MONSTERS: LA STORIA DI LYLE ED ERIK MENENDEZ

recensione nel tempo di un caffè

Monsters è una serie antologica Netflix che in ogni stagione ci mostra una storia vera di omicidi e di brutali esecuzioni. Nella prima stagione i creatori Ryan Murphy e Ian Brennan hanno esplorato le vicende oscure della vita di Jeffrey Dahmer riscuotendo un successo clamoroso. In questa seconda stagione ci viene mostrata una delle storie di crimine più popolare in america, quella dei fratelli Menendez.

Due giovani fratelli figli di una famiglia benestante di Beverly Hills, che nel 1989 uccisero a colpi di fucile i propri genitori. Questa seconda stagione si allontana un po’ dalla precedente, la storia è completamente diversa perchè non parla di serial killer, ma di una situazione in cui ancora oggi è difficile capire chi sia il vero mostro.

Ryan Murphy è maestro in questo è gioca molto sul fatto che questa vicenda di cronaca nera ha sempre diviso il pubblico in due fazioni distinte, chi ritiene che i fratelli Menendez siano le vittime e chi ritiene che siano dei mostri. Senza entrare nel dettaglio per non fare troppi spoiler, la serie ci mostra man mano il punto di vista dei diversi personaggi, ogni episodio sposta il nostro giudizio sulla sentenza finale. L’ultimo episodio lascia tutto nelle mani dello spettatore che sarà lui a trovare la sua verità.

La scrittura è fluida e incisiva, Ryan Murphy si conferma una penna eccezionale. La regia è sempre precisa e corretta, con una fotografia patinata da mondo del true crime. L’immersione negli anni novanta è piacevole, catturata da piccoli dettagli estetici. Una seconda stagione molto diversa dalla prima, ma che fa ancora più discutere e che anima inevitabili confronti con altri utenti. Forse il difetto è aver accentuato fin troppo con il romanticismo, come a rendere una storia così cupa, un po’ più leggera.

Allo stesso tempo, questa scelta ha reso la serie più cinematografica, attuale e meno drammatica. La capacità di Ryan Murphy nella trasposizione di fatti reali è eccezionale, pochi eccessi, solo a piccoli tratti per mantenere un po’ alto il ritmo degli eventi. Un mistero ancora irrisolto, di cui la verità assoluta forse non verrà mai a galla. Una serie che sfrutta alla perfezione questo alone di mistero a suo favore e lo fa in modo davvero eccezionale.

Livello di recitazione altissimo, l’episodio cinque con telecamera fissa e in un unico piano sequenza è davvero una piccola perla, in una serie che sa stupire anche appunto per la qualità di scrittura e di esecuzione, davvero un prodotto di alto livello.

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