una rivolta cambia le cose e fa finire per sempre questa situazione. Nel quarto capitolo ci viene mostrato il primo sfogo, un esperimento fatto in una zona povera di New York e veniamo a scoprire che il vero scopo dello sfogo è massacrare i poveri per diminuire la popolazione che ha bisogno di aiuto durante il resto dell’anno. C’è chi si arricchisce tantissimo grazie allo sfogo e chi diventa ancora più povero e verrà ucciso lo sfogo successivo.

Nel quinto capitolo viene ricostituito lo sfogo, ma la violenza è sempre più presente nelle persone, la situazione degenera e lo sfogo non dura una notte ma continua per tutta la nazione e per sempre, gli Stati Uniti si auto annientano.

Tutti i film sono ben scritti e in generale penso sia una saga un po’ sottovalutata, è una storia che prende sempre, ci sono delle belle scene di azione e anche il lato Horror è sempre ben gestito e utilizzato per creare la giusta tensione. L’idea iniziale penso sia geniale e perfetta per una saga cinematografica e nei diversi film è stata esaminata bene la situazione e i diversi aspetti di questa notte di follia. Molto realistico sotto certi aspetti e forse fastidiosamente esagerato sotto altri, questi film riescono però sempre ad avere i giusti protagonisti, che molto spesso sono abili con le armi. Sono dei film che si completano a vicenda e ci danno risposte che prima non avevamo, essendo antologici tra loro funzionano sempre e si possono davvero creare mille storie a riguardo. The Purge è un format, che funziona sempre, sia per i film che per la serie tv perché offre davvero mille possibilità.

L’ultimo film si stacca un po’ dalla sua classicità e vedere la violenza di giorno in questo film fa un certo effetto, ma nel complesso la trama funziona e trova anche il tempo per fare qualche piccola denuncia sociale come il resto dei film. Fondamentalmente il film condanna quello che mostra ed è sempre contro la notte dello sfogo, ma al suo interno ci sono sempre invece personaggi che sono a loro favore, si spacca in due l’opinione pubblica e la nazione stessa e penso che l’ultimo film uscito in ordine cronologico sia la giusta evoluzione della storia.