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THE PAPERBOY: UN FILM CHE NON PORTA A NULLA

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The Paperboy è un film del 2012 diretto da Lee Daniels e basato sul romanzo di Pete Dexter “Un affare di famiglia”.

Il film si svolge in una piccola cittadina paludosa della Florida, nel 1969. Hillary Van Wetter (John Cusack) un uomo viene condannato a morte per l’omicidio di uno sceriffo, che a sua volta si dice abbia ucciso diversi uomini per motivi di razzismo. Charlotte (Nicole Kidman) “amante via lettere” di Hillary è convinta della sua innocenza e decide di chiamare il Miami Times per creare uno scoup e scagionare il suo amato. Due giornalisti di talento, Ward Jansen (Matthew McConaughey) e Yardley Acheman (David Oyelowo) partecipano al caso per aiutare la donna, con loro anche il fratello minore di Ward, Jack Jansen (Zac Efron).

La trama è molto complicata, ci si ritrova troppo in fretta catapultati in questa strana situazione, a tratti malata e surreale, che gioca spesso e fin troppo sull’erotismo. Non si capisce quale sia l’obiettivo e all’inizio è davvero facile perdersi e non capire praticamente nulla di quello che succede. Un film particolare, con una fotografia patinata per dare un’idea dell’epoca in cui ci si trova. I personaggi sono ben caratterizzati e scritti e infatti la recitazione è davvero l’unica cosa che si salva.

Non c’è una direzione e i messaggi lasciati dal film sono confusi e incompleti, è un minestrone un po’ di tutto, dal razzismo all’omofobia con una estremizzazione di tutto. Non rimane nulla se non un finale cinico e violento ma che rialza un po’ la tenzione del film che fino a quel momento era piatto e confusionario.

Lo spettatore si sente un completo estraneo e si perde in scene di violenza e di sesso che non portano davvero a nulla e che rendono assurda una situazione che lo è già fino dai primi istanti. Anche i sentimenti sono difficili da comprendere, se non un senso di fratellanza tra i due protagonisti.

Non arriva nulla, non c’è alcun messaggio e risulta essere fin troppo grottesco nella sua esecuzione, un film che non sa quello che vuole e che di conseguenza fa le cose male e distaccate, salvato dai propri attori e dalla recitazione e da un finale di tono e di carattere.

Un film deludente che non mi sento di consigliare.

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OMICIDIO NEL WEST END: CLASSICO GIALLO NOIR CON UN PIZZICO DI COMMEDIA

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Omicidio nel West End è un film del 2022 diretto da Tom George, una commedia giallo noir ambientata nel dopo guerra.

Un giallo classico con i toni e la trama alla Agatha Christie presente come personaggio del film, una serie di indiziati, un omicidio e un impacciato detective e la sua nuova assistente a dover risolvere il caso.

Una trama lineare senza troppi colpi di scena, molto leggera senza violenza e con qualche attimo in perfetto stile commedia teatrale, un po’ di stile alla Wes Anderson, soprattutto nelle sfumature iniziali nel film.

Un noir mitigato da colori leggeri e da un umorismo che pervade un po’ tutte le scene del film, compreso un finale, ironico ma scenograficamente carino e divertente. Un film che però rimane sempre un po’ distaccato, piatto e che non riesce a coinvolgere a pieno lo spettatore.

Colorato nei suoi toni, ma freddo nelle sue dinamiche, troppo didascaliche e precise, con una recitazione un po’ distaccata e poco convinta. Troppo grottesco a tratti, rende un po’ tutto il film una leggera commedia senza alcun vero momento di suspense tipico del genere.

Omicidio nel West End è parte di un’opera teatrale, presente fortemente nella sua trama ma anche nelle dinamiche del film stesso, un film dentro al film che crea anche una certa ironia e divertimento costante, alleggerito da scene mai violente nonostante alcuni argomenti trattati. Un classico pieno di classici, un film piacevole e adatto a tutti, perfetto nella sua leggerezza, con dei difetti che non intaccano troppo la sua valutazione generale.

Nulla di eccezionale, un classico film con un classico voto sufficiente, un buon cast e una sceneggiatura che scorre tranquilla senza troppi intoppi, un giallo noir davvero adatto a tutti.

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THE MANDALORIAN: RECENSIONE TERZA STAGIONE

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The Mandalorian è la serie tratta da Star wars di più successo è da poco è finita la sua terza stagione, che a primo impatto è un po’ distaccata e diversa dalle prime due.

Sono passati diversi anni all’interno della storia della serie, nella terza stagione ritroviamo improvvisamente il Mandaloriano Din Djarin che di nuovo insieme a Grugu (Baby Yoda), senza darci molte spiegazioni e annullando un po’ il finale della seconda stagione. Il piccolo Jedi è più forte e allenato, mentre il madaloriano cerca redenzione e torna sul suo pianeta di origine.

Rispetto alle prime due stagioni, questa terza stagione è un po’ sottotono a livello di trama con episodi con comparse importanti ma meno interessanti e con il protagonista che fa fatica a prendersi il suo spazio rispetto alle prime stagioni. Pedro Pascal doppia solo il suo personaggio interpretato sotto il casco da due stuntman.

C’è molta più azione e battaglie e il livello visivo sale di parecchio, perde la sua caratteristica da Western per dare più spazio a generi differenti, più da spionaggio e indagini per un finale davvero scoppiettante. La serie ha fatto più fatica del solito, soprattutto nella sua storia, con grande spazio alla storia mandaloriana e con Bo-Katan molto centrale nella trama.

C’è molto distacco, anche temporale tra la seconda e la terza stagione, con una Navarro completamente diversa che confonde un po’ lo spettatore che sente un vuoto nella trama e in alcuni eventi, la mancanza ingiustificata di un personaggio chiave delle prime due stagioni si fa sentire.

Il piano del villain principale viene a galla ma è meno collegato alla saga Cinematografica di quello che si potesse pensare, anche se qualche collegamento si potrebbe lo stesso immaginare.

Nel complesso la serie rimane di alto livello, perde punti nella trama, ma ne acquista nella qualità visiva, tranne con Baby Yoda che a volte sembra un pupazzo lanciato in giro per il set. Un’ottima serie che può essere interessante anche per chi non è grande fan della saga.

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THE MANDALORIAN: RECENSIONE SECONDA STAGIONE

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The Mandalorian è forse la serie più di successo dell’universo di Star Wars, la prima stagione è stata elogiata un po’ da tutti e sicuramente con la seconda si alza l’asticella con un finale sicuramente di alto livello, soprattutto per i fan.

La seconda stagione ci mostra il percorso di crescita del personaggio e la ricerca di un padrone per il piccolo Baby Yoda di cui ci viene rivelato il nome (Grogu). Come nella prima stagione funziona tutto alla perfezione, con uno stile in puro western che apre la stagione con il mandaloriano Din Djarin che ritrova l’armatura di uno della sua “razza” e del suo credo. Nel corso della stagione rivedremo anche Boba Fett, personaggio storico della saga, che aiuterà il protagonista in lacune missioni.

Una lunga escalation di azione, e di battaglie più incisive rispetto a quelle della prima stagione e Din che oltre a trovare nuovi nemici trova anche dei nuovi alleati che per motivi diversi lo aiutano a raggiungere il suo obiettivo, con un colpo di scena finale in perfetto stile Star Wars.

L’episodio cinque della seconda Stagione, è forse quello che si collega di più alla saga e alle serie animate di questo universo, il confronto tra il mandaloriano e una Jedi da una direzione precisa alla serie che diventa anche ponte fondamentale tra le due trilogie di film, con l’impero che anche se appena distrutto sta trovando le forza e le risorse per ricrearsi.

La seconda stagione, forte dell’approvazione della prima, migliora sotto molti punti di vista e ci mostra quanto un personaggio da merchandising come baby Yoda abbia un ruolo molto centrale nella storia e sia comunque il fulcro anche di molte altre situazioni presenti nell’ultima saga di film.

Rispetto alla prima stagione, questa è sicuramente più adatta agli appassionati dei film e degli altri prodotti Star Wars, ci sono molte citazioni e personaggi che fanno un altro effetto se si conosce più o meno il loro passato. Boba Fett o la stessa Jedi Ahsoka (Che avrà una serie tutta per sé), conoscere il loro passato da un senso maggiore a ciò che dicono e succede nella serie.

Proprio come in una scena in cui la Jedi non vuole portare con sé Baby Yoda perché rivede in lui la paura di un suo amico Jedi, la paura dell’abbandono. Oppure quando Boba Fett viene attaccato, perché ha la voce simile a un clone della guerra dei cloni. Sono tutte citazioni che sono basate molto sui film e le serie animate.

The Mandalorian è un’ottima serie e questa seconda stagione non fa che confermare questo giudizio.

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GLI SPIRITI DELL’ISOLA: UN RACCONTO SULLA NOIA E L’AMICIZIA

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Gli spiriti dell’Isola (The Banshees of Inisherin) è un film 2022 scritto e diretto da un super Martin McDonagh che ci mette dentro tutto sé stesso e porta il teatro al cinema. Questo film ha avuto 9 candidature agli oscar e vinto 3 golden globe.

La trama è molto semplice, due amici che vivono in una piccola isola dell’Irlanda chiudono improvvisamente i loro rapporti di amicizia portando tutta l’isola a subirne le conseguenze.

Come capita spesso nei film di McDonagh, un piccolo evento scatena una sequenza di danni e si ingigantisce fino a quasi esplodere, come in questo caso dove Colm (Brendan Gleeson), un uomo un po’ solitario, riflessivo e con la passione per la musica decide all’improvviso di troncare i rapporti con il suo migliore amico Pàdraic (Colin Farrell). l’uomo rifiutato e definito noioso dal suo amico entra in una crisi esistenziale e cerca di ricucire un rapporto misteriosamente interrotto.

Gli spiriti dell’isola ha una meravigliosa fotografia, con questa piccola e povera isola irlandese nel 1929, fatta di pastori e con un piccolo Pub dove si riuniscono un po’ tutti. Questo film non parla solo di amicizia e di noia, ma ance dell’assurdità della guerra e da come piccoli gesti nascono grandi e inevitabili cambiamenti. Nonostante ci siano pochi personaggi e poche situazioni, questo film riesce a regalare molte emozioni, con una narrazione che aleggia tra la commedia e il drammatico.

La reazione spropositata di Colm durante la storia rappresenta la follia stessa di alcuni momenti, il contrasto e l’ipocrisia che ci circonda, una negazione di noi stessi, “perdiamo dei pezzi” di noi stessi pur di mostrare agli altri le nostre nuove convinzioni, cancelliamo il passato convinti che questo ci dia sempre una nuova vita, per poi renderci conto che il mondo è davvero piccolo a volte.

Il personaggio di Pàdraic invece è il simbolo della bontà e dell’ingenuità, infangato e condizionato dalla violenza e dalla follia del mondo, preso in giro e lasciato solo, perché troppo buono in un mondo di cattiveria.

Nel complesso, le caratteristiche di questo film possono essere racchiuse nel personaggio di Dominic (Barry Keoghan) un ragazzo giovane e ingenuo dell’isola, molto gentile con tutti, puro e semplice un po’ stupido, ma con dei valori e con una vita non affatto facile. Pochi personaggi scritti bene, dialoghi brevi, intensi e significativi e un sacco di metafore davvero interessanti, questo è gli spiriti dell’isola.

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THE LAST DUEL: UN DUELLO PER L’ONORE

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The Last Duel è un film del 2021 diretto da Ridley Scott e tratto dall’omonimo libro da Eric Jager, che parla di un ultimo “duello di Dio” svoltosi in Francia nel 1386 tra Jean de Carrouges e Jaques le Gris.

Questo film si sviluppa su tre capitoli e su tre punti di vista differenti, il film si basa su fatti storici realmente accaduti e quindi ha dei vincoli da rispettare anche se grazie a questa tecnica, può far decidere alo spettatore quale sia la versione più reale della storia raccontata.

I punti di vista sono prima quello di Jean (Matt Damon), poi quello del suo amico e rivale Jaques (Adam Driver) e poi quello giovane moglie di Jean, Marguerite de Carruges (Jodie Corner), la vittima che accusa Jaques le Gris di averla stuprata.

I primi due capitoli sono un po’ noiosi e portano lo spettatore a voler andare veloce al dunque, il film di spinge a credere alla donna, che è evidentemente vittima di un sistema davvero crudele e ignorante. L’interpretazione di Matt Damon è davvero di alto livello, forse una delle sue migliori, con un personaggio un po’ pazzo e istintivo, ma molto coraggioso e fedele alla corona. Mentre un po’ spento quello di Adam Driver che anche nei momenti cruciali della sua storia non riesce ad uscire da una particolare apatia. Il film non riesce a mostrare con chiarezza il rapporto tra i due protagonisti, tanto che i loro litigi sembrano più che giustificati. Non sembrano mai veri amici, quanto più dei semplici cavalieri con ambizioni differenti.

L’accuratezza storica riporta il film sui binari giusti, con costumi e una fotografia ben dettagliata, il finale è crudo nelle parole quanto nella scena di combattimento e riporta al giusto tono al film che a tratti risulta veramente troppo noioso e inconcludente oltre che abbastanza complicato.

Ridley Scott ha perso il suo “potere” da tempo e non riesce più a fare delle pellicole che convincono del tutto, sono spesso noiose e inconcludenti e anche in The Last Duel manca qualcosa che si vede solo nel finale. Infatti la parte finale non migliora solo dal punto di vista narrativo, ma anche della regia che non sbaglia un colpo e crea la giusta atmosfera. La storia è cruenta per quanto sia moderna sotto certi aspetti, con una donna che porta avanti la propria accusa pur rischiando la vita sua e quella del marito e con Jaques De Gris, convinto di non aver stuprato nessuna perché condizionato dalle sporche abitudini del tempo.

Una storia davvero interessante, ma che ci viene mostrata in un film nel complesso disordinato e con poco carattere e che si salva solo un po’ nel finale, mi aspettavo qualcosa di più, ma ultimamente è facile rimanere delusi da quello che comunque è uno dei registi che ha fatto la storia del cinema.

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THE MANDALORIAN: RECENSIONE PRIMA STAGIONE

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The Mandalorian è una serie di Disney plus tratta dall’universo narrativo di Star Wars ed è la prima serie non digitale tratta dalla saga Cinematografica e collocata temporalmente dopo i fatti della prima trilogia creata da George Lucas.

La serie è creata da Jon Favreau (Famoso assistente di Tony Stark e tutore di Peter parker nell’MCU). La serie ha dei grandi nomi alla regia (Taika Waititi) anche in alcuni episodi il che la rende fin da subito una serie di un certo spessore e non semplicemente un contenuto tratto da Star wars.

The Mandalorian ha uno stile un po’ anni 80′ in al alcune sue scelte stilistiche e ricalca un po’ le dinamiche narrative dei vecchi film western, ritorna ad uno stile più “manuale” e meno digitale anche se è pioniera dell’utilizzo dello Stagecraft o volume.

La trama, grazie a questa collocazione quasi western funziona davvero molto bene, è il protagonista Mandaloriano (essenzialmente un cacciatore di taglie) acquista di valore e di caratteristiche nel ruolo di protettore e curatore di Baby Yoda (Grogu). Anche se è per lo più una mossa di marketing, il personaggio misterioso e molto dolce di un piccolo Yoda funziona alla perfezione ed è centrale nell’evolversi della storia.

Questa serie offre un punto di vista diverso sul mondo di Star Wars, un punto di vista più umile, di contorno e meno da protagonista dei film, con un universo che si sta ancora assestando dopo la caduta dell’impero. I personaggi sono scritti molto bene e anche ben caratterizzati, c’è una bella storia orizzontale, ma in ogni episodio c’è una storia verticale ben definita.

The Mandalorian è perfetto per i fan della saga perché li riporta indietro nel tempo e alle caratteristiche dei primi film, ma è anche una buona serie per chi non ha mai avuto nulla a che fare con i film e che potrebbe cerare curiosità verso questo universo narrativo in continua espansione.

Questa serie ha diversi elementi positivi, una trama convincente, un buon livello di recitazione, visivamente molto bella e un bellissimo legame con Star Wars, tanto da far rammaricare il pubblico di come poteva essere fatta l’ultima trilogia. Una bella serie con l’unico difetto che deve sempre sopportare il peso dei film di star wars.

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THE HUNT: QUANDO LA PREDA È L’UOMO

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The Hunt è un film del 2020 diretto da Craig Zobel e scritto da Damon Lindelof (Lost) che n’è anche prodotto esecutivo insieme alla Blumhouse.

Questo film parla di ricchi e annoiati che in una così detta “Fattoria” portano delle persone per essere cacciate come animali. Prendono i fucili e sparano verso le ignare vittime che si ritrovano li inconsapevoli di ciò che sta accadendo. Il finale non manca di un colpo di scena abbastanza interessante, un plot point particolare che regala una nuova chiave alla trama del film.

Sinceramente, viste le premesse mi aspettavo qualcosa di meno ironico, ma il tratto distintivo della Blumhouse che solitamente mette insieme commedie e horror si vede ed è incisivo all’interno del film, con scene paradossali e un po’ troppo splatter e grottesche.

Questo però rende il film più leggero e ne toglie quasi ogni tipo d tensione, fin da subito intugliamo chi sarà la protagonista, ma difficile intuire quale sarà il finale. La trama è ben scritta, a tratti anche divertente con personaggi davvero molto particolari e molto folli.

C’è un vortice di follia fin dalle prime scene in cui ci ritroviamo su un aereo con dei ricchi viziati, c’è da subito violenza e una sorta di splatter forse eccessivo. La svolta finale rende il film meno banale di quello che sembra, ma l’ironia e la parte parodistica e grottesca rimane fino all’ultimo frame del film.

The Hunt è molto più banale e stupido di come si presenta, è il classico film molto trash che esagera ma che allo stesso tempo si fa vedere non annoia e una volta inquadrato e anche piacevole. Ovviamente non è un film che può superare la sufficienza, ma è un prodotto che sa quello che vuole, ordinato che una trama che nonostante qualche follia ha un senso e una logica e funziona bene.

Ho scelto questo film principalmente perché scritto da Lindelof, ma ho trovato davvero poco della sua traccia e del suo stile, se non nella dettagliata e quasi spirituale follia di alcuni personaggi.

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STAR WARS: PARTE DELLA MIA INFANZIA

QUATTRO CHIACCHIERE: Ci sono film e saghe che lasciano il segno, non solo per la loro bellezza ma per come hanno lasciato il segno nella nostra infanzia.

Star wars per me non è solo un film o una saga, ma è parte stessa della mia infanzia e sono dei film a cui sono particolarmente legato. Ricordo le videocassette da mio cugino, e la possibilità di vederlo ogni volta che appariva in Tv, la gioia di vedere il passato di Dath Vader, era un film che mi creava molte emozioni.

Star Wars è incisivo, lo dicono i numeri di milioni di fan sparsi per il mondo, alcuni fanatici esagerati, altri cultori del prodotto e altri come semplici ammiratori di quelle che rimarrà sempre una saga che farà parte del mio cuore.

Per molti è la massima espressione da Nerd, invece Star wars, soprattutto la prima trilogia è stata davvero una piccola rivoluzione nel mondo del cinema e la rappresentazione più nitida del “viaggio dell’eroe” a livello di sceneggiatura. Effetti visivi pionieri del cinema e personaggi scenografici e stupendamente iconici con Dath Vader che rimane uno dei miglior Villain mai creati.

Questo articolo vuole essere un tributo, un viaggio e anche una recensione del primo film seguendo la linea temporale della trama, una scaglia di quello che sta diventando un enorme universo narrativo con film e serie tv. Sono universi narrativi pieni di possibilità che vengono sfruttati a pieno, forse delle volte spremuti fin troppo e con film che arrancano e creano degli strafalcioni produttivi inquietanti, tipo gli ultimi tre capitoli.

Negli anni ho capito che Star Wars ha bisogno di tempo per essere apprezzato, vedi la seconda trilogia, massacrata per anni con Hayden Christesen minacciato di morte, che finalmente ha avuto il suo riscatto e che finalmente tutti si sono resi conto che non esiste un altro Anakin Skywalker. (Io ne parlai già tempo fa di questo).

Con l’uscita dell’ultima trilogia, massacrata e poco apprezzata, la prima con il giovane Anakin, ora è più apprezzata e riconosciuta, in più grazie alla serie The Mandalorian, anche la Disney ha dimostrato di saper fare ottimi prodotti targati Star Wars ripentendo in qualche modo anche a sé stessa “questa è la via”. Come ah dire che è così che si fa un prodotto per Star Wars e per il suo pubblico.

Nel 1999 usciva il film a cui io sono più legato, Star Wars la minaccia fantasma. Un ritorno inaspettato di George Lucas con un prequel della prima trilogia, anche qui pioniere di linee temporali sfasate e con la parola prequel che diventa di uso comune.

Una trilogia che narra la vita del giovane Skywalker e del perché passa al lato oscuro e diventa un Sith. Il primo film della trilogia è esattamente una via di mezzo tra i vecchi e i nuovi film, con la necessità di fare qualcosa di nuovo che possa conquistare sia i vecchi fan che gente nuova.

Attori di altissimo livello come Liam Neeson, Ewan McGregor, Natalie Portman e Samuel L. Jackson passano quasi in secondo piano sovrastati dalla “potenza” di questa saga, dal suo nome e dal suo seguito. Una trama convincente con un altro Villain di altissimo livello come Darth Maul, uno dei preferiti dai fan della saga. Poi un piccolo Anakin (Jake Lloyd), innocente in cui altri baby fenomeni del cinema stavano crescendo, con solo la sfortuna di non poter crescere con il suo personaggio. Purtroppo questo attore ha una triste storia tra schizofrenia e psicofarmaci, forse vittima della notorietà da bambino.

George Lucas ci riporta nell’universo narrativo in modo abbastanza brusco e ci affascina subito con la presentazione di due Jedi, tra cui un giovanissimo Obi-wan. Tutto ha gli elementi della prima saga ma sicuramente ha personaggi un po’ di impatto minore e una trama meno accattivante, se invece è un film da prendere singolarmente non è super adatto per i neofiti che si trovano un po’ persi e spiazzati da alcune scene e personaggi che sono dati un po’ per scontati essendo un prequel. Quando vidi il film la prima volta avrò avuto più o meno l’età di Anakin e ricordo che anche se non capivo nulla non vedevo l’ora di vedere il duello con le spade e ricordo che ero talmente affascinato da Darth Maul che speravo diventasse il nuovo nemico della Trilogia e volevo lui come capo assoluto dei Sith. Questo mi fa capire come Star Wars riesca a conquistare un po’ tutti, grandi e più piccoli e come ogni trama può avere mille sfumature se vista in età diverse.

Il bello di questo film è che è davvero per tutti, pura fantascienza, mai violento o volgare, ma semplice e anche sempre molto movimentato e poco noioso. Tutto questo è anche il suo difetto, con personaggi inutili con accenti strani e con una trama forse un po’ troppo ammorbidita per piacere a tutti. Questo è forse lo star Wars più per bambini che abbiano mai fatto, come se George Lucas volesse conquistare quella parte di pubblico li, con i genitori che potevano vedere i loro bambini ammirare questa saga come loro avevano fatto anni prima con la prima trilogia.

Star wars in un certo senso era già un prodotto Disney prima ancora di essere Disney con un marketing e un merchandising spaventoso, che va dai videogiochi, a fumetti, libri e qualsiasi cosa si possa produrre nel mondo, forse tutt’ora è uno dei fenomeni mondiali più grandi, con un merchandising che super di gran lunga il valore dei film stessi. Questo comporta, la creazione di nuovi personaggi da “collezione” tipo ad esempio Dart Maul e con sé, nuovi piccolo androidi, nuovi colore delle spade e perché no il mix perfetto di tutte queste caratteristiche, un baby Yoda molto “cuccioloso”.

La minaccia fantasma da un po’ il via a questo meccanismo, ricordo ancora l’infinità di prodotti disponibili e la rivalutazione dei gadget precedenti, soprattutto nella sezione giocattoli e magliette ci fu una crescita clamorosa. Rendendo Star Wars la prima vera saga commerciale della storia del cinema. Film di buon livello ideali per attirare il pubblico.

Star Wars è semplice quanto originale e geniale, sembra stupido e banale, troppo nerd con questi tizi che vanno in giro con le spade Laser, ma c’è molto di più. Ci sono mille trame storie e vicende create dai fan, un’enciclopedia che riguarda questo mondo. Un sacco di personaggi interessanti, scene ed attori di altissimo livello. Anche solo a livello cinematografica sono opere sempre di altissimo livello e se peccano a livello narrativo, a livello visivo sono sempre spettacolari.

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KILLERS OF THE FLOWERS MOON: L’ULTIMA OPERA DI SCORSESE

QUATTRO CHIACCHIERE: le prime impressioni al trailer e alle recensioni dell’anteprima dell’ultimo film di Scorsese.

Killers of the Flowers Moon si prospetta come qualcosa di davvero bello e affascinante uno di quei film alla Scorsese, lunghi ma dettagliati e sempre di un livello elevatissimo.

Di questo film da poco uscito un piccolo trailer, un teaser che in poche immagini ci fa subito immergere in una escalation di emozioni e la cui trama è già intuibile senza leggere nulla a riguardo.

Una lotta per la sopravvivenza, l’avidità dell’essere umano nella sua massima espressione, in un western che non ci mostra il duello con pistole e cavalli, ma un duello tra uomini di potere e abitanti del luogo la cui vita viene stravolta dalla scoperta dell’oro nero. Questo film rappresenta l’apice della denuncia verso la violenza americana nei confronti delle popolazioni indigene.

Il film è tratto da un libro che a sua volta racconta fatti realmente accaduti, in cui in Oklahoma negli anni venti, viene scoperto un giacimento enorme di petrolio proprio sotto le terre degli Osage. Quando la notizia di sparge per il paese iniziano una serie di sparizioni e uccisioni preoccupanti e la popolazione Osage è abbandonata al suo destino. Un detective di una, allora embrionale FBI, prova ad indagare su ciò che sta accadendo in quei luoghi.

Stando alle prime recensioni il film è di altissimo livello, dopo poco ci si rende conto che è proprio un film di Scorsese che stando alle sue dichiarazioni è stata anche merito di Apple Tv che figli ha permesso di aspettare e di immergersi i quei luoghi e in quel che resta di quelle popolazioni. Altre recensioni addirittura, parlano della migliore interpretazione di Leonardo Dicaprio il che viste le sue interpretazioni passate non è cosa da poco. Al festival del cinema di Cannes c’è stata una standing ovation di 10 minuti per il film, dopo la sua lunga durata di 3,30 ore circa.

L’uscita è prevista per l’autunno, in qualche sala cinematografica per un breve periodo e poi sulla piattaforma di Apple tv. Un colpo clamoroso per la piattaforma che si prende quelle che potrebbe essere davvero l’ultima opera di Scorsese. Oltretutto sembra che questo film racchiuda un po’ sé stesso, con uno stile western che strizza l’occhio un po’ alle lotte da gangster, con questa forte e accesa violenza tra due fazioni.

Il trailer fin da subito ci focalizza che ci sono dei “lupi” delle persone avide che non vedono l’ora di appropriarsi di quelle terre, uccidendo se necessario i loro legittimi proprietari. Un’ennesima storia crudele e di violenza americana che andava la pena di essere raccontata in un film.