LA CADUTA DELLA CASA DEGLI USHER: L’ULTIMO ATTO DI FLAGAN PER NETFLIX

Recensione nel tempo di un caffè

La caduta della casa degli Usher è una miniserie horror creata da Mike Flanagan per Netflix. Questa miniserie prende spunto da un famoso racconto di Edgar Alan Poe, il maestro di qeusto genere e creatore di soggetti unici come questo. La trama ricalca solo in parte il libro di Poe, è una rivisitazione moderna che ne prende solo spunto.

Questa miniserie ci mostra il confronto tra un grande magnate e ricco impreditore di una gigantesca azienda farmaceutica e il procurtore che sta indagando contro di lui per i suoi crimini. Rodrick Usher invita nella sua vecchia e ormai dirocata casa di infanzia il procuratore per confessare tutti i suoi crimini e per parlare della morta dei suoi figli avvenuta nelle ultime settimane. Fin da subito si capisce che la storia nasconde qualcosa di soprannatturale.

Flanagan gestisce come sempre bene il tutto, usa il genere horror solo come sfondo per un trama che parte dal libro da cui è tratta ma si amplifica e si modernizza concentradosi su questa mistariosa famiglia fatta di loschi affari e di eredi super viziati. Il personaggio di Rodrick Usher interpretato da Bruce Greenwood fa un po’ da narratore della storia e da filo conduttore, in questo intricato passato. Il paranormale, il mistero viene ben interpretato da Carla Gugino co un interpretazione davvero ottimo e con il suo personagio Verna, che può avere davvero un sacco di interpretazioni. Sembra un diavolo tentatore.

Una miniserie davvero ben scritta, a tratti abbastanza complicata, con monologhi incisivi soprattutto nel finale. Una storia di rendenzione fallita, di patti con il male e del potere dei soldi che oscura la mente di tutti. C’è violenza, qualche spavento ben calibrato, ma non ci si immerge in un prodotto horror, quanto più in una storia di follia e potere, con solo sullo sfondo un atmosfera oscura a stretto contatto con la morte.

Rispetto alla sua precednete opera “Midnight club” che non era riuscita del tutto al lasciare il suo messaggio profondo, qui Flanagan torna sui suoi passi come In “Midnight Mass” e ci offre un prodotto ottimo che va oltre alle sue apparenze, un monolgo finale della gemella del protagonista Madeline, riassume un po’ tutto il concetto e la filosofia degli Usher, con quel patto impossibile da sciogliere, fatto con una giustificata leggerezza.

Nonstante il cast sia ampio è gestito alla perfezione con delle morte sempre molte fantasiose, che strizzano l’occhio agli splatter più classici tipo “Final destinaion”. Anche in questa minserie si parla di un destino inevitabile, già scritto da cui sembra impossibile fuggire, una famiglia maledetta che cade su se stessa, nella sua malvagità e pochezza d’animo.

Qui non si parla di casa infestata, ma di una vita maledetta, un patto con il diavolo da cui non ci si può divincolare. Lo spettatore viene coninvolto pienamente in questo, e in un certo senso vota a favore dela punizione divina, condanna gli Usher proprio come fa la trama stessa. Una storia che inzia con violenza e finisce con essa, con nessun vincitore, ma solo tanti sconfitti.

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