QUATTRO CHIACCHIERE: Un primo sguardo alla nuova serie disponibile su Disney +, ideata da Brit Marling, ecco le prime impressioni.
Brit Marling è l’amata creatice della serie prensente su Netflix The OA. Una serie che aveva conquistato il pubblico soprattutto per la trama misteriosa e gli intrghi che nascondeva, In A Murder at the end of the world sembra che l’autrice si ripeta in questa ottima capacità di creare curiosità e mistero. Andando però a ricercare negli stili più classici di una “cena con delitto” e dai Noir nei toni e nei ritmi. Non solo l’amobinetazione fredda e “desertica” dell?islanda, ma proprio nella sua esecuzione ricorda anche un po’ un giallo nordico.

Brit Marling prende quindi diverse carattertische e le mescola alla perfezione, portando su FX e quindi in Italia su Disney + una serie che ci mette davvero poco a conquistarti. Un po’ l’atmosfera, un po’ la trama che ti fa porrre mille domande. Il format di prendere degli sconosciuti e chiuderli in un posto sperduto funziona sempre. Ogni ambiente, ogni parola sembra avere un significato più profondo che nasconde qualcosa. Lo spettatore diventa così un piccolo detective che cerca di comporre insieme ogni singolo piccolo indizio.
Un miliardario tipo Elon musk, interpretato da Clive Owen e sua moglie interpretata dalla stessa Brit Marling, organizzano un meeting in una zona sperduta dell?islanda, un bellissimo Hotel incastonato nei ghiacci. Tra gli Ospiti le migliori menti del pianeta per cercare di creare qualcosa di nuovo che possa migliorare il mondo. C’è un po’ di tutto, il confronto con una IA (al miliardario non piace chiamarla intelligenza artificiale). La scrittura, l’arte e la scienza, si mescolano in una trama che ricorda in fin dei conti tanti piccoli racconti, anche un po’ Agatha Christie. C’è tutta la passione della sua autrice, Marling mette se stessa, l’amore, per i libri, i racconti true crime e il mistero.
Nei primi due episodi, disponibili su Disney +, la storia ci mostra una protagonista della generazione z che ricalca un po’ la curisoità e la creatività di generazioni precedenti, caraterrizzata davvero molto bene in poche scene taglienti e incisive. Un po’ scrittrice e un detective, figlia di un coroner, esperta di quindi di omicidi. Ed è proprio in quell’hotel sperduto in cui lei è stata invitata che accade un misterioso omidicio/suicidio. La distanza dalla civiltà diventa così un pretesto di paura, proprio come nei classici di Poirot. Essere isolati non permette molte scelte e per questi primi due episodi solo la protagonista crede che si tratti di un omicidio.
Il lato negativo di questa prima impressione è che la serie sembra potesse dare ancora di più, una fotografia di buon livello non supportata del tutto da una regia, buona si, ma che non colpisce più di tanto. Immaginare un prodotto simile nelle mani giuste, fa venire un po’ da mangiarsi le mani. Le basi ci sono tutte, l’applicazione di esse un pochino meno. A parte questa picollezza, più un capriccio che un vero giudizio, la serie è davvero un ottimo prodotto. Sembra che può solo crescere, e le aspettative dopo due episodi, sono davvero buone.


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