Recensione nel tempo di un caffè

L’uomo che vide l’infinito è un film del 2015 scritto e diretto da Matt Brown, tratto da una storia vera, questo film parla della breve ma intensa storia del matematico indiano Srinivasa Ramanujan.
Siamo nel 1914 alle porte della prima guerra mondiale e un giovane indiano dalle spiccati e geniali doti matematiche viene chiamato a Cambridge, in Inghilterra, per dimostrare le sue formule. Ramanujan (Dev Patel) si dimostra fin da subito un vero genio e alcune delle sue formule hanno rivoluzionato il mondo della matematica, questo film è un piccolo tributo a questo genio e alla sua amicizia e collaborazione con il professor. G.H. Hardy (Jeremy Irons).
Questa pellicola ha un fascino accademico, girata praticamente tutta in una università, ci trasmette un forte senso di conoscenza e passione per essa, la citazione su Newton è frequente e affascinante, e ancora oggi la figura del giovane matematico indiano Ramanujan stupisce in ambito matematico e accademico. Un film semplice, ma complesso nei suoi calcoli e lontano da un pubblico che di matematica non sa nulla, affascinante nella sua sapienza.
L’ammirazione di Hardy verso il suo “allievo” è quasi spiazzante e determinante nel film, un professore di altissimo livello che si mette al servizio di un giovane genio per farlo crescere e aiutarlo a dimostrare delle formule creative, strane, geniali ma che nel tempo si sono dimostrate esatte.
Questo film ha anche un po’ un piccolo contrasto scientifico/religioso, con un uomo molto credente come Ramanujan, spinto dalla fede e dal suo dono, e un uomo burbero, ateo nel suo pensiero, ma in fondo credente nell’arte della conoscenza. Una frase emblematica identifica il film come qualcosa di poetico e più espressivo della semplice matematica. Quando il prof. Hardy afferma che loro (matematici) non creano nulla, ma semplicemente scoprono qualcosa, non creano le formule, ma semplicemente trovano qualcosa che già esiste nell’universo e che qualcuno ha messo li.
La passione, la scienza e la matematica sono al centro di tutto, un dono di “vedere l’infinito” citato anche spesso nel film, questi sono i punti cardine d questa pellicola che nel suo complesso e delicata, armoniosa e centra perfettamente il suo obiettivo, un film che ho definito “accademico” più per la sua location, ma anche per la sua espressione e ordine, un elogio prezioso ad un genio matematico poco riconosciuto fuori dall’ambito scolastico, un film che merita, quanto a chi è dedicato.

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