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THE LAST OF US: RECENSIONE SERIE E ULTIMO EPISODIO PRIMA STAGIONE

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The Last Of Us è una serie HBO del 2023 tratta dall’omonimo famoso videogioco della Naughty Dog, la serie è scritta e creata da Craig Mazin e Neil Druckmann. Da subito si può dire che uno dei miglior adattamenti mai realizzati, una serie che non solo ha rispettato le aspettative ma le ha superate e ha mantenuto la bellissima storia del primo videogioco.

The Last Of Us era molto di più di un semplice videogioco, questa serie è riuscita a raccontarlo nel modo giusto, rimanendo fedele, a volte nel dettaglio, a ciò che il gioco ci aveva mostrato anni fa. Una storia di sopravvivenza, violenza e amore che va al di là della solita storia post-apocalittica. Gli infetti e la malattia sono solo il contorno di una storia che approfondisce nel profondo lo spirito umano, l’amore tra un padre e una figlia acquisita, le difficoltà di un mondo cinico, povero e violento. Questa serie HBO è davvero ben fatta, recitata alla perfezione, scritta magistralmente con scene e dialoghi che non sono mai banali, ma sempre con una certa caratteristica e profondità.

The Last Of Us, proprio come nel videogioco riesce a spezzarti in due, ti lascia desolazione e angoscia, non è una storia leggera, ma un’intensa lotta per sopravvivere, con un impercettibile speranza che sfiora i protagonisti. Joel non è buono, il classico salvatore del mondo, ma è un uomo plasmato e inciso dalla vita, dalle vicende che ha dovuto sopportare è la rappresentazione stessa del mondo in cui si trova. Chi sopravvive deve essere cinico, spietato, violento e freddo e anche Ellie nella sua evoluzione, perde quella luce negli occhi da bambina, per lasciare spazio ad una ragazzina che stringe con tutta la sua forza la vita e che coltiva una forte speranza per il mondo.

L’episodio finale è un’esplosione di emozioni forti, un episodio molto crudo con un gesto d’amore che si trasforma in violenza pura e rabbia. Dipendenza l’uno dall’altra e Joel che non vuole più perdere o sacrificare nulla della propria vita. Il suo gesto si trasforma in un grido di disperazione, un atto contro il destino, contro tutto ciò che c’è di brutto in quel mondo. La sua luce è Ellie e non la lascerà mai andare. La capacità di trasmettere emozioni di questa serie è evidente, sembra così realistica che a volte ci si dimentica del mondo di fantasia in cui si trova. C’è stata delicatezza negli attimi di amore, frantumata sempre da un “martello” di dolore che ricorda sempre che c’è ormai davvero poca speranza.

La prima stagione si chiude con un “OK” di Ellie e poi titoli di coda, a spezzare il tutto, a lasciarci con quell’angoscia sapendo quello che è appena successo e nonostante tutto ci sentiamo solidali con Joel, lo capiamo e in fondo ne comprendiamo l’animo. Complimenti a Pedro Pascal e Bella Ramsey che riescono a dare in ogni scena le giuste vibrazioni, dall’affetto, al dolore, alla disperazione, gli occhi persi nei momenti di pura violenza, come un essere vivente che con forza si aggrappa alla vita.

Una trasposizione perfettamente riuscita, un’amplificazione di quello che a livello di soggetto era già un capolavoro, alcune scene sono una perfetta riproduzione, altre sono attimi di puro cinema, con sensazioni umane impareggiabili da un computer. Joel e Ellie in tutta la loro semplicità ci portano lungo questo mondo in cui si vuole sempre qualcosa in cambio, in cui si è gentili e disponibili solo con le vite degli altri, un mondo in cui ognuno pensa alla propria sopravvivenza, manifestando l’egoismo che contraddistingue la razza umana. Non è una semplice trasposizione, ma un adattamento perfetto di un videogioco ad un mondo più complesso come quello televisivo/cinematografico. Non è una serie complessa nella sua evoluzione, ma complessa nelle sue emozioni e soprattutto nelle sue scelte, non ci sono mai scelte facili, ogni direzione che si prende è un sacrificio, la scelta finale di Joel è puro egoismo, per lui ed Ellie è sicuramente la scelta giusto, per il resto del mondo forse no.

I difetti ci sono, nel complesso si può definire una serie scenograficamente povera, nulla di clamoroso a livello visivo, ma sono davvero piccoli difetti quasi impercettibili, la qualità soprattutto in alcune scene e momenti e talmente intensa e alta da rendere la serie The Last Of Us un piccolo capolavoro. Bellissima in ogni suo attimo, nella sua profondità, nel suo messaggio, nella sua scrittura e nei suoi protagonisti.

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OSCAR 2023: TUTTI I VINCITORI

QUATTRO CHIACCHIERE: EVERYTHING EVERYWHERE ALL THE ONCE si prende 7 statuette, grande ritorno di Brendan Fraser.

Oscar 2023 poche sorprese e il film Everything Everywhere all the once che domina la scena vincendo ben 7 statuette, uno spettacolo nella norma, nessuna notizia eclatante e il grande ritorno di Brendan Fraser che si porta a casa il suo primo Oscar come miglior attore protagonista.

Migliori film

Everything everywhere all at once

Gli spiriti dell’isola

Elvis

The Fabelmans

Tár

Top Gun: Maverick

Women talking

Triangle of sadness

Niente di nuovo sul fronte occidentale

Avatar: La via dell’acqua

Migliore regia

Daniel Kwan, Daniel Scheinert per Everything everywhere all at once

Martin McDonagh per Gli spiriti dell’isola

Steven Spielberg per The Fabelmans

Todd Field per Tár

Ruben Östlund per Triangle of Sadness

Miglior attore protagonista

Brendan Fraser per The whale

Austin Butler per Elvis

Colin Farrell per Gli spiriti dell’isola

Paul Mescal per Aftersun

Bill Nighy per Living

Miglior attrice protagonista

Michelle Yeoh per Everything everywhere all at once

Cate Blanchett per Tár

Ana de Armas per Blonde

Andrea Riseborough per To Leslie

Michelle Williams per The Fabelmans

Migliore attore non protagonista

Ke Huy Quan per Everything everywhere all at once

Brendan Gleeson per Gli spiriti dell’isola

Brian Tyree Henry per Causeway

Judd Hirsch per The Fabelmans

Barry Keoghan per Gli spiriti dell’isola

Migliore attrice non protagonista

Jamie Lee Curtis per Everything everywhere all at once

Angela Bassett per Black Panther: Wakand forever

Hong Chau per The whale

Kerry Condon per Gli spiriti dell’isola

Stephanie Hsu per Everything everywhere all at once

Miglior montaggio

Everything everywhere all at once

Gli spiriti dell’isola

Elvis

Tár

Top Gun: Maverick

Miglior film internazionale

Niente di nuovo sul fronte occidentale

Argentina, 1985

Close

Eo

The quiet girl

Miglior corto animato

The boy, the mole, the fox, and the horse

The flying sailor

Ice merchants

My year of dicks

An ostrich told me the world is fake and I think I believe It

Migliori costumi

Black Panther: Wakanda Forever

Babylon

Elvis

Everything everywhere all at once

Mrs. Harris goes to Paris

Miglior cortometraggio

An Irish goodbye

Ivalu

Le pupille

Night ride

The red suitcase

Miglior colonna sonora

Niente di nuovo sul fronte occidentale

Babylon

The banshees of Inisherin

Everything everywhere all at once

The Fabelmans

Miglior sonoro

Top Gun: Maverick

Niente di nuovo sul fronte occidentale

Avatar: La via dell’acqua

The Batman

Elvis

Miglior sceneggiatura non originale

Women talking

Niente di nuovo sul fronte occidentale

Glass onion: A knives out

Living

Top Gun: Maverick

Miglior sceneggiatura originale

Everything everywhere all at once

Gli spiriti dell’isola

The Fabelmans

Tár

Triangle of sadness

Miglior film d’animazione

Pinocchio di Guillermo del Toro

Marcel the shell with shoes on

Puss in boots: the last wish

The sea beast

Turning red

Miglior fotografia

Niente di nuovo sul fronte occidentale

Bardo

Elvis

Empire of light

Tár

Migliore canzone

Naatu Naatu da Rrr

Applause da Tell It Like a Woman

Hold my hand da Top Gun: Maverick  

Lift Me Up da Black Panther: Wakanda Forever

This Is a Life da Everything Everywhere All at Once

Miglior scenografia

Niente di nuovo sul fronte occidentale

Avatar: The Way of Water

Babylon

Elvis

The Fabelmans

Miglior Makeup e Hairstyling (trucco e parrucco)

The Whale, Adrien Morot, Judy Chin e Anne Marie Bradley

Niente di nuovo sul fronte occidentale, Heike Merker e Linda Eisenhamerová

The Batman, Naomi Donne, Mike Marino eMike Fontaine

Black Panther: Wakanda Forever, Camille Friend e Joel Harlow

Elvis, Mark Coulier, Jason Baird e Aldo Signoretti

Migliori effetti visivi

Avatar: La via dell’acqua

Niente di nuovo sul fronte occidentale

The Batman

Black Panther: Wakanda Forever

Top Gun: Maverick

Miglior documentario

Navalny di Daniel Roher, Odessa Rae, Diane Becker, Melanie Miller e Shane Boris

All that breathes di Shaunak Sen, Aman Mann and Teddy Leifer

All the beauty and the bloodshed di Laura Poitras, Howard Gertler, John Lyons, Nan Goldin e Yoni Golijov

Fire of love di Sara Dosa, Shane Boris e Ina Fichman

A house made of splinters di Simon Lereng Wilmont e Monica Hellström

Miglior corto documentario

The elephant whisperers di Kartiki Gonsalves e Guneet Monga

Haulout di Evgenia Arbugaeva e Maxim Arbugaev

How Do You Measure a Year? di Jay Rosenblatt

The Martha Mitchell Effect di Anne Alvergue e Beth Levison

Stranger at the Gate di Joshua Seftel e Conall Jones

Ormai la lista è sempre più lunga ed è facile perdersi, a parte l’elogio dovuto a tutto il gruppo di lavoro di Everything Everywhere all the once, i complimenti vanno fatti anche ad una pellicola europea, tedesca per la precisione, che oltre al miglior film straniero ha vinto due premi di peso come miglior scenografia e miglior fotografia, il film tedesco è presente nel catalogo Netflix.

Quest’anno gli oscar sono un premio alla creatività e alle novità, attori che sono da anni nel panorama del cinema che per la prima volta vengono candidati e vincono addirittura un Oscar, come Brendan Fraser, Jamie Lee-Curtis o ad esempio Ke Huy Quan che era il bambino in Indiana Jones il tempio maledetto. Premi giusti senza troppe polemiche, nulla di clamoroso o scelte troppo politiche, vedere quello che comunque è uno Sci-fi vincere tutte queste statuette fa un certo effetto si, ma ormai tutti se lo aspettavano. Peccato per TOP GUN: Maverick che si è portato a casa solo un Oscar per il montaggio sonoro, nel complesso ritengo ancora che sia il miglior film e la massima espressione di un prodotto per le sale cinematografiche, quello poteva davvero essere un bel segnale per l’Accademy. Ovvio che il dominio del film dei “Daniels” dopo 6 Oscar, non poteva che prendersi anche miglior film.

Ottimo anche Brendan Fraser, strepitoso nella sua interpretazione, un attore che in qualche modo, chi è nato negli anni 80/90′ ci è affezionato e sinceramente è davvero bello che abbia ricevuto un premio del genere.

Un altro anno di cinema, un altro anno di Oscar, un nuovo anno di sorprese e di sogni.

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OGGI È IL COMPLEANNO!

QUATTRO CHIACCHIERE: il Mio rapporto con i film, le serie e il cinema, una passione profonda che crea forti emozioni.

Per il mio compleanno ho deciso di fare un articolo speciale, molto più personale e meno distaccato e obiettivo, in realtà in ogni mio articolo o recensione metto una parte di me, ma voglio scrivere qualcosa di più, qualcosa di leggermente diverso dal solito. 30 anni sono già pesanti, con la consapevolezza che gli obiettivi della propria vita sono ancora distante e che i sogni ad occhi aperti siano ancora troppo distanti e lontani dalla realtà.

In fondo perché no? ogni giorno degli ultimi anni è sembrato un po’ un episodio di una lunga serie pre apocalisse, con pandemie e guerre e con un’incertezza sul futuro che pesa sulle nostre generazioni. Tutto questo si ripercuote anche nel mondo del cinema, con film di successo che sono fatti per distrarre il pubblico, farlo sognare con storie di supereroi e fantasia. Più si hanno cosa da perdere e più si ha paura di perderle, una volta si aveva poco o nulla, quindi una crisi ti tipo economico sociale aveva un peso minore e conseguenze meno evidenti.

Al giorno d’oggi siamo legati indissolubilmente ad una connessione come il fungo di The Last of Us che tiene tutti collegati sotto il terreno, noi con le nostre connessioni i nostri cellulari, tutti a messaggiare e stare in contatto, non più abituati e non sentire qualcuno anche solo per qualche ora. Il cinema e le serie sono uno degli argomenti più popolari nelle compagnie di amici e sui social, perché ci fanno sognare e staccare dalla realtà, sogniamo si fare una rapina che ci renda ricchi e liberi, oppure di fare surf alle Outer Banks e perché no essere belli e sicuri come tutti i personaggi delle nostre serie preferite. Teenagers belli e speciali come in Elite, Riverdale o Mare Fuori di cui tanto si parla adesso, principalmente perché gli attori sono attraenti.

La bellezza estetica al giorno d’oggi è un punto fondamentale del cinema, in realtà lo è sempre stata, dove non c’è peso e sceneggiatura, si punta a qualcosa di estetico che possa attirare il pubblico con una copertina stupenda e un contenuto scarno. Siamo abituati a vedere e sentire, non ci bastano più le scritte quindi anche l’occhio vuole la sua parte. Immagina un Titanic senza la bellezza di Leonardo DiCaprio, la storia diventerebbe poco credibile, con la ricca che va con il povero e brutto. Il cinema ha bisogno di bellezza e talento e spesso in questo mondo le cose coincidono.

I film e le serie sono sempre uno specchio della nostra società, se una cosa fa troppo controcorrente la sentiamo estranea e non veritiera. Distanti sempre dal mondo del lavoro, con lavori stupendi e poco monotoni o con vite con mille avventure ed esperienze, perché il mondo cinematografico serve a questo a farci sognare con le sue sfumature e colori, con le sue storie assurde, fantastiche e uniche.

C’è un’infinita scelta per tutti i gusti, difficile non trovare qualcosa adatto a noi, qualcosa che ci faccia dimenticare tutto per quelle tre ore, staccare dal mondo e perdersi nella fantasia. La bellezza del cinema è un gruppo di persona che crea arte visiva, musicale e di scrittura, un mix unico di forme d’arte tutte insieme. Perdersi in monologhi stupendi come in Will Hunting, oppure in viste di mondi alieni come in Avatar, o viaggiare nel tempo e nello spazio in Interstellar. Il cinema può tutto ed è questa la sua bellezza.

Il mio rapporto con il cinema è sempre dei migliori, lo amo immensamente, mi piace studiarlo a fondo capirne i segreti e immaginare una mia versione dei film, non faccio solo recensioni, ma scrivo storie, serie, libri e perché no anche pensieri e poesie. Le serie e in i film sono pezzi di sogni della nostra mente, creati e messi in scena, una cosa bellissima e unica. Abbiamo la possibilità di creare mondi con il solo potere della scrittura, dove tutto parte.

Il cinema per me è passione, non mi guardo solo un film, ma lo studio, lo analizzo per migliorare l’esperienza visiva, non c’è cosa migliore che avere una passione per ciò che si fa, avere la possibilità di sognare e di crederci che prima o poi questo possa diventare un lavoro, non importa quanto sia difficile, ma quanta passione e impegno ci metti, in modo che anche se non si realizzerà avrai comunque riempito la tua vita, Poi Tolkien ci insegna che molte opere hanno bisogno del loro tempo per essere davvero apprezzate.

30 anni sono tanti, ma sono ancora pochi pensando a quante cose posso fare per il mondo del cinema, per la mia creatività e non vedo l’ora di vedere nuove opere d’arte, nuove storie, nuovi attori che crescono e nuovi effetti visivi sempre più incredibili. Reboot, sequel, spin off, fate quello che volete, l’importante e che mi fate perdere nel mondo dei sogni del cinema.

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LA NOTTE DEL GIUDIZIO – THE PURGE – LA SAGA

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La notte del giudizio (The Purge) è ormai una saga importante del mondo cinematografico, con il primo film che risale al 2013 scritto da James DeMonaco che ne è l’ideatore. Un film che ha un’idea di base davvero curiosa e geniale e che proprio per questo motivo gli ha permesso di diventare una saga e anche una serie tv.

Il primo film del 2013 con protagonista Ethan Hawke ci mostrava solo la superficie di questo futuro dispotico, in cui gli Stati Uniti per uscire da una crisi di identità ed economica hanno cambiato forma di governo, con questi “Padri fondatori” che governano e che hanno deciso di concedere alla nazione una notte in cui non esistono le leggi e le persone possono fare ciò che vogliono. Questo causa una notte di violenza e follia che si ripete una volta all’anno, la gente si sfoga e si purifica e il resto dell’anno, stando ai media, le persone sono più calme e meno violente e non commettono crimini.

Nel corso della saga ci vengono mostrate diverse situazioni, la prima dentro una abitazione assediata da dei giovani ricchi che usano la notte per sfogare la loro voglia omicida. Già nel primo film c’è un po’ di stile horror e di pura follia che lo hanno reso abbastanza emblematico, soprattutto per le maschere usate dagli assassini. Nel corso dei film successivi invece abbiamo una visione più ampia di ciò che succede in quella notte e impariamo a conoscere un po’ le due fazioni, chi è a favore e chi contro.

Ovviamente per molti aspetti le trame sono forse un po’ troppo surreali, ma nel corso dei film e anche della serie, ci viene data una spiegazione specifica del perché le persone siano così esageratamente violente in quella notte. Nei primi tre capitoli partiamo che lo sfogo c’è già da anni e arriviamo al terzo film dove una rivolta cambia le cose e fa finire per sempre questa situazione. Nel quarto capitolo ci viene mostrato il primo sfogo, un esperimento fatto in una zona povera di New York e veniamo a scoprire che il vero scopo dello sfogo è massacrare i poveri per diminuire la popolazione che ha bisogno di aiuto durante il resto dell’anno. C’è chi si arricchisce tantissimo grazie allo sfogo e chi diventa ancora più povero e verrà ucciso lo sfogo successivo.

Nel quinto capitolo viene ricostituito lo sfogo, ma la violenza è sempre più presente nelle persone, la situazione degenera e lo sfogo non dura una notte ma continua per tutta la nazione e per sempre, gli Stati Uniti si auto annientano.

Tutti i film sono ben scritti e in generale penso sia una saga un po’ sottovalutata, è una storia che prende sempre, ci sono delle belle scene di azione e anche il lato Horror è sempre ben gestito e utilizzato per creare la giusta tensione. L’idea iniziale penso sia geniale e perfetta per una saga cinematografica e nei diversi film è stata esaminata bene la situazione e i diversi aspetti di questa notte di follia. Molto realistico sotto certi aspetti e forse fastidiosamente esagerato sotto altri, questi film riescono però sempre ad avere i giusti protagonisti, che molto spesso sono abili con le armi. Sono dei film che si completano a vicenda e ci danno risposte che prima non avevamo, essendo antologici tra loro funzionano sempre e si possono davvero creare mille storie a riguardo. The Purge è un format, che funziona sempre, sia per i film che per la serie tv perché offre davvero mille possibilità.

L’ultimo film si stacca un po’ dalla sua classicità e vedere la violenza di giorno in questo film fa un certo effetto, ma nel complesso la trama funziona e trova anche il tempo per fare qualche piccola denuncia sociale come il resto dei film. Fondamentalmente il film condanna quello che mostra ed è sempre contro la notte dello sfogo, ma al suo interno ci sono sempre invece personaggi che sono a loro favore, si spacca in due l’opinione pubblica e la nazione stessa e penso che l’ultimo film uscito in ordine cronologico sia la giusta evoluzione della storia.

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OUTER BANKS 3 – STAGIONE 3: PRIME IMPRESSIONI

QUATTRO CHIACCHIERE: Prime impressioni e recensione dei primi due episodi di Outer Banks

Outer Banks esce fuori con la sua terza stagione su Netflix, una serie creata da Josh e Jonas Pate e Shannon Burke. Una serie teen drama esotica e con un forte legame con il mare, ormai lontana dalle affascinanti Outer Banks, ma stabilita nei bellissimi caraibi a Barbados.

Una serie che si allontana leggermente dallo stile delle prime due stagioni, o quanto meno dalla prima, ormai è una serie con un genere a sé rispetto agli altri teen drama, che fa dell’avventura il suo punto centrale. Un bel mix di sensazioni, dove i sentimenti e le storie amorose passano in secondo piano, per mettere al centro la “caccia al tesoro”.

A poco a poco perde sempre un po’ di realismo, ma ne guadagna sicuramente il lato di azione e fantasia, rendendola forse ancor più curiosa, in questa stagione sembra che l’obiettivo dei ragazzi sarà trovare la famosa El Dorado, la città d’oro ma per farlo dovranno affrontare un ricco criminale in stile Indiana Jones. Una serie che ci riporta un po’ indietro nel tempo in alcune sue dinamiche un po’ anni 80/90′ ma che la rendono ancor più unica.

In questi primi due episodi i difetti non mancano, c’è una estrema leggerezza in tutto ciò che succede e sembra andare sempre tutto male si, ma allo stesso tempo tutto nel verso giusto, dove i protagonisti riescono sempre ad ottenere ciò che vogliono. Si presenta molto come una serie per ragazzini, forse a volte fin troppo infantile, ma che sfrutta questo elemento per rendere l’avventura più fanciullesca e affascinante. Anche nella terza stagione sembra che tutti funzioni e gli elementi piacevoli delle prime stagioni, cioè il forte senso di amicizia e unione, ci sono ancora.

In fin dei conti questa stagione, riconferma che i momenti più belli e intensi della nostra vita li passiamo con gli amici, e posti spettacolari come Barbados, non fanno altro che confermare quanto può essere bello stare in amicizia in avventure incredibili e inverosimili. Outer Banks è un po’ un sogno ad occhi aperti, dove dei ragazzi in un paradiso esotico, fanno la caccia al tesoro come dei bambini super curiosi, tutto questo rimanendo uniti come grandi amici.

Non bisogna aspettarsi la serie del secolo, assolutamente no, ma nel suo genere ristretto penso che sia una delle serie più carine e più azzeccate che ci siano in circolazione, una serie facile e piacevole da vedere, per certi versi unica e diversa con la sua fotografia dalle sfumature del tramonto, arancio e giallo.

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LUTHER-VERSO L’INFERNO: IN ARRIVO IL FILM SU NETFLIX

QUATTRO CHIACCHIERE: In arrivo a marzo su Netflix il film sequel della serie tv inglese con protagonista Idris Elba

Netflix ha appena fatto uscire il trailer del suo nuovo film che uscirà a marzo, un film sequel tratto dalla serie originale BBC, Luther, con protagonista Idris Elba nei panni di un detective un po’ sopra le righe in una Londra ormai avvolta nella criminalità.

Dal trailer non sembra cambiata la splendida fotografia che spesso contraddistingue fin da subito le serie inglesi, e non sembra nemmeno cambiato troppo Luther, che è forse il personaggio più iconico dell’attore. Essendo un film c’è sicuramente più movimento e azione rispetto alle stagioni precedenti e i personaggi hanno meno possibilità di svilupparsi e crescere. Vedere Andy Serkins nei panni di uno spietato serial killer mi fa ben sperare, attore preciso per quel ruolo.

Luther si trova in carcere dopo le vicende della serie, non è più un poliziotto, vuole indagare su un serial killer prima di essere nuovamente catturato, in pratica lotta su due fronti, ma farà di tutto per catturare quello che ormai non è solo un criminale ma una sua ossessione. La bellezza della serie era la sottilissima differenza tra bene e male, tra la “guardia e il ladro”, dal trailer sembra che questo elemento sia ben presente nella trama, con un Luther detective non ufficiale e addirittura inseguito dai suoi ex colleghi.

Purtroppo in produzioni di questo tipo di tende troppo a renderli dei film d’azione con il pericolo che il detective Luther diventi una sorta di Dominic Toretto, che picchia e spacca tutto e che può fare qualsiasi cosa, anche volare. Spero che si mantenga il realismo della serie, che ci mostra il lato oscuro dell’essere umano, e un detective tormentato che segue più le sue ossessioni che il suo dovere.

Questo è il personaggio migliore di Idris Elba e un’altra sua interpretazione nel ruolo è una bella notizia, il trailer sembra regalare degli spunti davvero interessanti, ma la piattaforma Netflix ha la brutta capacità di uniformare troppo i propri prodotti, mi piacerebbe vedere che un po’ di quel tocco inglese in stile BBC sia rimasto, com’è stato per Peaky Blinders o Sherlock.

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E SE SANREMO FOSSE UNA SERIE TV?

QUATTRO CHIACCHIERE: Provo ad immaginare le reazioni e le situazioni possibili nel caso in cui questa edizione di Sanremo fosse una serie tv.

Come fatto in precedenza con diverse serie di tendenza, provo a scrivere le mie reazioni a caldo verso i primi due episodi di questa nuova ed immaginaria serie trasmessa su RAI 1. Una serie di nome Sanremo in cui si svolge più come un musical e che a tratti ricorda un po’ GLEE. Proprio come le migliori serie e film con musica, si ha un migliore successo quando si fanno cover e si ricorda con Gioia il passato, il finale del primo episodio infatti funziona alla grande, ma proviamo ad andare più nel dettaglio.

Le prime due puntate di Sanremo hanno ottenuto più del 60% di share, il che vuol dire che ormai è un prodotto ben “oliato” che funziona e che piace alla maggior parte del pubblico, un appuntamento imperdibile per molti che si subiscono più di quattro ore di programma filate, fino a tarda notte. Immaginarlo come serie televisiva non è poi così facile perché nulla potrebbe avere questo seguito da Fan accaniti a assidui. Mi piace immaginare un po’ in stile trono di spade, trasmesso nei bar per vedere in diretta le reazioni dei telespettatori.

Sanremo parte alla grande, nel cast un premio Oscar di eccellenza Roberto Benigni, un po’ noioso e monotono, il pubblico non ha apprezzato del tutto il suo monologo, che dura forse troppo e centra ben poco con il resto della trama. I protagonisti non recitano benissimo, ma almeno sono ormai ben inseriti nel contesto, anche Amadeus torna protagonista come negli ultimi anni, con lui di nuovi attori, Gianni Morandi e Chiara Ferragni, lei un po’ troppo tesa, anche il suo monologo e forte e incisivo, ma forse un po’ scontato, spacca un po’ il pubblico in due.

Il primo episodio si perde un po’ con le sue comparse, i suoi protagonisti arrancano un po’ e la musica non è delle migliori, è una serie tv che crea sempre grandi aspettative da questo lato, ma quest’anno non sembra soddisfare del tutto. Canzoni troppe urlate, spesso poco melodiche e non del tutto orecchiabili, fanno faticare il primo episodio di questa serie che cambia troppo spesso obiettivo e va spesso fuori rotta. Sanremo però non molla e verso la seconda metà dell’episodio c’è un plot twist clamoroso che cambia le carte in regola, come in qualche stagione precedente in stile Morgan e Bugo, l’improvvisazione diventa l’arma in più di questa serie e sorprende il pubblico, con Blanco in stile Leonardo DiCaprio che si arrabbia e spacca tutto, recitazione da Oscar, ma il pubblico non ha apprezzato molto, sorpreso da questa svolta inaspettata della sceneggiatura. Fotografia ottima, con inquadratura dall’alto per vedere il disastro della furia umana.

Il vecchio funziona sempre, come con i sequel e gli easter Eggs anche Sanremo non si tira indietro dalle citazioni al passato, Appaiono i Pooh e pur senza Massimo Boldi alla batteria (Cit.) e il compianto e amato Stefano d’Orazio esprimono tutta la loro forza e cantano a squarciagola, con un montaggio sonoro da rivedere. Uno dei momenti più energici del primo episodio. Il finale fa un easter eggs pazzesco e proprio come in GLEE le cover funzionano di più e proprio come in Wakanda Forever c’è un bel tributo a un protagonista del settore scomparso anni prima. Morandi prende le redini e in una delle scene scritte meglio inizia a cantare una meravigliosa “Il mio Canto Libero” di Lucio Battisti, momento migliore dell’episodio e ottimo finale.

Anche il secondo episodio sfrutta il passato immenso della serie e va a ripescare gente come Albano e Massimo Ranieri che insieme a Morandi ci ricordano come fosse bello un tempo ascoltare musica, con infinita possibilità creativa senza pericolo di plagio e di offesa, sceneggiature più libere e vere. Oltre la nostalgia il secondo episodio fatica più del primo, ma la recitazione e il montaggio sonoro migliorano, sul finale uno sketch comico inaspettato, un po’ improvviso e fuori dalla trama principale, ma che funziona e tiene alta l’attenzione, per la parte competitiva della serie, con una classifica che fa storcere il naso. Marco Mengoni è primo e lascia spiazzato il pubblico che però approva in mancanza di alternative, piacciono anche Colapesce e DiMartino forti anche dal pezzo della stagione precedente.

Nel complesso una serie che funziona ma solo a tratti e che a volte delude, ma una serie che sa anche stupire con colpi di scena non indifferenti e con ricordi del passato che sanno di nostalgia. Potrebbe migliorare nei prossimi episodi, anche se mi rendo conto che non è facile gestire questo cast corale con tutti queste comparse. Nei primi due episodi e avendo ascoltato tutti i pezzi il mio preferito è Mr. Rain.

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HOUSE OF THE DRAGON: LA DANZA DEI DRAGHI, APPROFONDIMENTO DELLA SERIE

QUATTRO CHIACCHIERE: La recensione breve non basta, House of the dragon merita qualche parola in più e qualche piccolo approfondimento

House of the Dragon è una di quelle serie che merita qualche parola in più, molti personaggi e storie che non si possono comprimere in una piccola recensione senza spoiler (QUI). Una serie HBO che mostra il potenziale di questo mondo fantasy e lo amplifica, pronta a riconquistare il cuore dei più delusi.

Il finale della serie originale Game Of Thrones è una ferita aperta ancora per molti fan, infatti questa serie e passata in secondo piano, un po’ anche schiacciata dalla campagna pubblicitaria de “Gli anelli del potere” e un po’ dal fatto che essendo su Sky, non tutti possono vederla. Come già detto nella recensione, questa serie funziona e ha riportato in alto questo splendido universo fantasy creato da Geroge R.R. Martin.

House of the Dragon ci mostra il passato della famiglia Targaryen, più precisamente quasi 190 anni prima della nascita della nostra amata Daenerys, in questa serie ci viene mostrato l’inizio della fine della casata più importante di Westeros, una famiglia che ha regnato per anni e anni su quelle terre, grazie al potere dei Draghi, assoluti dominatori del mondo Fantasy di Game Of Thrones. Il fascino del drago come creatura di fantasia ha sempre funzionato, in questa serie sono un punto importante, e ci mostra in particolare il potere dei Targaryen sulle altri importanti casate del continente. Le famiglie mantengono le caratteristiche già viste nella serie principale, alcune vengono solo nominate altre ci vengono mostrate.

La serie ci mostra due linee temporali ben distinte. Nella prima parte di inizia a raccontare la linea temporale con Viserys (Paddy Considine) primo del suo nome figlio di Baelon ed erede al trono di suo nonno Jaehaerys I, che diventa Re. Viserys si fa notare fin da subito per il suo buon carattere, molto pacifico e cordiale, un uomo che evita la guerra e lo scontro Un re anomalo per il trono di spade.

Fin dalle prime scene e situazioni notiamo una caratteristica dei Targaryen con il re Viserys sposato con sua sorella Alyssa, da cui ha avuto una figlia, Rhaenyra (Milly Alcock nella versione giovane della principessa). In questo modo mantengono il sangue puro e il loro legame con i Draghi e Valyria. Il contrapposto del re è suo fratello Deamon (Matt Smith), un ragazzo molto aggressivo e ribelle che mette sempre in difficoltà il consiglio del re e il suo nome, per i suoi atti di violenza di potere, un ragazzo forte e che ama la battaglia e che non esita a buttarsi nella mischia se serve. Lui come gli altri Targaryen è possessore di un drago.

Questi personaggi principali, nei primi cinque episodi ci mostrano un po’ la situazione di quegli anni, con Viserys ammalato e con il “difetto” di non avere eredi maschi. Questo sarà un punto cruciale della trama e sarà quello che poi farà vacillare il potere sul trono di spade, con più contendenti a Bramarlo. Un semplice trono, che attira sempre l’ambizione di potere delle persone. Con questa serie si ritorna un po’ alle morti un po’ improvvise e inaspettate che ti fanno salire la giusta tensione in ogni momento. I personaggi principali, ai fini della trama, non vengono toccati più di tanto, ma non si sa mai quanto possano rimanere in vita. Bello l’espediente, del re malato, che sembra dover morire da un momento all’altro ma che rimane in vita praticamente tutta la stagione. Nella seconda parte, nei restanti 5 episodi si ha un salto temporale importante con Rhaenyra ormai adulta (Emma d’Arcy) e suo padre sempre più malato, con due nuovi figli maschi avuti dalla sua nuova moglie Alicent Hightower.

Qui iniziano i veri giochi di potere ben iniziati già nelle prime cinque puntate, Rhaenyra viene accusata di avere figli illegittimi, chiaramente non figli di suo marito, mentre gli Hightower grazie alla posizione di Otto, padre di Alicent come primo cavaliere che vogliono prendere sempre più potere, supportati da parte del popolo che non vuole avere una regina ma un re.

In pochi episodi sale la tensione, i figli aumentano, gli eredi pure, ci viene mostrato il lato buono di Rhaenyra, forse la più onesta di tutti, ma anche il suo lato ambizioso e la voglia di diventare la prima Regina Targaryen a salire sul trono. Si sposa con suo figlio Daemon da cui avrà due figli, di sangue puro Targaryen, i suoi primi due figli avranno dei ruoli di potere e il suo primogenito Jacerys sarà l’erede al trono. Questo era il suo programma, ma si ritrova regina di roccia ma nulla di più con il suo fratellastro Aegon II che viene nominato re alle sue spalle, scatenando la guerra che viene chiamata Danza dei draghi. La storia è abbastanza contorta davvero piena di nomi simili tra di loro, ma la serie riesce a mostarci bene questa situazione e a rendere bene l’idea di quello che sta succedendo. Il merito della serie è quello di tenere tutto molto ordinato e non creare troppa confusione, il salto temporale è un po’ spiazzante ma necessario per portare avanti la storia e arrivare al momento dello scontro tra i verdi e i neri, le due fazioni che sostengono regnanti differenti.

Il finale di stagione racchiude un po’ tutto lo stile di Game Of Thrones, con Lucerys, secondo genito di Rhaenyra, che vola dai Baratheon per chiarire la loro posizione riguardo alla guerra che sta per scoppiare e chi riconoscono come Re legittimo, arrivato a destinazione, trova suo zio e rivale di vecchie litigate Aemond Targaryen figlio di Viserys e Alicent e fratello dell’attuale re sul trono di spade. Aemond si appena promesso sposo alla figlia di Baratheon. Lucerys fugge nella tempesta con il suo drago, ma Aemond, da poco padrone di Vaghar, il drago più grande in vita, non riesce a fermarsi e per sbaglio uccide e divora Lucerys, creando così una situazione di sicura guerra tra le due famiglie. Una scena emblematica, perché quella morte sarà l’inizio di molte altre e della distruzione di parte della discendenza Targaryen.

Questo meccanismo funziona alla perfezione per la serie che ci dà indizi su chi vincerà la guerra e da chi discende Daenerys, collegandosi poi alla serie originale, con nomi a noi più famigliari, pur essendo 160 anni indietro, qualche piccolo collegamento c’è.

La morte di Lucerys, anche se molto diversa nella sua esecuzione, ricorda molto la morte di Ned Stark nella prima stagione di Game Of Thrones, una morte che porterà ad un sacco di conseguenze nelle successive stagioni. Riporta al centro il trono, con una battaglia tra draghi mai vista prima, in questa prima stagione c’è solo un accenno ma già si intuisce cosa ci aspetterà nella seconda stagione.

L’inizio della fine di una famiglia che comincia a farsi la lotta con sé stessa, con due incoronazioni, due pretendenti al trono di spade e con fratelli e sorelle pronti a darsi battaglia con i propri draghi, la famiglia Targaryen perderà a poco a poco il suo potere fino ad arrivare al re folle. Questa serie è giusta e equilibrata e ci mostra un’altra interessante storia di questo mondo, con personaggi molto importanti e ben scritti, come lo stesso Re Viserys, suo fratello Daemon e sua figlia Rhaenyra, si passa da un momento pacifico e tranquillo, a una lotta interna che non farà che danneggiare il regno. La prima stagione è un percorso che ci porta all’inizio della battaglia. Una prima stagione perfetta, che introduce un po’ alla violenza e alle morti classiche di questa serie, con lo “slogan” dei Targaryen che diventa ancora più reale, fuoco e fiamme.

Si rivela così la decisione giusta presa da HBO di fare lo spin off su questa storia, che ha una trama interessante e nello stile che il pubblico vuole, con il trono bramato da molti, con guerre e inganni. Una serie che si può anche chiudere in 3 semplici stagioni, ma che dimostra la potenzialità di alcuni spin off, con la paura che possa finire male come la serie originale. Ci sono in progetto altri spin off e si spera che il livello sia questo. Una serie che mi ha riconquistato, non esageratamente bella, ma davvero un’ottima prima stagione.

La cosa che funziona di più nella serie, è la politica, i giochi di potere, sono elementi fondamentali per questo genere, in cui la parte Fantasy e rimarcata dai draghi, ma che nel contesto di per sé sembra solo storia medievale. Game Of Thrones si riconferma dunque, l’universo narrativo ideale per fare serie che possano conquistare il pubblico e avvicinarlo al mondo fantasy. L’assenza di magia, elfi o altro, ci fa sembrare tutto un po’ più realistico e storico, quasi più vicino alla realtà. Il concetto di bene e male non esiste, perché è molto sottile e impercettibile, difficile scegliere una fazione, difficile capire davvero chi fa la scelta giusta. Il popolo passa in secondo piano, proprio come i re ci dimentichiamo quasi che esiste, e ci concentriamo solo sulle famiglie reali, sul loro potere o su chi salirà su quel trono. I draghi rappresentano il fascino del potere, la forza di una famiglia che proprio come detto nella serie, sembrano quasi dei, sicuramente diversi dagli altri esseri umani.

I giochi, gli inganni e gli incesti della famiglia Targaryen, ma anche il loro aspetto un po’ celestiale, ci ricordano un po’ le vicende della mitologia Greca, con questi Dei che fanno giochi di potere e che ogni tanto scendono sulla terra (tra il popolo di approdo del re) per sfogare le loro perversioni sessuali. La fortezza rossa di approda del re, diventa un po’ il monte olimpo con all’interno i loro Dei, che giocano e vogliono sempre più potere. Al popolo non cambia nulla, succedono mille cose a palazzo, ma loro nel concreto vengono solo obbligati ad assistere all’incoronazione di Aegon II, inconsapevoli della guerra civile che incombe.

Proprio come nella politica reale ci si dimentica del proprio popolo e si pensa solo al potere e al poter salire sulla quell Trono (poltrona). House of the Dragon funziona perché prende spunto da molte cose e ci ricorda tante situazioni già viste nella vita reale. Con un’iconica figura di potere e di fantasia come il Drago.

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AMERICAN PSYCHO: TRA FOLLIA E GENIALITA’

Recensione nel tempo…

American Psycho è uno dei quei film iconici, conosciuti più per i meme e le immagini presenti su internet che per la sua vera forma e trama, un film spesso citato, e nominato, ma che sfortunatamente, fino a ieri sera, non avevo mai visto.

Scorrendo nel catalogo Netflix mi ritrovo davanti a questo film del 2000, diretto da Mary Harron e tratto dall’omonimo romanzo di Bret Easton Ellis. Con un incredibile come sempre, Christian Bale.

Un film molto enigmatico, a tratti folle e complicato, dai mille significati che ogni spettatore può provare ad estrapolare, American Psycho è un viaggio nella follia mentale di un uomo, vittima di sé stesso e del mondo in cui vive. Patrick Bateman appare come un uomo perfetto, ricco, intelligente e bello che si prende cura di sé stesso e che non sbaglia una mossa, un uomo perfetto, ma collocato in un mondo tutto uguale, in cui le persone si vedono tutti i giorni ma sbagliano il nome e in cui un bigliettino da visita può fare la differenza. La descrizione di una follia omicida, perpetrata da Bateman per quasi tutto il film, con Christian Bale che grazie alla sua interpretazione riesce a trasmettere tutta questa strampalata storia.

American Psycho è una estremizzazione del mondo americano dei Broker, un piccolo precursore di “The Wolf of Wall street“, ma con molta molta più follia e meno realtà. Un viaggio nella follia di un uomo che non sa più nemmeno cosa sia reale e che confonde anche lo spettatore che rimane un po’ spiazzato dal finale e che si fa mille domande. Ci ritroviamo a chiederci se tutto quello che abbiamo visto sia vero o frutta della sua fantasia, spezzando in due l’opinione su questo film.

La follia ha sempre il suo fascino, il film è scritto davvero bene e anche la regia è di buon livello, i mille dubbi e domande lasciate dal finale, non fanno che dare ancora più valore a questo film. Un film che potrebbe diventare tra poco una serie tv. Chi non l’ha visto come me fino a ieri, deve assolutamente vederlo, e capire da che parte stare.

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GOD OF WAR: LA SERIE PRIME VIDEO.

QUATTRO CHIACCHIERE: Non è certamente la serie più attesa, ma sicuramente e già partito il Fanta casting per scegliere il protagonista.

God Of War ormai è ufficiale che sarà una serie prodotta da Prime video, le notizie si susseguono e la fantasia dei fan e già a mille. Tutti fanno supposizioni su chi potrà essere l’attore protagonista nei panni di Kratos e sui vari siti sono già partiti i sondaggi.

Già tempo fa io viaggiai con la fantasia per ipotizzare un possibile film su questa splendida saga di video giochi, poco dopo il mio articolo arrivò la conferma ufficiale che ci sarebbe stata una serie tv su Kratos e le sue battaglie. (Articolo qui).

L’autunno appena passato però ha fatto riprendere, soprattutto da parte dei fan, le possibili candidature al ruolo di attore principale, a poco a poco vorrei analizzare queste scelte ed esprimere anch’io la mia opinione a riguardo.

Si sono fatti mille nomi di tutti i tipi, alcuni verosimili altri totalmente sparati a caso che cambierebbero anche fin troppo le caratteristiche del personaggio, per adesso uno dei candidati reali è Christopher Judge, doppiatore di Kratos nei videogiochi, che si offerto più volte ad interpretare il ruolo nella serie. Viso particolare quello di Judge che a parte la sua voce e un fisico ben piazzato, non sembra essere del tutto l’attore perfetto per questo ruolo, anche se non sarebbe poi così male.

Poi tra i nomi più gettonati dai fan e di cui non si hanno notizie, ci sono quelli di Jason Momoa, messo un po’ ovunque ultimamente, dove si pensa a uomo robusto e forte. Il solito Tom Hardy, candidato ormai a qualsiasi ruolo, ma anche in questo caso, molto suggestivo. Dave Bautista, anch’esso accostato a questi ruoli come Momoa, non sarebbe male, anche per le doti attoriali dimostrate negli ultimi anni, in ruoli anche simili a quello di Kratos nel videogioco.

Il nome sicuramente più suggestivo è quello dell’ex star del wrestling e attuale capo della WWE Triple H, con le caratteristiche fisiche perfette, ma che andrebbe ad interpretare forse un Kratos più maturo come quello negli ultimi capitoli dei videogiochi. Penso che amazon voglia partire dagli inizi e dalla Grecia e i suoi dei.

Il mix giusto sarebbe trovare un ottimo attore con caratteristiche fisiche e fisiologiche adatte, perché Kratos è davvero molto iconico, la serie non ha bisogno di grandi nomi, ma nel ruolo del protagonista forse si, forse renderebbe di più un colpo di scena come Triple H, che un attore da Oscar come ad esempio Tom Hardy.

Di nomi reali e ufficiali non ce ne sono ancora e si sa ancora davvero poco su questa serie, la verità è che Amazon ha paura a fare passi falsi e sa che il terreno dei videogiochi e impervio e pieno di fan agguerriti pronti ad essere delusi dal risultato finale. La critica è appena dietro l’angolo.