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KILLERS OF THE FLOWERS MOON: L’ULTIMA OPERA DI SCORSESE

QUATTRO CHIACCHIERE: le prime impressioni al trailer e alle recensioni dell’anteprima dell’ultimo film di Scorsese.

Killers of the Flowers Moon si prospetta come qualcosa di davvero bello e affascinante uno di quei film alla Scorsese, lunghi ma dettagliati e sempre di un livello elevatissimo.

Di questo film da poco uscito un piccolo trailer, un teaser che in poche immagini ci fa subito immergere in una escalation di emozioni e la cui trama è già intuibile senza leggere nulla a riguardo.

Una lotta per la sopravvivenza, l’avidità dell’essere umano nella sua massima espressione, in un western che non ci mostra il duello con pistole e cavalli, ma un duello tra uomini di potere e abitanti del luogo la cui vita viene stravolta dalla scoperta dell’oro nero. Questo film rappresenta l’apice della denuncia verso la violenza americana nei confronti delle popolazioni indigene.

Il film è tratto da un libro che a sua volta racconta fatti realmente accaduti, in cui in Oklahoma negli anni venti, viene scoperto un giacimento enorme di petrolio proprio sotto le terre degli Osage. Quando la notizia di sparge per il paese iniziano una serie di sparizioni e uccisioni preoccupanti e la popolazione Osage è abbandonata al suo destino. Un detective di una, allora embrionale FBI, prova ad indagare su ciò che sta accadendo in quei luoghi.

Stando alle prime recensioni il film è di altissimo livello, dopo poco ci si rende conto che è proprio un film di Scorsese che stando alle sue dichiarazioni è stata anche merito di Apple Tv che figli ha permesso di aspettare e di immergersi i quei luoghi e in quel che resta di quelle popolazioni. Altre recensioni addirittura, parlano della migliore interpretazione di Leonardo Dicaprio il che viste le sue interpretazioni passate non è cosa da poco. Al festival del cinema di Cannes c’è stata una standing ovation di 10 minuti per il film, dopo la sua lunga durata di 3,30 ore circa.

L’uscita è prevista per l’autunno, in qualche sala cinematografica per un breve periodo e poi sulla piattaforma di Apple tv. Un colpo clamoroso per la piattaforma che si prende quelle che potrebbe essere davvero l’ultima opera di Scorsese. Oltretutto sembra che questo film racchiuda un po’ sé stesso, con uno stile western che strizza l’occhio un po’ alle lotte da gangster, con questa forte e accesa violenza tra due fazioni.

Il trailer fin da subito ci focalizza che ci sono dei “lupi” delle persone avide che non vedono l’ora di appropriarsi di quelle terre, uccidendo se necessario i loro legittimi proprietari. Un’ennesima storia crudele e di violenza americana che andava la pena di essere raccontata in un film.

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OGGI È IL COMPLEANNO!

QUATTRO CHIACCHIERE: il Mio rapporto con i film, le serie e il cinema, una passione profonda che crea forti emozioni.

Per il mio compleanno ho deciso di fare un articolo speciale, molto più personale e meno distaccato e obiettivo, in realtà in ogni mio articolo o recensione metto una parte di me, ma voglio scrivere qualcosa di più, qualcosa di leggermente diverso dal solito. 30 anni sono già pesanti, con la consapevolezza che gli obiettivi della propria vita sono ancora distante e che i sogni ad occhi aperti siano ancora troppo distanti e lontani dalla realtà.

In fondo perché no? ogni giorno degli ultimi anni è sembrato un po’ un episodio di una lunga serie pre apocalisse, con pandemie e guerre e con un’incertezza sul futuro che pesa sulle nostre generazioni. Tutto questo si ripercuote anche nel mondo del cinema, con film di successo che sono fatti per distrarre il pubblico, farlo sognare con storie di supereroi e fantasia. Più si hanno cosa da perdere e più si ha paura di perderle, una volta si aveva poco o nulla, quindi una crisi ti tipo economico sociale aveva un peso minore e conseguenze meno evidenti.

Al giorno d’oggi siamo legati indissolubilmente ad una connessione come il fungo di The Last of Us che tiene tutti collegati sotto il terreno, noi con le nostre connessioni i nostri cellulari, tutti a messaggiare e stare in contatto, non più abituati e non sentire qualcuno anche solo per qualche ora. Il cinema e le serie sono uno degli argomenti più popolari nelle compagnie di amici e sui social, perché ci fanno sognare e staccare dalla realtà, sogniamo si fare una rapina che ci renda ricchi e liberi, oppure di fare surf alle Outer Banks e perché no essere belli e sicuri come tutti i personaggi delle nostre serie preferite. Teenagers belli e speciali come in Elite, Riverdale o Mare Fuori di cui tanto si parla adesso, principalmente perché gli attori sono attraenti.

La bellezza estetica al giorno d’oggi è un punto fondamentale del cinema, in realtà lo è sempre stata, dove non c’è peso e sceneggiatura, si punta a qualcosa di estetico che possa attirare il pubblico con una copertina stupenda e un contenuto scarno. Siamo abituati a vedere e sentire, non ci bastano più le scritte quindi anche l’occhio vuole la sua parte. Immagina un Titanic senza la bellezza di Leonardo DiCaprio, la storia diventerebbe poco credibile, con la ricca che va con il povero e brutto. Il cinema ha bisogno di bellezza e talento e spesso in questo mondo le cose coincidono.

I film e le serie sono sempre uno specchio della nostra società, se una cosa fa troppo controcorrente la sentiamo estranea e non veritiera. Distanti sempre dal mondo del lavoro, con lavori stupendi e poco monotoni o con vite con mille avventure ed esperienze, perché il mondo cinematografico serve a questo a farci sognare con le sue sfumature e colori, con le sue storie assurde, fantastiche e uniche.

C’è un’infinita scelta per tutti i gusti, difficile non trovare qualcosa adatto a noi, qualcosa che ci faccia dimenticare tutto per quelle tre ore, staccare dal mondo e perdersi nella fantasia. La bellezza del cinema è un gruppo di persona che crea arte visiva, musicale e di scrittura, un mix unico di forme d’arte tutte insieme. Perdersi in monologhi stupendi come in Will Hunting, oppure in viste di mondi alieni come in Avatar, o viaggiare nel tempo e nello spazio in Interstellar. Il cinema può tutto ed è questa la sua bellezza.

Il mio rapporto con il cinema è sempre dei migliori, lo amo immensamente, mi piace studiarlo a fondo capirne i segreti e immaginare una mia versione dei film, non faccio solo recensioni, ma scrivo storie, serie, libri e perché no anche pensieri e poesie. Le serie e in i film sono pezzi di sogni della nostra mente, creati e messi in scena, una cosa bellissima e unica. Abbiamo la possibilità di creare mondi con il solo potere della scrittura, dove tutto parte.

Il cinema per me è passione, non mi guardo solo un film, ma lo studio, lo analizzo per migliorare l’esperienza visiva, non c’è cosa migliore che avere una passione per ciò che si fa, avere la possibilità di sognare e di crederci che prima o poi questo possa diventare un lavoro, non importa quanto sia difficile, ma quanta passione e impegno ci metti, in modo che anche se non si realizzerà avrai comunque riempito la tua vita, Poi Tolkien ci insegna che molte opere hanno bisogno del loro tempo per essere davvero apprezzate.

30 anni sono tanti, ma sono ancora pochi pensando a quante cose posso fare per il mondo del cinema, per la mia creatività e non vedo l’ora di vedere nuove opere d’arte, nuove storie, nuovi attori che crescono e nuovi effetti visivi sempre più incredibili. Reboot, sequel, spin off, fate quello che volete, l’importante e che mi fate perdere nel mondo dei sogni del cinema.

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AMERICAN PSYCHO: TRA FOLLIA E GENIALITA’

Recensione nel tempo…

American Psycho è uno dei quei film iconici, conosciuti più per i meme e le immagini presenti su internet che per la sua vera forma e trama, un film spesso citato, e nominato, ma che sfortunatamente, fino a ieri sera, non avevo mai visto.

Scorrendo nel catalogo Netflix mi ritrovo davanti a questo film del 2000, diretto da Mary Harron e tratto dall’omonimo romanzo di Bret Easton Ellis. Con un incredibile come sempre, Christian Bale.

Un film molto enigmatico, a tratti folle e complicato, dai mille significati che ogni spettatore può provare ad estrapolare, American Psycho è un viaggio nella follia mentale di un uomo, vittima di sé stesso e del mondo in cui vive. Patrick Bateman appare come un uomo perfetto, ricco, intelligente e bello che si prende cura di sé stesso e che non sbaglia una mossa, un uomo perfetto, ma collocato in un mondo tutto uguale, in cui le persone si vedono tutti i giorni ma sbagliano il nome e in cui un bigliettino da visita può fare la differenza. La descrizione di una follia omicida, perpetrata da Bateman per quasi tutto il film, con Christian Bale che grazie alla sua interpretazione riesce a trasmettere tutta questa strampalata storia.

American Psycho è una estremizzazione del mondo americano dei Broker, un piccolo precursore di “The Wolf of Wall street“, ma con molta molta più follia e meno realtà. Un viaggio nella follia di un uomo che non sa più nemmeno cosa sia reale e che confonde anche lo spettatore che rimane un po’ spiazzato dal finale e che si fa mille domande. Ci ritroviamo a chiederci se tutto quello che abbiamo visto sia vero o frutta della sua fantasia, spezzando in due l’opinione su questo film.

La follia ha sempre il suo fascino, il film è scritto davvero bene e anche la regia è di buon livello, i mille dubbi e domande lasciate dal finale, non fanno che dare ancora più valore a questo film. Un film che potrebbe diventare tra poco una serie tv. Chi non l’ha visto come me fino a ieri, deve assolutamente vederlo, e capire da che parte stare.

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THE CONJURING UNIVERSE: UNA CONCEZIONE DELL’HORROR DEL TUTTO NUOVA

QUATTRO CHIACCHIERE: Forse il primo e vero universo horror, con spin-off e prequel, con i Warren come spunto narrativo.

The Conjuring Universe ha rivoluzionato un po’ il mondo dell’horror e lasciato una traccia importante nel genere, rendendolo più accessibile a tutti e creando una grossa curiosità nelle sue storie, grazie alla storia vera dei Warren.

Tutto è partito con il primo film del 2013, un film dalla storia classica di esorcismo, ma che attirò molto la curiosità del pubblico essendo tratto in parte da una storia vera, qui si viene a conoscenza di Ed Warren e sua moglie Lorraine due famosi demonologi che hanno passato la loro vita alla ricerca di forza oscure e di possessioni. Nella loro casa è presente una stanza piena di oggetti posseduti che hanno trovato durante le loro esperienze paranormali. La forza di questo franchise è stata quella di puntare su di loro e non sulle storie che raccontano. Il primo film racconta dei Perron una famiglia che ha subito eventi inspiegabili appena si sono trasferiti in una casa del Rhode Island.

L’evocazione è il classico esorcismo, ma con una cura dei dettagli e della regia davvero degna di nota, con un James Wan che conquista tutti con il suo stile, l’Horror fa un passo in più e finalmente dopo anni dal film più iconico di sempre nel suo genere “L’esorcista”, un film horror non viene più considerato film di seconda categoria. The Conjuring non è solo paura, tensione e grossi balzi sul divano, ma anche un film con una trama che mette grande curiosità e che ti innesta la necessità di sapere altro sui Warren.

Tutto si evolve velocemente, viene prodotto uno spin-off sulla bambola posseduta vista nel primo film, Annabelle, che però non riscuote delle recensioni positive, ma il franchise non si ferma e mette in produzione altri progetti. Il vero film di questo universo è sicuramente The Conjuring 2 – Il caso Enfield, una storia che molti già conoscevano e che non vedevano l’ora di vedere sul grande schermo in un film. Questo è un film che viaggia da solo anche senza la presenza dell’horror, un thriller a tutti gli effetti, con una grossa traccia di vero paranormale solo nel finale. Come nella storia vera rimane il dubbio tra realtà e finzione, sembra quasi sia la bambina a fare tutto. Nonostante sia un film Horror il dubbio si insinua nel pubblico anche se è consapevole di ciò che lo aspetta. Anche qui i Warren sono i grandi protagonisti, portano amore e mistero nella trama. C’è un bellissimo mix di canzoni, si passa dai The Clash con un bellissimo spaccato della Londra anni 70′ ad un momento di pace e amore con la canzone di Elvis Presley cantata dai protagonisti.

Veniamo a conoscenza del demone Valak, una suora demoniaca di cui ci viene mostrata la storia nel “The Nun“.

Il sistema funziona, si parte con un film che si avvicina alle storie dei Warren, per poi farne un prequel per spiegare l’origine di quel male e di quell’oggetto indemoniato. Un sistema che permette di creare un universo cinematico horror senza precedenti. I due veri film di livello sono i primi due The Conjuring, forti di essere tratti da storie vere, di cui è possibile leggere le storie online. Anche gli altri seguono lo stile ben preciso, ma si perdono facilmente in cliché classici del genere con lo sforzo di dover far paura a tutti i costi.

Uno stile ben preciso, segnato nel profondo da James Wan e dagli sceneggiatori dei primi due film. La capacità di portare il cinema nell’horror e non viceversa, con piani sequenza davvero molto interessanti e con la fotografia che supera l’obiettivo unico e solo di spaventare lo spettatore. Con questa saga, l’utente non si ferma al film, ma può fare ricerche, confrontare il cinema con le storie vere e alimentare la sua paura verso il paranormale. La storia dei Warren ha il suo fascino e ha un fascino estremamente cinematografico. Sono storie che valgono la pena di essere narrate, che spesso hanno un lieto fine e che si prestano molto ad una sceneggiatura, ovviamente con molte aggiunte di fantasia.

L’obiettivo, come nell’esorcista, non è solo quello di creare paura con la scena in se, ma con tutto il contesto, insistendo con il fatto che siano degli eventi realmente accaduti, le foto reali nel finale non sono altro che una preparazione al film successivo e ci predispongono ad avere più ansia e paura prima ancora di vedere un film della saga. The Conjuring Universe si basa su tutto ciò che ha prodotto, guardi The Nun con la curiosità di sapere chi è il demone Valak e con l’illusione che ciò che stai guardando potrebbe essere successo veramente. Nessuno potrà mai battere il fascino intrinseco che ha un film tratto da una storia vera e non potendolo fare per tutti i film, il franchise sfrutta i Warren proprio per trasmettere questa sensazione e fascino.

The Conjuring poi, porta nel mondo dell’horror la figura cinematografica e narrativa del Villain, non si combatte più con spiriti ed entità astratte, ma con qualcosa di più concreto che ha una forma e delle caratteristiche precise. Si sono visti già in altri film del genere, ma in questi c’è un’evoluzione, una cura dei dettagli e degli spin-off creati per rafforzare le caratteristiche. Annabelle ha un aspetto fin da subito terrificante, inquietante e al tempo stesso che crea curiosità, tanto da avere tre spin-off comunque di alto livello. The Nun ci mostra Valak, anch’essa da subito iconica, questa suora demoniaca che ci mette soggezione fin dal primo istante in cui la vediamo e da subito sentiamo il bisogno di saperne di più sulle sue origini.

The Conjuring Universe ha una grande capacità di creare curiosità ed è stato perfettamente ideato per questo, prima della paura viene la sete di sapere di conoscere e di informarsi e poi quando siamo già belle pronti e condizionati arriva lo spavento alimentato da ciò che sappiamo, da ciò che ancora non sappiamo e dall’esperienze dei film precedenti. Come tutti gli universi narrativi funziona man mano che si vedono i film nell’ordine in cui sono usciti.

L’obiettivo finale non è solo quello di darti il film in se da vedere ma di darti qualcosa di più, una storia vera, la curiosità sui Warren e sul mondo di cui trattano, un Villain e una regia e fotografia sempre di ottimo livello in modo da essere appagato anche a livello visivo, portando il mondo dell’horror ad un livello superiore.

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JUMANJI: RECENSIONE E CONFRONTO

RECENSIONI COMBINATE: I tre film di Jumanji dal primo storico con Robin Williams ai nuovi film con “The Rock”, in attesa del terzo film della trilogia.

Nel 1995 arriva nel cinema il film “Jumanji”, una novità assoluta, qualcosa di assolutamente nuovo e con non assomigliava a nulla. Diretto da Joe Johnston e interpretato da un grandissimo Robin Williams. Il film è tratto da un albo illustrato per bambini scritto da Chris Van Allsburg nel 1981.

Il primo film di “Jumanji” è davvero un bel film, è scritto bene, è recitato molto bene dai suoi protagonisti e può essere definito a mio parere, come una specie di horror per bambini. Infatti questo film riusciva a regalarti un misto di sensazioni tra risate e paura. Pensare alla vita di Alan Parrish chiuso nel gioco per 26 anni crea comunque un senso di angoscia. Nel complesso il film giocava molto sul giusto equilibrio tra ironia e spavento.

Il suono dei tamburi diventa subito iconico, e ci trasmette anch’esso una sensazione di paura perché ricorda molto il battito del cuore accelerato. Bello anche visivamente con scene davvero ben congeniate, anche la scatola del gioco in sé è molto affascinante con queste pedine che si muovono da sole. Il bello di questo film è che porta il gioco di Jumanji “fuori dalla scatola” e lo porta nella vita reale, quindi possiamo solo immaginare come possa essere lì dentro in base a qualche accenno folle nei racconti di Parrish. Un fascino difficile da replicare, con un intenso rapporto tra padre e figlio, infatti il cacciatore è interpretato volutamente dall’attore che interpreta il padre di Alan.

Giustamente in quegli anni non si usava molto fare i sequel, anche se questo film ci ha sempre lasciato la tentazione di sapere com’era il mondo all’interno del gioco di Jumanji, una parte di noi voleva essere risucchiata dentro come il giovane Alan Parrish.

Jumanji era un film di forte contrasti, un film dai toni un po’ cupi e con scene divertenti e più leggere solo in alcuni casi, un film con una sceneggiatura davvero ben scritta e che convinceva fin da subito. Uno di quei film con i finali aperti che non saprai mai se vedrai un seguito oppure no. Chissà come sarebbe stato un altro film con Robin Williams? Magari non avrebbe la forza del mistero e della novità che ha avuto il primo film.

Nel 2017 esce un nuovo Jumanji, che solo in piccola parte è il sequel del primo film del 1995. Diretto da Jake Kasdan ha come protagonisti Dwayne Johnson, Jack Black, Kevin Hart e Karen Gillan. Fin da subito si capisce un cambiamento dei toni, questo film è tutto comicità e ironia. Lo stesso cast è adatto alle commedie e il titolo Jumanji in sé, serve solo per attirare pubblico e c’entra poco o nulla con il primo film. Questo apre un nuovo ciclo, una nuova tipologia di film di Jumanji, forse più moderna e più adatta al pubblico dei giorni nostri.

Questo Jumanji – Welcome to the jungle è molto diverso dal primo, ma nel complesso è una bellissima commedia, fa molto ridere ed è ben scritto e recitato. Punta tutto sulla leggerezza, su battute semplice e sulla comicità dei propri personaggi. Entra letteralmente nel gioco, e un gioco che si evolve per attirare l’attenzione è davvero una scelta geniale. Bellissima l’idea degli avatar, opposti alle caratteristiche dei ragazzini protagonisti nella vita reale.

Un film che nel complesso si presenta come una commedia commerciale, fatta per piacere al pubblico senza troppe pretese e cavalcando l’onda del successo del primo. Tutti ci immaginavamo un mondo di Jumanji completamente diverso, sicuramente più oscuro e crudo e non ci viene detto nulla sul passato di questo mondo o sulla vita di Alan Parrish li, se non una scritta su un pezzo di legno e una citazione.

Questo film perde il fascino della paura e del mistero, ma aggiunge un sacco di azione ed effetti speciali, evidenziando le differenze di concezione di film tra gli anni novanta e i giorni nostri. Il protagonista folle ma dal fisico normale come Robin Williams, viene sostituito dall’uomo muscoloso ma rassicurante come “The Rock”. Una scelta che fa storcere il naso ai molti fan del primo film, ma che nel complesso funziona ed evita di incespicare in cose troppo complesse e serie.

Jumanji – the next level è il secondo capitolo della nuova trilogia e terzo film su Jumanji. Film del 2019, ritrova lo stesso regista Jake Kasdan e lo stesso cast del film precedente. Si aggiungono al cast due attori importanti come Danny DeVito e Danny Glover.

Anche questo film punta tutto sulla comicità, usando le caratteristiche del film precedente, ma aggiungendo qualche piccola novità che aiuta il film ad essere forse ancora più divertente. Sempre molto leggero, questo capitolo aggiunge sempre più caratteristiche al mondo di Jumanji, rendendolo sempre di più un videogioco, forse anche troppo. La trama non è banale, ma risulta forse un po’ noiosa e a tratti troppo infantile, a livello visivo ancora più bello del precedente.

Gli attori recitano bene, c’è un’ottima chimica tra di loro, e sono davvero bravi a cambiare in base alle persone che hanno nel loro avatar. Tutti molto divertenti in un film che punta tutto sulla comicità e che è strutturato per fare ridere. Le scelte sulla sceneggiatura vengono fatte proprio in base alle situazioni più divertenti possibili.

In questo film viene rimarcata l’importanza dell’amicizia, del condividere le cose e le esperienze. Le cose fatte in compagnia sono sempre le migliori ed è giusto fare pace dopo un litigio. Si può sintetizzare questo film con la classica frase, l’Unione fa la forza.

Nel complesso la saga sta perdendo un po’ tutto il suo potere, la dinamica del videogioco è sì divertente ma non convince del tutto, e si percepisce forte la nostalgia del primo capitolo con quel tocco di serietà e complessità che attirano. Il trucco, le scene reali e la poca o grezza GCI del primo film lo rendono più unico e sicuramente più affascinante.

Questi due nuovi capitoli sono solo dei grossi film commerciali fatti per piacere e divertire, lo fanno molto bene ma poco c’entrano con la visione iniziale di questo mondo. Dividendoli dal primo sono film che però si reggono da soli, hanno una loro dimensione ben precisa e hanno gestito perfettamente i primi due film.

Con il terzo capitolo della trilogia, proprio come nel film 1995 si torna alle origini e sembrerebbe che il gioco uscirà di nuovo nel “mondo reale” con tutti i suoi animali e personaggi strampalati. Questo sarà molto curioso e sicuramente con i protagonisti che finalmente incontreranno di persona i propri avatar. Arrivare ad un quarto film e creare curiosità è un’ottima cosa, vuol dire che è stato fatto un buon lavoro, indipendentemente dalla somiglianza con il primo film originale.

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PACIFIC RIM: LA SAGA DEI “ROBOTTONI”

RECENSIONI COMBINATE: Pacific Rim e Pacific Rim – La rivolta, due film della stessa saga, uno sequel dell’altro ma con differenze sostanziali.

Pacific Rim è un classico esempio di come le saghe cinematografiche funzionano meno, se c’è un cambio strutturale alla guida del progetto, il cambio di regista e di sceneggiatore non aiuta la saga ad avere la giusta continuità.

Il primo capitolo è del 2013 Co-scritto e diretto e prodotto da Gulliermo del Toro. Il film si ispira ai manga e anime giapponesi con due elementi di quel mondo, come i Kaiju giganteschi mostri che distruggono le città e i Mecha, robot mastodontici e potenti, nel film si chiamano Jager.

Questo primo capitolo ha davvero un sacco di cose positive e ci sono degli elementi a renderlo davvero un buon film, nonostante l’argomento di base sia un po’ infantile, Del Toro conferisce al film è il giusto tono e la giusta dose di adrenalina. La trama è molto piacevole e ha parecchie sfumature interessanti e gestite molto bene. Ci sono personaggi ben scritti che danno il giusto impatto alla storia, tutto sembra estremamente epico e il mondo è già al collasso. Infatti veniamo immersi in un mondo in cui i Kaiju hanno già distrutto grandi città e già da anni l’umanità combatte questi mostri con robot giganti.

L’obiettivo del film è risvegliare nel pubblico i ricordi di infanzia, con questi scontri tra elementi mastodontici che ci ricorda i vari anime a tema Mecha, visti da bambini, con una vaga somiglianza anche con i “Power ranger” e il loro “Megazord”.

Pacific rim è girato bene e anche esteticamente i personaggi sono davvero ben curati, con robot estremamente strutturati nei particolari e mostri giganti particolarmente spettacolari. Tutto ha un senso ed è tutto collocato perfettamente nella trama.

Il primo film è epico, c’è una colonna sonora davvero entusiasmante e che ti fa salire l’adrenalina, ci sono discorsi importanti fatti da Stacker Pentecost (Idris Elba) e momenti delle battaglie congeniati e pensati davvero bene, nel complesso davvero un bel film, anche per chi non è appassionato del genere.

Pacific Rim – La rivolta è un film del 2018, diretto da Steven S. DeKnight. Cambiano i produttori esecutivi, il regista, gli sceneggiatori, cambia tutto il gruppo di lavoro e si vede. Il film sembra una forzatura in tutte le sue parti, vuole cavalcare il successo del primo ma lo snatura e il film cambia di stile somigliando quasi ad un film sui trasformers.

La trama non è poi così male e anche a livello di regia è fatto bene, queste caratteristiche le ha mantenute, ma ha perso il fascino del primo capitolo, la sua fotografia e gli scontri non sono affascinanti come ci si aspetta, anche i personaggi protagonisti convincono un po’ meno. Il figlio di Pentecost è apparso dal nulla, la recitazione di John Boyega non è male, ma il suo personaggio è scritto male, troppi cliché.

Poi lo spettatore vuole l’epicità del primo film che qua va un po’ a perdersi in qualcosa di si visivamente più spettacolare del primo, ma meno iconica e coinvolgente.

Nel primo capitolo c’era Gulliermo del Toro alla guida, Ramin Djawadi come compositore, tra gli attori c’era Idris Elba, era tutto ad un livello più alto, e sarebbe bello che nelle saghe si provi a mantenere lo stesso livello, con lo stesso gruppo di lavoro. Nel complesso la saga di Pacific rim vale la pena vederla, sperando arriva un altro capitolo. Risveglia sensazioni di esaltazione della nostra infanzia e lo fa in modo davvero spettacolare, con robot giganti che combattono contro mostri giganti, perchè alla fine Pacific rim è questo.

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GODZILLA I E II: UN MOSTRO SEMPRE PIU’ GRANDE

RECENSIONI COMBINATE: Il primo e il secondo capitolo della nuova saga di Godzilla, che continua ad espandere il Monsterverse.

Godzilla è un film del 2014 diretto da Gareth Edwards, reboot tratto dalla famosa serie cinematografica su Godzilla, grande mostro che distrugge le città, nascosto nelle profondità dell’oceano e assetato di radiazioni. AL trama di questo film è leggermente modificata da quella del solito, perchè deve dare la possibilità di aprire il Monsterverse e quindi dare un identità diversa a Godzilla. Il “mostro” è sempre stato presente sulla terra, ancora prima dei dinosauri, è l’animale Alpha del pianeta terra e quando si sente in pericolo va a caccia dei suoi possibili nemici, altri “mostri” i M.U.T.O. che si nutrono di radiazioni e diventano sempre più grandi.

La trama di per se è abbastanza grottesca e nel complesso può far anche sorridere perchè sembra un po’ una storia scritta da bambini che non vedono l’ora di vedere mostri giganti che combattono, ma questo in fondo è Godzilla, e in questo film è davvero ben fatto, disegnato benissimo e la storia si adatta perfettamente al “personaggio”. Il film nel suo contesto è forse uno dei più belli, film di questo genere non possono che guadagnare punti con le tecnologie attuali che ti permettono di creare effetti visivi davvero spettacolari. In ogni film Godzilla è sempre più grande, e incute sempre più paura, bellissimo com’è stato presentato qui, con una scena molto ben fatta, quando nella notte viene solo illuminato di rosso dai bengala. Difficile gestire la parte emotiva di un film del genere, infatti i protagonisti sono un po’ piatti e insensibili, sembrano fuori dal contesto, i numeri di morti sono incalcolabili ma a nessuno importa molto, qualche errore da questo lato c’è. Parlano di città evacuata, di persona al sicuro e poi ci sono persone che lavorano tranquille in ufficio quando fuori è da ore che ci sono mostri giganti che spaccano tutto, in più Godzilla crea tsunami solo quando capita, poi basta, può uscire dall’acqua tranquillamente. Anche le linee temporali sono un po’ confusionarie, film un po’ disordinato, non montato benissimo.

A livello di scontri e di contesto invece, il film è davvero ben fatto, è tutto molto spettacolare, con un super Godzilla, quasi difensore del pianeta terra, un mostro gigantesco che vuole far capire chi comanda, con mosse e skills davvero niente male, ottima l’uccisione finale, scenicamente molto di impatto. Il film si presta bene ad essere parte di un universo cinematografico ed è forse il miglior film su Godzilla che abbiano mai fatto. Ha molti difetti, ma allo stesso tempo è talmente ben fatto visivamente che per quello che vuole trasmettere va benissimo.

Deluso un po’ dagli attori in generale che non mi sono mai sembrati del tutto sul pezzo, bravissimo Brian Craston, anche se rimane poco nel film è il personaggio che ha più senso, mentre sono rimasto un po’ deluso da Aaron Taylor-Johnson, lui abbastanza bene, ma il suo personaggio l’ho trovato un po’ troppo sfortunato e fortunato allo stesso tempo, troppo fuori contesto e piatto. Anche Elizabeth Olsen interpreta la classica infermiera dei film catastrofici, ma il suo lavoro è marginale e anche il suo personaggio risulta abbastanza inutile. Ken Watanabe è messo solo li per dire Godzilla in modo spettacolare, ma nulla di più sembra quasi tonto e pur essendo uno scienziato che studia da anni le creature, viene a sapere le cose dal primo che passa, che ne sa più di lui su Godzilla e i M.U.T.O.

Un film che poteva essere curato un po’ meglio, soprattutto in quei dettagli che il pubblico nota facilmente e che sono un po’ grossolani nel percorso narrativo, un film che si dimentica della propria sceneggiatura non è mai un buon film, ricordare la scena precedente e cosa si è detto è importante ed è forse questo il difetto più grande del film.

Godzilla II King of monsters è un film del 2019 diretto da Michael Dougherty ed è il sequel del primo film sopra citato, un film che continua il Monsterverse e che ci porterà poi allo scontro con King Kong nel prossimo capitolo uscito quest’anno. Questo film rispetto al primo risulta un po’ troppo forzato, la trama fa fatica a decollare ed è tutto troppo distaccato dalla realtà.

L’ambientazione del film è spesso confusa, in giro per il mondo, dove le città sono già state svuotate e dove ormai sono dei semplici “Ring” per i pugili giganti che in questo caso sono Godzilla e altri mostri giganti, chiamati titani. In questo capitolo della saga si scopre che il mondo è piano di mostri e che c’è un terrorista ecologico che vuole liberarli per ristabilire l’ordine della natura. Il Villain risulta così terribilmente debole e come se non bastasse viene poi affiancato da una professoressa con la visione del mondo alquanto distorta.

Non mi sono piaciuti per nulla i personaggi, tanto che il migliore forse, è un personaggio che nel primo film contava poco o nulla, cioè il Dottor Serizawa interpretato da Ken Watanabe, che in questo film trova più spazio e finalmente riesce a fare qualcosa di utile senza il consiglio di nessuno. Gli altri personaggi sembrano buttati li a caso, un contorno inutile che non fa altro che far sorridere perchè davvero banale e forzato.

Anche la trama perde valore rispetto al primo capitolo, è tutto più confuso e davvero molto povero, non ci sono colpi di scena e non si fa altro che inseguire mostri che si scontrano in giro per il mondo senza un vero perchè, come cani randagi, con Godzilla che vuole uccidere tutti i mostri i diventa un cucciolo per bambini.

Gli scontri sono abbastanza epici e spettacolari anche se non come nel primo, è tutto troppo esagerato e fa perdere troppo il contatto con la realtà. Godzilla era famoso come distruttore di città giapponesi, qui non ci sono le persone che scappano, ci sono solo i protagonisti che seguono gli scontri da aerei o da terra e cercano di aiutare il loro animale preferito a vincere. L’obiettivo principale della trama è evidente che sono gli scontri, tutto deve essere spettacolare, esagerato e i mostri devono essere sempre più grandi e potenti, ma tutto questo penalizza il resto del film.

Nel complesso è un film che si fa vedere, soprattutto perchè è collocato in un universo specifico, e non si hanno grandi aspettative, anzi forse, le aspettative che si hanno vengono rispettato con scontri epici e mostri giganti che sparano raggi atomici dalla bocca.

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SETH MACFARLANE E I SUOI TRE FILM

RECENSIONI COMBINATE: Ted e Ted 2 e un film di mezzo, meno conosciuto ma sempre targato dal creatore dei Griffin, Un milione di modi per morire nel west.

Seth Macfarlane è un creatore a tutto tondo, un artista che ha un preciso “timbro” nelle sue opere, che sono facili da riconoscere per il suo stile e le sue caratteristiche, il marchio e lo stile che conosciamo prevalentemente per i Griffin lo riconosciamo in altri suoi lavori, questi tre film ne sono un esempio. Tutto è partito da Ted, il suo primo film che ha scritto, diretto e doppiato, un film che ha catturato subito l’attenzione di tutti per il suo stile sopra le righe.

Ted è un esempio di una comicità molto forte, volgare e che non bada a nessun tipo di censura, ciò la rende autentica, violenta e molto vera, quasi realistica in un mondo che comunque ci appare molto spesso volgare e violento anche nelle parole. Ted è l’orso che tutti vorremmo con noi, quello che ci rende bambini e adolescenti e che non ci fa mai crescere, ma non sempre è tutto positivo. Ted è apposta un esempio esagerato di trasgressione, di parodia, in un universo realistico, ma allo stesso tempo grottesco, in cui un orsacchiotto prende vita e si trasforma nel tempo in un essere che ama la droga e le feste, proprio come il suo padrone.

Il bello di questo film è la libertà che trasmette, può fare e dire tutto, può esprimere i concetti come meglio crede e semina la trama di easter egg e di potente Black Humor, delle volte non ridiamo per le battute in se, ma anche perchè non ci crediamo che le stiamo davvero sentendo in un film al cinema, nettamente sopra le righe. I Griffin di sentono nelle musiche, nelle battute e nello stile di comicità, un film ottimo anche per questi aspetti. Ovviamente è un genere e una comicità a se, difficile fare paragoni, ma può piacere perchè è spregiudicato e assurdo.

Ted 2 ne replica lo stile, ma l’ho trovato un po’ più normalizzato, con una trama che cerca comunque di trasmetterci qualcosa nel finale e in qualche sua scena, l’importanza dell’inclusione e della libertà di avere tutti gli stessi diritti sono presenti in diverse scene, ma non pesano, sono sempre trattati in modo leggero. Anche se la trama è prevedibile è un film che convince, che fa ridere e che ci lascia a volte increduli per la libertà che ha nell’esporre certi argomenti e battute. Non mi è piaciuto molto il fatto che l’erba, è al centro di tutto, fumano in continuazione e sembra che non ci sia altro, si ripete e ripete più volte in diverse scene, alcune molto divertenti, altre un po’ ripetitive. Nel complesso ho trovato anche Amanda Seyfried meglio collocata e più naturale che Mila Kunis nel primo film, in cui l’avevo trovata un po’ troppo forzata e innaturale, troppo contrastante con il personaggio di Mark Walhberg, un eterno bambino con vizi e abitudini molto particolari.

Non penso sia un film per tutti, entrambi i capitoli hanno comunque una comicità basata sulla volgarità, non c’è nessuna scena particolarmente ricercata a livello di regia e la recitazione si adatta al genere senza strafare, sono due film leggeri, fatti per sorridere e ridere, molto adatti agli appassionati dei Griffin o di American Dad. Lo stile inconfondibile di Seth può piacere o meno, ma sicuramente ha un sacco di elementi che lo rende uno stile davvero molto divertente e sopra le righe, tanto da farmi domandare se fosse possibile ancora adesso una comicità così al cinema…forse solo lui può e questo ci piace, ci piace questa libertà, una comicità che sta sparendo soppressa dalla a volte follia del “Politically Correct”.

Un milione di modi per morire nel west è a mio parere un film più articolato rispetto a Ted, sia nel cast ma anche in certi aspetti della sua trama che ricalca molto bene lo stile della parodia, mantenendo però una comicità unica e sempre molto spregiudicata e fatta con riferimenti casuali e meno a film specifici come nelle classiche parodie. Seth rappresenta un vecchio west molto goliardico, in cui la morte e sempre dietro l’angolo e quasi mai inaspettata. Anche qui come nei film su Ted la comicità è parecchio volgare e certe battute sono davvero sopra le righe, ma nel complesso ci sono scene più di azione e usa anche molto la comicità espressiva e visiva e non solo quella della parole.

Seth Macfarlane è il protagonista del film, un po’ impacciato nella propria recitazione ma questo non fa altro che aiutare il suo personaggio che sembra completamente un estraneo in quel vecchio west, comunque ben rappresentato da un ottima coreografia e anche una stupefacente fotografia, poco ricercata ma che ti ruba l’attenzione in qualche scena. Mi piace la trama, la trovo molto leggera, intuitiva e con un lieto fine adeguato e adatto al genere, bello vedere Charlize Theron capace di recitare in qualsiasi ruolo, anche Liam Neeson da un tocco in più a tutto il film.

Il film è schietto e diretto come il vecchio west e ti trapassa come un proiettile con le proprie battute, per molti è tutto banale, troppo stupido, io invece ritengo che il suo punto di forza sia proprio quello di far ridere con l’assurdo, con battute e freddure che magari ti fanno ridere in ritardo perchè ti arrivano dopo, proprio come in una scena del film. Perchè in fondo è semplicemente questo lo scopo del film, farci ridere o anche solo sorridere per un paio di ore, non serve un motivo ben preciso, il film ci rende allegri, a tratti anche qui increduli nel sentire certe battute, a volte troppo spesso censurate nella vita quotidiana.

Tutti è tre i film sono facili da amare quanto da odiare, difficile che ti lasciano indifferente, però da amante delle parodie non posso che apprezzare questo tipo di produzioni, io ammiro la comicità dei Griffin e qui dentro la ritrovo tutta in tutti i suoi aspetti sia positivi che negativi. Consiglio di guardare tutti e tre questi film, soprattutto per fare il paragone con ciò che ci viene proposto ora, tutto censurato, vincolato e non più autentico. Seth Macfarlane e spudorato, vero, è autentico e ci fa ridere per questo.

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Recensioni Combinate

TO ALL THE BOYS: LA TRILOGIA ROMANTICA DI NETFLIX

Recensioni Combinate: Tre film che seguono la vita amorosa e adolescenziale di Lara Jean.

Il mondo del cinema è bello perchè è pieno di infinite sfumature, ci sono infiniti modi di vederlo e di considerarlo e ancor di più di giudicarlo.

Il mondo del cinema è una trasposizione di visioni e sentimenti, sbattuti bene e male sullo schermo e pronti per essere visti da chiunque voglia vederli. Mondi, storie e personaggi di ogni tipo e tempo, con generi differenti che vanno dall’horror più spietato al commedia romantica leggera.

Per questa recensione dovrò parlarvi di un genere che tocca una delle sfumature più semplici e delicate del cinema, quella sfumatura difficile da giudicare, perchè è un genere puro, quasi difficile da criticare a fondo.

To the all boys, sono tre film, uno il sequel dell’altro, di genere “sentimentale per ragazzi”, si perchè esiste anche questo al cinema, prodotti pensati per piccole nicchie e per un pubblico specifico, eppure anche questi film potrebbero essere qualcosa di più.

TUTTE LE VOLTE CHE HO SCRITTO TI AMO

P.S. TI AMO ANCORA

TUA PER SEMPRE

Sono i titoli dei tre film di questa trilogia adolescenziale romantica che segue le vicende della vita di una giovane ragazza americana, Lara Jean, timida e bella, dalle caratteristiche delicate e forse eccessivamente pure e buone.

Il primo film è sicuramente quello con le caratteristiche migliori, ha una trama che convince e incuriosisce, è una commedia romantica si, ma l’idea di base è ottima e il film è assolutamente godibile.

Anche se prevedibile, la trama ha comunque una sua dinamica interessante, con Lara Jean al centro di tutto, con i suoi problemi d’amore e le classiche stupide figure che si fanno al liceo.

è tutto molto leggero, quasi ovattato in una sfera di perfezione, dove i reali problemi della vita vengono solo sfiorati ma sempre con delicatezza, è un elogio alla bellezza quasi fantasiosa della vita, fatta al 90% di farfalle nello stomaco.

Bellissimo il rapporto che si crea tra i due protagonisti nel corso dei tre film, Lara Jean e Peter la coppia perfetta, lui sembra davvero uscito da un laboratorio, forse eccessivamente perfetto e senza difetti, con il macchinone, la bellezza, il carattere gentile e premuroso, forse davvero eccessivo.

Interpretati rispettivamente da Lana Condor e Noah Centineo che sono stati bravi in questo ruolo, attori perfetti per interpretare dei teenagers, ma faccio ancora fatica a collocarli fuori da questo genere.

I due sequel perdono un po’ di caratteristiche del primo, perdono il pregio della novità diventata un fumetto romantico dell’adolescenza senza però colpire troppo i sentimenti, sempre tutto troppo sospeso in una bellissima nuvola di amore, davvero troppo perfetto e quasi irreale.

L’obiettivo è sicuramente quello, farci sognare, staccare un po’ dalla realtà, permettere ad un giovane liceale di vedere il film e di sognare una vita simile, fatta di sentimenti veri, di amore semplice e vero.

Per nulla volgare, aggressivo o violento, sono tre film che fanno dei sentimenti puri e romantici il loro punto centrale, con un rapporto tra la famiglia della protagonista, molto bello, anch’esso essenza del romanticismo più puro e semplice.

Nel complesso non posso dire molto di questi film, perchè non penso abbiano dei grossi difetti, ricalcano il libro da cui sono tratti e lo fanno in ottimo modo, con tre film che comunque potrebbero piacere a chiunque, soprattutto il primo.

Questa è un po’ la parte romantica di Netflix, quell’angolo fatto apposta per i teenagers che sono stufi di vedere sempre in teen drama dove gli adolescenti affrontano problemi più grandi di loro, ogni tanto bisogna staccare la spina e vedere qualcosa di leggero e puro.

Anche questi film sono sfumature dell’incredibile mondo del cinema, film essenzialmente semplici, ma necessari, per rendere un mondo già ampio ancora più per tutti.