Recensione nel tempo di un caffè

Eddie the eagle è un film del 2016 diretto da Dexter Fletcher e si ispira ad un storia vera, la storia di Eddie Edwards lo sciatore britannico che 1988 divenne il primo atleta britannico a rappresentare il regno unito alle olimpiadi nella disciplina del salto con gli sci.
Ovviamente il film è sceneggiato per rendere la storia vera un po’ più articolata e avvincente, però nel complesso di può dire che mantiene la parte più importante del racconto, che è la follia e la determinazione del protagonista, la sua voglia e perseveranza di andare alle olimpiadi vince su tutto. Interpretato davvero bene da Taron Egerton, nel film si percepisce tutte le caratteristiche del vero Eddie Edwards, un po’ goffo, impacciato, ma con una grande voglia e forza di volontà, un ragazzo che sa come inseguire i propri sogni.
Mi è piaciuto molto il contrasto con il suo allenatore, ex atleta olimpico americano, che si è “ridotto” a fare il battipista in Germania ormai alcolizzato e depresso, con un grandissimo talento naturale, ma con un carattere difficile, e con una difficile propensione all’impegno e alla dedizione , l’opposto di Eddie. Questo contrasto è un po’ il fulcro del film, anche se il personaggio interpretato da Hugh Jackman (Bronson Peary) è totalmente sceneggiato e fittizio, rende il film un simbolo dell’inseguire i propri sogni, la volontà e la determinazione contro il talento naturale. Uno usa tutte le sue forze, l’altro spreca il suo talento naturale.
Essenzialmente il film ha un ottima sceneggiatura, convince in molti suoi aspetti e dialoghi, anche se a volte appare un po’ frettolosa, e anche il montaggio appare leggermente in difetto. Bravi gli attori e la regia è di buon livello, non mi è piaciuta molto la quantità di CGI utilizzata, a volte anche molto grezza e la scenografia meritava qualcosa di più, vista la possibilità di ambientazioni.
Un film comunque molto bello, che ci può insegnare molto, e che ci fa capire che a volte la follia non è una cosa negativa, ma solo una voglia di andare oltre, di arrivare dove gli altri credono sia impossibile, il salto con sci in fin dei conti è un po’ una metafora, come un salto nel vuoto, la paura di buttarsi, di esporsi e di scommettere sui propri sogni e le proprie possibilità.