Recensione nel tempo di un caffè
Squid Game, la serie coreana Netflix che ha conquistato il mondo arriva alla sua conclusione. Ci arriva un po’ stanca, con poche idee e con una certa difficoltà a mantenere cusiosità senza ripetersi. Nel complesso Squid game rimane una serie senza nemmeno delle vere e proprie stagioni, ma quanto più una serie con un unica grande prima stagione.

Poteva essere una miniserie, invece si è voluti andare oltre complicando e non poco la creatività degli sceneggiatori. La terza stagione funziona, il finale non è neanche così cattivo, ma è un prodotto che fa comunque molta fatica anon ripetersi. Non annoia, ci porta volentieri al suo finale, ma allo stesso tempo ha un po’ l’effetto LOL di Amazon prime, nulla sarà più come la prima stagione, come la novità.
Hunger Games era riuscito a portarci fuori dai giochi, Squid game non ci riesce, il mondo fuori ci annoia, non ci incuriosice e l’evoluzione del protagonista è complicata e forse fin troppo profonda. La terza stagione è forse ancor più densa di significato della prima, ma fa davvero fatica a conquistare il pubblico. Bella si, ma anche forzata, persa, come il suo finale per forza cinico.
Una serie che voleva stupire, ma che diventa forse fin troppo prevedibile. Ha una parte introspettiva che si sviluppa sempre al meglio, rappresentato fin troppo bene l’egoismo umano. Letale e sincera come pochi prodotti di questo tipo. Ripetitiva e e prevedibile come tante altre serie. Squid game arriva così alla sua conclusione lascinado un segno importante nel mondo delle serie tv, ma forse non come ci si aspettava o come avrebbe davvero voluto. Non ci resta che aspettare i vari Spin-off con il forte pericolo di essere ancor più ripetitivi.


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