The Menu è un film del 2022 diretto da Mark Mylod e scritto da Seth Reiss, tra i produttori di spicco c’è pure Adam Mckay regista che spesso fa denunce sociali nei propri film.
Questo film in effetti parla di cucina, ma lo fa solo sulla sua superficie, una superficie davvero ben curata, con piatti realistici e scene che regalano comunque un momento di satira e realismo rispetto a quello che il mondo della cucina al giorno d’oggi, estremizzato e a volte forse fin troppo esagerato. Gli ospiti rappresentano un po’ questo sistema la voglia di sentirsi diversi ed esclusivi, e c’è un bellissimo e forte contrasto tra Margot (Anya Taylor-Joy) e Tyler (Nicholas Hoult), la prima estranea a questo mondo e lontana da questo tipo di lusso e cucina, l’altro invece un fanatico invaghito, quasi a venerare lo chef Julian Slowik (Ralph Fiennes).
The Menu ci mostra una serie di clienti ricchi che hanno voglia di pagare 1200 dollari a testa per una cena in un ristorante famosissimo collocato su un’isola privata, a poco a poco, portata dopo portata, si rendono conto che non sarà una cena come tutte le altre ma che sta per accadere qualcosa di inaspettato.
Andando a fondo con il film ci rendiamo conto che la parte culinaria è solo un bellissimo contorno e una metafora, il film si presenta più come una denuncia verso un certo tipo di società benestante che mangia e beve sulle spalle degli altri, una classe operaia (i cuochi) che con ritmi e pressioni sempre maggiori non reggono più la propria vita e vogliono concluderla con gesti clamorosi. I ricchi che invece solo alla fine accettano il proprio destino e anche loro in qualche modo accettano questa strampalata e lussuosa cena, dal finale violento e cinico.
Nonostante il film abbia una cura dei dettagli e qualche particolarità davvero interessante, fa un po’ fatica ad essere davvero coinvolgente e lasciare il proprio messaggio, l’esponenziale follia dela situazione e dei cuochi, sembra troppo surreale e ci allontana fin troppo dalla realtà. Questo rene lo spettatore confuso e distaccato, e ti fa considerare “The Menu una cagata pazzesca” Cit.
Il messaggio sulla società, sull’ingordigia, l’egoismo, la pressione sociale, il lusso a volte esagerato e inutile, passa in secondo piano, perché la follia prende troppo il sopravvento, con un finale che si allontana totalmente dalla normalità quindi anche dal pubblico. Ci si aspetta un thriller/horror per certe dinamiche e ci si ritrova invece in una specie di dark Comedy in cui il cibo passa all’improvviso in secondo piano per dà spazio ad una profondità che non è da tutti. The Menu rimane così, come una poesia ermetica, da cui è difficile estrarre la prosa, un film con aspetti creativi davvero interessanti, ma che passano quasi in secondo piano per la sua voglia di esagerare, proprio come il mondo della cucina di cui parla.
Alla fine ci ritroviamo proprio come nel film, ad avere un piatto di pane senza il pane. Un film che aveva ottimi spunti, ma che perde la sua vera essenza, per dar troppo spazio alla metafora.
How i met your father è una serie del 2022 creata da Isaac Aptaker e Elizabeth Berger e spin-off della famosa sitcom How i met your mother.
Il compito di questa serie non era facile, avvicinarsi così tanto ad una serie come HIMYM poteva essere un’arma a doppio taglio e i paragoni avrebbero distrutto la nuova serie. Invece questa serie con protagonista Hilary Duff, non entra a gamba tesa sull’originale, ma anzi la rispetta, ne fa a tratti un tributo senza esagerare e usando la prima stagione un po’ come un esperimento. In un periodo che non offre più sitcom di livello, How i met your father è una bella sorpresa. A tratti un po’ forzata nella sua comicità, trova equilibrio in personaggi moderni e che rispecchiano in parte la società attuale.
Lo scopo di questa serie, come in quella originale, non è solo di farci capire come la protagonista abbia conosciuto il padre di suo figlio, ma è un racconto di vita, di dinamiche sociali e di come l’amore sia sempre al centro di tutto. Rispetto alla serie originale, questo spin-off è meno profondo e serve un bellissimo cameo nel finale per riportare una certa profondità e un fortissimo senso di malinconia che serve da slancio alla seconda stagione.
Un buon livello di ironia fa apprezzare i personaggi, che hanno bisogno un po’ del loro tempo per essere apprezzati, all’inizio sembra tutto un po’ forzato e solo più avanti diventa più naturale, forse quella che funziona di più è proprio la protagonistaSophie che in molte sue sfumature ricorda molto Ted Mosby. Il problema della serie è forse il duro e eterno confronto con l’originale e i veri momenti di picco e di interesse sono forse troppo condizionati da personaggi della serie originale. Il bello di HIMYM era la sua capacità di toccare diversi sentimenti ed emozioni e per adesso in questa prima stagione, questa serie non è riuscita ad andare ancora nel profondo, anche se non sono mancate storie profonde nello sfondo.
Nel complesso è una stagione in un certo senso educata e rispettosa del prodotto da cui è nata, un esperimento che fino a d’ora è riuscito e che inizia a camminare con le proprie gambe, con i personaggi che a poco a poco prendono il loro spazio e verso cui si inizia a provare affetto. A differenza dell’originale in questa serie vediamo la protagonista che parla con suo figlio che non vediamo mai in faccia, questo potrebbe essere un modo per deviare le possibilità di chi sia il padre, ma allo stesso tempo potrebbe anche essere un gigantesco indizio su chi potrebbe essere il padre alla fine della serie.
Will Hunting – Genio Ribelle, in inglese Good Will Hunting è un film di cui ho già parlato in un piccolo elogio, alla bellezza delle parole nel cinema e dell’importanza dei dialoghi in esso. Una perla di insegnamento di sceneggiatura più di un libro di McKee o Syd Field. (Articolo qui)
Will Hunting è un film del 1997 diretto da Gus Van Sant e scritto da due attori ormai famosi come Matt Damon e Ben Affleck, con una sceneggiatura che gli è valsa un Oscar agli esordi della loro carriera.
Il film parla di Will un ragazzo prodigio, con una memoria e una capacità matematica assurde e impareggiabili, un dono che non sta sfruttando, perché arriva dalla parte povera di Boston e perché all’università è solo uno spazzino alla MIT. Viene scoperto il suo talento, ma un famoso matematico non riesce a controllare il carattere ribelle del giovane Will e che quindi richiede l’aiuto di un suo vecchio amico e insegnate di psicologia.
Il film è sorretto da splendidi dialoghi e il confronto tra il genio ribelle di Will, interpretato da Matt Damon e un ormai triste e ferito professore di psicologia con grande talento per i rapporti umani, interpretato da uno strepitosoRobin Williams. Il resto funziona come uno splendido contorno dove ci vengono mostrati diversi aspetti della vita di Will, tra cui un amore intenso appena sbocciato ma che rischia già di finire. A poco a poco il film prende una forma attuale, passano gli anni ma i dialoghi sono applicabili al giorno d’oggi, forse ancora più di allora. La paura del futuro, della perdita, e il confronto costante con il proprio passato. Un amore visto in modo poetico, essenziale e davvero unico. Questo film ha davvero la capacità di conquistarti con le parole e ci mostra un piccolo spezzone di vita, di scelte e di bivi in cui spesso ci dobbiamo confrontare.
Un film che è come una nuvola soffice in cui ci possiamo rilassare, studiare a fondo e capire qualcosa in più sulle infinite sfumature della nostra vita. Non è solo il confronto tra i due personaggi o il talento matematico sprecato, ma è una vera e propria figurina del nostro mondo, di quando si è giovani sognatori impauriti, quando il nemico numero uno siamo noi stessi, le nostre scelte e il voler essere ribelli, ma non con il mondo, quando con la nostra vera essenza. Will fugge dal proprio talento, ma allo stesso tempo lo rincorre, fugge dall’amore, ma allo stesso tempo non desidera altro. Una stretta mortale in cui ci incanala la società che ci circonda, ma noi dobbiamo assaporare la vita in ogni suo attimo, “sentire l’odore della capella Sistina e non solo sapere chi è Michelangelo“. Il concetto è vivere, dare il meglio di sé stessi, offrire non al mondo ma proprio a noi stessi la nostra parte migliore.
Una piccola perla di Cinema, che merita di essere vista e rivista e anche ascoltata. Un Robin Williams che non bisogna mai smettere di elogiare, per le sue interpretazioni pure, vere e bellissime.
La ragazza più fortunata del mondo è un film del 2022 diretto da Mike Barker e scritto da Jessica Knol che è anche l’autrice del libro da cui è tratto il film. Non avendo mai letto il libro o appreso informazioni a riguardo, leggendo la trama del film ci appare un po’ come un thriller, ma in realtà è un drama di denuncia molto profondo e intenso.
Mila Kunis interpreta una donna tenace e bella che ha fatto carriera e sta per diventare una giornalista di successo e sposarsi con un uomo bello, ricco e altolocato. La sua serenità verrà messa a dura prova quando un programma true crime, vuole la sua testimonianza per gli eventi del suo passato.
Molto bella e intensa l’escalation degli eventi, nel corso del film ci vengono dati solo pochi indizi su cosa sia successo nel passato della protagonista, che ci viene mostrato in piccole scene, con i suoi ricordi di quegli anni al liceo. Si intuisce che è successo qualcosa di grave e che un ex compagno la accusa di essere la colpevole di ciò che è accaduto. Un film che riesce a mantenere dei toni abbastanza leggeri e che strizza un po’ ai thriller più classici, ma che più va avanti si trasforma in un intenso drama di denuncia sociale, con al centro una forte resilienza femminile.
Gli argomenti portati sullo schermo sono molto seri e tosti, si parla di stupro di gruppo, di bullismo, e di una sparatoria nel liceo. Ci viene mostrato anche l’intensità e la gravità di alcuni momenti, cosa che troppo spesso in molte serie e film viene evitata. Questo film nel finale va dritto al punto, nonostante la situazione è facile empatizzare con la protagonista, con il suo dolore e soprattutto con la sua forza, la voglia di riscatto e il senso di liberazione finale.
Una vita estremamente difficile segnata dagli eventi, le paure e le insicurezze che si portano dietro e si trascinano dietro pesantemente fino ad eventi importanti come al proprio matrimonio. La maschera che indossiamo diventa parte di noi stessi, perdiamo gli obiettivi e non ricordiamo più chi siamo realmente, con il dolore ben nascosto e soppresso più del dovuto.
Un film molto intenso nei suoi argomenti, che fa riflette e su cui è giusto soffermarsi a valutare ciò che succede, come è perché, c’è dentro tanta sofferenza, ma anche una rinascita, un riscatto finale, con una scena davvero intensa, reale e densa di significato. C’è tempo di tenere il dolore con sé e tempo di condividerlo, per aiutarsi a vicenda, per dare coraggio alle persone che non ne hanno e per salvare altre persone che potrebbero essere in pericolo.
Un bel film, ben scritto, che i giusti toni e tempi, inaspettatamente bello.
Scappa – Get Out è un film del 2017, scritto, diretto e co-prodotto da Jordan Peele, al suo esordio alla macchina da presa, questo film ebbe un gran successo nella critica e vinse anche un premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale. La prima cosa che si nota di questo film è appunto la sua trama, molto avvincente, nuova e particolare, con anche dei significati profondi.
Get Out è un thriller che parla di razzismo e schiavitù ma lo fa in modo innovativo, spostando la storia ai giorni nostri, in una famiglia borghese di ceto medio, liberale, non del tutto razzista, ma che porta avanti una tradizione che in qualche modo sfrutta i neri. Una famiglia molto misteriosa che fin da subito si capisce che nasconde qualcosa.
La capacità di Peele è stata quella di creare una tensione costante già delle prime scene del film, non c’è un momento di tranquillità, sembra sempre esserci qualcosa che non va, qualche sospetto, o comportamenti decisamente strani da parte di tutti i protagonisti. Si ha proprio la sensazione che Chris interpretato da Daniel Kaluuya sia circondato da questi uomini bianchi che sembrano odiarlo e amarlo allo stesso tempo, una sorta di disagio che arriva bene anche al pubblico. La domestica e il giardiniere anch’essi di colore, con un atteggiamento davvero molto particolare, quasi come fossero dei robot, non del tutto presenti in quel mondo e con la testa tra le nuvole. Forse sono loro i personaggi che creano più paura in questo film.
Ogni scena ha un suo perché, è ben strutturata e porta sempre qualcosa, che sia un nuovo indizio su ciò che sta accadendo o che serva a far crescere la tensione nello spettatore, un film davvero ben scritto e ben pensato. Una nuova forma di schiavitù e il raggiungimento di una sorta di vita eterna sono questi i punti focali del film che vengono rivelati a poco a poco e con i tempi giusti, tenendo sempre elevatissimo il livello di curiosità.
Jordan Peele ha fatto subito centro alla sua prima da regista, con un film che rivela già il suo stile, con questi sguardi spiritati, questa tensione sempre presente e con elementi horror nella caratterizzazione dei personaggi, sempre molto particolari e violenti. Questo film è anche la dimostrazione che si può fare davvero bene anche con un budget limitato. Un film che consiglio davvero a tutti di guardare.
Due film completamente diversi, ma che hanno in comune l’importanza del tempo e di godersi i piccoli momenti della vita.
Sono due film comici, delle commedie leggere che riescono a far passare un messaggio importante in modo molto leggero e divertente, trasmetto leggerezza e felicità, lasciando un po’ di tristezza, consapevolezza e malinconia nel finale.
Aldo, Giovanni e Giacomo puntano un po’ sulla nostalgia, si è rivisto un po’ del loro vecchio stile e non sono mancate le citazioni, la reunion dopo qualche anno è stata perfetta con i loro personaggi finalmente adatti alla loro attuale età. Padri di famiglia con caratteristiche precise, che proprio come nella vita reale non posso evitare di passare del tempo insieme.
Click è uno dei film più iconici di Adam Sandler, perché riesce a mixare perfettamente la fantascienza o il misticismo con la comicità e una profondità tipica di molti suoi film, un finale molto intenso che però ci regale un lieto fine per dare pieno significato a tutto quello che succede nel film.
La parte in comune di questi film è l’importanza del tempo, casualmente mi sono capitati la stessa sera uno dietro l’altro e non ho potuto fare a meno di metterli azzardatamente insieme per questa recensione.
Odio l’estate è un film del 2020 con protagonisti Aldo, Giovanni e Giacomo e diretto da Massimo Venier. Questo è il decimo film del trio comico e il terzo film italiano per incassi al botteghino. C’era molta nostalgia di rivedere questo trio comico a certi livelli e in effetti questo film rispetta per certi versi le aspettative.
La trama è molto semplice ma ci porta subito a capire che ci potranno essere molti momenti di comicità, infatti tre famiglie si ritrovano tutte e tre nella stessa casa vacanze in un’isola della Toscana, devono così convivere nella stessa abitazione. Ogni famiglia ha le proprie caratteristiche e qualche solito problemino, Giovanni deve chiudere il suo negozio di scarpe perché non ha più clienti, Giacomo deve risolvere i problemi con sua moglie e suo figlio e nel finale si scopre che tutti questi problemi, sempre trattati con molta leggerezza, sono nulla confronto a quello che sta affrontando Aldo.
Questo film ricalca un po’ i film più famosi del trio comico, con momenti davvero divertenti, altri che fanno sorridere e alcuni momenti nostalgia come ad esempio la partita di calcio sulla sabbia. Una comicità che non cambia nel tempo ma che è molto efficace per rendere il film piacevole dall’inizio alla fine.
Nonostante si intitoli “Odio l’estate”, questo film riesce nel suo intento a farci amare questa stagione e le vacanze estive, dove si vivono i momenti più intensi e spensierati e dove potrebbe capitare di fare conoscenze che cambiano la vita. Darsi una possibilità, godersi il momento e rilassarsi, sono questi i messaggi trasmessi da questo film, che mettono un’usanza tipicamente italiana delle vacanze ad agosto.
Molto convincenti i tre comici protagonisti, mentre il resto del cast un po’ meno, soprattutto i più giovani forse un po’ troppo marginali e impacciati. Un film che nel complesso vale la pena di vedere, anche per chi non è appassionato del trio comico più famoso d’Italia.
SPOLIER ALLERT!
Sul finale si capisce che Aldo ha una malattia che gli lascia poco tempo per vivere, infatti lui voleva usare questa vacanza per vivere a pieno la propria vita fino all’ultimo e per essere il più spensierato possibile. Bellissimi i suoi discorsi sull’estate e sui momenti più indimenticabili della vita legati proprio a questa stagione. La sua rivelazione sul finale da peso a tutto il film, pur essendo un film comico assume un significato davvero profondo.
Cambia la tua vita con un click è un film del 2006 con protagonista Adam Sandler e diretto da Frank Coraci.
In questo film Adam Sandler interpreta un classico padre di famiglia, architetto che vuole a tutti i costi fare carriera per offrire una vita più agiata alla sua famiglia, facendo questo però mette sempre e solo al primo posto il lavoro trascurando alcuni aspetti della sua vita. All’improvviso mentre è alla ricerca di un telecomando universale per gestire tutti gli elementi elettronici della casa, si imbatte in una persona in Morty (Christopher Walken) una persona ambigua e misteriosa, che gli dà un telecomando magico che può gestire la vita come se fosse una tv. Mettere in pausa, andare avanti, saltare una parte della vita, tornare indietro e vedere il passato della sua vita, tutto questo grazie ad un solo click.
Ovviamente la trama è molto comica e divertente con il protagonista che sfrutta il telecomando per divertirsi e non per altro, ma a poco a poco la voglia di avere subito tutto prevale e decide di fare un passo avanti nel tempo fino alla sua promozione. Facendo così però perde attimi della sua vita molto importanti e momenti fondamentali per la sua felicità. Il telecomando si rivela una cosa maligna che si programma da sola, tiene in memoria gli “skip” e li usa ogni volta che succede la medesima cosa, cosi il protagonista continua a passare avanti involontariamente ritrovandosi, vecchio e solo in un letto di ospedale. Sua moglie con un nuovo marito e i suoi figli che non avevano più un rapporto con lui. Lui disperato, solo e malato prova a farsi perdonare esprimendo tutto il suo amore verso la propria famiglia in una scena commovente e davvero potente.
Cambia la tua vita con un click è un film davvero bello, divertente e che fa riflettere, è molto comico e ci sono personaggi davvero ben scritti come il capo dello studio di architettura interpretato da David Hasseloff o la bellissima moglie del protagonista interpretata da Kate Beckinsale. Un film per tutti che vale la pena sicuramente di essere visto.
L’IMPORTANZA DEL TEMPO…
Questi due film hanno in comune il messaggio che lasciano alla fine della loro visione, cioè, l’importanza del tempo e dei momenti felici. Il finale in entrambi i film non è molto comico, anzi ha un forte significato di dare importanza alle piccole cose sempre, godersi di più tutti i momenti anche quelli che ci sembrano noiosi e cercare di passarli con le persone giuste. Troppo spesso nella vita inseguiamo persone e cose che non ci dedicano il loro tempo e le loro attenzioni, come i protagonisti di questi film tutti dietro al proprio lavoro dimenticandosi quanto è bello godersi i piccoli momenti della vita, come una semplice vacanza tutti insieme.
Adam scorre veloce parti che apparentemente sono tristi, fino a perdersi nei meandri delle sue ambizioni facendo scorrere velocemente anche momenti come il sesso con sua moglie, oppure i momenti di felicità con i propri figli, la cosa più preziosa che ha la sacrifica perché pensa di non avere tempo. Ha in mano lo strumento per vivere ancora più intensamente certi momenti, frizzare per un attimo il sorriso di sua moglie goderselo in pieno, riempirsi di gioia grazie a quell’attimo, mentre lui fa l’opposto.
Aldo nel suo film è un personaggio molto spensierato che si vuole godere la vacanza al massimo, capisce l’importanza di quei momenti perché non gli resta più molto tempo, si vuole godere ogni singolo aspetto della sua vita, sua moglie e i suoi figli. Realizza pure il suo sogno di cantare con Massimo Ranieri, si riempie di gioia e di vita grazie a quel momento, che si dura solo qualche minuto della canzone ma che lo rende l’uomo più felice del mondo.
Cambia la vita con un click è un film del 2006 ma è estremamente automatico, lui insiste più volte che ormai è sul pilota automatico, non ha più controllo sulla sua vita, ogni momento e veloce sfuggente e non può dargli più emozioni, perché ormai il telecomando ha capito che deve portarlo avanti solo fino agli step del suo lavoro, salta tutto e si perde tutto. Proprio come molte persone di oggi che danno tutto per scontato, non notano nulla e non capiscono chi sono le persone davvero importanti, sono quelle che ti dedicano del tempo. Dedicare il proprio tempo ad una persona è un grandissimo gesto d’amore, viverli con intensità invece e un favore che facciamo a noi stessi. Deve sempre battere il cuore come nella scena con Linger dei Cranberries dove i due protagonisti si danno il primo bacio, tutto con quella bellissima e unica intensità.
In Odio l’estate c’è una scena in cui Aldo, Giovanni e Giacomo sono in macchina e stanno andando a recuperare il figlio di Giacomo che è “fuggito” a 500 chilometri dalla casa vacanze, c’è Giacomo che sottolinea una cosa in auto, ringrazia gli ormai due amici e gli dice “è in questi momenti che si riconosce il vero valore di una persona”. Questa frase racchiude tutto il significato e l’importanza dell’esserci, di essere presente e disponibile per una persona, di poterle dedicare il nostro tempo. Il tempo, la sua importanza sottolineata un’altra volta in questi film. La bellezza di viverlo al massimo con le persone giuste, se stiamo bene con una persona fermiamoci li, non corriamo dietro a chi non ci merita, che sia per amore o per lavoro. Non importa soldi, bellezza e popolarità se non siamo in grado di conoscere la vera felicità. Fermatevi alla persona che fa chilometri solo per vedervi 5 minuti, che vi dedica tutto il suo tempo anche solo per lasciarvi sfogare come fanno le mogli dei protagonisti in “odio l’estate” che si fermano spesso a parlare e si dedicano del tempo per sfogarsi a vicenda.
Adam Sandler ci fa capire che importante dire un “ti voglio bene” fino quando si ha tempo, che è importante dare il giusto peso alle piccole cose e agli attimi, abbracciare i propri figli e sapere com’è andata la giornata della propria compagna di vita. Interessarsi agli altri, godere della loro felicità e del loro piccolo e prezioso tempo.
Raccontami di un giorno perfetto è un teen drama del 2020 diretto da Bret Haley, la pellicola a come protagonisti Elle Fanning e Justice Smith ed è l’adattamento cinematografico del libro “All the bright places” di Jennifer Niven, qui co-sceneggiatore con Liz Hannah.
Il film si propone come un teen drama molto serio, che non prende le cose con troppa leggerezza, capiamo subito gli aspetti negativi della vita di uno dei due protagonisti, la ragazza interpretata da Elle Fanning, Violet, ha perso la sorella da qualche mese per un incidente stradale, e chiusa in se stessa, molto spenta.
Theodore Finch (Justice Smith) è un personaggio molto complesso che ha come obiettivo quello di far rivivere Violet, di farle apprezzare la vita, è un personaggio molto misterioso, solare e difficile da comprendere, infatti nessuno nel film lo comprende fino in fondo. Nasconde un forte dolore, un forte disagio e dedica tutto sé stesso per la felicità di Violet.
I due si conoscono a poco a poco perché si ritrovano a fare insieme un progetto di geografia in cui devono fare ricerca sulle bellezze dell’Indiana. La scelta non è casuale, perché appare come un posto noioso, monotono dove non c’è nulla di particolare. Il film punta molto su questo, sulla bellezza delle piccole cose, non importa se il punto più alto dello stato è solo a 400 metri di altezza, l’importante è fermarsi sul dettaglio, sulla bellezza e apprezzare ciò che si ha.
Il film pecca un po’ di troppa lentezza, diventa troppo noioso a tratti e i dialoghi non sono mai banali, sono spesso pesanti e parecchio incisivi, non si scherza, ma si parla di argomenti pesanti come suicidio, solitudine e pazzia e depressione. L’unione dei due protagonisti non è del tutto coinvolgente e non convince del tutto, anche se la recitazione è buona.
Raccontami di un giorno perfetto ha una piccola perla nel finale, un monologo davvero bello, con delle parole davvero significative da far sentire nelle scuole, c’è tutta la profondità di questo film, la serietà che si porta dietro. Un monologo che insegna che fa commuovere e che emoziona. Esprime in esso il potere che può avere un film o un libro, che con le sue parole trasmette messaggi di vita, piccoli segreti che tutti noi dovremmo sapere per ricordarci di essere felici.
Un film che sicuramente ha i suoi difetti ma che sicuramente ti trasmette qualcosa, e penso che a volte sia questo l’importante.
Piccolo estratto del monologo finale.
“Mi ha insegnato a meravigliarmi mi ha insegnato che non serve scalare una montagna per sentirsi in cima al mondo che anche i luoghi più brutti possono essere bellissimi se ti concedi il tempo per guardarli mi ha insegnato che fa bene perdersi se si trova la strada per tornare”
Windfall è un film del 2022 diretto da Charlie McDowell, un film particolare perché formato solo da 4 interpreti di cui non si sa mai il nome.
Jason Segel è il ladro, Lily Collins la moglie e Jesse Plemons il Ceo, poi c’è il giardiniere che è più una comparsa che un attore principale. Il film gioca molto sulla sua semplicità con uno stile un po’ anni 60′ in un genere che rimane sul drammatico ma che ogni tanto sfiora la commedia. Nel complesso di potrebbe definire una dark comedy.
Un ladro viene scoperto in una casa vacanze da una coppia nella propria residenza estiva, tra i tre si crea una strana situazione di stallo, tra imbarazzo, tensione e incredulità. La linea tra violenza improvvisa e inaspettata e ironia e serenità è davvero sottile in questo film, che una escalation finale davvero ben fatta.
Il significato rimane un po’ complicato, a tratti il film confonde con la complessità di alcuni personaggi, il CEO e la moglie soprattutto, con dialoghi che spaziano un po’ su tutto e che puntano soprattutto sulla ricchezza e la povertà. Ogni giorno che passa si percepisce di più la tenzione con il ladro che continua a fare scelte bizzarre e sbagliate e che si sente in trappola. Non si riesce proprio a capire come andrà a finire.
Jesse Plemons ultimamente è in uno stato di grazia, e anche in questo film recita davvero bene e nel complesso è il personaggio a cui gira intorno tutta la storia, anche con alcune sottotrame interessanti. Un personaggio che cresce e si mostra a poco a poco nel corso del film e che crea una netta divisone da quello che appare all’inizio.
Potrebbe essere uno spettacolo teatrale per la sua semplicità, ma anche come film funziona abbastanza con qualche piccolo difetto, ma che rimane piacevole da vedere e in cui non facile perdersi, tutto è molto realistico, anche se gioca molto sul paradosso del prigioniero, tutti sono prigionieri di qualcosa.
Un film che consiglio per la sua particolarità, sicuramente è qualcosa di diverso da vedere.
Project X è un film del 2012, girato nello stile del falso documentario, è una commedia girata quasi completamente del punto di vista di una sola telecamera e diretto dal regista Nima Nourizadeh. Questo film ha la capacità di stupire fin dai suoi primi attimi con questa particolare inquadrature inusuale per un film da cinema, perchè la prospettiva è sempre quella di una videocamera, come se qualcuno stesse filmando poco a poco tutto. Questo ci incuriosisce e ci fa entrare di più nelle dinamiche del film, quasi da sembrare parte del gruppo.
Si presenta quasi come un film su youtube, sembra una storia vera, è un film con giovani, fatto per i giovani, i film che ci risveglia qualche ricordo e che ci fa esaltare per ciò che succede, tra risate e incredulità. La trama è semplice ma super efficace, è il compleanno di Thomas, i suoi due amici, un po’ “sfigati” come lui, decidono di organizzare una festa per il suo compleanno a casa sua, approfittando del fatto che i suoi genitori saranno in vacanza per il weekend. Costa uno dei suoi amici ha grande carisma e riesce a cerare un enorme passaparola che è talmente efficace che la festa diventa sempre più grande con sempre più persone, fino alla quasi devastazione della casa e parte del quartiere.
Project X è un sogno di ribellione dei giovani, la voglia di divertirsi di vivere le serate senza pensare al futuro, o al proprio passato, vivere il momento come se non ci fosse un domani, sono giovani, spensierati, ma allo stesso tempo sembrano avere problemi molto più grandi degli adulti, Thomas vuole che la sua festa sia indimenticabile e per molti versi lo sarà. Il film ci butta dentro la festa, ci vuole coinvolgere e lo fa splendidamente, tutti noi vorremmo essere stati li, perchè in certe occasioni quello che conta e esserci stato anche se ognuno vive il divertimento a proprio modo. Un film che non ha grosse pretese ma che sa stupire in modo positivo fin da subito e che è difficile da non apprezzare, perchè va a toccare i sogni di ogni giovane, quella voglia di ribellione e di festa che abbiamo tutti in un certo periodo della nostra vita.
Project X diventa quasi un cult del suo genere, diventando uno dei film meglio riusciti su feste ed eccessi giovanili, un film che piace a tutti e che penso sia da vedere assolutamente, non è diseducativo e semplicemente più reale di quanto si crede, perchè tutti anche se in più piccole dimensioni hanno vissuto momenti simili da raccontare agli amici. Questo film è una estrapolazione dei sogni di una notte della generazione Z che vuole sempre l’eccesso, il divertimento estremo, la popolarità, vuole staccare dal mondo, perchè il mondo è troppo grande per loro. Sta collassando tutto, va tutto a fuoco, la pandemia, il pianeta che muore, il futuro è estremamente buio e triste, i giovani hanno bisogno della loro festa alla Project X, e questo film ti da l’occasione di sognare e di immedesimarti nei protagonisti, insegnandoci la bellezza di vivere almeno un giorno nella vita come se fosse l’ultimo. Il bello di questo film è proprio al leggerezza, non c’è filtro, c’è realtà, impatto, anche droghe, alcol a fiumi, musica a palla e sesso, perchè delle volte la vita è anche questo, anzi noi non facciamo altro che inseguire momenti del genere.
Mi spiace che questo film non sia conosciuto come dovrebbe, è un ottimo film per giovani che hanno voglia di qualcosa di alternativo, qualcosa di estremamente vicino a loro, qualcosa in cui identificarsi veramente. Assolutamente da vedere.
QUATTRO CHIACCHIERE: Alla ricerca della felicità, Collateral Beauty, Sette Anime e anche Life in a year come produttore esecutivo, un attore che non ti aspetti in certi ruoli, ma che sa scegliere, storie bellissime guidate dai sentimenti
scena tratta dal film Sette Anime
Nel mondo del cinema funziona spesso così, è l’attore a portare sotto i riflettori un film ed è sempre grazie alla sua popolarità che progetti low budget ma con una splendida sceneggiatura, riescono ad essere prodotti e ad entrare nella storia del cinema. Anni fa è successo questo al nostro Gabriele Muccino, che voleva produrre un film tratto da una storia vera ma non ne aveva i mezzi, non trovava una casa di produzione disposta ad offrigli un buon budget, anche perchè era un regista sconosciuto. Quella sceneggiatura passò di mano a quello che già in quegli anni era amico di Muccino, un attore molto popolare e che già aveva lavorato come produttore esecutivo, un attore riconosciuto, popolare e che sicuramente sapeva attirare attenzione su di se, quell’attore era ovviamente Will Smith che leggendo la sceneggiature voleva a tutti i costi che fosse lo stesso Muccino a dirigere quel film.
“La ricerca della felicità” ebbe un successo clamoroso, grazie a Muccino, Will Smith si cuce a pennello questo film facendo una di quelle che tutt’ora è una delle sue migliori interpretazioni, un film che mette al centro di tutto i sentimenti, la vita e la voglia di felicità. Un ruolo inaspettato per Will Smith che era diventato famoso per film più da azione, dove lui era il classico belloccio, eterno ragazzino che non vuole staccarsi troppo dai suoi esordi come “Principe di bel air”. Will ci stupisce fin da subito in un film che anche grazie al regista, ci commuove, ci tiene attaccati allo schermo e ci fa riflettere un sacco, un film fatto di sentimenti veri, intensi e che prende molto seriamente le situazioni della vita. Una storia che in se nasconde un sacco d’amore, l’amore paterno che si crea tra padre e figlio, la volontà di farcela di arrivare, di fare soldi si, ma per un unico fine, regalare al proprio figlio un futuro migliore. Con questa produzione Smith conquista tutti, non si sa se è un caso o se davvero il principe di “Bel Air” sa trattare temi di un certo peso, intrinsechi di sentimenti che sono protagonisti nella nostra vita.
La collaborazione tra il regista Italiano e Will Smith non finisce li, perchè un paio di anni dopo esce un nuovo film in cui l’attore di Filadelfia e sia protagonista che produttore esecutivo, e anche qui abilmente si colloca perfettamente al suo interno, in un tentativo di prendere una determinata direzione nella sua carriera, sembra quasi che vedremo lui solo in ruoli simili, seri e intensi, Sette Anime è emotivamente un pugno allo stomaco, è una storia che ti fa letteralmente commuovere, che ti segna nel profondo e anche qui è innegabile che Will Smith ha scelto la giusta storia da raccontare e che con i sentimenti ci sa fare, sa come trattarli e con chi potrebbe raccontarli al meglio. Sette Anime è un altro passo avanti, un film dai significati profondi, che ci fa riflettere un sacco, ci sconvolge ma che allo stesso tempo di “consola” un po’ con il finale. La vita, il valore della vita viene messo al centro di tutto, lo percepisci e ne rimani coinvolto, tutta la potenza emotiva della generosità, della gentilezza, dell’altruismo vengono trasmesse tramite questa pellicola.
Eppure non riusciamo ancora a staccarci dal classico Will Smith, perchè comunque ne abbiamo bisogno, è un attore semplice ma che difficilmente fa film davvero da buttare via, a parte un paio, e quindi i sentimenti ci sono ma sono sempre ben nascosti, un po’ più difficili da captare e da percepire, va su film più di azione, più semplice dal lato emotivo, ma sicuramente più complessi da quello visivo, ci piace questa sua versione, ma poco a poco, ci rendiamo conto che in fondo abbiamo bisogno anche della sua capacità di trattare i sentimenti, le storie di spessore, così dopo qualche anno, arriva al cinema “Collateral Beauty” un altro viaggio meraviglioso nella vita, nella sua importanza e nei sentimenti, anche qui difficile non commuoversi. La sua capacità di selezionare il giusto prodotto ormai è evidente, Will sbaglia scelte in altri tipi di film, ma se ci sono di mezzo discorsi seri e sentimenti non sbaglia mai e anzi prende sempre progetti tra le mani che a mio parere sono davvero delle piccole perle. In Collateral beauty non è produttore esecutivo, ma è comunque l’attore protagonista, anche questo un film che mette al centro di tutto il valore della vita, la sua importanza, il bello di vivere i sentimenti appieno, con tutto se stesso, un elemento importante che poco a poco si sta perdendo. Sono film che vanno studiati e capiti che andrebbero fatti vedere nelle scuole per poi parlarci su per ore, perchè c’è una fuga dai sentimenti nei giovani che mi fa davvero preoccupare. Un allontanamento a tutto ciò che è davvero vita per affidarsi solo alla felicità materiale, perchè in fondo i soldi non ti tradiscono mai, le persone si. I film di Will Smith ci tengono con i piedi per terra, ci fanno vedere il dolore della vita ce lo sbattono in faccia anche con violenza, ma allo stesso tempo in tutti, si capisce il valore dell’amore, che va al di la della semplice vita personale, i sentimenti quasi viaggiano tra le dimensioni e rimangono vivi anche dopo la morte, rimangono sul nostro pianeta, più forti e robusti di qualsiasi cosa si possa comprare con i soldi.
Il valore della vita, il bello di amare, la capacità di soffrire, sono tutti elementi presenti in questi film che si riconferma nella sua ultima produzione fatta a pennello, come piace a lui, per il proprio figlio, con “life in a year” riconferma per l’ennesima volta la sua capacità di scegliere le storie giuste, anche qui sentimenti al centro di tutto, il valore della vita, dei momenti e degli attimi da vivere al cento per cento, buttarsi completamente nell’amore pur sapendo che prima o poi ci farà male. Siamo terrorizzati da ciò che potrebbe farci l’amore, ormai lo vediamo come solo dolore, amiamo si una persona, ma già pensiamo a quando finirà, non possiamo fare altro che pensare al peggio, alla fine e ne siamo terrorizzati, non ci sentiamo più pronti, così “vendiamo” il nostro copro vuoto al miglior offerente, pensiamo che i soldi ci salveranno, e fuggiamo, siamo sempre in fuga. Se qualcuno ci ama incondizionatamente andiamo nel panico più totale. Ci sentiamo in colpa se non ne corrisposto, non ci sentiamo mai all’altezza e fuggiamo da un possibile dolore, dalla verità, proprio come Will Smith in Collateral beauty, dove tra l’altro c’è una canzone meravigliosa dei One Republic, proprio in questo film il protagonista fugge dal dolore, crea una bolla per non ricordare ciò che è successo, una persona spenta, confusa che non sa più che fare della propria vita, ma che capisce che per guarire serve amore, tanto amore, serve una persona che capisca davvero il suo dolore. Anche lui fugge via, meglio il lavoro, meglio spegnersi in pianti nascosti affossando la testa nel cuscino, o bevendo a più non posso perchè la vita è bella così. Ma i sentimenti sono più forti e se li sai raccontare sono ancora più belli, i film si trasformano in piccole lezioni di vita che possono essere raccontate anche fuori dalla sala. Ma questo lo sapete già, è una delle cose meravigliose del cinema, e il suo potere, insegnarci qualcosa da condividere. Ecco appunto, la condivisione è un altro elemento fondamentale dei suoi film, la vedi ne “la ricerca della felicità” in “sette anime” e anche in “Life in a year”, condividere i momenti d’amore, viverli con tutti noi stessi è importante, fondamentale e non vanno mai rinnegati, non pentiamoci mai di momenti in cui c’era tutto il nostro amore anche se le cose dovessero andare poi male, quei momenti sono rimasti impressi nel tempo, nel nostro cuore, non si possono rinnegare, non si può sempre fuggire.
Will Smith sceglie bene, ci regala queste piccole perle e spero continuerà a farlo, sono sicuro che anche il film che sta per uscire, quello delle storia delle sorelle Williams, sono sicuro che ci regalerà dei momenti stupendi, con sentimenti veri e importanti. Già dal trailer lo si capisce e si intuisce l’importanza di alcune parole. Un altro viaggio nei sentimenti ben congeniato, ideale e utile, si perchè delle volte è molto utile avere dei film così, come è utile avere certe canzoni che magari ci fanno commuovere, che ci fanno capire il valore della vita, il valore di vivere sempre e comunque i sentimenti a mille, di amare davvero senza pensare sempre e solo alle conseguenze, non deve più esistere il concetto che delle volte si ama troppo, l’amore è vita. Come nei suoi film bisogna amare anche nel dolore. Bisogna trarre forza e ispirazione da ciò che ci mostra nei suoi film, in questo tipo di film, lui è sempre perfetto, alza il livello della sua recitazione e sembra che anche suo figlio abbia queste caratteristiche, forse è un dono di famiglia.
Ho voluto parlare di questo lato di Will Smith che rimane un po’ nascosto o che comunque non si da peso, ma questo serve per far capire le mille vie che ha il cinema, le sue possibilità sono davvero infinite, con combinazione, di parole, musica e fotografie stupende. Il cinema è un arma potente in qualsiasi modo la si voglia usare, perchè in fondo è la trasposizione visiva dei nostri sentimenti, che sia amore, paura, adrenalina o dolore. Bisogna sempre essere pronti a captare ogni sfumatura di ciò che si vede, e non vale solo per i film, ma anche per le persone, impegnatevi a notare i dettagli perchè sono un infinità di mondi meravigliosi. Il cinema ci fa capire l’importanza degli attimi della loro intensità, proprio come nei film di Will in 120 minuti o poco più, facciamo un viaggio tra mille emozioni, possiamo quasi ridere e piangere alla stesso tempo, e se si può fare con un film, pensate con la propria vita. Proprio come il titolo del suo film, andate alla ricerca delle felicità!!!