QUATTRO CHIACCHIERE: Il successo della serie, Un professore, fa tornare sotto i riflettori, l’importanza della musica nel cinema.
Un professore è una serie RAI che prende spunto da una famosa serie spagnola di successo Merlì. Spinta dall’onda di passione del mondo italiano verso serie che parlano di adolescenza e licei, Un professore ha riscosso un discreto successo e fatto parlare molto di se. La serie vede come protagonista Alessandro Gassman nei panni di un professore di filosofia che instaura un rapporto paterno con i propri alunni. Ogni lezione è uno spunto per un insegnamento di vita.

Ovviamente come tutti i prodotti fi questo tipo va sempre tutto molto sceneggiato, gli studenti non hanno vita facile e delle volte ci si discosta molto dalla realtà. Questo dà alla serie un tocco di curiosità, la rende più fantasiosa e interessante, soprattutto piacevole. La bellezza di alcune serie italiane è certamente la loro leggerezza, la capacità di essere piacevoli senza impegnarsi in pericolosi e a volte fallimentari esperimenti. Il concetto di base funziona, spostarsi dalla filosofia alle vicende adolescenziali regala la giusta profondità a questo prodotto.
I personaggi sono ben scritti, una caratteristica da non sottovalutare e anche se si cade facilmente in qualche banalità, la scrittura di essi ci porta con facilità a provare una forte empatia nei loro confronti. Un secondo obiettivo della serie è certamente quello di creare una sorta di invidia e desiderio. La voglia di avere un professore così, una persona prima che un professionista del suo mestiere. La scuola vissuta come insegnamento di vita e non solo di numeri e di tecnica.
L’obiettivo è sempre quello di catturare il pubblico in una sorta di emotività e affezione. La musica è da sempre lo strumento per entrare nel cuore delle persone e questa serie ne sfrutta al meglio le caratteristiche. La canzone di Gabbani è perfetta, penetrante e lascia un bel ricordo su tutto, in un certo senso ci illude di aver visto molto di più, ci illude che la serie che abbiamo appena visto sia bellissima ed emotivamente perfetta. Le canzoni giocano così un ruolo cardine e ci spostano verso il piacere e l’illusione. Un gioco davvero ben pensato, aggiustato che nel complesso rende davvero, Un professore, una serie di un certo livello, che lascia in qualche modo il segno.
La musica emoziona, nasconde, e sposta l’attenzione lontano dai difetti. Nel dettaglio, una regia, sempre banale e mai ricercata, la semplicità quasi ostentata, una recitazione molto acerba, giovane e piena di difetti, ma che ben si sposa con serie generazionali di questo tipo. Generazionali inteso come un complesso di protagonisti di una stessa epoca ed età. Così nella seconda stagione ci si gioca ancora tutto sulla canzone, Gabbani introduzione perfetta per i momenti della serie, un tocco in più arriva dal figlio d’arte Leo Gassman, (terza generazione Gassman partita dal grandissimo Vittorio), che con una canzone al punto giusto, sposta le emozioni e il giudizio. La seconda stagione risulta più bella e piacevole del dovuto, incisiva grazie alle giuste note nelle giuste posizioni.

Un merito grande va dato a questa serie. La capacità di legare la musica ai momenti, una cosa che riesce bene a molti e su cui si basano la maggior parte delle commedie d’amore. Non colonne sonore, quanto canzoni con testi legati indissolubilmente al prodotto che stiamo guardando, pronte ad inciderci il cuore e a stamparci nella mente i momenti. Se dici Un professore, pensi a Spazio Tempo di Francesco Gabbani, è inevitabile ed è giusto così.


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