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IL COLLEZIONISTA DI CARTE: UN FILM CHE SI DIMENTICA DEL PUBBLICO

Recensione nel tempo di un caffè

Il collezionista di carte è un film del 2021 scritto e diretto da Paul Schrader con protagonista Oscar Isaac nei panni di un abile giocatore di azzardo.

Per questo film bisogna uscire un po’ dai rigori della recensione classica, sia dai miei che da quelle più lunghe e complicate viste in altri splendidi blog e siti. Per questo film serve una analisi più schietta, sincera e superficiale, perché ogni tanto bisogna anche mettersi nei panni del pubblico.

Una delusione totale, noioso in modo davvero esagerato e con riesce ad essere inconcludente e lontano totalmente da ciò che piace alla gente. Un film in cui il regista si è dimenticato assolutamente che il cinema è anche intrattenimento e coinvolgimento e non un club esclusivo per intenditori. Che poi ad essere sincero questo film anche nella fotografia e nei dialoghi mi è apparso come qualcosa di davvero brutto e mal fatto. Annullate tutti i sentimenti, la tensione, la suspense, la curiosità, tutti e lasciate spazio ad una noia straziante, quasi dolorosa.

Nel film non succede nulla, è tutto appiattito da dei dialoghi e delle scene prive di senso e di estetica, provo un’antipatia profonda verso questo film dopo la sua visione e mi urta sto fatto che delle volte vengono prodotte delle cose così di nicchia, quasi fatte per essere apprezzate da chi vuole sentirsi colto e diverso. Unica nota positiva è il suo protagonista, un Oscar Isaac sempre molto bravo e sul pezzo.

Un film che parla di un uomo che non riesce ad espiare i propri peccati del passato, ex militare, incarcerato per crimini di guerra e per torture inflitte ai suoi prigionieri che nel periodo in carcere impara a contare alle carte e che una volta uscito si guadagna da vivere con il Blackjack e i casino, il giusto per sopravvivere. La sua vecchia vita torna a galla quando il figlio di un suo “collega” morto sucida gli chiede di aiutarlo a vendicarsi dell’uomo che gli ha fatti finire in carcere.

Un fallimento in ogni scena, lenta, spenta e meccanica con dialoghi e situazione che non portano mai nulla, personaggi inutili, scelte inutili, nulla serve alla trama e al personaggio principale che una pellicola davvero davvero pessima e scialba. Delle volte i registi dovrebbero ricordarsi che i film sono soprattutto fatti per il pubblico e non solo per una pura espressione della propria arte.

Fatevi un favore e non guardate questo film, perderete due ore della vostra vita.

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WONDER WOMAN 84: UN FILM CHE DI WONDER HA DAVVERO POCO

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Wonder Woman 84 è un film sequel del 2020 diretto da Patty Jenkins. Il film è liberamente tratto dai fumetti DC, della superoina Diana per tutti Wonder Woman, interpretata anche in questo film dalla splendida Gal Gadot.

Il film mette in risalto il colore e la bellezza degli anni 80′ almeno lo fa nella parte iniziale, per poi perdersi in una sensazione di modernità che non va mai via e che ci riporta negli anni 2000. Dal titolo alla locandina, tutto riporta a quegli anni, ma nel film ci si perde in una trama forse fin troppo contorta, dove i desideri la fanno da padrone. Donna in stile cat woman poco compressibile e che sinceramente stona un po’ nella trama e un villain che alla fine è un padre affettuoso, rendono la storia di questo film un po’ debole e non del tutto interessante.

Un altro aspetto inaspettatamente negativo è sicuramente la GCI, davvero dei pessimi effetti visivi molto grezzi e fatti male, che rendono il film pessimo anche nell’aspetto visivo, con solo Gal Gadot che è come il vino ed è sempre più bella. Gli spunti anni 80′ sono interessanti e anche le battute non sono invadenti ma arricchiscono le scene. Buona la recitazione per quanto possibile e i costumi non sono niente male, la colonna sonora di Hans Zimmer è davvero l’unica cosa speciale e di livello di questa pellicola che la salva un po’ nelle scene d’azione.

La scena del volo aereo è davvero brutta, mal fatta e come se non bastasse e anche scritta male e non trasmette nessuna emozione, la coppia Gal Gadot, Chris Pine non funziona come nel primo film e non trasmette mai le giuste emozioni e vibrazioni, figurando più come migliori amici che come una storia d’amore così intensa.

Un film nel complesso frettoloso, forzato che sembra fatto senza troppo impegno e creato solo per fare cassa, in un mondo cinematografico fatto ormai di soli supereroi ci vuole sicuramente qualcosa di più.

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MORBIUS: UN ENNESIMO FLOP TARGATO SONY

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Morbius è un film del 2022 diretto da Daniel Espinoza. Un film dell’universo Marvel ma gestito da Sony come alcuni dei film Spider-man. Un intrigato intreccio di diritti che spesso ci confonde e che divide i due mondi, con prodotti come Venom e appunto Morbius evidentemente differenti dai classici film Disney Marvel.

Morbius è stato sommerso dalle critiche dal primo giorno della sua uscita e in effetti, il film appena uscito su Netflix e schizzato primo in classifica per qualche giorno, ma vedendolo non è facile estrapolarne qualcosa di buono. Questo film effettivamente è il massimo esempio di un prodotto fatto tanto per fare, per fatturare un pochino. Spento, banale e senza senso, con solo qualche piccolo pregio nella recitazione di Jared Leto e nella colonna sonora che mi ha ricordato Hans Zimmer nei Batman di Nolan.

Morbius ha una trama banale e un po’ stupida, con lo scienziato malato da anni che vuole fare di tutto per salvare il suo migliore amico che ha la stessa malattia, tutto prevedibile e scontato. Una malattia del sangue che va curata con i pipistrelli, mix di razze, contaminazione e i due amici fraterni diventano una specie di vampiro. Ovviamente il Villain Michael Morbius non è il cattivo, perché come sempre, fanno i film sui nemici dei supereroi ma che sono a loro volta buoni e salvano tutti quelli che possono.

Questo film non convince, sembra davvero fatto senza voglia e spegne subito l’interesse dello spettatore. Manca una trama convincente e delle scene meno da videogioco e più dense e fatte con un po’ di cura, un abuso continuo di una pessima CGI rendono il film ancora più banale.

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ANON: UN FILM PER L’APPUNTO, ANONIMO

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Anon è un film del 2018 scritto e diretto da Andrew Niccol, con protagonisti Clive Owen e Amanda Seyfried.

Una trama contorta il cui concetto però è abbastanza semplice, in un’era in cui ormai non esiste più il concetto di privacy una serial killer riesce ad uscire dal sistema e a non lasciare tracce di sé. Tutti possono sapere qualsiasi cosa su qualsiasi persona solo guardandola, gli uomini ormai sono dei computer possono salvare e passarsi video e ricordi con la propria mente. Per un detective è tutto semplice perché vede tutto di tutti e quindi subito fine delle indagini. Solo un hacker può cambiare le carte in tavola e una ragazza approfitta delle sue abilità per uccidere e nascondersi.

Un film tremendamente noioso ai limiti del sopportabile, totalmente spento e anonimo senza nessuno spunto con dialoghi banali e senza senso, niente ha un senso in questo film. Scene di sesso tanto per metterci qualcosa, personaggi vuoti e lenti in tutto ciò che fanno. Colonna sonora distaccata e fredda e una regia che si confonde pure lei. Nessuno che ci crede e ti aspetti da un momento all’altro che anche qualche attore inizi a sbadigliare.

Un concetto di base molto bello, tanto videoludico, ma che si perde in una trama davvero scritta male, troppo spenta e che non da nulla, un film davvero soporifero quasi da innervosire. Un fallimento sotto molti punti di vista. Un film che come spunto di partenza poteva essere un Blade Runner ma che invece è davvero un mattone difficile da comprendere e da apprezzare. Totalmente anonimo proprio come dice il titolo.

Lo consiglio a chi vuole farsi una bella dormita, ottimo per mister Bean in quel episodio in cui non riesce a prendere sonno, se vedeva questo film avrebbe risolto subito il suo problema.

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PROXIMITY: ALIENI A BASSO BUDGET

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Proximity è un film del 2020 diretto da Eric Demeusy. Un film a basso budget incentrato su un rapimento alieno. Un giovane scienziato viene rapito dagli alieni, e l’unica prova e ricordo che gli rimane di esso, è un filmato che è riuscito a fare prima del rapimento.

Il film segue gli stereotipi degli alieni del mondo della fantascienza, alti grigi con occhi grandi, che vanno in giro nudi senza alcun organo riproduttivo, super intelligenti e con poteri paranormali, che viaggiano nell’universo attraverso dischi volanti.

Il film è molto semplice, girato con effetti visivi e speciali molto basilari e di poco impatto, l’estetica degli alieni oltre ad essere scontata e banale e fatta davvero male e dà la sensazione di pura finzione. Difficile dare un genere a questo film a parte il lato fantascientifico c’è ben poco. La trama scorre abbastanza bene, nessun colpo di scena ma anche nulla di troppo incongruente, anche se quando ho visto gli androidi dei “men in Balck” un po’ mi sono perso, scelta che non ho assolutamente compreso. I personaggi non hanno molto senso, sono scritti male, piatti e davvero poco caratterizzati, recitazione pessima, inespressiva e che non cattura mai l’attenzione. Un film nel complesso pessimo senza un vero obiettivo e con un finale davvero senza senso e povero.

Fare film e scrivere storie sugli alieni è sempre difficile, farlo con pochi soldi, ancora di più, difficile capire anche le scelte delle location che a tratti sembrano voler complicare solo il film, mostrandoci diversi luoghi ma essenzialmente tutti uguali.

Proximity non convince mai, sembra non partire mai, la recitazione delle volte è talmente piatta quasi che non si comprende cosa sia reale o no nel film, le reazioni agli eventi sono discordanti e insolite, totalmente irrealistiche. Lento a tratti e con molte scene che potrebbero essere tagliate, la parte centrale è forse la peggiore, sia per la trama che per la regia. Il finale ha una sua svolta poetica, ma degenera nell’azione dei personaggi e nel significato di tutto il film.

Non posso affermare che sia una perdita di tempo vederlo, ma è comunque e oggettivamente un pessimo film.

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KISSING BOOTH 3: RECENSIONE DI UNA FIN “TROPPO” FORTUNATA, SAGA DI NETFLIX

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The kissing booth 3 è l’ultimo capitolo di una fin troppo fortunata saga di Netflix, che in 3 capitoli a provato e riprovato a fare dei film sulla generazione Z, su un intreccio amoroso che non ha mai convinto del tutto e con una regia e una scrittura che non hanno mai dato la giusta qualità ai tutti e tre i film. Netflix ha bisogno di questi film, ma anche il pubblico, infatti la saga ha avuto comunque successo ed è diventata il simbolo del romanticismo targato Netflix.

Elle, si ritrova come sempre in una situazione abbastanza complicata, deve scegliere il college in cui andare e decide di seguire il suo cuore ed andare a Boston con Noah, deludendo così (l’assillante) Lee, suo migliore amico e fratello del suo ragazzo. Elle è confusa e non si sa perchè delude tutto e tutti, perchè tutti sono egoisti e vogliono per forza qualcosa da lei, senza effettivamente dargli nulla. L’unico che cerca di aiutarla un po’ è Marco, suo “spasimante” nel secondo capitolo, che appare ogni tanto da qualche colonna, ma che degenera anche lui, nella versione “tu devi essere mia e fare qualcosa per me”.

Il film prova a descrivere la generazione degli anni 2000, ma in moltissimi concetti e forse anche nello stile e tremendamente fermo negli anni 90′. Pur avendo i pregi di essere un film leggero, poco impegnativo e abbastanza carino per i suoi personaggi, il terzo capitolo è certamente il peggiore dei tre, fatto solo per cavalcare l’onda del successo. Pessima regia, pessima recitazione, fotografia inesistente e un montaggio davvero insostenibile rendono il film davvero troppo amatoriale e poco credibile, è disordinato e nessuna scelta ha senso. Va guardato senza pensarci, cogliendo il poco di buono che c’è. Infatti scavando bene, qualcosa di buono nel finale c’è. Infatti i toni cambiano, c’è qualche momento in più di serietà e riflessione e vengono posti con un attimo più di attenzione i problemi della generazione Z, il vuoto tremendo che sentiamo quando finiamo le scuole e ci chiediamo cosa vogliamo fare realmente della propria vita. Dura solo un momento, però è bello che anche in un film semplice e banale come questo, ci sia un attimo, un piccolo attimo su cui vale la pena riflettere, allo stesso tempo ci fa capire che poteva avere un potenziale ma che si è perso in scelte davvero un po’ stupide e troppo scontate.

Se si passa sopra sulla marea di difetti del film, può risultare piacevole, è davvero leggero e servono anche film del genere, senza impegno che anche se sono fatti male non annoiano mai, ci fanno fare magari qualche risata e passare poco più di un oretta piacevole. Un film che non ha pretese e che quindi si può perdere pure nella sua banalità e semplicità.

Sinceramente non so se consigliarlo o meno, penso in fondo di si, non è proprio tempo sprecato, nel complesso si può catturare qualcosa di positivo in ognuno dei tre film, l’importante è mantenere le aspettative basse.

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22 MILE: UN FILM FORSE UN PO’ TROPPO CAOTICO

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Mile 22 è un film del 2018 diretto da Peter Berg con protagonista Mark Wahlberg. Un film d’azione che vede la coppia Berg e Wahlberg di nuovo insieme, ma che a mio parere sembra avere funzionato meno del solito, con un trama un po’ confusionaria e un montaggio caotico e troppo frettoloso.

Due maestri dell’azione come Berg e Wahlberg, ormai sempre perfettamente collocati in questo genere, ma che qui in 22 Mile non mi hanno convinto, ne Berg alla regia nel il caro buon vecchio Mark come attore protagonista, non tanto per demeriti tanto quanto per il suo personaggio scritto davvero troppo male. Non sono riuscito mai a definirlo e a capirlo fino in fondo, scelte troppo forzate e il tentativo di creare un personaggio per una saga di azione secondo me è completamente fallito. Il suo carattere sembra non influire con la trama che rimane sempre molto confusionaria e senza molto senso, l’azione non basta e rende il film estremamente caotico e difficile da comprendere.

Anche le scene di azione mi hanno deluse, a tratti non si capiva cosa stesse accadendo e la regia da questo lato è stata proprio deludente, i combattimenti risultano davvero troppo confusionari e non ti fanno mai capire come stanno andando realmente le cose. Un film che vuole essere tutto ma alla fine non è nulla, ne spionaggio ne guerra e nemmeno poliziesco.

Non si capisce bene il collocamento dei personaggi, la linea temporale, i loro rapporti personali, nulla, scritto molto male in tutti i suoi aspetti, riesce solo a salvarsi per l’aspetto visivo e qualche sparatoria un po’ più esaltante, il ritmo comunque e buono, sempre di alto livello, veloce e scorrevole, non ci sono momenti lenti significativi, l’azione comunque è la protagonista.

Non mi è dispiaciuto il personaggio di John Malkovich, peccato sia stato poco approfondito, sembrava quello meglio caratterizzato e interessante, mentre gli altri non mi hanno conquistato per nulla, anzi, mi sembrano davvero contorti, poco approfonditi e a tratti davvero inutili ai fini della trama, anche lo stesso Wahlberg mi è sembrato un po’ perso non sapendo bene che fare di quella caratterizzazione, a parte una strana forma di iperaggressiva il suo personaggio non aveva nulla.

Nel complesso un film che mi ha deluso in molti suoi aspetti, deluso soprattutto perchè di solito i film diretti da Berg mi sono sempre piaciuti e parchè in coppia con Wahlberg funziona sempre, invece in questo film ho trovato troppi difetti ed è davvero troppo caotico, rovinando quel poco di buono che c’era, peccato.