Recensione nel tempo di un caffè

Lo strangolatore di Boston è un film del 2023 diretto da Matt Ruskin e tratto dalla storia vera di uno dei Serial Killer più famosi di Boston. Il film narra la storia di una giornalista che indaga per portare a galla la verità su questa vicenda.
Proprio come accade nel film Zodiac diretto da David Fincher, anche in questo film vediamo la storia del punto di vista di una giornalista e non del solito detective. Keira Knightley interpetra Loretta Mclaughlin una intraprendente reporter di Boston che viene colpita dalle coincidence di alcuni omicidi e sospetta ci sia dietro la stessa persona. Sono 13 le vittime totali e tutt’ora non sia sa con certezza se siano state tutte uccise dalla stessa persona, soprattutto perché le vittime hanno età totalmente diverse e questo di solito fa pensare ad assassini differenti. Il caso viene risolto anche grazie alla tenacia e alla dedizione di due giornaliste che aiutano anche la polizia stessa nelle indagini.
Una storia particolare che è già stata raccontata in un film qualche anno dopo gli omicidi. Uno dei Serial Killer più famosi di Boston. Questo film lavora molto bene sulla recitazione e su una storia ordinata, chiara e che scorre senza lasciare nulla in sospeso. La fotografia e i costumi sono ben curati, eppure non in tutte le scene si ha la sensazione di essere negli anni 60′, come se mancasse qualcosa. Sembra davvero un tentativo di emulare il film di Fincher, che aveva ambienti e situazioni simili, ma con una cura dei dettagli minore e con un thriller che non riesce a colpire come dovrebbe.
C’è un po’ una mancanza di emozioni, evitando momenti della storia vera che poteva essere sfruttati meglio nel film, Keira recita molto bene, ma allo stesso tempo non sembra del tutto a suo agio in un ruolo del genere, tanto che a colpire di più per propria interpretazione e la collega reporter interpretata da Carrie Coon (attrice sottovalutata). Il rapporto che si crea tra Loretta e la propria famiglia forse è la parte meno chiara, più spenta tanto che non si capisce del tutto la sua ossessione per il caso. Manca qualcosa e non si percepisce del tutto lo spirito di queste due giornaliste che hanno praticamente sacrificato parte delle loro vite per questo lavoro. Una mancanza di empatia verso le vittime rende il film un po’ freddo come se davvero avesse fatto il compito a metà.
Nel complesso però bisogna considerarlo una buona pellicola del genere che racconta una storia davvero interessante, la fotografia è ben curata, la regia forse un po’ debole e prima colpevole per i difetti di questo film. Un thriller che sicuramente poteva dare di più e che si ritrova ad essere un film bello, ma che lascia un po’ l’amaro in bocca per ciò che poteva essere.