Super Mario Bros. – il film è un film d’animazione del 2023, live action del più famoso videogioco del mondo, e icona della Nintendo, Super Mario.
Non era facile racchiudere le diverse sfumature dei tanti titoli videoludici legati a Super Mario, eppure questo film è riuscito perfettamente in questa impresa facendo tornare indietro alla propria infanzia e adolescenza molte persone. Personaggi che si prestano moltissimo a questo tipo di animazione, sono legati insieme da una storia si banale e per bambini, ma allo stesso tempo convincente.
Un fan service, ma di quelli fatti bene, senza esagerazioni e con un sacco di citazioni che rendono il film un vero tributo al videogioco e al personaggio di Mario, con un rapporto unico e piacevole con il proprio fratello. Il film non porta avanti temi complessi e a differenza di alcuni prodotti Pixar, non porta con sé alcun messaggio, forse può essere un difetto, ma allo stesso tempo regalano al film una leggerezza e “dolcezza” di cui ha bisogno.
Di per sé anche l’ironia e le battute, come la storia sono un po’ troppo per bambini, ma rendono comunque il film piacevole e divertente. Mario e Luigi si ritrovano catapultati in una dimensione parallela dopo che hanno attraversato un tubo. Vengono divisi e Mario parte alla ricerca di suo fratello grazie anche all’aiuto della principessa Peach, di Toad e di Donkey Kong. Si ritroverà a dover affrontare un malefico e innamorato Bowser che vuole conquistare anche il “regno” della regina.
Una dei difetti del film è il montaggio sonoro e le musiche, troppo sovrapposte e casuali che creano una sorta di confusione e rumore, tanto che non sembra esserci una logica. Altro difetto rimane purtroppo il fatto che forse è veramente una pellicola “cucita” per un pubblico molto giovane e le cui battute non hanno molto effetto su più adulti.
Nel complesso rimane però un film che fa fare un piacevole tuffo nei propri ricordi e riesce a farsi apprezzare anche da chi non ha mai giocato ai videogiochi, Super Mario rimane un’icona e un personaggio ormai nella storia della fantasia e questo film è un bellissimo tributo al suo mondo e alla sua storia.
Tutti i soldi del mondo è un film del 2017 diretto da Ridley Scott, il film è tratto da un famoso saggio di John Pearson e tratta la storia vera del rapimento avvenuto negli anni 70′ di uno dei nipoti dell’uomo più ricco del mondo a quell’epoca, il magnate del petrolio e collezionista d’arte Jean Paul Getty.
Il film è famoso per la controversia che riguarda Kevin Spacey che è stato tagliato dalle scene in cui interpretava J.Paul Getty e sostituito un mese prima dell’uscita del film dall’attore Christopher Plummer. Una situazione che attirato molto l’attenzione su questo film tratto da una storia vera e incentrato sull’avidità del suo protagonista.
Il rapimento è solo spunto per mostrarci una dinamica assai particolare e una situazione famigliare molto contrastante, tra soldi, potere e avidità. Jean Paul Getty ci viene mostrato come un uomo solo, tremendamente avido e sempre più ricco e attaccato ai soldi, il resto della famiglia invece sembra essere un po’ distaccato da questo mondo d’affari e appena viene coinvolto si perde in alcol e droghe. Un film che ci mostra quanto il potere e i soldi possono condizionare le persone che sono disposte a perdere un nipote pur di non perdere un solo dollaro.
Il contrasto con la madre del rapito e suo suocero è forte e determinante, lei disposta a tutto, distaccata dai soldi e del loro potere, lui che fa di tutto per difendere i propri affari e impedire ovviamente che altri suoi nipoti vengano rapiti per la sua troppa “generosità”. Il film è molto sceneggiato e semplicemente tratto dalla storia vera, forte nei suoi dialoghi, ma si perde un po’ in alcune sue parti, un po’ troppo deboli e lente.
Il film si adatta bene alla storia vera, la modifica, aggiunge dei personaggi che danno una spinta in più e rappresenta in modo scenografico l’avidità di questo uomo super ricco degli anni 70′. Ridley Scott gestisce bene il tutto, con un film piacevole e ben fatto, che non esalta del tutto, ma che rimane nei suoi binari e che racconta una particolare storia vera. Un vero peccato non aver potuto vedere Kevin Spacey nel ruolo di Getty.
Lamborghini the behind the legend è un film 2023 di Amazon Prime video, diretto da Bobby Moresco. Il film prende spunto dal libro di Tonino Lamborghini in cui ha fatto la biografia del padre Ferruccio Lamborghini, creatore della famosa azienda di Trattori e automobili sportive di lusso.
Un Biopic nel classico del genere, che si mostra attraverso l’interpretazione di Frank Grillo la vita e la storia di Ferruccio Lamborghini, imprenditore e creatore di uno dei marchi Italiani più prestigiosi del mondo e “rivale” della Ferrari. La trama ci mostra un Ferruccio giovane, appena tornato dalla guerra, pieno di iniziative ed idee, inizia con i trattori mettendoci già tutta la sua inventiva e genialità, per poi arrivare al punto cruciale con il confronto con Enzo Ferrari che lo definisce “Un Agricoltore” capace solo a fare trattori. Da quelle provocazioni nasce una delle aziende di auto, più bella e affascinante del mondo. Solo per questa situazione e scena, il film merita molto.
Lamborghini rappresenta il genio italiano, la bellezza di un Italia che permetteva di diventare grandi, questo film ne dimostra i sacrifici e ci fa vedere il carattere deciso e ambizioso di Ferruccio, la parte più emozionante è sicuramente quella della creazione della prima Auto Lamborghini la 350 GT, un’auto meravigliosa e i primi disegni fatti da Ferruccio della Miura.
Un film ben congeniato, un elogio in qualche modo al nostro paese, una storia di un imprenditore che è diventato grande grazie alle sue idee e ambizioni che per raggiungere i suoi obiettivi a sacrificato un po’ tutto, anche il proprio figlio, a lungo trascurato. Un uomo sognatore, che faceva di tutto per raggiungere i suoi obiettivi e questa competizione con Ferrari che era il suo motore per farlo andare avanti, un duello meraviglioso, tutto italiano, le auto migliori del mondo.
Nel film ci sono anche molti attori Italiani, prodotto anche da figure importanti del cinema italiano, da notare tra le comparse degli operari dell’azienda, Clementino, oppure si vede anche la genialità assoluta di un giovane ingegnere Gian PaoloDallara, pezzo pregiato dell’automobilismo mondiale. Bello vedere gli anni d’oro di un Italia che ormai non c’è più, una bella storia davvero che vale la pena di essere vista.
Devo fare un elogio al finale, con Ferruccio che sale sulla sua creazione simbolo, la più bella ed elegante, una Lamborghini Miura Giallo classico, meravigliosa. Anche chi non è appassionato d’auto capisce che si tratta di un’opera d’arte, di qualcosa di unico, espressione del genio del nostro paese, simbolo di un Italia fatta di menti creative sensazionali. Un giusto elogio ad un grande uomo, imprenditore e creatore.
House of Gucci è un film del 2021 diretto da Ridley Scott, La pellicola è un adattamento del libro di Sarah Gay Forden e si concentra sulla dinamica famigliare della famiglia Gucci tra gli anni 70′ e 90′ soprattutto sul rapporto tra Maurizio Gucci e sua moglie Patrizia Reggiani.
House of Gucci è un film deludente, che non rispecchia il blasone dei propri attori e del proprio regista. Un film che si presenta in modo confusionario e davvero poco incisivo, la storia colpisce fino ad un certo punto senza meravigliarci del tutto. Anche la recitazione pur se buona sembra dislocata tra i diversi personaggi. Tra gli attori come Adam Driver, Al Pacino, Jeremy Irons e Jared Leto, quella a spiccare è Lady Gaga, che è forse l’unica a crederci davvero al suo ruolo.
La storia è interessante e banale allo stesso tempo, a tratti estremamente frettolosa con cambi di umore e carattere difficili da comprendere. Ci sono evoluzioni e scelte che ci appaiono all’improvviso e non si capisce più il perché di alcune scelte. è facile perdersi non tanto nella storia ma nelle scene e nelle decisioni dei personaggi. Ci ritroviamo con Maurizio (Adam Driver) super innamorato, ad un personaggio piatto e senza più sentimenti, talmente velocemente da non capire nulla. Aldo Gucci (Al Pacino), da buon amico e parente a imprenditore senza scrupoli anche qui in un attimo da una scena all’altra senza una base per farci capire queste evoluzioni.
Un personaggio “macchietta” come quello interpretato da Jared Leto che veste i panni di Paolo Gucci, è inutile e nonostante la quantità di trucco non assomiglia all’originale ne visivamente ne nel carattere. Forse lui rappresenta un po’ la confusione di questo film, che sembra si basarsi su fatti reali ma senza una vera e propria direzione. Un ennesimo passo falso di Ridley Scott con una regia irriconoscibile, a tratti molto pulita all’italiana e a tratti molto confusionaria, con gli attori che non riescono ad entrare mai nel personaggio.
Nel complesso un film che arranca e fa fatica in tutta la sua lunga durata, un film che non convince del tutto, a parte qualche parte che si salva. Una storia di per sé interessante di un’azienda di famiglia diventata famosa in tutto il mondo, per il resto però una gran confusione e attori mai convinti dei propri personaggi. Deludente.
Rapiniamo il Duce è un film italiano del 2022 diretto da Renato de Maria e distribuito da Netflix. Nel cast troviamo attori come Pietro Castellitto, Matilda de Angelis, Isabella Ferrari e Marcello Macchia (Maccio Capatonda).
Fin da subito dalle prime scene, questo film fa fatica a trovare una propria identità, si può definire un Heist Movie con toni da commedia. Il periodo narrato e critico, drammatico, ma anche liberatorio, essendo ambientato alla fine della seconda guerra mondiale.
Un gruppo di ladri organizza un grande colpo ai danni del duce, rubando a Milano l’oro e i tesori dei fascisti prima che vengano spostati in Svizzera e nascosti. Solite dinamiche con la creazione della squadra e la ragazza che fa l’infiltrata tra i pezzi grossi del “nemico”. Una trama che funziona ma che si confonde un po’ in un montaggio forse un po’ troppo azzardato. Una regia a tratti davvero apprezzabile e in altri disordinata e un po’ brutta. Anche i dialoghi sono un po’ poveri con personaggi un po’ da fumetto, ma che nel contesto non stonano più di tanto.
Man mano che si prosegue con il film si nota sempre di più la leggerezza, non si vede troppa violenza e nel complesso è tutto molto scherzoso. Ci sono anche delle piccole battute e dei piccoli momenti di comicità. Mi è piaciuta l’idea di farlo un po’ così leggero, stile fumetto anni 50′. Alcuni personaggi sono carini e divertenti, come quello di Maccio Capatonda, ma anche quello interpretato da Tommaso Ragno ha un suo perché.
Ho trovato molto bello il montaggio audio, la scelta delle canzoni e la colonna sonora, davvero una piccola chicca le due canzoni cantante da Matilda de Angelis, le ho trovate davvero belle e che si incastravano perfettamente nella situazione del film.
Nel complesso un film piacevoli, con i suoi pregi e suoi difetti, sono quei film da sei in pagella, che non deludono, ma nemmeno ci meravigliano per la loro bellezza e iconicità.
La Rosa Velenosa è un film del 2019 diretto da George Gallo, Francesco Cinquemani e Luca Giliberto, loro due anche sceneggiatori di questa pellicola che si presenta come un Neo Noir per trama, personaggi e per lo stile abbastanza marcato del genere. Una classica detective stories del dopo guerra.
Un viaggio tra eventi del passato 1952 e presente 1978, nell storia di un investigatore privato, Carson Phillips (John Travolta) Texano con l’abitudine di cacciarsi nei guai e di essere sempre inseguito da qualcuno. Da Los Angeles torna nella sua città natale Galveston dove incontra dopo tanti anni vecchie conoscenze. Si ritrova ad indagare non solo su una clinica per anziani, ma anche su un omicidio di una star sportiva locale. Tra ricordi del suo passato a Roma e un presente molto pericoloso e pieno di corruzione.
Il film di presenta con un ottimo cast, Morgan Freeman, Brendan Fraser, Peter Stormare, Famke Janssen. In un film molto particolare, in uno stile di altri tempi, in tutte le sue dimensioni, dalla recitazione, allo stile narrativo e alla caratterizzazione dei personaggi. Uno stile difficile da capire a fondo per un ragazzo di diversa generazione, a tratti forse un po’ troppo elogio a film di quell’epoca in una trama che se pur piena di misteri, non riesce a coinvolgere del tutto e a tratti e facile annoiarsi. Si rimane un po’ spiazzati da una recitazione volutamente enfatizzata e romanzata, con atteggiamenti talvolta inverosimili. Tanti cliché ma che nel complesso della trama funzionano bene.
Una fotografia particolare che riporta un po’ indietro nel tempo, facendoci un po’ dimenticare che si tratta di un film del 2019. Una cosa che stranamente mi ha deluso, è il doppiaggio in Italiano che è davvero fatto molto male, voci strane e scollegate del personaggio, sicuramente la più terribile e Famke Janssen doppiata talmente male, quasi da dare fastidio.
Nel complesso un film che fa un po’ fatica ad esprimersi, affascinante sotto certi aspetti e un po’ noioso e confusionario sotto altri. Belli i toni classici da detective noir, ma per il resto fa un po’ fatica a rimanere impresso e a soddisfare del tutto.
Bello l’omaggio a Fellini, molto romantico e nostalgico del grande cinema italiano.
Altrimenti ci arrabbiamo è un reboot del 2022 dell’iconico film 1974 con Bud Spencer e Terence Hill. Nessuno aveva osato tanto, a toccare due mostri sacri del cinema italiano, una delle coppie cinematografiche più famose di sempre, eppure è arrivato questo inaspettato reboot. Un film che per certi aspetti mi ha stupito e che non pretende di sostituire l’originale ma che è solo un piccolo omaggio.
Pensavo peggio, è questa la prima cosa che mi verrebbe da dire su questo film, che nella sua trama e in linea temporale un sequel, ma che nelle sue dinamiche e scene è praticamente a tutti gli effetti un reboot. Con questa mossa hanno reso il film una eresia più contenuta diventando appunta, una bellissima dedica ad un bellissimo e intramontabile classico del cinema comico italiano. Non ci sono Bud Spencer e Terence Hill, non c’è lo stile e la comicità di quegli anni, ma ci sono delle belle citazioni e qualche attore che non mi è dispiaciuto.
La trama è molto semplice al film originale, con questa Dune Buggy rossa con la capotta gialla che si contendono due fratelli in questo caso, Carezza e Sorriso. Ogni personaggio ha il proprio soprannome ed è nel complesso un po’ tutto “fumettato” in una zona non meglio definita dell’Italia. Edoardo Pesce interpreta Carezza, la copia attuale di Bud Spencer e devo dire che la sua performance non è niente male, ricalca bene il personaggio originale e ne dà un giusto omaggio, devo dire che mi è piaciuto. Un po’ meno invece Alessandro Roja, che interpreta il fratello più minuto e scaltro, “Sorriso” che doveva essere la copia di Terrence Hill, ma che purtroppo risulta troppo forzato e grottesco e non si lega alla perfezione al suo compagno, però si apprezza il tentativo.
Christian da Sica è sempre il solito, ma non stona più di tanto, è marginale e il suo ruolo lo fa bene, un boss mafioso con un figlio stupido. Mi sono piaciute alcune idee della trama e alcune soluzioni per renderlo un po’ più moderno, belli gli elogi al primo film come il coro dei pompieri e ottimo il fatto per cui non hanno osato a riprodurre la scena dello spietato sicario, icona del film originale. Un azzardo sì ma che rispetta pienamente il film originale che non vuole fare nulla di nuovo ma che semplicemente un elogio a quel cinema e a quel film. Non si regge da solo, ha bisogno delle citazioni e dei ricordi legati all’originale, non è un film del tutto completo, ha i suoi difetti evidenti ed è facile confrontarlo con il film del 1974. Secondo me per goderselo senza troppi pensieri, va preso così com’è, senza farsi troppe domande. Un film che nel complesso risulta anche piacevole e che ci ricorda quanto fossero belli i film con Bud Spencer e Terence Hill, spensierati e divertenti come pochi. Difficile resistere alla tentazione di riguardarsi lo originale dopo aver visto questo inaspettato e azzardato reboot.
James May Our man in Italy è una documentario di Amazon Video. Con protagonista, conduttore e narratore, il famoso conduttore televisivo britannico James May. In questa seconda stagione, dopo averci mostrato il magnifico Giappone, James atterra sulle sponde del bel paese, L’Italia! alla ricerca della dolce vita.
Partendo dalla Sicilia fino a su verso il nord, James ci mostra aspetti dell’Italia, meno conosciuti e nascosti al grande pubblico e al classico turista, ci mostra l’aspetto vero e sincero del nostro paese, quello più puro, fatto di buon cibo e artigianato. Ma ci mostra anche le eccellenze tecnologiche sparse per il nostro stivale.
L’ironia è sempre la stessa che contraddistingue programmi di questo tipo, con James May che fa spesso delle brutte figure a provare a fare cose in cui non è capace, ed è facile divertirsi. Un bel documentario che riesce ad abbinare la lezione al gioco ed è molto coinvolgente.
Rispetto alla prima stagione, per ovvi motivi, c’è meno il fascino della sorpresa, ma c’è la curiosità e l’orgoglio di vederlo in Italia e sapere che questo documentario sarà visto in tutto il mondo. L’Italia ha davvero un sacco di cose, quindi non è facile mostrare tutto, in più è comunque un documentario atipico e non riesce a mostrare del tutto la bellezza del nostro paese.
Il format funziona alla perfezione e ti viene subito voglia di vedere un altro episodio e addirittura una nuova stagione per vedere dove andrà il protagonista. Questa stagione forse è stata ancora più divertente della prima, forse per un italiano un po’ meno stupefacente sapendo già cosa lo aspettava, ma sicuramente sullo stesso livello del primo documentario, quello fatto in Giappone.
Un piccolo Plauso al monologo finale, su cos’è l’Italia e su cosa sono gli italiani, davvero bello, vero e commovente.
Due film completamente diversi, ma che hanno in comune l’importanza del tempo e di godersi i piccoli momenti della vita.
Sono due film comici, delle commedie leggere che riescono a far passare un messaggio importante in modo molto leggero e divertente, trasmetto leggerezza e felicità, lasciando un po’ di tristezza, consapevolezza e malinconia nel finale.
Aldo, Giovanni e Giacomo puntano un po’ sulla nostalgia, si è rivisto un po’ del loro vecchio stile e non sono mancate le citazioni, la reunion dopo qualche anno è stata perfetta con i loro personaggi finalmente adatti alla loro attuale età. Padri di famiglia con caratteristiche precise, che proprio come nella vita reale non posso evitare di passare del tempo insieme.
Click è uno dei film più iconici di Adam Sandler, perché riesce a mixare perfettamente la fantascienza o il misticismo con la comicità e una profondità tipica di molti suoi film, un finale molto intenso che però ci regale un lieto fine per dare pieno significato a tutto quello che succede nel film.
La parte in comune di questi film è l’importanza del tempo, casualmente mi sono capitati la stessa sera uno dietro l’altro e non ho potuto fare a meno di metterli azzardatamente insieme per questa recensione.
Odio l’estate è un film del 2020 con protagonisti Aldo, Giovanni e Giacomo e diretto da Massimo Venier. Questo è il decimo film del trio comico e il terzo film italiano per incassi al botteghino. C’era molta nostalgia di rivedere questo trio comico a certi livelli e in effetti questo film rispetta per certi versi le aspettative.
La trama è molto semplice ma ci porta subito a capire che ci potranno essere molti momenti di comicità, infatti tre famiglie si ritrovano tutte e tre nella stessa casa vacanze in un’isola della Toscana, devono così convivere nella stessa abitazione. Ogni famiglia ha le proprie caratteristiche e qualche solito problemino, Giovanni deve chiudere il suo negozio di scarpe perché non ha più clienti, Giacomo deve risolvere i problemi con sua moglie e suo figlio e nel finale si scopre che tutti questi problemi, sempre trattati con molta leggerezza, sono nulla confronto a quello che sta affrontando Aldo.
Questo film ricalca un po’ i film più famosi del trio comico, con momenti davvero divertenti, altri che fanno sorridere e alcuni momenti nostalgia come ad esempio la partita di calcio sulla sabbia. Una comicità che non cambia nel tempo ma che è molto efficace per rendere il film piacevole dall’inizio alla fine.
Nonostante si intitoli “Odio l’estate”, questo film riesce nel suo intento a farci amare questa stagione e le vacanze estive, dove si vivono i momenti più intensi e spensierati e dove potrebbe capitare di fare conoscenze che cambiano la vita. Darsi una possibilità, godersi il momento e rilassarsi, sono questi i messaggi trasmessi da questo film, che mettono un’usanza tipicamente italiana delle vacanze ad agosto.
Molto convincenti i tre comici protagonisti, mentre il resto del cast un po’ meno, soprattutto i più giovani forse un po’ troppo marginali e impacciati. Un film che nel complesso vale la pena di vedere, anche per chi non è appassionato del trio comico più famoso d’Italia.
SPOLIER ALLERT!
Sul finale si capisce che Aldo ha una malattia che gli lascia poco tempo per vivere, infatti lui voleva usare questa vacanza per vivere a pieno la propria vita fino all’ultimo e per essere il più spensierato possibile. Bellissimi i suoi discorsi sull’estate e sui momenti più indimenticabili della vita legati proprio a questa stagione. La sua rivelazione sul finale da peso a tutto il film, pur essendo un film comico assume un significato davvero profondo.
Cambia la tua vita con un click è un film del 2006 con protagonista Adam Sandler e diretto da Frank Coraci.
In questo film Adam Sandler interpreta un classico padre di famiglia, architetto che vuole a tutti i costi fare carriera per offrire una vita più agiata alla sua famiglia, facendo questo però mette sempre e solo al primo posto il lavoro trascurando alcuni aspetti della sua vita. All’improvviso mentre è alla ricerca di un telecomando universale per gestire tutti gli elementi elettronici della casa, si imbatte in una persona in Morty (Christopher Walken) una persona ambigua e misteriosa, che gli dà un telecomando magico che può gestire la vita come se fosse una tv. Mettere in pausa, andare avanti, saltare una parte della vita, tornare indietro e vedere il passato della sua vita, tutto questo grazie ad un solo click.
Ovviamente la trama è molto comica e divertente con il protagonista che sfrutta il telecomando per divertirsi e non per altro, ma a poco a poco la voglia di avere subito tutto prevale e decide di fare un passo avanti nel tempo fino alla sua promozione. Facendo così però perde attimi della sua vita molto importanti e momenti fondamentali per la sua felicità. Il telecomando si rivela una cosa maligna che si programma da sola, tiene in memoria gli “skip” e li usa ogni volta che succede la medesima cosa, cosi il protagonista continua a passare avanti involontariamente ritrovandosi, vecchio e solo in un letto di ospedale. Sua moglie con un nuovo marito e i suoi figli che non avevano più un rapporto con lui. Lui disperato, solo e malato prova a farsi perdonare esprimendo tutto il suo amore verso la propria famiglia in una scena commovente e davvero potente.
Cambia la tua vita con un click è un film davvero bello, divertente e che fa riflettere, è molto comico e ci sono personaggi davvero ben scritti come il capo dello studio di architettura interpretato da David Hasseloff o la bellissima moglie del protagonista interpretata da Kate Beckinsale. Un film per tutti che vale la pena sicuramente di essere visto.
L’IMPORTANZA DEL TEMPO…
Questi due film hanno in comune il messaggio che lasciano alla fine della loro visione, cioè, l’importanza del tempo e dei momenti felici. Il finale in entrambi i film non è molto comico, anzi ha un forte significato di dare importanza alle piccole cose sempre, godersi di più tutti i momenti anche quelli che ci sembrano noiosi e cercare di passarli con le persone giuste. Troppo spesso nella vita inseguiamo persone e cose che non ci dedicano il loro tempo e le loro attenzioni, come i protagonisti di questi film tutti dietro al proprio lavoro dimenticandosi quanto è bello godersi i piccoli momenti della vita, come una semplice vacanza tutti insieme.
Adam scorre veloce parti che apparentemente sono tristi, fino a perdersi nei meandri delle sue ambizioni facendo scorrere velocemente anche momenti come il sesso con sua moglie, oppure i momenti di felicità con i propri figli, la cosa più preziosa che ha la sacrifica perché pensa di non avere tempo. Ha in mano lo strumento per vivere ancora più intensamente certi momenti, frizzare per un attimo il sorriso di sua moglie goderselo in pieno, riempirsi di gioia grazie a quell’attimo, mentre lui fa l’opposto.
Aldo nel suo film è un personaggio molto spensierato che si vuole godere la vacanza al massimo, capisce l’importanza di quei momenti perché non gli resta più molto tempo, si vuole godere ogni singolo aspetto della sua vita, sua moglie e i suoi figli. Realizza pure il suo sogno di cantare con Massimo Ranieri, si riempie di gioia e di vita grazie a quel momento, che si dura solo qualche minuto della canzone ma che lo rende l’uomo più felice del mondo.
Cambia la vita con un click è un film del 2006 ma è estremamente automatico, lui insiste più volte che ormai è sul pilota automatico, non ha più controllo sulla sua vita, ogni momento e veloce sfuggente e non può dargli più emozioni, perché ormai il telecomando ha capito che deve portarlo avanti solo fino agli step del suo lavoro, salta tutto e si perde tutto. Proprio come molte persone di oggi che danno tutto per scontato, non notano nulla e non capiscono chi sono le persone davvero importanti, sono quelle che ti dedicano del tempo. Dedicare il proprio tempo ad una persona è un grandissimo gesto d’amore, viverli con intensità invece e un favore che facciamo a noi stessi. Deve sempre battere il cuore come nella scena con Linger dei Cranberries dove i due protagonisti si danno il primo bacio, tutto con quella bellissima e unica intensità.
In Odio l’estate c’è una scena in cui Aldo, Giovanni e Giacomo sono in macchina e stanno andando a recuperare il figlio di Giacomo che è “fuggito” a 500 chilometri dalla casa vacanze, c’è Giacomo che sottolinea una cosa in auto, ringrazia gli ormai due amici e gli dice “è in questi momenti che si riconosce il vero valore di una persona”. Questa frase racchiude tutto il significato e l’importanza dell’esserci, di essere presente e disponibile per una persona, di poterle dedicare il nostro tempo. Il tempo, la sua importanza sottolineata un’altra volta in questi film. La bellezza di viverlo al massimo con le persone giuste, se stiamo bene con una persona fermiamoci li, non corriamo dietro a chi non ci merita, che sia per amore o per lavoro. Non importa soldi, bellezza e popolarità se non siamo in grado di conoscere la vera felicità. Fermatevi alla persona che fa chilometri solo per vedervi 5 minuti, che vi dedica tutto il suo tempo anche solo per lasciarvi sfogare come fanno le mogli dei protagonisti in “odio l’estate” che si fermano spesso a parlare e si dedicano del tempo per sfogarsi a vicenda.
Adam Sandler ci fa capire che importante dire un “ti voglio bene” fino quando si ha tempo, che è importante dare il giusto peso alle piccole cose e agli attimi, abbracciare i propri figli e sapere com’è andata la giornata della propria compagna di vita. Interessarsi agli altri, godere della loro felicità e del loro piccolo e prezioso tempo.
QUATTRO CHIACCHIERE: Il festival di Sanremo fatto di share e ascolti ha riacceso il dibattito su quanto la RAI sia lontana dai giovani, e lo è anche nelle sue serie tv
Mamma Rai così viene chiamata da molti e per certi versi è davvero una madre, che si allontana però dai giovani con idee e prodotti scontati, noiosi e poveri di creatività. Non è proprio così, ma è la sensazione che trasmette il palinsesto Rai con le sue fiction. Tutto appare estremamente vecchio, con una recitazione che per stereotipi noi vediamo come se fosse sempre una specie di “cento vetrine”.
Tutto parte da un pregiudizio, troppo ormai abituati a prodotti di estrema qualità offerti dalle diverse piatteforme streaming e non solo, la stessa Sky in Italia, ha preso direzioni completamente diverse, con prodotti molti più internazionali e ben curati, originali, sia nelle idee che nei contenuti.
Sanremo non è stato solo il festival della musica, ma un “interessante” vetrina per tutte le Fiction RAI, per tutti i loro prodotti televisivi che riguardano le serie tv, con attori e attrici che parlavano del loro ruolo, pubblicizzavano la serie nella speranza di catturare nuovi spettatori che solitamente non guardano mai la RAI.
La parola Fiction già è fastidiosa per un ragazzo che ha sempre sentito parlare di serie tv o semplicemente di serie, già di per sé, sentirsi dire Fiction, ci allontana dal prodotto, ce lo fa sembrare vecchio e con un determinato stile. Tutti sappiamo già come sarà la serie che ci verrà proposta, sappiamo già la trama, le dinamiche, la recitazione e la fotografia, come fosse un film Marvel ma con una qualità davvero pessima. Le Fiction Rai sono ben impacchettate per il solito pubblico, pubblico che molto probabilmente è solito addormentarsi davanti allo schermo con l’età che avanza.
Sono prodotti totalmente a sé, senza alcun tocco di modernità, non si sono mai spostati dalla loro “Comfort Zone”, un esempio lampante è “Don Matteo” prodotto televisivo che ormai va avanti da più di 20 con un totale di 14 stagioni, un prodotto che non è mai cambiato praticamente in nulla. Siamo passati da Friends, Smallville, Lost, Prison Break, Il Trono di Spade, Breaking Bad e True Detective, solo per citarne alcune, e ini Italia, con la Rai, siamo fermi al 2000.
La verità è che le Fiction Rai hanno uno share pazzesco e sono seguite da milioni di spettatori, qualsiasi sia la serie ha sempre buonissimi numeri, paradossalmente molto più alti di quello che si crede. Senza contare che sono in televisione, con pubblicità e altro, con un paio di episodi a settimana, eppure hanno un sacco successo.
Perché cambiare allora?
La Rai non penso si poni nemmeno il problema, fin che le cose funzionano così è giusto mantenere questa direzione, non gli importa se ci siano giovani o vecchi a vedere le proprie Fiction, l’importante è che si sia un pubblico. Così con questo sistema escono in continuazione serie con lo stesso stile, soprattutto con una fotografia sempre semplice e mai studiata o elaborata e con prodotti che sono tutti estremamente simili.
Così ci si accontenta di quello che si ha non si prova a fare nulla di nuovo, il festival di Sanremo si è evoluto grazie ad Amadeus, ma le Fiction Rai, NO, perché non ne avevano e non ne hanno bisogno. Penso che in molti casi sia la necessità a spingere le produzioni a fare qualcosa di nuovo, HBO ha dovuto aumentare la violenza e il nudo per distinguersi dal resto dei canali via cavo americani. Netflix ha creato un proprio stile molto da teenagers, sia nei formati che nei Layout. Amazon Prime qualcosa di più serio e impostato con qualche eccesso in più. Ognuno cerca di conquistare una determinata fetta di pubblico, la Rai fa lo stesso.
C’è sempre molta leggerezza nelle Fiction Rai, non ci aspettiamo nulla di troppo, perché mamma Rai è una tv di stato, non può eccedere in nulla, deve rimanere piatta, e più che amori e tradimenti non si può scrivere. E puoi fare ciò che vuoi, scrivere qualcosa di bello, le eccezioni ci sono ovviamente, ma lo stile rimarrà inconfondibile. Usciranno valanghe di fiction, perché sono davvero tante, tutte uguali, sarà difficile distinguerle l’una dall’altra e gli argomenti saranno sempre distanti dai ragazzi di oggi.
Una distanza che rimarrà incolmabile, la Rai è e sarà un canale televisivo per vecchi, non riuscirà più uscire da questa sua “forma” e caratteristica, e sapete cos’è il bello, che io ho scritto tutto questo senza aver mai visto praticamente nulla delle fiction Rai… a parte Don Matteo, Don Matteo è bellissimo. Questo per dire che c’è molto pregiudizio e distanza da questi prodotti, tanto da non attirare l’attenzione di essere visti e criticati, un canale per vecchi sostanzialmente, in un paese per vecchi. Tutto perfettamente inscatolato.