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SPACE JAM – NEW LEGACY: NON PARAGONABILE AL PRIMO SPACE JAM

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Space Jam: New legacy è un film del 2021 diretto da Malcom D. lee, un film a tecnica mista, con protagonista il campione NBA Lebron James e sequel del famoso film del 1996 Space Jam che vedeva come protagonista Michael Jordan.

Il difetto più grande del film penso siano le inaspettate distanze dal primo film, che non viene mai accennato o nominato se non in qualche frangente dai Looney Tunes. Un distacco anche nell’iconiche musiche che erano davvero l’emblema di quel film. Il primo Space Jam solo per i filmati di Michael Jordan era un piccolo spettacolo. Momenti in cui il basket era davvero al centro, si vedeva il parquet, la palla era fisica e nonostante fosse assurda e fantasiosa anche la trama aveva un certo fascino, con i Looney Tunes che uscivano dal “cartone” e andavano in cerca delle scarpe di Jordan.

In questo sequel si perdono molte caratteristiche importanti, si cerca di modernizzarlo ma ci si allontana troppo dallo stile che l’ha reso iconico. Troppa digitalizzazione, non si respira mai il vero basket e la sensazione di vivere un bellissimo sogno. Lo stesso Lebron James viene usato più come un burattino che come un atleta e un giocatore che è già una leggenda di questo sport. Forse era merito di Michael Jordan che ancora tutt’ora un’icona impareggiabile di questo sport. Non si può pretendere molto da un film del genere, ma non si è vista nessuna scena reale senza nemmeno un pochino di CGI, un’azione un po’ realistica, è tutto estremizzato e fin troppo esagerato. Le canzoni presenti nel film non sono paragonabili a quelle del primo capitolo e il video tributo a Lebron non ha nulla a che vedere con quello di Michael.

Ricordo che da bambino ogni volta che trasmettevano in tv Space Jam non vedevo l’ora di vedere le azioni di Michael Jordan con quella musica che ti caricava un sacco, ecco questo film ho paura che non riesca a trasmettere quelle sensazioni nemmeno ai più giovani. Ci si ritrova catapultati invece in un cartellone pubblicitario Warner Bros. con Lebron a fare da testimonial, più che in un film ci si ritrova immersi in una lunga pubblicità dei prodotti WB, che non è del tutto un difetto, ma che anche in questo caso viene sfruttato davvero male.

Sembra che si va sempre dalla parte opposta, questa volta che serviva un prodotto che fosse un elogio al primo film, una trasposizione con le stesse canzoni, ma con un campione come Lebron James, si è fatto tutto il contrario, cercando di modernizzare un prodotto che ha bisogno della sua origine, del suo stile in cartone disegnato a penna a poco a poco sulla pellicola come Roger Rabbit.

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MIDNIGHT IN THE SWITCHGRASS – CACCIA AL SERIAL KILLER: UN THRILLER CHE SI PERDE NEL FINALE

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Midnight in the Switchgrass è un film del 2021 diretto da Randall Emmet e con protagonista Megan Fox, Emile Hirsch e Bruce Willis che fa più da comparsa.

Un serial killer ha appena fatto un’altra vittima, la settima ragazza che sparisce e di cui viene ritrovato il corpo il giorno seguente, nessuno vuole indagare e la polizia di stato non sa più cosa fare, solo un detective sembra intenzionato a dare la caccia al killer. L’incontro con una agente della FBI da una svolta alle indagini.

Un thriller abbastanza classico soprattutto nella sua fotografia dai toni più spenti e grigi, con una colonna sonora molto immersiva e azzeccata. La recitazione aleggia sulla sufficienza, Megan Fox se pur bellissima non sembra mai al top e non riesce dare animo al suo personaggio. il serial killer viene mostrato quasi subito, questo toglie un po’ di tensione e curiosità, ma allo stesso tempo ci regala una sorta di angoscia quando scopriamo che il mostro ha una moglie e una figlia e continua le sue due vite in tranquillità.

Il film risulta un po’ spento nelle sue dinamiche e nei dialoghi e i personaggi sembrano cambiare da una scena all’altra, sia nelle intenzioni che nelle proprie parole. Un film che rispetta molto bene i canoni del genere ma che si perde clamorosamente nel finale, montato male e molto frettoloso. Il momento più cruciale si trasforma in salti temporali di ore privandoci di un po’ di azione e lotta tra il killer e la giustizia. Ci si perde in una sequenza di immagini che dovrebbero essere forti ma non lo sono, anzi sembrano distaccate e spente.

Lo stesso Bruce Willis sembra estraneo al film e quando si vede non è mai sul pezzo, ma distaccato e con poca voglia, come più o meno tutto il cast e la produzione nel finale. Alti e bassi che rendono il film mediocre, dispersivo in parole superficiali e in scene frettolose che non sono mai violente o davvero significative. Sicuramente più un film da Tv che da cinema, adatto agli amanti del genere, per la fotografia (solo a tratti) e la colonna sonora.

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FRAMMENTI DEL PASSATO – REMINISCENCE: TRA RICORDI, PRESENTE E AMORE.

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Il film ha una trama abbastanza complicata che si svolge tra ricordi. presente e passato che si sovrappongono tra di loro senza darci troppi indizi sulla linea temporale in cui siamo. Questo condiziona molto la percezione del film e lo rende abbastanza complicato. Hugh Jack è un detective in una Miami ormai sommersa nell’oceano che si scagli con forza con le sue onde, protetta da barriere con l’acqua che ha riempito le parti più basse della città. Nel suo lavoro usa una tecnologia che fa rivivere i ricordi. Userà lui stesso questo macchinario per ritrovare una donna scomparsa di cui si era innamorato.

Reminiscence – Frammenti del passato è un film del 2021 diretto e scritto da Lisa Joy al debutto alla regia in un lungo metraggio. Un Noir in un Miami in un futuro distopico con protagonista Hugh Jackman.

A livello di regia e visivo è un film con caratteristiche interessanti, il futuro dispotico immaginato da Lisa Joy è realistico anche se alcune cose non tornano del tutto e non c’è una grande cura dei dettagli. I personaggi principali sono caratterizzati troppo superficialmente ed è difficile essere pienamente coinvolti nella storia, che tutto sommato è una romantica storia d’amore, con un finale dolce amaro.

Il film fa fatica a trasmettere le giuste emozioni, non crea mai la giusta tensione e il ritmo lento fa perdere un po’ l’attenzione ed non è facile capirlo del tutto, solo nel finale tutti i pezzi vanno al loro posto ma sembra comunque troppo flebile nella sua trama principale, un Noir che non stupisce nella sua indagine, ma che si perde forse troppo nel sentimento del protagonista verso la donna scomparsa.

Uno dei quei film che ti lascia un po’ l’amaro in bocca perché colpisce in alcuni suoi aspetti, ma lascia perplessi in altri, in cui è facile perdersi e non capire più ne il genere ne l’obiettivo di questa pellicola. Nel complesso è un buon film, che rimane però nella sufficienza, senza meravigliare o stupire come avrebbe potuto fare. Rimane un film che sembra parte di una storia più articolata e lunga un po’ come se fosse un finale di una serie televisiva.

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THE LAST OF US: RECENSIONE SERIE E ULTIMO EPISODIO PRIMA STAGIONE

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The Last Of Us è una serie HBO del 2023 tratta dall’omonimo famoso videogioco della Naughty Dog, la serie è scritta e creata da Craig Mazin e Neil Druckmann. Da subito si può dire che uno dei miglior adattamenti mai realizzati, una serie che non solo ha rispettato le aspettative ma le ha superate e ha mantenuto la bellissima storia del primo videogioco.

The Last Of Us era molto di più di un semplice videogioco, questa serie è riuscita a raccontarlo nel modo giusto, rimanendo fedele, a volte nel dettaglio, a ciò che il gioco ci aveva mostrato anni fa. Una storia di sopravvivenza, violenza e amore che va al di là della solita storia post-apocalittica. Gli infetti e la malattia sono solo il contorno di una storia che approfondisce nel profondo lo spirito umano, l’amore tra un padre e una figlia acquisita, le difficoltà di un mondo cinico, povero e violento. Questa serie HBO è davvero ben fatta, recitata alla perfezione, scritta magistralmente con scene e dialoghi che non sono mai banali, ma sempre con una certa caratteristica e profondità.

The Last Of Us, proprio come nel videogioco riesce a spezzarti in due, ti lascia desolazione e angoscia, non è una storia leggera, ma un’intensa lotta per sopravvivere, con un impercettibile speranza che sfiora i protagonisti. Joel non è buono, il classico salvatore del mondo, ma è un uomo plasmato e inciso dalla vita, dalle vicende che ha dovuto sopportare è la rappresentazione stessa del mondo in cui si trova. Chi sopravvive deve essere cinico, spietato, violento e freddo e anche Ellie nella sua evoluzione, perde quella luce negli occhi da bambina, per lasciare spazio ad una ragazzina che stringe con tutta la sua forza la vita e che coltiva una forte speranza per il mondo.

L’episodio finale è un’esplosione di emozioni forti, un episodio molto crudo con un gesto d’amore che si trasforma in violenza pura e rabbia. Dipendenza l’uno dall’altra e Joel che non vuole più perdere o sacrificare nulla della propria vita. Il suo gesto si trasforma in un grido di disperazione, un atto contro il destino, contro tutto ciò che c’è di brutto in quel mondo. La sua luce è Ellie e non la lascerà mai andare. La capacità di trasmettere emozioni di questa serie è evidente, sembra così realistica che a volte ci si dimentica del mondo di fantasia in cui si trova. C’è stata delicatezza negli attimi di amore, frantumata sempre da un “martello” di dolore che ricorda sempre che c’è ormai davvero poca speranza.

La prima stagione si chiude con un “OK” di Ellie e poi titoli di coda, a spezzare il tutto, a lasciarci con quell’angoscia sapendo quello che è appena successo e nonostante tutto ci sentiamo solidali con Joel, lo capiamo e in fondo ne comprendiamo l’animo. Complimenti a Pedro Pascal e Bella Ramsey che riescono a dare in ogni scena le giuste vibrazioni, dall’affetto, al dolore, alla disperazione, gli occhi persi nei momenti di pura violenza, come un essere vivente che con forza si aggrappa alla vita.

Una trasposizione perfettamente riuscita, un’amplificazione di quello che a livello di soggetto era già un capolavoro, alcune scene sono una perfetta riproduzione, altre sono attimi di puro cinema, con sensazioni umane impareggiabili da un computer. Joel e Ellie in tutta la loro semplicità ci portano lungo questo mondo in cui si vuole sempre qualcosa in cambio, in cui si è gentili e disponibili solo con le vite degli altri, un mondo in cui ognuno pensa alla propria sopravvivenza, manifestando l’egoismo che contraddistingue la razza umana. Non è una semplice trasposizione, ma un adattamento perfetto di un videogioco ad un mondo più complesso come quello televisivo/cinematografico. Non è una serie complessa nella sua evoluzione, ma complessa nelle sue emozioni e soprattutto nelle sue scelte, non ci sono mai scelte facili, ogni direzione che si prende è un sacrificio, la scelta finale di Joel è puro egoismo, per lui ed Ellie è sicuramente la scelta giusto, per il resto del mondo forse no.

I difetti ci sono, nel complesso si può definire una serie scenograficamente povera, nulla di clamoroso a livello visivo, ma sono davvero piccoli difetti quasi impercettibili, la qualità soprattutto in alcune scene e momenti e talmente intensa e alta da rendere la serie The Last Of Us un piccolo capolavoro. Bellissima in ogni suo attimo, nella sua profondità, nel suo messaggio, nella sua scrittura e nei suoi protagonisti.

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AMBULANCE: UN PEZZO DI MICHAEL BAY

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Ambulance è un film del 2022 diretto da Michael Bay. Questo film è un remake di un omonimo film danese del 2005 e vede come protagonisti Jake Gyllenhaal, Yahya Abdul-Mateen II e Eliza Gonzales.

Un film in perfetto stile Michael Bay, che si può definire come un suo pezzo o una parte di lui, ci sono tutte le inquadrature che lo hanno reso iconico, quel distinto elogio alla bandiera americana e personaggi “pompati” da situazioni al limite e un’azione incessante contornata da qualche esplosione ad effetto.

La trama è abbastanza semplice e si concentra per lo più su tre personaggi, un ex Soldato che si affida ad un suo vecchio amico per risolvere i suoi problemi economici e salvare la moglie da una grave malattia. La rapina non va bene e parte un lungo inseguimento con i due rapinatori su un’ambulanza con all’interno un poliziotto in fin di vita e un’infermiera di primo soccorso molto determinata e coraggiosa. I due rapinatori, unici sopravvissuti del gruppo della rapina, non vogliono che il poliziotto muoia, soprattutto l’ex soldato che fa di tutto per salvarlo. La differenza di carattere e ambizioni dei due vecchi amici e “fratelli” porterà per le lunghe l’inseguimento per la città di Los Angeles con conseguenza letali.

Un ritmo davvero frenetico, inquadrature iconiche e tipiche del regista, rendono il film molto interessante e la trama si presta molto a questo genere di film. Spettacolare in alcune sue scene, non mancano esplosioni, tensioni e atti eroici, non c’è un vero e proprio cattivo, ma più una sorta di follia e disperazione. Quando non si ha più nulla da perdere, l’unica cosa che si può perdere e il controllo su noi stessi. La recitazione è buon a volte un po’ grossolana e sorretta principalmente dal talento di Jake Gyllenhaal. Il film non è mai noioso e trova sempre nuovi spunti e azione per alzare il livello di tensione. Coinvolgente e ben girato, rispecchia il talento di Bay che viene forse sempre troppo criticato, ma che qui dimostra il suo talento nel gestire l’azione.

Per molti versi in alcune sue dinamiche ricorda un po’ un film anni novanta, ma con la qualità visiva del presente, l’enfatizzazione americana è sempre presente forse a volte fin troppo, ma nel finale il film è anche un bellissimo elogio a medici e infermieri che ogni giorno ci salvano la vita nelle situazioni più estremo, una piccola denuncia al sistema sanitario americano che abbandona anche i suoi soldati e le loro famiglie.

Si può dire tanto di Michael Bay, ma ha sicuramente la capacità di tenerti attacato allo schermo, che sia per eloggiarlo e per criticarlo i suoi film in fondo sono sempre piacevoli, veloci e dinamici, una visione grottesca del cinema e del mondo americano che funziona sempre.

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SCREAM VI: UN HORROR CHE FUNZIONA ANCORA

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Scream 6 è un film horror del 2023 diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillet. Si tratta del sesto capitolo di una delle saghe horror più famose e sequel del film uscito appena l’anno scorso Scream. Nel cast tornano Jenna Ortega e Melissa Barrera e dei grandi ritorni del passato della saga come Hayden Panettiere e Cortney Cox.

Scream 6 non si presenta solo come un sequel e un sesto capitolo, ma un po’ come elogio a questa saga horror, riportando vecchi attori e mostrandoci nuovi aspetti e nuovi killer con la “Ghost face“. Una maschera iconica, con un costume a volte più divertente che spaventoso, rendono la saga sempre molto avvincente e a tratti molto violento, con il coltello come arma principe degli omicidi.

Il film, pur non avendo parti di paranormale, aleggia sempre un po’ nel misticismo e ogni personaggio riesce a creare un senso di sospetto e inquietudine, non ha grossi momenti di paura o “jump scared” ma una costante allerta e tensione e un senso di orrore e disgusto verso certe scene di violenza e rabbia.

Scream 6 come i suoi predecessori, incarna un po’ i cliché di questi tipi di Horror, che in fondo sono piacevoli anche se abbastanza prevedibili, il plot twist finale ci sta, un classico di questa saga che ha la capacità di tenerti sulle spine perché si vuole sempre capire chi si nasconde dietro alla maschera.

Nel complesso un horror che rispetta le aspettative, nulla di eccezionale, ma la sua assurdità e violenza lo rendono comunque interessante ed è stato girato bene, con un livello di tensione che non scende mai. Un film abbastanza violento, non per tutti, ma molto adatto per gli amanti del genere e soprattutto della saga.

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THE LAST OF US STA CAMBIANDO IL MODO DI FARE SERIE?

QUATTRO CHIACCHIERE: I prodotti cinematografici tratti dai videogiochi sono sempre stati un grosso problema, più che altro per la loro lontananza dall’originale, The Last Of Us sta cambiando la situazione?

Sempre più spesso vediamo film e serie tv tratte da videogiochi, già ho fatto diversi articoli a riguardo perché ritengo che sia uno degli argomenti più attuali nel cinema e nel mondo delle serie. Ormai ne esce praticamente uno all’anno e ci sono in programma molti altri prodotti.

The Last Of Us è l’ultimo di questi, una serie tratta dai famosi videogiochi Naughty Dog e che sta spopolando su HBO e in Italia su Sky, una serie che ha differenza del solito, convince tutti, soprattutto i videogiocatori sempre molto, molto critici. Questa serie tv ha avuto fin da subito un approccio differente, portando con sé Neil Druckman, creatore del videogioco e affidandoli, insieme ad un talento come Craig Mazin, la scrittura e la creazione della serie. Questa serie stravolge le consuetudini di questi live action e replica quasi alla perfezione il videogioco, a volte in modo quasi perfetto, con video di paragone che spopolano sul web.

Il pubblico ha per adesso amato questa cosa, e finalmente ed evidentemente ha avuto quello che voleva, un prodotto visivo reale, fatto da attori, praticamente uguale al videogioco. A tratti infatti la serie, appare anche nelle inquadrature e in alcune dinamiche della trama, fin troppo videoludica, come se stessimo giocando al videogioco. L’unico difetto della serie e non poter creare l’effetto sorpresa, nessuna morte, o colpa di scena lo sarà realmente per chi ha giocato i videogiochi. Questo capita anche con i film tratti dai libri, ma in modo meno clamoroso, perché in questo caso sappiamo anche visivamente come andrà la scena. La vera domanda è, è stata la scelta giusta fare la serie in questo modo?

Per quanto valgano i primi episodi, la risposta in questo momento è, assolutamente sì! The Last of Us funziona alla grande così, è una bellissima serie, è scritta davvero bene e soprattutto non esiste altro videogioco che si prestasse così bene a questo tipo di serie. Il grande successo che sta avendo potrebbe essere pioniere di scelte simili. Altre produzioni in corso come God Of War, Horizons e forse Assassin’s Creed potrebbero prendere questa decisione, visto che il confronto Uncharted e The Last Of Us è per adesso abbastanza impietoso. Un film che ha mischiato un po’ il videogioco e un po’ scelte a caso e che non ha convinto del tutto. Due prodotti che effettivamente sono gli opposti di come si può creare una serie o un film partendo dal videogioco.

Però un altro quesito che ci dobbiamo obbligatoriamente porre è, è possibile farlo con tutti i videogiochi?

Come detto prima, The Last of Us si prestava in modo assolutamente perfetto ad essere una serie tv, perché è uno dei videogiochi con la trama e il soggetto più belli di tutti e con una sceneggiatura perfetta. Non ci sono grandi complicazioni a livello di animazione, e tutto lo stile e il tema è già stato riprodotto in modo simile, in molti altri film.

Prendiamo The Witcher ad esempio, una serie che io personalmente apprezzo, ma che farò fatica a vedere senza l’attore che la resa tale, ha mille difetti come serie, ma allo stesso tempo è sicuramente molto più complicata da produrre creare e in questo caso riprodurre. Si poteva sicuramente essere più fedeli al videogioco e ai libri, ma allo stesso tempo ci ritroviamo in un mondo fantasy estremamente difficile da seguire, una scelta rispetto a un’altra potrebbe cambiare di un sacco il prezzo finale della produzione, si parla anche di milioni di dollari. Per non parlare della necessità di una costante CGI di alto livello, cosa che The Witcher non ha e non si può permettere. Un infetto di The Last Of Us lo puoi creare con il trucco prostatico e magari un po’ di CGI su di esso, un mostro grande, grosso, dinamico e vivo di The Witcher non hai molte opzioni per crearlo. Trama più espansiva, infinità di personaggi, scontri, battaglie ecc. tutto questo è imparagonabile alla “semplicità” che può avere a tratti the last of us.

Di colpe ne ha sicuramente di più Uncharted in questo caso, con un film che si spaccia per prequel dei videogiochi, ma che poi non lo è realmente ed è solo un buon film di azione messo lì un po’ a caso, apprezzato da chi non hai mai giocato ai videogiochi e distrutto dai fan. Anche God Of War, a mio parere dovrà allontanarsi un po’ dai videogiochi e panso che le farà quasi sicuramente, sperando in risultati migliori dei live action in generale.

Horizons ha una trama interessante, molto bene scritta, ha dei costi non indifferenti per l’ambientazione, ma ha buonissime possibilità, che potrebbe funzionare se fatto in stile The Last of Us riproducendo in modo molto fedele il videogioco. Ha una trama già di per sé molto affascinante che vale la pena non essere modificata. Quindi nel complesso lo stile con cui è stata fatta la serie HBO potrebbe valere solo per alcuni videogiochi e non per tutti, vendendo per le reazioni dei fan, il consiglio sarebbe quello di avvicinarsi sempre il più possibile al prodotto originale, perché sarà sempre l’idea migliore.

The Last Of Us in questo può essere la prova definitiva di ciò che il pubblico vuole e ama vedere, potrebbe spingere le produzioni a comportarsi in un determinato modo in futuro e ha creare live action estremamente simili ai prodotti originali. Restando nei costi ovviamente, magari facendole più brevi e concentrandosi sulle parti salienti del videogioco. Una volta che il cervello ha in mente un’immagine è difficile vederla in un altro modo, è quella la difficoltà dei live action tratti dai videogiochi. Soprattutto se iconica. Come certi attori che vengono e verranno sempre riconosciuti per personaggi che hanno interpretato, non ci sarà un altro Jack Sparrow, un altro Terminator o un altro The Mask (Anche se ci hanno provato), perché ormai quel personaggio ha la faccia di quell’attore. Cosi vale per i videogiochi, infatti se c’è una cosa che non ha funzionato in The Last Of Us è proprio la scelta degli attori, che per gli utenti, sono troppo distanti dagli originali.

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SHANG CHI E LA LEGGENDA DEI DIECI ANELLI: UN PO’ DI CINA NELL’UNIVERSO MARVEL

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Shang Chi è un film del 2021 diretto Destin Daniel Cretton e fa parte dell’universo Marvel, quindi è tratto ovviamente da un fumetto. Come il fumetto originale il film si propone più come mossa commerciale che strizza l’occhio alla Cina, ma che cerca comunque di essere un film piacevole e mantenere il solito stile Marvel.

Shang Chi è un film divertente e piacevole, parte un po’ lento conto effetti visivi che non mi hanno convinto del tutto, poi man mano migliora e le scene d’azione danno qualità a tutto il film. Una trama abbastanza semplice, anche se a tratti rimane un po’ più difficile da capire, soprattutto le intenzione dei personaggi non si capiscono del tutto, sono un po’ deboli le motivazioni. La recitazione è un po’ acerba, Simu Liu è un po’ rigido e innaturale come un po’ tutto il cast. La Cina si vede è c’è praticamente in ogni scena, dagli attori, alle location alle leggende del posto con creature mistiche davvero carine e ben fatte legate alla mitologia cinese.

Il film non sembra del tutto far parte dell’universo Marvel, solo alcune comparse ci riportano a quel mondo, per il resto sembra un film a parte, che può iniziare e finire li senza alcun problema, affascinanti i combattimenti con similitudine con i classici di Jackie Chan che ho apprezzato molto. Belle le mosse e le tecniche di combattimento e molto bello lo scontro finale a livello visivo.

Il film fa fatica in alcune parti che risultano forse un po’ forzate, penalizzate dagli attori e del fatto che alcuni rapporti umani sono un po’ irrealistici e banali, ma cresce e cresce bene convincendo sempre di più, sia visivamente che a livello di trama.

Un film molto piacevole da vedere, però a differenza di altri Marvel è più difficile appassionarsi al protagonista, perchè ovviamente arriva da fumetti meno conosciuti, un difetto che ultimamente si vede in tutti i film di questo universo, con personaggi come Capitan Marvel oppure lo stesso Shang Chi che non hanno e non possono avere il fascino di Capitan America e Iron Man. Problema che si ripresenterà con “gli eterni” e che rischia di abbassare il giudizio generale verso il film.

Shang Chi non ha nulla da invidiare ad altri film Marvel, ha semplicemente un protagonista meno spettacolare e magari personaggi meno accattivanti di contorno, il problema forse non è il film in se, ma il soggetto che risulta un po’ debole.

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SAS – L’ASCESA DEL CIGNO NERO: AZIONE E TERRORISMO IN QUESTO FILM BRITANNICO

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SAS: L’ascesa del cigno nero è conosciuto anche come SAS: Red Notice, uscito da poco su Netflix, SAS è un film britannico del 2021, diretto da Magnus Martens, ed è basato sull’ononimo romanzo di Andy Mcnab.

Il film ha un ottimo cast che viene anche gestito perfettamente, bella la sottile linea tra buoni o cattivi che fin da subito ci risulta un po’ ingannevole, convinti di aver identificato la protagonista “buona” della storia, quando in realtà è l’opposto, una mercenaria cinica e letale, che fa parte dei cigni neri, un gruppo di mercenari che risolvo le situazioni “spinose” in giro per il mondo, facendosi pagare dai governi di tutto il mondo.

La trama è bella e convince fin da subito, ricorda molto un film anni novanta, dove c’è un uomo che da solo sventa l’attacco terroristico, ma qui è tutto più personale, diventa una sfida tra due personaggi che si somigliano e che non possono sopprimere la propria caratteristica. Sono soldati scelti, assassini eccezionali, all’inizio del film vengono chiamati psicopatici, persone con abilità speciali che spiccano in tutto ciò che fanno. Ottima la fotografia, soprattutto in alcuni spezzoni del film, ogni tanto ha qualche calo e anche la regia diventa un po’ troppo confusionaria soprattutto in qualche scena finale. Questo film è un bel film sotto molti punti di vista, non ha grossi difetti, è un classico film dove c’è di mezzo un attacco terroristico, ma è davvero tutto ben fatto e i due protagonisti sono scritti davvero bene. Ruby Rose nel ruolo di Grace Lewis il capo dei cigni neri, mi ha davvero convinto, un personaggio davvero stupendo, uno dei migliori terroristi che abbia visto in un film, ben scritta e ben interpretata, molto definita e con il giusto cinismo. Realistica con il solo obiettivo di guadagnare i soldi. Molto bello anche il personaggio di Andy Serkins, lui sempre bravissimo in questo film interpreta George Clements un capo dei servizi segreti inglesi, molto devoto al proprio ruolo e un po’ folle.

Meno convincenti invece i personaggi del gruppo anti-terrorismo, il SAS appunto, con il protagonista che pur essendo scritto bene non l’ho compreso del tutto e l’interpretazione di Sam Heughan non è mai del tutto convincente, non so perchè ma sembra uscito da un film a basso budget, uno di quelli catastrofici o dove ci sono mostri assurdi tipo “Sharknado”.

SAS: red notice, mi ha stupido in positivo, grazie ad un ottima trama e a una bella fotografia, personaggi ben scritti e una regia molto curata e idonea al genere di film. Un film che mi ha riportato un po’ agli anni novanta, con un uomo che da solo salva molte vite. Consiglio di guardarlo perchè è un ottimo prodotto del catalogo Netflix.

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KISSING BOOTH 3: RECENSIONE DI UNA FIN “TROPPO” FORTUNATA, SAGA DI NETFLIX

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The kissing booth 3 è l’ultimo capitolo di una fin troppo fortunata saga di Netflix, che in 3 capitoli a provato e riprovato a fare dei film sulla generazione Z, su un intreccio amoroso che non ha mai convinto del tutto e con una regia e una scrittura che non hanno mai dato la giusta qualità ai tutti e tre i film. Netflix ha bisogno di questi film, ma anche il pubblico, infatti la saga ha avuto comunque successo ed è diventata il simbolo del romanticismo targato Netflix.

Elle, si ritrova come sempre in una situazione abbastanza complicata, deve scegliere il college in cui andare e decide di seguire il suo cuore ed andare a Boston con Noah, deludendo così (l’assillante) Lee, suo migliore amico e fratello del suo ragazzo. Elle è confusa e non si sa perchè delude tutto e tutti, perchè tutti sono egoisti e vogliono per forza qualcosa da lei, senza effettivamente dargli nulla. L’unico che cerca di aiutarla un po’ è Marco, suo “spasimante” nel secondo capitolo, che appare ogni tanto da qualche colonna, ma che degenera anche lui, nella versione “tu devi essere mia e fare qualcosa per me”.

Il film prova a descrivere la generazione degli anni 2000, ma in moltissimi concetti e forse anche nello stile e tremendamente fermo negli anni 90′. Pur avendo i pregi di essere un film leggero, poco impegnativo e abbastanza carino per i suoi personaggi, il terzo capitolo è certamente il peggiore dei tre, fatto solo per cavalcare l’onda del successo. Pessima regia, pessima recitazione, fotografia inesistente e un montaggio davvero insostenibile rendono il film davvero troppo amatoriale e poco credibile, è disordinato e nessuna scelta ha senso. Va guardato senza pensarci, cogliendo il poco di buono che c’è. Infatti scavando bene, qualcosa di buono nel finale c’è. Infatti i toni cambiano, c’è qualche momento in più di serietà e riflessione e vengono posti con un attimo più di attenzione i problemi della generazione Z, il vuoto tremendo che sentiamo quando finiamo le scuole e ci chiediamo cosa vogliamo fare realmente della propria vita. Dura solo un momento, però è bello che anche in un film semplice e banale come questo, ci sia un attimo, un piccolo attimo su cui vale la pena riflettere, allo stesso tempo ci fa capire che poteva avere un potenziale ma che si è perso in scelte davvero un po’ stupide e troppo scontate.

Se si passa sopra sulla marea di difetti del film, può risultare piacevole, è davvero leggero e servono anche film del genere, senza impegno che anche se sono fatti male non annoiano mai, ci fanno fare magari qualche risata e passare poco più di un oretta piacevole. Un film che non ha pretese e che quindi si può perdere pure nella sua banalità e semplicità.

Sinceramente non so se consigliarlo o meno, penso in fondo di si, non è proprio tempo sprecato, nel complesso si può catturare qualcosa di positivo in ognuno dei tre film, l’importante è mantenere le aspettative basse.