Recensione nel tempo di un caffè
La ragazza di Stillwater è un film del 2021 diretto da Tom McCarthy. Un drama classico con protagonista Matt Damon che cerca di fare di tutto per liberare la figlia dal carcere per un reato che non ha commesso.

Nonostante una buona regia, questo film fa fatica a decollare e sembra non partire mai, quando finalmente si arriva alla svolta della trama si spegne nel nulla, come se fosse stato tagliato a metà, lasciando delle cose un po’ in sospeso.
Matt Damon si ritrova intrappolato in un ruolo non suo, in una trama che fa fatica a trovare una forma propria anche se molto interessante sotto alcuni aspetti. Un padre che ha lavorato tutta la vita in stazioni petrolifere è stato sempre molto lontano dalla propria famiglia, sua figlia si trova in cacere in Francia a Marsiglia, per un reato che non ha commesso. Trovando dei nuovi indizi per aiutarla, decide di far di tutto per farla uscire di li.
La trama si concentra molto su una sorta di rinascita del protagonista, che a Marsiglia trova un po’ una seconda vita, rimane li per mesi nella speranza di poter trovare la prova che possa scagionare la figlia. Conosce una bambina e la sua madre francese single, con loro nasce un rapporto speciale che diventa praticamente il centro del film, con il caso della figlia che passa quasi in secondo piano.
Ovviamente il film prova a dare qualcosa di più, trattano tematiche importanti come l’abbandono, l’odio raziale, l’integrazione sociale, ma si perde sempre in se stesso con molte scene che con il suo finale, non portano assolutamente nulla alla conclusione del film. Il finale del film spegne un po’ tutto, non ha un evoluzione o un colpo di scena, solo qualche dichiarazione dei protagonisti in un bel dialogo tra padre e figlia.
La ragazza di Stillwater è un film dagli spunti interessanti, ma che si siede su se stesso, non riesce ad andare oltre e a colpire del tutto, uno dei quei film che vengono dimenticati in fretta e che non lasciano in alcun modo il segno.


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